giovedì, luglio 31, 2008

Impressioni dalla Russia

Il vostro corrispondente dalla Russia con i piedi a mollo nel fiume Oka, a circa 100 km a sud di Mosca. Dopo che questa foto è stata scattata, i miei amici russi il fiume me lo hanno fatto anche attraversare a nuoto, ma non ho fotografie per testimoniare l'eroica impresa

Queste sono alcune note sparse del viaggio che ho fatto in Russia a fine Luglio. Non pretendono essere niente più che delle impressioni. In effetti, quando uno si trova per poco tempo in un paese che conosce poco, è facile farsene un'idea totalmente sbagliata. Peraltro, in Russia ci sono stato oramai parecchie volte, per cui forse qualcosina di come funzionano le cose laggiù l'ho capita. Perciò, provo a passarvi alcune osservazioni. Quelli di voi che ne sanno più di me della Russia, potranno correggere o integrare.


  • Clima di Mosca. Arrivato a Mosca il 23 Luglio, ho trovato condizioni atmosferiche tropicali: caldo umido che sembrava di essere a Lagos o a Mombasa. Non mi ricordavo di aver mai trovato un caldo del genere a Mosca. Ovviamente, questa osservazione è del tutto irrilevante ai fini del dibattito sul cambiamento climatico. Altrettanto irrilevante di quelle che mi vengono fatte occasionalmente sulla base che questo Luglio in qualche zona dell'Italia è sembrato particolarmente fresco a qualcuno.

  • Imballaggi e rifiuti. Mosca è ormai totalmente occidentalizzata in termini di imballaggi: i supermercati hanno gli “shoppers” in plastica, tutto è cellofanizzato e superimpaccato. Esattamente come da noi, potete comprare al supermercato, per esempio, formaggini o fettine di carne incartate una per una con un probabile valore dell'imballo superiore a quello dell'imballato. 10-15 anni fa, le cose erano completamente diverse. Gli imballaggi in plastica erano praticamente inesistenti e potevate comprare una scatola di cioccolatini che era di cartone con dentro i cioccolatini che sguazzavano liberi, avvolti soltanto (e non sempre) in un fogliettino di carta arrotolato a mano alle estremità. Questa esplosione degli imballaggi ha portato evidenti problemi con la normale rifiuteria sparsa che potete trovare altrettanto bene in Italia. Non so esattamente come sia gestito lo smaltimento dei rifiuti a Mosca. Presumo che ci sia posto in abbondanza per delle discariche; ma girellando per Mosca ho anche notato almeno un inceneritore tranquillamente piazzato nella periferia sud. Mi dicono che qualche anno fa, l'amministrazione di Mosca aveva cominciato la raccolta differenziata della plastica. Sembra che non abbia funzionato; nessuno differenziava e alla fine hanno smesso.

  • Ferrovie. Le ferrovie nei dintorni di Mosca sono un po' vecchiotte, ma i treni sono molto ben tenuti e confortevoli. Anni fa, la tappezzeria la rattoppavano a mano. Oggi, si sono potuti permettere di rifarla nuova– perlomeno sui treni dove sono andato. Mi dicono che c'è oggi un solo treno superveloce: quello che fa la tratta San Pietroburgo-Mosca in circa 5 ore. A parte quello, le ferrovie Russe non sembrano aver ancora imparato le migliori tecniche di gestione dalle nostre ferrovie; ovvero fare solo treni superveloci e poi chiudere le linee per i pendolari, possibilmente con la scusa che non ci sono abbastanza passeggeri. Non è detto che non ci arrivino anche i russi, piano piano. Per il momento, però, muoversi in treno a Mosca e dintorni è una cosa talmente pratica e efficiente che a nessuno sano di mente verrebbe in mente di andare in giro in macchina.

  • La fine del caviale. I supermercati e I centri commerciali di Mosca e dintorni sono strapieni di ogni sorta di alimentari; anche importati da tutto il mondo. E' una situazione ben diversa da come era anni fa, con la desolazione degli scaffali vuoti che faceva venir male al cuore. Una cosa che però oggi manca è il caviale nero; una volta comunissimo e poco costoso dentro caratteristiche scatole blu con sopra il disegno dello storione. Oggi, quelle scatole le ho viste soltanto al mercatino dell'antiquariato. Ho chiesto dove fosse finito il caviale nero, mi hanno detto che l'anno scorso si trovava ancora, ma a dei prezzi pazzeschi. Poco tempo fa, il governo ne ha proibito la vendita; secondo il mio interlocutore era perché il commercio del caviale era finito in mano a qualche mafia caucasica. Curiosa interpretazione di una cosa che invece si spiega benissimo con la distruzione sistematica dello storione del Caspio. Il caviale nero non si trova più semplicemente perché non ci sono quasi più storioni – sono esauriti come il petrolio di Baku. Ma tant'è, in Russia come da noi si preferiscono sempre le spiegazioni più complicate e strambe purchè si eviti la temutissima parola “esaurimento.”

  • Ricerca e università. La popolazione di ricercatori e universitari in Russia si è ridotta di circa un fattore 2 dal tempo dell'Unione Sovietica. Mi dicono che, al massimo storico, c'erano circa 200.000 ricercatori; oggi sono circa 100.000. Molti centri di ricerca sono completamente scomparsi. Io stesso ho visto un centro di ricerca che ospitava 2000 ricercatori (molti di alto livello internazionale) trasformato in un centro commerciale con tanti negozietti di abbigliamento o ristoranti che occupano quelli che una volta erano i laboratori. E' stata una distruzione creativa? Forse. L'idea del governo Russo era di eliminare i ricercatori di basso livello e di tenere solo quelli di alto livello. Ma, come è successo per quel centro di cui vi dicevo, la distruzione non è stata tanto creativa: hanno cacciato via tutti. Un mio collega particolarmente tosto ha comunque continuato a lavorare non lontano dal suo vecchio centro. Oggi lo deve fare in un laboratorietto affittato in un una specie di cantina in un edificio dove ha accanto una ditta che fabbrica nanetti di Walt Disney. Forse da questa cosa vi sarete fatti un'idea di quali siano i piani del governo italiano per quanto riguarda la ricerca e l'università. Io, a questo punto, l'ho capito benissimo. Qualcuno ha una cantina da affittare?

  • Palazzi e edilizia. Mosca è una città dove tutto è sempre su grande scala. Questo vale anche per gli appartamenti. Da noi, i palazzinari si limitano di solito a cubi di 5-6 piani, circa. A Mosca, immaginatevi le periferie ricoperte di edifici di 15-20 piani; larghi in proporzione, vere muraglie di appartamenti. Dal punto di vista energetico, questo tipo di architettura è certamente più efficiente delle sterminate distese di micro-villette che invece fanno il paesaggio degli Stati Uniti. Non perchè gli edifici siano particolarmente bene isolati; al contrario non mi è parso di vedere isolamenti termici particolari, a parte i doppi vetri che sono universali. Piuttosto, è perché il rapporto superficie/volume è più basso. Da quello che ho visto, il riscaldamento è fatto in grandi caldaie centralizzate, da cui il vapore viene portato agli edifici anche a distanze notevoli. Gli edifici non hanno impianti a gas, cosa che mi sembra saggia per ragioni di sicurezza. Anche i fornelli delle cucine, sono tutti a piastre elettriche. La prima ondata di cementificazione della periferia di Mosca era stata ai tempi dell'Unione Sovietica. Poi, con la crisi degli anni '90, si erano calmati. Ora, c'è pieno di gru dappertutto. Quando si tratta di cementificare, socialismo e capitalismo non sono gran che differenti.

  • Black out. Mi hanno raccontato che c'è stato un black-out per tutta Mosca nel Maggio del 2005. Le infrastrutture della città mi sono parse particolarmente vulnerabili a una cosa del genere: mi immagino gli ascensori fermi nei grandi palazzi, i treni della metropolitana anche quelli fermi. Anche il riscaldamento degli edifici si fermerebbe per via delle pompe che portano il vapore che sono sicuramente elettriche. Se una cosa del genere succede in pieno inverno; le conseguenze potrebbero essere bruttine dato che non c'è nessuna alternativa alle caldaie centralizzate per riscaldare gli appartamenti. Speriamo che non succeda.

  • Vita quotidiana. L'atmosfera di Mosca si è fatta nettamente più allegra e vivace di quanto non fosse anni fa. Non troverete mai i Russi indossare i bottoni con la faccina sorridente che usano tanto negli Stati Uniti. Ma, tuttavia, di questi tempi potrete vederli anche con un'espressione, diciamo, meno patibolare di quella che era comune una volta. Rimane l'impressione che i Russi non facciano altro che litigare fra loro; una cosa che avrete forse visto anche in una puntata dei “Simpsons”, quando Lisa si trova sperduta nel quartiere russo di Springfield. Ma una volta che ci avete fatto l'abitudine vedrete che i russi non sono meno cortesi e disponibili della gente da noi; solo un tantinello più bruschi al primo contatto.

  • Governo e burocrazia. La Russia ha ripreso certi controlli piuttosto capillari che erano tipici dell'Unione Sovietica, per esempio anche per comprare il biglietto del treno bisogna mostrare il passaporto. Con i miei colleghi russi, ci abbiamo ragionato sopra e siamo arrivati a una conclusione che credo abbia validità generale: ovunque nel mondo la grandissima maggioranza delle persone sono brave persone; ovunque nel mondo i governi sono composti delle persone peggiori. Per quale ragione accade che la brave persone siano sempre governate dalle peggiori, è uno dei misteri del nostro universo.

12 commenti:

Frank Galvagno ha detto...

Grazie Ugo per queste tue immagini.

Che a Mosca faccia caldo me lo ha confermato una stagista russa che è stata da noi. Non è un effetto di 1-2 settimane, ma di tutto il periodo estivo. Il cambiamento climatico sembra prediligere in modo massivo le latitudini pre-artiche e continentali (groenlandia, nord Russia, himalaya, sud delle Ande). Anche se non disponiamo di un reticolo tridimensionale di termometri che ci dicano punto per punto la temperatura, i ghiacci sono dei formidabili "integratori naturali" (come dice un prof di matematica)

Per quale ragione accade che la brave persone siano sempre governate dalle peggiori ? Mah, sarà una specie di selezione naturale, in cui i pochi più cattivi (impositore) sono la parte simmetrica dei tanti buoni (recettori, esecutori, subitori ...). Un buono non governa un cattivo. Un meno buono governa un più buono, come in una scala di elettronegatività. E' la vecchia strategia win-lose, che porterà a un lose per tutti nel lungo termine del post Peak.

Anonimo ha detto...

Sembrano piuttosto preoccupati in Russia per l'innalzamento delle temperature, le prospettive sono pessime:

(ANSA) - MOSCA - E' allarme in Russia per le conseguenze che potrebbe avere su gran parte del paese il riscaldamento globale in atto: il viceministro della protezione civile Ruslan Tsalikov ha presentato oggi una relazione al Consiglio della federazione (il senato russo) che suona catastrofica. Il problema e' all'esame di tutte le principali istituzioni scientifiche russe: che si tratti di un fenomeno dovuto alle attivita' umane, o una conseguenza di cambiamenti planetari, o sia legato a entrambi, il surriscaldamento mettera' nei guai il 65% dei territori del paese, caratterizzati dal permafrost (uno strato di ghiaccio perenne che si trova nel sottosuolo) . Sono coinvolte anche grandi citta' come Norilsk, Dudinka, Yakutsk, Vorkuta, Tiksi, nel nord del paese o in Siberia. Il pericolo e' che un eventuale scioglimento dei ghiacci sotterranei destabilizzi le costruzioni, provocando crolli a catena. ''Se la temperatura aumentera' di due-quattro gradi, il cambiamento sara' irreversibile. Tra 20-25 anni - ha detto il viceministro - la criozona si spostera' dai 30 agli 80 chilometri, e nel 2050 si arrivera' a 150- 200 chilometri''. Molte citta' russe sono costruite sul permafrost, in alcune zone molto profondo. Ma a Norilsk e Dudinka, le fondamenta delle case affondano direttamente nello strato di ghiaccio. ''A Iakutsk, in Siberia centrorientale, gia' nel 2030 la situazione dei crolli potrebbe essere catastrofica. Piu' del 25% delle abitazioni standard costruite fra gli anni '50 e gli anni '70 potranno essere distrutte''. E questo si verifichera' anche in altre citta'. Altro grande problema sono i gasdotti e gli oleodotti, che potrebbero venire danneggiati dallo scioglimento dei ghiacci. ''Gia' adesso registriamo 35.000 incidenti annui, di cui il 21% collegato alla perdita di stabilita' delle fondamenta e alla deformazione dei sostegni''. Piu' sinistra ancora e' la situazione nell'isola di Novaia Ziemlia, a ridosso della calotta polare, dove ci sono grandi depositi di scorie radioattive che potrebbero finire in mare. Poi ci sono le 'bombe a orologeria' innescate dal petrolio solidificato e dai metalli pesanti, sacche riversatesi in terra durante le esplorazioni dei pozzi, che la temperatura mite potrebbe far sciogliere con conseguenze drammatiche per l'ambiente. Stesso problema per il metano: i ghiacci imprigionano i due terzi delle riserve, e un improvviso rilascio avrebbe pesabnti ripercussioni per l'atmosfera. Non solo il permafrost, ma le lastre di ghiaccio artico mettono a rischio la Russia: oltre alla scomparsa di specie come gli orsi bianchi e le foche, rischia di venire eliminata la cultura nenets, le popolazioni eschimesi che vivono tutt'ora in quelle zone come vivevano nei secoli scorsi, con la pesca e la caccia. ''Nel settembre 1979 il ghiaccio artico occupava 7,2 milioni di chilometri quadrati, nel settembre 2007 era a 4,3 milioni. Dal 2000 al 2005 c'e' stata una diminuzione del 20%, e solo dal 2005 al 2007 di un ulteriore 23%'', ha detto Tsalikov. Uniche consolazioni, la grande strada del nord, il percorso acqueo che consentiva per 20 giorni l'anno il rifornimento degli avamposti piu' sperduti, sara' nel 2050 aperta per 100 giorni l'anno; e lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi polari sara' molto piu' facile.

http://www.ansa.it/ambiente/notizie/fdg/
200807231550319892/200807231550319892.html

p.s.: felice di rileggerla, professore.

Carlo Stagnaro ha detto...

Caro Bardi, buona permanenza in quella città straordinaria che è Mosca. Apprezzo la sua nota sull'irrilevanza di un dato puntuale rispetto a un trend climatico secolare, whatever it is. Volevo solo commentare due sue affermazioni:

(a) sullo storione, non conosco i numeri ma prendo per buona la sua ricostruzione. Però qui è il tipico campo dove si vedono le differenze tra un capitalismo ben funzionante e un sistema privo di diritti di proprietà. La pesca allo storione pone il classico problema dei commons, dove essendovi libertà di accesso per tutti l'incentivo di ciascuno è di prenderne il più possibile, senza alcun riguardo a quel che accadrà nel lungo termine. La proprietà privata è appunto (uno dei, e il più efficiente) strumento di regolazione dell'accesso, poiché nelle valutazioni degli agenti introduce il lungo termine: sono disincentivato al sovraconsumo per mantenere il cash flow futuro. Può essere complesso definire proprietà privata sui pesci, e può essere necessario arrivarci per vie laterali, ma dal punto di vista teorico il problema è piuttosto chiaro (e non assimilabile al petrolio: che si tratti di proprietà dei pozzi o contratti di gestione, sul greggio i diritti sono allocati piuttosto chiaramente, e l'accesso è limitato).

(b) Sull'ultimo punto, sono sistematicamente i peggiori a governare i migliori (e non viceversa) perché il meccanismo di selezione democratico di fatto premia chi sa essere più bugiardo, paraculo, truffatore, nepotista, e prosegua pure lei con gli aggettivi. Questo significa che esistono sistemi alternativi e comparativamente migliori alla democrazia? Non lo so, forse no, al di là dei meccanismi di "confinamento" del potere democratico (il più semplice dei quali sono le costituzioni). Però così è.

Anonimo ha detto...

Impressionante la situazione climatica moscovita come anche la velocità con la quale i Russi si sono adattati al clichè consumistico occidentale.
Poi, che i peggiori(e disonesti) riescano sempre a governare i migliori(e onesti) non mi meraviglia più di tanto; la natura dell'individuo buono tende sempre ad avere la peggio con quella dello scaltro e cattivo...

Paolo B.

Ugo Bardi ha detto...

Caro Stagnaro, ci sono delle impressionanti somiglianza fra il petrolio e la pesca. La curva della caccia alla balena del secolo XIX rimane uno degli esempi migliori che abbiamo oggi di un ciclo di Hubbert. Ci ho scritto sopra un intero articolo. La pesca dello storione del caspio segue la stessa legge. Mi propongo un giorno o l'altro di analizzarla in dettaglio. E, infatti, ci va di mezzo il discorso del free access, della privatizzazione, eccetera. Attenzione! E' giusto dire che i pozzi sono privatizzati, ma l'esplorazione è libera. Per cui, il petrolio è un caso anche quello di risorsa "free access". Argomento interessantissimo. Ne riparliamo a Vedro'.

Eugenio Saraceno ha detto...

Caro Stagnaro,
Non so se il problema dei commons sia resolubile in via di principio con la privatizzazione nell'ambito di un capitalismo ben funzionante; tuttavia le segnalo che i banchi di merluzzi di Terranova si sono esauriti per la pesca eccessiva nonostante ricadessero nelle ZEE di due paesi dal capitalismo molto avanzato, USA e Canada.
Nello specifico quando le attività di pesca entrarono in crisi la reazione di quei governi fu la concessione di incentivi che furono investiti in mezzi di pesca più potenti che finirono per aggravare il problema. Alla fine la soluzione fu il blocco per legge, esattamente come per lo storione del Caspio, nonostante la Russia non sia un esempio di capitalismo ben funzionante.

saluti
Eugenio Saraceno

Anonimo ha detto...

"il meccanismo di selezione democratico di fatto premia chi sa essere più bugiardo, paraculo, truffatore, nepotista, e prosegua pure lei con gli aggettivi."

Toh! E' la stessa opinione che io ho, in merito al meccanismo di selezione economico del capitalismo...
Mi sembra che bugiardi, paraculi, truffatori e nepotisti prosperino in ambito aziendale. O è solo una mia impressione?

Carlo Stagnaro ha detto...

Bardi - il tema è molto interessante, ma mi pare che le differenze tra i due casi siano molto diverse. Del resto, per stare nel regno animale, perché lo storione si esaurisce e le galline no, sebbene pure loro siano soggette a una domanda crescente? La risposta mi pare non possa essere in altro che nel contesto istituzionale, cioè nella proprietà privata. Certo, definire diritti di proprietà sui pesci è più complicato che sul pollame, ma questo è un problema pratico, non smentisce la questione teorica.

Saraceno - il problema specifico non è il "livello di sviluppo capitalistico" dei paesi, ma il tipo di regolazione specifico. Ci sono esperienze molto interessanti - a partire dalla Nuova Zelanda, ma anche in Norvegia coi salmoni - di privatizzazione del pesce, attraverso permessi di pesca e l'introduzione di schemi "cap & trade", che hanno dato risultati molto interessanti. Ne ha scritto molto, tra gli altri, Michael De Alessi.

Ariafritta - a prescindere da tutto, è ovvio che sul mercato ci sono dei meccanismi di sanzione che in politica ovviamente non possono esistere. Una impresa mal gestita, chiude...

Ugo Bardi ha detto...

Infatti, la questione teorica del problema di ottimizzare una "fishery" è abbastanza chiara - gli economisti ci hanno fatto modelli sopra a partire dagli anni '50. Si tratta di risorse che sono quasi impossibili da privatizzare, per cui l'unico modo di evitarne la distruzione è mettere delle quote. In certi casi, le si possono arrangiare in modo che somiglino un po' alla proprietà privata, anche se non è la stessa cosa.

Comunque, ove possibile, io sono assolutamente favorevole alla privatizzazione. E' il modo più semplice e più efficace per evitare il fenomeno di overshoot, tipico delle risorse "free for all". Sappiamo tutti che Geordie fu impiccato con una corda d'oro perché rubo' sei cervi dal parco del re, vendendoli per denaro. La risorsa cervi era privatizzata - era proprietà del re - non era "free for all", come credeva il povero Geordie. Era bene che fosse così, altrimenti in poco tempo non sarebbero rimasti più cervi nel parco. L'altra possibilità era di mettere delle quote alla caccia dei cervi, come facciamo noi. Ma io credo che, alla fine dei conti, impiccare i bracconieri sia una buona soluzione.


ah.... appunto questa - la privatizzazione - è la differenza fra le galline e gli storioni :-)

Eugenio Saraceno ha detto...

Caro Stagnaro,
Perdoni se avevo frainteso il suo commento. Non si parlava del livello di capitalismo della Russia ma del meccanismo di regolazione dei commons mediante la proprietà privata.
Effettivamente i meccanismi di cap & trade sono quanto di più avanzato il mercato possa fare per regolare l'accesso ad un common. Mi lasci evidenziare un punto critico della questione, faccio riferimento per chiarezza al cap & trade del sistema di emission trading della UE, il cosiddetto mercato delle quote di CO2.
Ebbene qui c'è un common (l'atmosfera) ed una serie di operatori che devono rispettare un cap (le quote di co2) facendone eventualmente commercio. All'inizio dei tempi il ministero assegnò le quote agli operatori esistenti lasciando una certa quantità di quote non assegnate per i nuovi entranti. Essendo i consumi energetici in crescita negli anni successivi le quote non assegnate si azzerarono, di questo si lamentarono anche alcuni operatori nuovi entranti come Sorgenia che si trovò a dover inaugurare le sue nuove centrali elettriche senza avere le quote.
Non pensa che il sistema cap & trade possa configurare una situazione di barriera all'entrata e limitare la concorrenza? Questo vale anche per la pesca; una volta assegnate le licenze e le quote ai pescatori esistenti come è possibile ammettere un nuovo entrante senza ridurre le quote agli operatori già esistenti? Gli stessi operatori licenziatari delle quote non potranno mai accrescere il proprio business anzi rischiano di vedersele ridotte in nome della concorrenza.
Insomma non le pare che gli assunti fondamentali del fare impresa, la crescita del profitto, la libera concorrenza.. rischino di essere scardinati completamente dalla necessità di gestire i commons in modo privatistico?
E del rischio che i vari operatori licenziatari di un common, non potendo aumentare le quote (del pescato, della co2 del petrolio etc.) facciano cartello per aumentare i prezzi?

Saluti
Eugenio Saraceno

Carlo Stagnaro ha detto...

Gentile Saraceno, credo che sia necessario guardare alla questione con grande pragmatismo. Il cap & trade funziona normalmente bene quando il numero di soggetti coinvolti è relativamente basso (= bassi costi di transazione). Questo è uno dei motivi per cui sono abbastanza scettico sulla riuscita del meccanismo europeo di scambio delle quote di CO2: l'obiettivo di riduzione, in quel caso, potrebbe probabilmnete essere raggiunto in modo più efficiente con una carbon tax. Nel caso del pescato, però, mi pare che l'evidenza supporti questo tipo di meccanismi, il cui obiettivo è quello di "mimare" la proprietà privata (come dice Bardi) laddove è difficile definirla. E' ovvio che uno degli effetti collaterale è quello di aumentare i costi di entrata e dunque, ceteris paribus, ridurre il livello di competizione: ma questo è uno dei difficili trade off a cui costringe la politica, e occorre - con pragmatismo, appunto - tentare di scioglierlo. Stando all'esempio degli storioni, di cui so pressoché nulla, ma fidandomi dei dati di Bardi, mi pare ci siano pochi discorsi: la risorsa si sta esaurendo a causa dell'over production, che dunque va limitata. Lo si può fare in tre modi: vietando la pesca (che è il modo più inefficiente perché rende economica la pesca di frodo!), fissando dei tetti alla raccolta individuale o definendo dei permessi "statici" (come per la raccolta dei funghi), oppure fissando dei tetti e poi consentendo un mercato secondario dei permessi di pesca. In questo caso, mi pare che quest'ultima sia la soluzione più desiderabile.

Ugo Bardi ha detto...

vedo che gli storioni hanno suscitato interesse. I dati sono in pubblicazione su "The Oil Drum". Dovrebbe essere già uscito oggi