Esce in questi giorni il nuovo libro di Dale Allen Pfeiffer "Mangiando Combustibili Fossili" (eating fossil fuels).
Pfeiffer è un geologo americano che ha scritto molti articoli sul picco del petrolio che appaiono sul suo sito "mountainsentinel." Forse meno noto di altri commentatori su questo argomento, Pfeiffer è tuttavia un attento e acuto studioso; sotto molti aspetti diversi passi avanti rispetto a molti altri.
Tutti si preoccupano del prezzo dei carburanti, ma, con questo libro, Pfeiffer è andato diritto al cuore del problema. Il trasporto ha bisogno di petrolio, certo, ma ancora di più ne ha bisogno l'agricoltura. Di trasporto, entro certi limiti, possiamo anche fare a meno, ma del cibo prodotto dall'agricoltura no.
Il libro di Pfeiffer è uno studio molto approfondito e dettagliato sulla situazione agricola risultante dalla cosiddetta "rivoluzione verde" cominciata negli anni '70. Questa serie di cambiamenti nelle pratiche agricole mondiali merita di essere citata come uno dei grandi errori storici del genere umano. Nel desiderio comprensibile di produrre più cibo per una popolazione in crescita, ci siamo trovati incastrati in una spirale senza uscita in cui più cibo si produceva, più la popolazione cresceva. Più la popolazione cresceva, più c'era la necessità di produrre cibo. La produzione ha potuto crescere incrementando sempre di più il ruolo dei combustibili fossili, ma ora che siamo al limite della produzione di combustibili fossili, le ripercussioni potrebbero essere devastanti.
Dopo la rivoluzione verde, l'agricoltura non è più quella di una volta. Se un tempo l'agricoltura era un processo che trasformava la luce solare in sostanze alimentari, oggi possiamo dire che è un processo che trasforma combustibili fossili in sostanze alimentari. La rivoluzione verde ha aumentato l'energia utilizzata dall'agricoltura di un fattore 50 o anche 100. Negli Stati Uniti, ci vogliono oggi circa 10 unità di energia fossile per produrre 1 unità di energia alimentare. Se a questo si aggiungono i costi di trasporto, di distribuzione, di refrigerazione, eccetera, si stima che per produrre il cibo consumato in un giorno, un americano medio dovrebbe lavorare per tre settimane se non avesse l'ausilio dei combustibili fossili. La situazione sembra critica dato che già oggi oltre il 10% delle famiglie americane sono classificate come "food insecure", ovvero sempre sull'orlo della fame.
In più, la rivoluzione verde ha causato un'erosione irreversibile di immense aree una volta fertili, ma che ora possono ancora produrre soltanto con l'apporto massiccio di combustibili fossili. Se questo apporto venisse a mancare, la desertificazione è in agguato. Lo stesso, l'uso estensivo e sconsiderato dell'irrigazione ha salinizzato grandi aree, esaurito gli acquiferi e danneggiato fiumi e sorgenti. Gli effetti sono ancora tutti da vedere, ma già ora si comincia a capire che la rivoluzione verde è stata un suicidio collettivo; un suicidio differito nel tempo, ma un suicidio comunque.
Quello di Pfeiffer è un allarme che ci ricorda che i problemi che dovremo affrontare a breve scadenza potrebbero essere molto diversi da quelli che ci aspettiamo. Tendiamo a vedere la crisi che verrà in termini della crisi degli anni '70; ci aspettiamo che la carenza di petrolio produrrà alti prezzi della benzina, code ai distributori, magari razionamenti, sicuramente difficoltà negli spostamenti. Negli anni '70, la crisi non ebbe effetti alimentari. Ma, negli anni '70, la situazione dell'agricoltura era completamente diversa da quella odierna. L'agricoltura dipendeva enormemente di meno dai combustibili fossili e la distribuzione dei prodotti alimentari non era basata su una filiera così a grande distanza come lo è quella odierna. Non dimentichiamoci, poi, che negli anni '70 c'erano circa 4 miliardi di persone al mondo, oggi ce ne sono 6 miliardi e mezzo.
I dati di Pfeiffer sono principalmente per gli Stati Uniti. Per l'Italia e l'Europa la situazione potrebbe essere leggermente diversa; per nostra fortuna l'agricoltura Italiana sembrerebbe più diversificata di quella degli Stati Uniti, che è sostanzialmente una monocultura di mais. Tuttavia, i fenomeni di erosione e di degrado agricolo sono evidenti anche qui da noi. In aggiunta, siamo soggetti alla desertificazione causata dal cambiamento climatico. Basta usare "google earth" per vedere quanta dell'area del sud d'Italia e in particolare la Sicilia, stiano sempre più somigliando al Nord Africa in termini di vegetazione.
Ci figuriamo il futuro come se ripetesse sempre il passato, ma la nuova crisi potrebbe essere completamente diversa dalla precedente. Potrebbe essere, in effetti, una crisi principalmente alimentare. Questo ci può apparire inverosimile, siamo abituati al concetto che le carestie sono una storia del passato, eventi che interessavano i nostri remoti antenati ma non noi. L'ultima carestia in Italia è stata nel 1898, al tempo in cui il generale Bava Beccaris massacrava a cannonate gli operai di Milano che chiedevano un ribasso della tassa sul macinato. Poi c'è stato il razionamento alimentare nella seconda guerra mondiale che, però, non è stata una vera e propria carestia.
Può darsi, dunque, che l'attuale enfasi su certe soluzioni alla crisi incombente partano da presupposti sbagliati e che potrebbero essere addirittura controproducenti. Attualmente il massimo sforzo sta nel cercare di ridurre i consumi energetici degli edifici, in secondo luogo quelli del trasporto. Azioni encomiabili, ma ci servirà a poco avere la doccia calda solare in casa se non avremo da mangiare. In più, si pensa di usare l'agricoltura per produrre biocombustibili, ma l'agricoltura di oggi dipende dai combustibili fossili ed è impensabile usarla per far fronte alla mancanza dei fossili. Se la crisi si presenterà da noi come si è presentata a Cuba e nella Corea del Nord (due casi esaminati in dettaglio da Pfeiffer nel suo libro), il problema consisterà nell'assicurare cibo per tutti.
I Cubani sono riusciti a sbarcare la crisi, ma per parecchi anni hanno dovuto stringere la cinghia in modo non figurato; la disponibilità alimentare per persona ha avuto un crollo brutale con la caduta dell'Unione Sovietica che riforniva l'isola di alimentari. Con grande pazienza e con un ritorno a tecniche agricole sostenibili, Cuba è riuscita a rimettere la produzione alimentare locale al passo con le necessità della popolazione. La crisi non ha causato un declino di popolazione a Cuba, che continua ancora oggi a crescere ma che sembra avviata a stabilizzarsi nel prossimo futuro su livelli sostenibili per l'economia locale. Per arrivare a questa stabilizzazione non sono state necessarie misure coercitive. L'agricoltura sostenibile, apparentemente, non genera la deleteria esplosione della popolazione che invece si produce con l'agricoltura basata sui combustibili fossili.
Come sempre, il futuro non si può prevedere, ma riguardo al futuro si può essere preparati. Pfeiffer nel suo libro descrive anche come il movimento "grassroot" può organizzarsi per far fronte alla crisi. Non è detto che questi metodi - o quelli cubani - siano applicabili al caso italiano e europeo, ma comunque dobbiamo cominciare a pensare al futuro in termini di agricoltura; altrimenti potremmo dover stringere la cinghia qualche buco di troppo.
Il libro di Pfeiffer è acquistabile sul sito mountainsentinel
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10 commenti:
Grazie Ugo, speriamo che venga presto tradotto in italiano.
E' proprio pensando a queste cose che ho realizzato questa foto che forse non avrebbe sfigurato in copertina del libro che segnali:
http://www.dreamstime.com/oilforfood-image1526070
Penso che il dato per misurare la drammaticità della crisi alimentare che accompagnerà la fine del petrolio sia il numero di abitanti per ettaro coltivabile che ogni nazione ha. Non vorrei essere un abitante dei Paesi Bassi, dove la concentrazione demografica è ben più alta di quella statunitense o cinese. L'Italia, con 197 abitanti per km2, è essa stessa ben al di sopra della densità demografica dei due giganti citati. Sarà dura!
Salute.
Complimenti per il post. Fornisce un quadro chiaro di quello che sta dietro l'ennesima sciagurata decisione di Bush di puntare in direzione sbagliata.
Ottimo post, anche se estremamente preoccupante. Mi ha convinto definitivamente che l'agricoltura è la chiave di tutto e che se vogliamo ridurre la nostra impronta ecologica è esattamente da lì che dobbiamo cominciare.
Forse è bene iniziare a decarnivorizzarci (ne ho anche parlato nel blog ecoalfabeta, vedi
questo post); è meglio farlo per libera scelta adesso che per coatrizione quando sarà tardi ...
Queto post mi ha convinto ad acquistare il libro di Dale Allen Pfeiffer; rinnovo la mia disponibilità a collaborare alla sua traduzione, in modo che sia possibile farne un'edizione italiana. Se non si trova un'editore, è sempre possibile utilizzare lulu.
Avevo pensato alla possibilità di tradurlo. Oltre a tradurlo, però, andrebbe un po' adattato alla realà italiana. Ho scritto a Dale su questa cosa, sentiamo cosa ne pensa
pubblicato su www.informationguerrilla.org
Ma si riesce a commentare su questo blog?
Ah... sono riuscito a inserire un commento. Bene!
Mi preoccupa abbastanza il fatto che, quando tento di introdurre argomenti come quello del post (anche con persone che hanno le mie idee politiche e cultura universitaria) spesso il livello della loro attenzione è degno di discorsi sugli UFO o sul calendario Maya...
Eh, beh, caro Ariafritta, purtroppo la gente che legge il giornale e guarda i TG tutti i giorni finisce con il cervello frullato. Crede veramente che le cose importanti sono quelle che si leggono nelle prime pagine o si sentono in TV. Poi, se uno prova a dirgli che la realtà è tutta un altra cosa, ti guardano come se fossi appena arrivato da Saturno con un gommone spaziale. Sfortunatamente per loro (e per noi) la realtà ha un suo modo di rifarsi sulla fantasia....
Prof. Bardi,
Luca Mercalli stasera ha parlato - nel suo intervento da Fazio - di cementificazione.
Aveva poco tempo, ma ha accennato anche al fatto che potremmo in futuro avere bisogno di questo territorio da coltivare...
Ne ho fatto un riassunto qui
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