sabato, giugno 30, 2007

Il picco del sudore


Nei giorni scorsi i telegiornali ci hanno inondati con l'usuale raffica di notizie sul caldo estivo. D'altronde, era da febbraio che pronosticavano l'estate 2007 come "la più calda a memoria d'uomo".

Questa settimana nel Nord Italia le temperature sono state inferiori alla media, mentre al Sud si sono toccate punte di 40 °C.

Ora, è presto per smentire i nostri tiggì. Abbiamo davanti due mesi in cui potranno verificarsi ondate di calore e umidità più o meno lunghe. In termini meno soggettivi, però, saremo tutti d'accordo sul fatto di non aver mai sentito un meteorologo asserire "inverno caldo, estate calda".

Calcoli meteo predittivi a distanza di 6 mesi vanno ben oltre le possibilità dei più potenti supercomputer statunitensi e giapponesi. Senza contare l'enorme possibilità di errore che si avrebbe comunque, avendo a che fare con un sistema complesso quale l'Atmosfera.

Il corollario della situazione descritta sopra è stato il verificarsi, in Sicilia, di alcuni black out per il gran numero di condizionatori operativi. Il governo ha allora ipotizzato (ma non ancora attuato) per le grandi città una fornitura intermittente di energia elettrica. Quest'idea dev'essere molto cara al ministro Bersani che l'aveva già avanzata mesi fa, proprio quando estrapolava un'estate calda da un inverno caldo.

Mentre sentivo queste notizie al tiggì, mi chiedevo:

davvero possiamo pensare di poterci difendere dalle variazioni climatiche con delle tecnologie basate su Energie Fossili?

per quanto crediamo di potercela fare, alla luce delle disponibilità stimate di Idrocarburi?

non siamo un po' patetici, quando contrapponiamo alla forza bruta della Natura la nostra forza bruta? non ci facciamo pena da soli?

Forse la Tecnologia ha fatto perdere a molti la saggezza dei nostri Nonni. Ma credo che la ritroveremo, anche perchè saremo costretti.

Ippolito, idrogeno non ce la fa a vincere

Massimo Ippolito, ideatore del sistema di energia eolica d'alta quota "Kitegen" è socio da lungo tempo di ASPO-Italia.




Ippolito, idrogeno non ce la fa a vincere

(ANSA) - BARI, 29 GIU - ''L'idrogeno non e' un'energia, e' un vettore. Personalmente facendo parte di un network dove si discute molto di queste cose, abbiamo escluso che l'idrogeno avra' un futuro, proprio per calcoli termodinamici''. Non usa mezzi termini lo studioso Massimo Ippolito che oggi a Bari, nel corso di un incontro tenutosi all'Universita', ha presentato KiteGen, il progetto da lui ideato che introduce un nuovo concetto nel campo dell'energia eolica che - sostiene lui stesso - potrebbe rivoluzionare la situazione energetica mondiale. Il ''kite wind generator'', proposto da Massimo Ippolito della Sequoia Automation S.r.l. di Chieri (Torino) promette infatti di generare energia in abbondanza, senza forme di inquinamento e a costi molto bassi. Il KiteGen e' basato su aquiloni che raccolgono il vento a grande altezza per far girare un carosello connesso a un generatore. ''Il sistema e' ancora allo stadio di una proposta+, ma se i risultati delle simulazioni saranno confermati, - sostiene Ippolito - avremo un modo concreto di far fronte all'attuale crisi energetica usando una fonte pulita e rinnovabile''. E a proposito delle teorie dell'economista ambientalista Jeremy Rifkin che proprio a Bari, in un incontro svoltosi alla Camera di Commercio qualche giorno fa, ha sostenuto la necessita' di utilizzare l'idrogeno in campo energetico, Ippolito ha detto: ''Rifkin e' un economista non e' un energetico; e' bello far sognare, l'idrogeno e' una reazione semplice, che piace a tutti, che fa acqua, ma analizzando seriamente nel dettaglio la tavola periodica di Mendeleev si nota che e' molto piu' estesa, oltre all'idrogeno c'e' tanta altra roba. Ci sono delle soluzioni che adesso non sto a enumerare molto piu' interessanti dell' idrogeno''. ''Quindi come mia previsione personale, ma non voglio con questo imporre niente a nessuno - ha detto Ippolito - l' idrogeno non ce la fara' a vincere la battaglia, perche' l'idrogeno non e' una fonte''. AME

http://www.ansa.it/ecoenergia/notizie/rubriche/eolico/20070629155534352936

venerdì, giugno 29, 2007

Quello che non si dice sul cambiamento climatico

Guest post di Luca Lombroso




Un sito italiano ha pubblicato un commen
to alquanto discutibile (per non dir di peggio) sul cambiamento climatico. Non citiamo il nome di questo sito (non si merita che gli facciamo pubblicità) comunque il testo del commento ha girato su Internet ed è arrivato al forum petrolio da parte di Luca Lombroso, della Società Meteorologica Italiana, che ci passa i suoi commenti (in blu) in proposito.

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Quello che non si dice sul cambio climatico
martedì 26 giugno 2007
Ulteriori considerazioni sul cambiamento climatico.

SI DICE che la maggioranza della comunità scientifica giudichi importante il contributo dell'uomo nel riscaldamento antropico.

Non lo dice l'uomo di strada bensì autorevoli e serie istituzioni scientifiche internazionali di nome NASA NOAA CNR WMO WHO CRU UNIVERSITA' ONU IPCC e personalità di nome Blair, Gore, Merkell, e perfino Bush ormai

SI DICE che il riscaldamento attuale potrebbe essere senza fine portando il mondo sull'orlo di migrazioni di massa, guerra, carestia.

Infatti, vedi esempi di Collasso, J.Diamond, Einaudi

SI DICE che l'Oceano si solleverà di oltre un metro.

Si dice male perchè le stime sono diverse, secondo l'IPCC saranno fra 18 e 59 cm a seconda dello scenario

NON SI DICE che i risultati della scienza non si conquistano a maggioranza e che la minoranza è costituita da migliaia di altri scienziati molto vicini numericamente alla maggioranza.

Nessuno ha conquistato risultati a suon di maggioranza bensì pubblicando e sottoponendosi al giudizio dei peer review, e la minoranza non esiste nel senso che mai è riuscita a pubblicare e veramente dimostrare alcun che neghi il cambiamento climatico su riviste scientifiche

NON SI DICE che gran parte del riscaldamento globale osservato in questi ultimi anni potrebbe essere da ascriversi quasi totalmente all'urbanizzazione, a stazioni di rilevamento immerse in giungle d'asfalto.

Semplicemente non è vero. Nei ghiacciai non vi è isola di calore, sulle montagne e in mezzo al mare idem, nelle campagne lo stesso.
NON SI DICE che i satelliti che registrano la temperatura dell'aria senza essere influenzata dagli ambienti "urbani" non mostrano alcun importante aumento termico negli ultimi anni.

Falso. I satelliti ora vedono il riscaldamento

NON SI DICE che l'aumento termico dalla fine della piccola era glaciale, nel 1850, è di soli 0.8°C e che è bastata la sola eruzione del vulcano Pinatubo per abbassare la temperatura di 0.2°C.

A parte che ora è piu' di 0.8°C, su scala globale è un'enormità. Da un lato ben vengano le eruzioni vulcaniche, ma purtroppo provacono ben altri danni e il loro effetto del resto è temporaneo

NON SI DICE che le glaciazioni hanno comunque un ciclo di 100.000 anni

E allora? che c'entra?

NON SI DICE anche che le temperature più alte mai registrate in Spagna, Finlandia, Usa, Alaska e Argentina furono registrate tutte in data anteriore al 1915 e la temperatura più alta mai registrata al mondo risale al 1922 in Libia.

E allora? i massimi sono una cosa le medie un'altra

NON SI DICE che in Germania la temperatura più bassa è stata registrata nel 2001!

A parte che è tutto da verificare, E allora? i massimi sono una cosa le medie un'altra

NON SI DICE che l'aumento della concentrazione di gas serra si è quasi sempre verificato dopo un aumento delle temperature, salvo negli anni 60-70 dove la temperatura è diminuita nell'emisfero nord ma le concentrazioni di gas serra sono aumentate.

Primo, non è del tutto vero, anzi. Secondo, l'effetto della CO2 è ritardato e funziona come un termostato

NON SI DICE o SI DICE POCO che bisogna diminuire le concentrazioni dei gas serra soprattutto perchè fanno male alla nostra salute non tanto al clima.

Che ignoranza... l'inquinamento fa male senz'altro ma la CO2 e quasi tutti i gas serra non sono inquinanti direttamente dannosi per la salute

NON SI DICE che è stato dimostrato che il freddo ha un'incidenza doppia di mortalità rispetto alle condizioni di caldo estremo.

Vallo a dire ai Siciliani, o ai Pakistani, o ai rumeni che hanno appena vissuto l'ondata di caldo

NON SI DICE che l'innalzamento degli oceani potrebbe trovare l'uomo già preparato come accade in Olanda, certo in Bangladesh no, ma qui c'è un problema di povertà che va affrontato alla radice. Dall'ultima glaciazionè è vero che l'oceano si è sollevato di 100 metri ma ora potremmo anche essere vicini ad una inversione di tendenza se si instaurasse un processo di retroazione con conseguente aumento della quantità di neve che cadrà nelle zone artiche.

La potenza della tecnologia volete dire? bè, vedi un po' a new Orleans come è andata a finire con le dighe...

NON SI DICE inoltre che il Mediterraneo negli ultimi anni è calata di oltre 2 centimetri.

Questione un po' piu' complessa, e del resto nota e si dice in vari libri e testi

NON DI DICE che in atmosfera sono presenti 3000miliardi di tonnellate di CO2, l'uomo ne immette ogni anno 20 miliardi, e l'applicazione del Protocollo di Kyoto equivarrebbe a ridurle di 0.5 miliardi. Molti dicono è un primo passo: ma anche salire su uno sgabello è il primo passo per avvicinarsi alla luna.

Già, prova un po' tu ad aggiungere il 3% di acqua tutti gli anni a un acquario... oppure a smettere di fumare tutto di un colpo. Meglio iniziare ad abituarsi, o no?

NON SI DICE che i costi del famoso Protocollo sono di 150 miliardi di dollari all'anno: con metà di quella cifra potremmo garantire acqua potabile ed assistenza sanitaria e istruzione a milioni di persone.

Anche col risparmio del costo di un cacciabombardiere ottieni lo stesso risultato. E comunque Stern ha ben quantificato i costi del non agire e dell'agire e i dati parlano chiaro.

NON SI DICE che la ricerca andrebbe tutelata per legge senza portare gli scienziati a ricorrere a trucchetti meschini per assicurarsi i finanziamenti, denunciando dunque il falso e comunque appianando i dubbi circa il cambio climatico.

Forse piu' che tutelata (anche se in italia è una razza in via di estinzione) andrebbe finanziata per legge. E comunque alla faccia del trucchetto... e quale sarebbe questa potente lobby, i giovani precari della ricerca?

Commenti in blu di Luca Lombroso, Società Meteorologica Italiana ONLUS e ASPO Italia



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Cronache del caldo infernale: Napoli come Baghdad

L'altro ieri ero in viaggio lungo l'autostrada del sole nel pieno dell'ondata di calore. Dalle parti di Napoli, nella pianura vesuviana apparivano grandi pennacchi di fumo nerissimo che ricordavano un po' Baghdad al tempo dell'operazione tempesta del deserto.

Ho pensato subito che fossero delle discariche o dei cassonetti in fiamme; più tardi la radio me lo ha confermato. Hanno detto che la gente da fuoco ai cassonetti per non sentire il puzzo dell'immondizia. Evidentemente, preferiscono respirare diossina. O forse la gente non è così scema come dicono alla radio e le immondizie prendono fuoco per autocombustione. In ogni caso, il risultato è lo stesso (diossina sparpagliata nell'atmosfera) e la causa è comunque l'idiozia idiozia umana.

Sono arrivato alla mia destinazione - un paese dell'entroterra a Sud di Salerno - verso le 11 di sera. La temperatura e le condizioni atmosferiche ricordavano il film "Soylent Green" (in Italiano, "i sopravvissuti"). All'albergo mi hanno detto che non avevano aria condizionata perché, normalmente, in quella zona collinare non ne avevano bisogno. Con la camera in condizioni di forno crematorio, mi sono preso il cuscino e sono andato a sdraiarmi fuori, su un lettino vicino alla piscina.

All'esterno, la temperatura era quasi sopportabile. Ma ho notato un paio di cose. La prima è che nessuna zanzara è venuta a ronzarmi intorno. La seconda era l'assenza totale di ogni forma di vita animale. Non c'erano moscerini che volavano intorno alle lampade; nessun pipistrello visibile; zero rumori di cicale o altri insetti, oppure di rospi o cose del genere. Eppure, l'albergo era immerso nel verde in una zona di campagna.

Verso l'una di notte, sono stato svegliato da un rumore infernale; un camion girava lentamente intorno all'albergo con i fari e il motore acceso. Non ho visto esattamente cosa stessero combinando, ma mi sono ricordato che alla reception mi avevano parlato della "disinfestazione". A parte il rumore, non volevo essere io stesso disinfestato, magari usavano Zyklon B. Quindi non mi è rimasto che rientrare in albergo e andare a dormire sul pavimento del bar/discoteca - scomodo, ma sempre più fresco che in camera.

La mattina dopo, ho notato diverse mosche morte sul pavimento della mia camera. Ho guardato il cielo, di rondini non ne ho viste e non mi è parso di aver udito uccelli di nessun tipo. La sera, sulla via del ritorno, gli incendi lungo l'autostrada c'erano ancora.




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martedì, giugno 26, 2007

La fallacia del post-hoc



Si dice "fallacia del post-hoc" (più comunemente in inglese che in italiano) l'errore che si può fare quando si ritiene che c'è un rapporto causa-effetto fra due cose che si susseguono. Ma, ovviamente, il fatto che una certa cosa si verifichi dopo un'altra non vuol dire che ne sia necessariamente l'effetto. Se tutte le mattine vado alla fermata e dopo un po' arriva un autobus, non posso concludere che il fatto che l'autobus appaia sia dovuto al fatto che ho camminato fino alla fermata.

Ci sono molti esempi di questo tipo di errori; può essere che due eventi che si susseguono non siano affatto correlati, ma anche che siano correlati e tuttavia uno non sia la causa dell'altro. E' possibile anche l'errore opposto; ovvero di negare che un certo fenomeno sia causato da un altro; mentre in vece lo è. Nel dibattito attuale, l'esempio tipico è quello dell'effetto serra dovuto alla CO2. Ne abbiamo parlato nel blog a proposito di un articolo di un sig. Bloom. Nel suo caso, come in altri, la questione prende la seguente forma:

E' vero che la concentrazione di CO2 nell'atmosfera è aumentata ed è anche vero che la temperatura del pianeta è aumentata. Ma chi ci dice che veramente c'è una correlazione fra le due cose, ovvero che l'aumento di concentrazione di CO2 causi il riscaldamento globale?

Non è che chi parla di effetto serra e di riscaldamento globale stia per caso facendo l'errore del post hoc? Beh, no, se ci pensiamo sopra appena un po'. Come evitare questo errore è stato discusso e analizzato molte volte ed è principalmente una questione di buon senso. Se c'è una causa fisica che lega i due eventi, allora possiamo concludere che la correlazione di causalità esiste. Altrimenti, probabilmente no.

E' ovvio che il fatto che qualcuno cammina fino alla fermata non può avere un'influenza fisica sul moto di un autobus; dal che deduciamo che fra i due eventi non c'è un rapporto di causa ed effetto. Nel caso della CO2 atmosferica, invece, le cose sono ben diverse. Già verso la fine dell'800, Swante Arrhenius aveva scoperto l'effetto serra atmosferico e l'aveva quantificato. Da allora, si sa tantissimo di più su questo argomento che è ben assodato nella fisica dell'atmosfera.

Si può ragionevolmente discutere sull'entità dell'effetto termico della CO2, ma dubitarne in quanto tale è soltanto una manifestazione di crassa ignoranza. La troviamo in tanta gente, sia in Bloom come, curiosamente nel premio nobel Kary Mullis che sembra abbia dichiarato che "l'effetto serra non esiste" (o perlomeno queste parole gli sono state attribuite in un recente articolo apparso sul settimanale "Chi")). Esiste, eccome, ed è quello che rende possibile la vita su questo pianeta. Se non esistesse, saremmo tutti belli congelati, come già aveva già calcolato Arrhenius ai suoi tempi. Meno male che l'ha detto un premio Nobel!!



Ringrazio Marantz per avermi suggerito questo post

lunedì, giugno 25, 2007

Ding-dong; c'è nessuno in casa?


Sul forum "energyresources" segnalano oggi un articolo di un sig. Bloom a proposito del riscaldamento globale.

Se masticate l'inglese vi consiglio di leggerlo. Una simile serie di fesserie una dietro l'altra non l'avevo mai sentita, nemmeno dai peggiori negazionisti italiani. Questo Bloom è veramente di fuori come le campane a festa. Sarebbe una cosa divertente se non fosse tragica; purtroppo ci sarà sicuramente chi gli da retta.

Questo Bloom, fra le altre cose, ha scritto un romanzo intitolato "Beyond Neanderthal" dove mi sembra di capire sostenga (ahimè) la tesi che i combustibili fossili sono in esaurimento e che si deve fare qualcosa che lui chiama una "rivoluzione morale" per risolvere il problema.

Su "energyresources" concludono che se questo è il livello di intelligenza degli umani, allora è meglio che ci estinguiamo. Direi che è vero.

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Why (Really) is Our Planet Warming?

Brian Bloom
June 23, 2007
www.beyondneanderthal.com

http://www.321energy.com/editorials/bloom/bloom062307.html

Warning: The article that follows cuts across conventional wisdom.

The reader is entreated to leave his/her prejudices at the door and
to approach this Global Warming boat-rocking article with an open
mind. There is too much at stake to not rock the Global Warming boat.

By way of introduction, it will probably be constructive to focus on
the well accepted principle that "No man is an island". Individual's
have a need to belong. It's called a social need. We all have it in
varying degrees. Thus, when society as a whole embraces a particular
idea it is very difficult for a normal individual to embrace any
contrary idea which might be seen to be undermining that which has
become generally accepted. Such behaviour would be viewed by the
group as disloyal, and would have the effect of marginalising that
individual from the society to which he belongs. Such marginalisation
can be very traumatic - particularly when society as a whole is under
stress and people feel a heightened need to band together.

There are many examples to illustrate the point, one of which was in
respect of Copernicus. He was the guy who argued that the Earth
revolved around the sun when Church policy was that the Earth was the
centre of the Universe. The hard fact is that ancient civilizations
dating as far back as 3,500 BCE already knew for a certainty that
which Copernicus was putting forward as a so-called radical new idea
in 1,530CE; 5,000 years later. So, if Copernicus' idea wasn't
particularly radical, why did he wait until he was on his deathbed in
1543CE before publishing? Answer: It would not have been Politically
Correct to rock the boat. Life was stressful in Copernicus' days. The
world was midway through a mini Ice Age at the time. In addition, the
Catholic Church - which had solidified its power during the Crusades,
was under threat from Martin Luther's reformists. (Luther and
Copernicus lived at the same time).

As a starting point, it's important to bear in mind that a given
volume of water requires 30-50 times as much energy to warm it as
will be required to warm the same volume of air. Both our oceans
(which cover two thirds of the surface of our planet) and our air
(which extends as high as the mesosphere) have been warming. The
question is: Have our warming oceans warmed our atmosphere, or has
our warming atmosphere warmed our oceans?

This is not a frivolous question: Which has been cause, and which has
been effect?

Let's look at the Greenhouse Gas argument, which suggests that whilst
the albedo coefficient of any particular surface on Earth quantifies
the proportion of the sun's heat energy which is reflected from that
surface, in the case of the planet Earth as a whole, this overall
reflected infra-red heat is now being absorbed by the elevated levels
of CO2.; thereby causing a warming of our atmosphere. i.e. By this
argument, the warming atmosphere has warmed our oceans. That, in
layman's language, is one theory.

I have heard another theory - to the effect that all the heat being
given off by the coal fired power plants, and exhaust fumes of motor
cars, and people sweating in gyms all over the planet, is being
absorbed by the CO2 blanket.

There is yet a third theory: Because CO2 being emitted into the
atmosphere is heavier than air it has been sinking into our oceans,
where it has been absorbed. The oceans now no longer have the
capacity to absorb any more, and the chemical reaction of the gas
dissolving in the oceans has been warming them.

The reality is that the idea of a linkage between CO2 emissions and
global warming has been "bought" by the public, notwithstanding the
fact that very few people understand the precise mechanism by which
the warming is supposed to be occurring. Unfortunately, when you stop
to think about it, none of these arguments passes the commons sense
test:
Read the whole set of idiocies at:
http://www.321energy.com/editorials/bloom/bloom062307.html




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domenica, giugno 24, 2007

Petrolio, il tempo breve dell'energia


Per gentile concessione dell'autore, è uscito sul sito di ASPOItalia un articolo di Massimo Nicolazzi, intitolato "Petrolio, il tempo breve dell'energia" già apparso su Nomos&Khaos - Rapporto Nomisma 2006 sulle prospettive economico-strategiche.

L'articolo è interessante come una riflessione a tutto campo sulla situazione petrolifera ed energetica mondiale. Qui, vorrei commentare più che altro sul differente approccio che ha Nicolazzi, che è stato dirigente di ENI-Agip, come pure di Lukoil, rispetto a quello tipico di ASPO.

I membri di ASPO sono tipicamente tecnici, fisici, geologi o statistici; la cui tendenza e a trattare quantitativamente quello su cui lavorano. Da questo l'enfasi data a concetti tipo la curva di Hubbert, alla dinamica dei sistemi, oppure ai vari trattamenti statistici che mirano a stimare l'ammontare delle riserve. E' un approccio modellistico. Nicolazzi invece è un manager, qualcuno che deve prendere decisioni sulla base dei dati disponibili. Da qui, un approccio dove pesa criticamente le varie opinioni e arriva a delle conclusioni operative. E' un approccio euristico.

La differenza di questi due approcci riecheggia certi eventi della storia passata del petrolio. Già nel 1956, Marion King Hubbert aveva usato l'approccio modellistico per studiare la produzione del petrolio negli Stati Uniti. Era arrivato alla conclusione che il picco del petrolio si sarebbe verificato nei primi anni '70. Più tardi, Pierre Wack della Shell Oil aveva previsto la crisi del petrolio del 1974 con un approccio euristico formalizzato nel concetto di "scenario planning".

Nelle mani di chi sa cosa fa, sia l'approccio modellistico come quello euristico possono portare ai risultati giusti. Sia Pierre Wack che Marion King Hubbert avevano fatto delle buone (anzi eccellenti) predizioni. A svariate decadi di distanza, la storia sembrerebbe ripetersi con Massimo Nicolazzi che arriva a conclusioni molto simili a quelle di ASPO.

Certo, se leggete con attenzione (come merita) l'articolo di Nicolazzi, noterete parecchie divergenze con quello che sembra essere il pensiero comune di ASPO. Nicolazzi non ritiene provata la relazione fra l'attività umana e il riscaldamento globale, non crede che le rinnovabili siano una tecnologia matura e sostiene che il record di predizione dei "pessimisti" è peggiore di quello degli "ottimisti".

Nonostante queste divergenze, tuttavia, il punto forte del pensiero di Nicolazzi è il fatto di essere flessibile (appunto, "euristico). Di un punto come, per esempio, il dubbio sull'influenza umana sul clima, alcuni si fanno una bandiera politica e una scusa per polemiche a non finire. Se invece rimane un dubbio nel senso "buono" del termine, ovvero un elemento di flessibilità del pensiero, allora è solo uno dei fattori che pesano sul giudizio finale e che non influisce sulla correttezza delle conclusioni.

La conclusione di Nicolazzi mi sembra talmente condivisibile che la riporto qui per intero. Rifletteteci sopra un momento, soprattutto considerando le basse polemiche degli ultimi tempi.

Non c’è governo dell’energia senza consenso. E il consenso richiede che si allarghi una base di linguaggio e di comprensione comune, in assenza dei quali il decidere diventa puro schieramento. L’energia, poi, richiede anche per essere governata che ci si faccia politica di lungo periodo, e se si cambia ad ogni elezione diventa peggio che BAU. L’agenda energetica dovrebbe includere anche il ripristino di un minimo decente di neutralità della scienza; e dunque ad esempio la garanzia di finanziamenti non partisan alla ricerca ed un codice che consenta a maggioranze, opposizioni e gente di agire e decidere sulla base di conoscenze condivise. E muovendo da questo anche un senso della necessità comune che consenta a maggioranze ed opposizioni (dove esistono) almeno di provare a concertare assieme un qualche pezzo futuro energetico. Se permettiamo che il carbone diventi di destra e l’idrogeno di sinistra (o viceversa) abbiamo perso tutti.


Massimo Nicolazzi

Laureato in legge, ha lavorato per oltre vent’anni nel settore dell’esplorazione e produzione di idrocarburi, ricoprendo incarichi dirigenziali in Eni/Agip e nella società russa Lukoil. Oggi è attivo nello sviluppo di nuovi progetti nel comparto energetico, e ricopre tra l’altro la carica di Presidente di due società costituite per la realizzazione ciascuna di un terminale di rigassificazione. E’ membro del Consiglio scientifico della rivista “Limes”, cui collabora abitualmente.


Link all'articolo completo.




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sabato, giugno 23, 2007

L'effetto serra non esiste (parola di un nobel)

Ieri mi è capitato tra le mani uno tra i più diffusi settimanali, "Chi" per non fare nomi. Diffusissimo: tra le massaie di Voghera, parrucchieri, stanze di attesa dei medici. Quanto basta, cioè, a raggiungere il 90% della popolazione.

Tra un gossip e l'altro (quando mi capita di sfogliare questo tipo di giornali, mi impongo sempre di non dedicare più di 2') mi sono imbattuto in un articolo di carattere scientifico e ambientale.

In esso l'intervistatore chiedeva al premio Nobel Kary Mullis (nella foto) cosa ne pensasse delle sfide ambientali che il futuro ci proporrà.
Devo ammettere la mia ignoranza: non conoscevo il nome e l'opera scientifica di Kary Mullis (del resto, non conosco il nome di moltissimi altri premi Nobel).

L'articolo mi erudisce rivelandomi che Mullis, 63 anni ad oggi, nel 1993 ricevette il premio Nobel per la Chimica per la scoperta della PCR (Polymerase Chain Reaction), ossia la metodica che permette di segmentare, studiare e utilizzare il DNA.

Dopo aver letto questo, mi stavo già ricredendo sul reale livello del giornale, e mi sono detto "Frank, non hai davanti una rivista di solo pettegolezzi!". Tutto contento, sono andato avanti nella lettura.

Ma qui viene il bello: leggo solo in un secondo tempo il titolo, scritto a caratteri cubitali...!

(quando una cosa è troppo grossa si rischia paradossalmente di non vederla)


"L'EFFETTO SERRA NON ESISTE, PAROLA DI NOBEL" (KARY MULLIS)

Sintetizzo le risposte riportate:

"Non sopporto ogni tipo di allarmismo, non ce n'è bisogno"

"Il pianeta non si sta surriscaldando, siamo solo in una fase storica particolare, ovvero la fine dell'era glaciale, che iniziò decine di migliaia di anni fa"

"Il buco dell'ozono non esiste"

"L'inquinamento è solo un danno estetico"

"Chi sostiene che il mondo è sovrapopolato è un pazzo, nel mondo c'è posto per tutti"


Altre notizie autobiografiche dichiarate dal Nostro:

"All'università ho provato tutte le droghe... un periodo divertente, ma ti distruggono il fisico e la mente"

"Ho vissuto esperienze così inspiegabili da poter ammettere l'esistenza degli Alieni sulla Terra"

"Non capisco perchè l'astrologia non sia considerata una scienza"

[...]

Ora, non voglio commentare quanto ho riportato perchè sono troppo affranto e deluso.

Scrivere questo primo post mi ha aiutato a liberarmi dal senso di rifiuto e di impotenza verso certe forme croniche di ignoranza e di informazione di bassa qualità, che coinvolgono addirittura aspetti istituzionali come un premio nobel.

venerdì, giugno 22, 2007

L'equivalente morale di una guerra



Può darsi che, per tante ragioni, Jimmy Carter non sia stato un grande presidente, ma vale la pena ricordarsi di una cosa che disse nel 1977: "La crisi energetica è l'equivalente morale di una guerra"

Di questo, stiamo cominciando ad accorgercene tutti. Quando si combatte una guerra, ci si dimenticano le beghe interne; quando si ragiona di energia, ci dovremmo ricordare che l'energia non è ne di destra ne di sinistra.

In effetti, si sta discutendo di energia un po' a tutti i livelli, sia a destra che a sinistra. Sfortunatamente, spesso la discussione degenera in una bassa polemica dove ognuno denigra tutti gli altri per accaparrarsi quello che può. Così vediamo chi sostiene il fotovoltaico denigrare l'eolico, allo stesso tempo Rubbia spara a zero sul fotovoltaico per tirare su la sua creatura, il solare termodinamico. Chi preme per il carbone denigra il trattato di Kyoto, mentre i nuclearisti se ne appropriano sostenendo di essere l'unica soluzione contro il riscaldamento globale. Certi ecologisti vorrebbero le rinnovabili purché siano invisibili da ogni angolo e da ogni prospettiva. Lovelock, antico profeta di Gaia, aggiunge alla confusione con il suo ultimo libro, criticando le rinnovabili con dati vecchi di trent'anni fa.

Ora, se fossimo veramente in una guerra, certi atteggiamenti sarebbero classificati come disfattismo, i loro rappresentanti definiti come traditori e probabilmente fucilati.

Non mi fraintendete, non sto proponendo di fucilare nessuno. Dico solo che la situazione è seria e che dovremmo cercare di evitare di disperderci in polemiche che ci fanno perdere una quantità incredibile di energia e tempo e che non ci portano in nessun posto.

Io stesso, a volte mi faccio un po' prendere dal gusto per la polemica. Tempo fa ho messo on line un commento piuttosto pepato a un articolo di Carlo Cerofolini che sparava a zero sull'eolico e che mi era parso nettamente troppo al di sotto degli standard che ritengo accettabili. Di ritorno, Cerofolini mi ha scritto chiedendo di pubblicare una sua risposta sul nostro blog. Mi è parsa una richiesta più che legittima e, pertanto, nel seguito trovate un articolo già apparso su "ragionpolitica" dove Cerofolini ribadisce e espande le sue critiche nei riguardi dell'energia eolica e delle rinnovabili in generale

Non faccio commenti di tipo tecnico su questo articolo di Cerofolini (anche se ce ne sarebbero da fare, e tanti.....). Vorrei piuttosto invitare tutti quanti (io stesso incluso) a riflettere e a moderare i toni della polemica. La situazione, come dicevo prima, è seria e il "sistema-Italia" rischia di andare a pezzi per mancanza del carburante necessario a funzionare. Siamo estremamente vulnerabili a ogni interruzione di rifornimenti che si potrebbe verificare alla prima seria crisi internazionale.

Non abbiamo in Italia nè petrolio, nè gas, nè carbone in quantità anche lontanamente sufficienti alle nostre necessità; di uranio non se ne parla nemmeno. Nel mondo, la lotta per accaparrarsi quello che resta di risorse minerali sta diventando sempre più feroce. Allora dobbiamo cercare di fare il possibile per sfruttare le risorse che abbiamo.

Sappiamo tutti che, oggi, le rinnovabili costano più care del gas, petrolio, carbone, e uranio. Altrimenti , chi mai vorrebbe continuare a usare gas, petrolio, carbone o uranio? Il problema sta nel fatto che questa è la situazione di oggi. Ma nel futuro, quanto ci costeranno gas, petrolio, carbone e uranio? (posto che qualcuno ci voglia dare gas, petrolio, carbone o uranio).

Sappiamo che le rinnovabili sono tecnologie già mature che possono produrre energia e la possono produrre ora e qui da noi in Italia. Sappiamo che sono tecnologie che ci possono mettere al riparo dalla necessità di importare combustibili dall'estero, da paesi che non è affatto detto che vogliano farci un piacere. Quanto vale la sicurezza energetica del nostro paese? Come si dice in TV, ci sono cose che non hanno prezzo.

Quello che ci manca per muoversi con decisione in quella direzione, più che altro, sembra un minimo di fiducia la voglia di investire in qualcosa che dia speranza e futuro al nostro paese e ai nostri discendenti. Io ci credo e, nel mio piccolo ci ho investito sopra, pur fra mille difficoltà burocratiche. Non sono il solo e se saremo in tanti a fare cose concrete invece di perderci in inutili polemiche, allora qualcosa di buono riusciremo prima o poi a ottenere.

Nel frattempo, ecco l'articolo di Carlo Cerofolini. A voi il giudizio.

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L'energia eolica è insostenibile

di Carlo Cerofolini - 27 gennaio 2007 www.ragionpolitica.it

Hanno scritto sulle energie alternative e specificatamente per l'eolico e il fotovoltaico:

1. Eolico e fotovoltaico: «Lasciamo perdere energia eolica e fotovoltaico: esse resteranno sempre marginali» (Carlo Rubbia - Premio Nobel - in un'intervista recente al Corriere della Sera)

2. Eolico: «Il piano energetico nazionale dell'Enea del 1988 prevedeva un massimo di 600-1.000 MW, rispettando le zone paesaggisticamnte pregiate. Oggi siamo a 1.800 MW e si vuole arrivare a 8-10 mila. Assurdo. Se mettessimo in fila gli aerogeneratori avremmo 2.700 Km. di torri, in un paese lungo 1.200 Km. Con scempio ambientale. Inoltre senza risolvere il problema energetico perché così si coprirebbe al massimo il 4,5% del fabbisogno elettrico nazionale (omissis). In Germania hanno installato 18 mila MW però lì ci sono 3.500 ore di vento in Italia 1.800, troppo poco. Se non ci fossero gli incentivi pubblici non sarebbero nemmeno competitivi. La rete elettrica nazionale non può sopportare più di 5-6 mila MW, perché il vento è inaffidabile, se non soffia non si produce energia e bisogna approvvigionarsi in altro modo (es. con centrali convenzionali a tampone pronte a partire con costi e sprechi di energia e conseguente emissione di gas serra, anche in surplus, non indifferenti ndr), altrimenti si hanno black out come quello del 28 agosto 2003, quando mancarono 4 mila MW dalla Francia, figuriamoci cosa succederebbe se dovessero mancare di colpo 5-6 mila MW» (Sintesi di un'intervista rilasciata da Domenico Coiante - Resp. per 13 anni del settore fonti rinnovabili Enea, già pioniere dell'eolico - a Panorama 11/01/07 p. 60-61)

3. Eolico e altre energie rinnovabili: «L'entusiasmo per le energie rinnovabili, accoppiato ad una politica con cui ciascuna nazione tenta di ostentare la propria diligenza in quanto a rispetto dei limiti di Kyoto forma un mix dagli effetti nefasti. Il fallimento di queste operazioni finirà con il portare discredito sia ai verdi sia ai politici, che si siano dimostrati così stolti da adottare le energie rinnovabili come fonte di energia principale prima che fossero sviluppate in modo appropriato» (James Lovelock - mostro sacro dell'ambientalismo - La rivolta di Gaia , p. 117-118 ed. Rizzoli 2006)

4. Eolico e fotovoltaico: «Per sostituire al massimo 2 GW convenzionali occorrono 60 GW eolici o 90 GW fotovoltaici installati (non sempre c'è il vento o il sole), con la spesa rispettivamente di 60 miliardi (eolico ndr) e 500 miliardi (fotovoltaico ndr), che in 20 anni di esercizio farebbero risparmiare solo 4 miliardi di combustibile, che è il costo di 40 mila tonnellate di uranio, che produrrebbe pari quantità di energia in 20 anni (mentre il costo di due centrali nucleari da 1 GW l'una è di soli 4 miliardi ndr)» (Franco Battaglia - Prof. Chimica Ambientale Università di Modena - da Energia le bugie al vento di Prodi, Il Giornale 06/01/07 p. 8)

5. Eolico: «Da un punto di vista ambientalista le centrali eoliche sono un errore mentre economicamente non hanno senso... Molti di noi hanno pensato che il vento fosse la soluzione al 100% per il futuro, ma ci sbagliavamo. Alla prova dei fatti, tenendo conto dei fabbisogni energetici, è solo una soluzione al 3%». Dichiarazione di Niels Gram della Federazione danese degli industriali. (cfr. J. Lovelock, La rivolta di Gaia p. 117 ed. Rizzoli 2006). Proprio in Danimarca (installati 2,5 GW) ci sono stati i primi sviluppi dell'eolico. Il 3% per l'Italia corrisponde a circa 1,5 GW (installati già 1,8 GW).

Ciò premesso e considerato che i grammi di anidride carbonica equivalente a carico dell'eolico (36 g KWh) sono dovuti essenzialmente per la costruzione ed il decommissionamento degli aerogeneratori, mentre nelle centrali fossili la maggior parte delle emissioni proviene direttamente dall'esercizio (fonte Axpo), e visto che per sostituire con sicurezza 1 KW convenzionale, per non andare in black out, occorre avere installati almeno 30 KW eolici, come sopra scritto, ma in Italia anche di più, al momento che si decidesse di usare su larga scala questa energia, dato che le ore di vento utili sono circa la metà rispetto alla Germania e dove rispetto ad un 25% di disponibilità attesa ci si è attestati al 16% (J. Lovelock - La rivolta di Gaia p. 117 ed. Rizzoli 2006) e quindi da noi la disponibilità sarebbe circa dell'8%, ne deriva che l'alto surdimensionamento degli impianti eolici porta a far aumentare i gas serra che in breve tempo (costruzione aerogeneratori e messa in opera) vengono immessi in atmosfera, che poi vengono «recuperati» mano a mano che funzionano. Questo è un parametro - che pur riferendosi ad un'energia spesa e quindi a gas serra emessi - è legato alla potenza eolica installata e su cui si potrà discutere su quanto questo handicap energetico incida e per quanto tempo, ma che non si può negare che ci sia, e di cui si dovrà tener conto, quando si afferma di voler usare l'eolico in maniera massiva per abbattere da subito le emissioni di gas serra per produrre energia elettrica in sostituzione del termoelettrico.

A questo punto sorge spontanea una domanda: perché allora l'Ue e la Germania in particolare (che ha installati ben 18 GW eolici, primato mondiale) - anche se ora da entrambe ci sono dei ripensamenti e si sta rivalutando il nucleare - hanno puntato sull'eolico? La risposta ce la dà J. Lovelock nel suo libro La rivolta di Gaia , p. 146 ed. Rizzoli 2006: «La superpotenza europea virtuale franco-tedesca ha coniugato il meglio di entrambi i mondi, con la sua metà francese tutta nucleare e la sua metà tedesca tutta verde. Questa potrebbe essere una soluzione elegante e sensata, se non fosse per la tendenza della Germania a far sì che il resto del mondo sostenga la sua produzione industriale acquistando le sue turbine a vento».

In questo scenario l'Italia - dopo aver colpevolmente abbandonato il nucleare, che non vuole usare il carbone per le centrali elettriche, essersi legata al patto leonino del protocollo di Kyoto, con un governo rossoverde che la spinge verso le energie rinnovabili, ecc. - è la nazione maggiormente destinata a subire sia il danno del sottosviluppo sia la beffa di dover bruciare miliardi di euro nella fornace dell'ecologismo senza se e senza ma, mentre gli altri paesi della Ue fanno i loro interessi.

Carlo Cerofolini
cerofolini@ragionpolitica.it


di Carlo Cerofolini 31 gennaio 2007 14:31

Notizie aggiuntive

Considerato che 1 GW termoelettrico (costo 0,5 miliardi se la centrale è a gas) può essere sostituito in due modi dall’eolico:

1. senza l’ausilio di centrali termoelettriche a tampone, con 30 GW eolici (costo 30 miliardi);
2. con centrali termoelettriche a tampone di almeno 0,8 GW, con l’installazione di 6 GW eolici (costo 6 miliardi), se la continuità degli aerogeneratori è del 16% (Germania) o 12 GW eolici (costo 12 miliardi), se la continuità è dell’8% (Italia).

Siccome il costo in questi casi è direttamente proporzionale all’energia spesa per costruire dette centrali, e quindi ai cosiddetti gas serra emessi, anche analizzando il problema da questo punto di vista, si capisce come usare l’eolico su larga scala non sia una panacea neanche per il rispetto del protocollo di Kyoto.

giovedì, giugno 21, 2007

Dialogo di un trasportatore e di un motorinista elettrico


Questo dialogo è avvenuto stamattina davanti a una delle colonnine di ricarica del polo scientifico di Sesto Fiorentino. Le parole non sono esattamente quelle, ma è tutto vero!





TRASPORTATORE - Ma lo carica tutti i giorni in questo modo?
MOTORINISTA EL. - Si, così.
- E attacca la spina anche a casa?
- Si, anche a casa.
- Ma quanto dura?
- Una quarantina di chilometri.
- Le bastano per arrivare qui?
- Si, ne avanza.
- E va bene?
- Direi proprio di si, ho fatto più di 5000 chilometri e l'unica cosa che ho dovuto fare come manutenzione è stata dare un po' di disossidante al bottone di avviamento.
- Ma quanto costa?
- La ricarica? Alle colonnine non costa niente. A casa costerà 20 o 30 centesimi
- Accidenti. Sa quanto spendo io di gasolio con il mio furgone?
- Me lo immagino.
- Mi costa come uno stipendio intero. E' tutta colpa dell'Euro.
- Mah.., forse non è proprio per quello....
- No, no, è proprio quello. Non hanno controllato i prezzi e ci hanno fregato.
- Si, ma forse c'erano altri motivi....
- E' questo Euro maledetto..... sa, avevo provato anche il metano con il furgone.
- Il metano? Ho avuto anch'io la macchina a metano, ma è stato un disastro.
- Si, un sacco di rogne e la manutenzione.... Alla fine l'ho dato via.
- Eh, si..
- Invece c'era quell'altro combustibile, quella roba....
- Dice il GPL?
- No, quell'altra roba, quella cosa....
- L'etanolo?
- No... Quella cosa li' di cui parlano tanto....
- L'idrogeno?
- Ecco, quello! L'idrogeno!
- Eh, sa, l'idrogeno non sarà facile averlo tanto presto.
- Ah si?
- Beh.... ci sono tanti problemi. Ma perché non prova con un furgone a batterie?
- Un furgone a batterie?
- Certo, conosco diverse persone a Firenze che ce l'hanno. Mi dicono tutti che ne sono contentissimi.
- Ma quanti chilometri fanno?
- Beh, se usa le batterie zebra ne può fare parecchi. Sono un po' costose a comprarle, ma durano tantissimo.
- Dice un furgone a batterie?
- Si, si puo' fare.....

- (silenzio)
- (silenzio)

TRASPORTATORE - ............. sa, ci vorrebbe proprio l'idrogeno.
MOTORINISTA EL. - Si, ma.....
- L'ho sentito dire in televisione.
- Si, però.....
- Prima o poi lo faranno.

- (silenzio)
- (silenzio)

- Buona giornata
- Anche a lei, arrivederci



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mercoledì, giugno 20, 2007

Arriva questo allacciamento? &/$%&$!!!


La domanda per avere l'allacciamento alla rete del mio impianto fotovoltaico è stata presentata il 5 Maggio all'ENEL con tutte le 36 pagine di moduli maledetti richiesti, nonchè il balzello pagato di 47 Euro.

Risultato? Un paio di settimane dopo la presentazione si è presentato a casa mia un signore che si è qualificato come dipendente ENEL. Ha appena dato un'occhiata al contatore dei pannelli, poi se ne è subito andato dicendo che "presto sarebbero venuti a fare l'allacciamento". Poi, silenzio.

Sono passate 5 settimane e l'impianto è perfettamente a posto e ancora non produce nulla proprio nei mesi più soleggiati dell'anno.

Posso dire un'altra volta &%&?£$"!!!?


Puntate precedenti:

Arrivano questi moduli?
Sono arrivati i moduli!
Ancora moduli!




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martedì, giugno 19, 2007

Come difendersi dalle bufale

Diversi anni fa, mi ero incuriosito sull'AIDS e avevo cominciato a leggere articoli sulla faccenda. A un certo punto, mi ero quasi convinto della teoria che alcuni propugnavano, e che ancora propugnano, che il famoso retrovirus HIV non c'entrava nulla con la diffusione della malattia.

Un giorno, però, ho avuto una specie di flash mentale, una piccola illuminazione Zen. Mi sono domandato: "Ugo, ma tu che cavolo ne sai di retrovirus e cose del genere?" Mi sono auto-risposto che, ovviamente, non ne sapevo un accidente per cui mi sono auto-consigliato una maggior dose di cautela. Non mi fraintendete, non è che il mio stile di vita mi porti a dovermi preoccupare troppo dell'AIDS (altrimenti, forse, non mi preoccuperei tanto della fine del petrolio.....). Ma è comunque bene fare attenzione; con le cose di cui uno sa poco si possono fare errori anche fatali.

Il caso del contagio da retrovirus è solo uno degli infiniti casi di leggende che girano nel nostro spazio di conoscenza. Di qualsiasi cosa si parli, c'è una versione ufficiale ma anche molte altre, più o meno "sovversive". Il crollo delle torri gemelle, le riseve petrolifere, il riscaldamento globale, l'evoluzione darwiniana, la macchina ad aria compressa, eccetera. Come districarsi in questo oceano di leggende?

L'argomento è particolarmente importante per me. Mi trovo ad essere difensore e propugnatore di una teoria per molti versi non ortodossa, quella del "picco del petrolio". In che cosa differisce la teoria che esiste un picco di produzione e che è molto vicino da quella che vuole che l'AIDS non sia causato dal retrovirus HIV? In entrambi i casi, esiste un "establishment" che sostiene la teoria ortodossa e un gruppo di minoranza che invece ne sostiene un'altra. Come si fa a dire chi ha ragione?

Ho ragionato a lungo per vedere se si poteva trovare una rwgola, una specie di lampadina rossa, che ci permettesse di distinguere rapidamente e facilmente fra le teorie buone e quelle sceme. Sono arrivato alla conclusione che, purtroppo, questa lampadina non esiste o, perlomeno, non ne esiste una sola. Come diceva Huxley, "il destino delle nuove verità è di nascere come eresie e morire come superstizioni". In pratica, tutte le nuove idee, quelle buone e quelle cattive, devono pagare lo scotto di essere considerate fesserie quando sono delle novità. La scienza e gli scienziati sono conservativi e fanno bene ad esserlo, altrimenti si troverebbero a correre dietro a tutte le fesserie che qualsiasi incompetente è in grado di scrivere su internet.

Ma allora come gestirsi questo oceano di informazione che ci arriva quotidianamente? Come fare per non farsi imbrogliare? Un modo è passare qualche anno a studiare un argomento. A quel punto, entrate a far parte degli espertie le vostre opinioni avranno una base ben precisa. Così ho fatto io per il petrolio; non sono nato esperto petrolifero, ma me ne occupo ormai da svariati anni e comincio a considerarmi un modesto esperto, almeno spero. Del petrolio posso giudicare con competenza, cosa che non posso fare con i retrovirus.

Nella pratica, ovviamente, non possiamo passare anni a studiare tutto; dall'AIDS al petrolio. Bisogna per forza dare un giudizio anche su argomenti di cui non si è esperti specifici. Come dicevo, non ci sono regole precise, ma possiamo comunque elencare perlomeno delle strategie. Ci provo:

1. Non vi fidate di nessuno. (La regola d'oro) La fuori, c'è pieno di gente che vi racconta balle. Alcuni lo fanno perché sono pagati per farlo, altri per il piacere di raccontarle, altri ancora semplicemente perché ripetono balle che altri hanno raccontato a loro. Diffidate di chi fa affermazioni senza citare le fonti, ma anche chi cita le fonti può benissimo citare a sproposito o stravolgere quello che la fonte citata diceva (questo è il caso dell "ambientalista scettico" Bjorn Lomborg). Verificate tutto, verificate di nuovo, e verificate ancora. Per fortuna, oggi l'internet rende possibile verificare le cose con un semplice click del mouse; è solo la nostra pigrizia intellettuale che fa si che tanti non lo facciano. D'altra parte, se lo fate, scoprirete anche che c'è gente che non racconta balle e della quale vi potete fidare (ma sempre con attenzione).

2. Riconoscete la vostra ignoranza. Non importa se siete laureati, dottorati, o anche premi nobel. Una volta che uscite dal vostro campo, rendetevi conto che siete degli ignoranti (se avete titoli accademici, vi sarà più difficile ammetterlo). Se invece riconoscete di essere ignoranti, avete l'incentivo e la ragione per imparare e approfondire. Per questo non importa essere laureati o essere accademici blasonati, basta la buona volontà.

3. Non credete ai complotti scientifici. I complotti esistono e sono comuni nella storia. Ma nella scienza sono estremamente rari; anzi per quello che ne posso dire io sono inesistenti. Gli scienziati sono quasi sempre dei feroci individualisti. E' vero che spesso sono troppo conservativi e rifiutano le nuove idee per principio, ma è molto difficile convincerli a complottare tutti insieme per affossare un'idea che sanno essere giusta. Quindi, possiamo tranquillamente scartare l'idea che cose come - per esempio - il riscaldamento globale siano il risultato di un complotto politico per renderci schiavi delle multinazionali. Un complotto del genere dovrebbe coinvolgere tutti i climatologi mondiali e questa è una cosa che proprio non ci sta.

4. Non credete a quello che vi fa piacere credere. Molte delle peggiori balle che ci raccontano hanno la caratteristica di essere rassicuranti. Sarebbe bello se l'AIDS non si trasmettesse per contatto sessuale, sarebbe bello se il petrolio fosse infinito, sarebbe fantastico se il riscaldamento climatico non esistesse o non fosse colpa nostra, sarebbe comodo se potessimo cambiare le nostre puzzolenti macchine a benzina con simpatiche e poco costose macchinette ad aria compressa. La nostra tendenza a credere a quello che vogliamo credere è perniciosa e pericolosissima. Fate un esame di coscienza: le vostre convinzioni sono veramente basate su fatti? Non è che siete convinti di qualcosa perché si attaglia alle vostre idee politiche? Oppure semplicemente perché la vita sarebbe più piacevole se quel qualcosa fosse vero? Attenzione che questo non vuol dire che si deve credere soltanto alle cose spiacevoli! Solo che bisogna cercare di essere neutrali; le leggi della termodinamica non sono li' per farci piacere ma per sfruttarle a nostro vantaggio dobbiamo conoscerle bene.


Queste quattro regolette sono quello che mi è venuto in mente. Magari ce ne sono altre, forse ci possiamo fare un decalogo. Ci penserò sopra ulteriormente. Comunque, la regola d'oro, quella del sano dubitare accompagnato dal verificare, potrebbe anche bastare da sola come difesa di prima linea.



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domenica, giugno 17, 2007

La leggenda dei cicli petroliferi


Tempo fa, a uno dei tanti convegni dove mi capita di intervenire, ha parlato dopo di me una giornalista di un quotidiano finanziario. La signora si è riferita più di una volta alle "teorie del professor Bardi".

Fin qui, niente di male. Ma dai concetti che la signora ha espresso, era chiaro che per lei la parola "teoria" aveva un significato negativo. Dal tono di voce che usava, faceva venire in mente un po' Hermann Goering che quando sentiva la parola "cultura" andava a cercare la pistola che aveva in tasca (ma è una leggenda). Teoria intesa quindi come vaneggiamento, astruseria inutile, insomma una fesseria per definizione. Non è la sola a pensare così. Molto spesso, si sente parlare gente che si scrolla di dosso concetti che non ama - il riscaldamento globale, per esempio - definendoli "solo delle teorie."

Curioso modo di vedere le cose. Le teorie sono la base della scienza; l'impalcatura mentale che sostiene tutto quello che sappiamo. Senza teorie, tutto quello che succede sarebbe una serie di eventi scorrelati fra di loro, incomprensibili e inintellegibili.

Certo, ci sono teorie e teorie. Quando Newton propose la sua formula per la gravitazione universale, era "solo una teoria". Poi, si è visto che funzionava talmente bene che ha preso lo status di uno dei fondamenti della fisica. Allo stesso modo, la "teoria di Hubbert," che descrive il ciclo di produzione petrolifera in un libero mercato, descrive bene molti casi osservati nel passato.

Una volta, le teorie bene assodate prendevano il nome di "leggi", un termine che oggi si tende a usare sempre meno. Ci si rende conto la scienza può descrivere la realtà solo in modo approssimato; anche la legge di Newton, in certi casi, deve essere corretta con le formule della teoria della relatività. Ma le buone teorie sono delle buone approssimazioni; lo è quella di Newton e anche quella di Hubbert.

Insomma, una buona teoria è qualcosa di costruito sulla base dei dati e che deve essere in grado di descrivere i dati storici dai quali parte. Se queste condizioni sono valide, allora abbiamo qualcosa che possiamo usare per prevedere il futuro. Per questa ragione, usiamo il modello di Hubbert (o, più esattamente, versioni moderne più evolute dello stesso) per prevedere l'andamento della produzione mondiale del petrolio.

Non tutte le teorie soddisfano queste condizioni e ce ne sono parecchie che meritano il titolo di "leggende". Sono teorie costruite li per li, con pochissimi dati o senza dati del tutto, spesso con un sottofondo politico. L'esempio classico è l'ingenua leggenda che vorrebbe che le torri gemelle di New York siano state demolite con delle cariche esplosive. Viene detta "la teoria della demolizione controllata" e questo uso della parola "teoria" merita tutto lo scetticismo che la giornalista che menzionavo prima aveva riservato alle mie idee.

Sempre a proposito di leggende, una delle tante che girano intorno al petrolio è quella dei "cicli dei prezzi petroliferi". L'idea è che gli aumenti di prezzi si possono spiegare semplicemente come dovuti a un normale ciclo di investimenti. Si era investito poco nella ricerca petrolifera quando il petrolio costava poco, ora che costa molto si sta re-investendo di nuovo. Troveremo nuovi pozzi e il prezzo si abbasserà di nuovo. Tutto qui.

Questa teoria ha tutte le caratteristiche di una leggenda secondo quello che dicevamo prima. Infatti, non è basata su dati sperimentali e non descrive le tendenze del passato. Guardate il diagramma qui di seguito; i prezzi storici del petrolio corretti per l'inflazione (dati ASPO)
Vedete come i prezzi del petrolio siano rimasti più o meno costanti intorno ai 10 dollari al barile dagli anni 30 fino al 1970, circa, per poi balzare in alto con la grande crisi del petrolio. Dopo di che c'è stato un periodo di pausa, con dei prezzi in media fra in 20 e i 30 dollari al barile, seguiti dal nuovo aumento dei prezzi.

Allora, sulla base di questi dati, possiamo porci delle domande che demoliscono alla base la teoria dei cicli dei prezzi petroliferi

1. Se è vero che i prezzi alti attuali sono il risultato di un ciclo "naturale" dei prezzi, perché non vediamo traccia di un ciclo del genere per i 40 anni che vanno dal 1930 al 1970?

2. Se è vero che il petrolio a 25 dollari al barile degli anni '90 non generava sufficienti investimenti per l'esplorazione, come mai il petrolio a 10 dollari al barile degli anni 30-60 ne generava a sufficienza per mantenere la crescita della produzione a un robusto +7% all'anno?

3. Se il balzo in balzo in altro dei prezzi del 1973 fosse dovuto soltanto a un ciclo finanziario naturale, come mai è avvenuto proprio in corrispondenza dell'inizio del declino della produzione petrolifera degli Stati Uniti?

4. Quali dati quantitativi abbiamo che ci permettono di correlare i prezzi del petrolio con gli incentivi all'esplorazione?

La domanda "4" è particolarmente critica e se parlate con in sostenitori della teoria dei cicli dei prezzi, molto spesso vi accorgerete che le loro idee sono molto vaghe e basate su spiegazioni qualitative e "ad hoc". Qualche mese fa, in momento in cui i prezzi erano scesi un po', ho sentito un parlamentare della repubblica sostenere in completa serietà a un convegno che "dato che i prezzi si sono abbassati, ne consegue che sono stati fatti dei nuovi investimenti nell'esplorazione e quindi non c'è più nessun problema".

Infine, la teoria dei cicli è un fallimento anche considerando che ci sono altre spiegazioni ben più solide e basate su fatti reali. Considerate che pozzi di petrolio "facili", ovvero dai quali si può estrarre petrolio a buon mercato, si stanno gradualmente esaurendo. Questo ci costringe a estrarre sempre di più da pozzi difficili, localizzati in regioni remote, offshore, ad alta profondità. Oppure, siamo costretti a estrarre petrolio di bassa qualità, pesante o solforato come, per esempio, quello della regione del Caspio. Tutte queste cose fanno si che gli investimenti necessari anche solo per mantenere la produzione costante siano in continuo aumento. Per questi investimenti, alla fine dei conti, qualcuno deve pagare e questo qualcuno non può essere che il consumatore finale. Dal che, l'aumento dei prezzi del barile. Vediamo quindi che gli aumenti non sono dovuti semplicemente a dei cicli finanziari, ma a delle ragioni strutturali che hanno a che vedere con il graduale esaurimento delle risorse.

Possiamo quindi consegnare la teoria dei cicli dei prezzi del petrolio alla categoria delle leggende urbane, come quella degli alligatori nelle fogne di New York e degli elicotteri degli ambientalisti che buttano vipere nei boschi. I prezzi del petrolio continueranno a oscillare, e nelle fasi di discesa ci sarà sempre chi griderà "Era solo un ciclo naturale! Non c'è più nessun problema". Ma i tempi del petrolio a costi bassi e costanti non torneranno più.

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venerdì, giugno 15, 2007

Dal Picco del petrolio al Medioevo

Come è noto noi di ASPO siamo dei catastrofisti: Dei fissati che vedono incombere sui luminosi destini dell'umanità tutta un cupo, oscuro, sconfortante neo medioevo.
Ovviamente le cose non stanno cosi: ASPO, da anni, sta cercando di aumentare la consapevolezza dell'esistenza di un problema e delle conseguenze che potrebbero derivare dal trascurarlo.
Bisogna dire che, pian piano, la consapevolezza aumenta ed ormai, in analogia con quanto successo per l'altro macroproblema ambientale, il riscaldamento globale, il consenso della comunità scientifica è sempre più forte. Il problema è che gli interessi in gioco sono enormi, i tempi ristretti e le conseguenze dirette sulla vita di tutti e sulla stessa struttura economica e sociale mondiale sono gigantesche. Ci si trova, quindi a lottare, senza esclusione di colpi, con enti di ricerca più o meno prezzolati e/o interessati, che continuano a sostenere che di petrolio " ce n'è per altri 40 anni", ai consumi attuali.
Questa lotta, alle volte ha in effetti qualcosa di medioevale, arcaico, ancestrale, ed insieme modernissimo. Come un moderno torneo cavalieresco.
Ma torniamo al punto:
Il petrolio durerà altri 40 anni ai consumi attuali?
Mai detto il contrario.
Intanto c'è da far notare che con il tasso di incremento annuo ATTUALE, del 2,5 % annuo le riserve non durerebbero 40 anni ma 28.
Poi, in realtà non sarà possibile mantenere gli attuali livelli di produzione per altri ventotto anni ma quest'ultima calerà inesorabilmente.
In realtà quindi il petrolio durerà per più di quaranta anni ma questa paradossalmente NON è una buona notizia: dopo il picco, non ne potremo più cavare fuori quanto ne vorremmo e questo, a meno di un urgente ed indifferibile cambiamento nelle fonti energetiche equivale ad una campana a morte per l'economia mondiale.
E' interessante che se ne comincino ad accorgere anche importanti riviste economiche; la cosa strana è che sono proprio queste generalmente paludate riviste a sparare titoli " terroristici" e "Cassandreschi" a caratteri cubitali.

Colpisce il titolo di BUSINESS WEEK:
"Dal picco di Petrolio al Medioevo? L'output di petrolio è in stallo e non è chiaro se esista la possibilità di aumentare la produzione"
http://www.businessweek.com/magazine/content/07_26/b4040074.htm?campaign_id=rss_magzn

Cassandra, almeno non è più sola:
Si spera che aver sconfitto la sua maledizione ( quella di non essere mai creduta) sia stato utile. Si può ancora fare qualcosa nel tempo che resta!!

giovedì, giugno 14, 2007

L'emicrania del mondo

L'emicrania è una gran brutta bestia. Non è soltanto un dolore da qualche parte della testa. E’ una condizione in cui tutto il corpo sembra aver cessato di funzionare e quando arriva non si può fare altro che soffrire letto, al buio, aspettando che passi. Una crisi può arrivare, tipicamente, una volta alla settimana e durare 8-12 ore, durante le quali si è, semplicemente, all’inferno. Questo ve lo posso dire per esperienza diretta. Soffro di emicrania da una ventina d'anni buoni

Si sa abbastanza poco di cosa causa l'emicrania, sembra comunque essere una malattia che manda in corto circuito tutto il sistema di controllo del corpo, quello che si chiama il "sistema simpatico". Sembra essere un problema che ha a che fare con i sistemi detti “complessi,” come lo è il corpo umano. Ci sono delle definizioni rigorose per definire questi sistemi, ma limitiamoci qui a dire che sono sistemi dove non c’è una semplice relazione fra causa ed effetto. Tanto per fare un esempio, una delle prime cose che si imparano al corso di fisica è il coefficiente di dilatazione dei materiali. La maggior parte dei materiali si dilatano in modo proporzionale alla temperatura; è un comportamento che chiamiamo “lineare”. Le cose sono ben diverse con gli esseri viventi. Provate a scaldare un pollo; magari all’inizio si dilata un po’, ma oltre un certo limite diventa un pollo arrosto, che è una cosa ben diversa da un pollo vivo. Lo stesso succede con gli esseri umani; tipici esempi di sistemi complessi, oppure, “non lineari” se ci piace chiamarli così.

Un'altra cosa tipica dei sistemi complessi è la loro tendenza alle biforcazioni, qualcosa che fu scoperto tempo fa da Mitchell Feigenbaum (vedi la figura in alto a destra). Questi sistemi non sono stabili, tendono a saltare da una condizione all'altra in modo abbastanza brusco. E' tipico dell'emicrania; non c'è una condizione intermedia di "mezza emicrania". Sei a una biforcazione, O ce l'hai o non ce l'hai; o sei all'inferno o sei in paradiso.

Come è ovvio, in vent’anni, ho provato a curarmi l'emicrania usando, più o meno, tutte le possibili forme di medicina. Dalla mia esperienza, vi posso dire che la medicina ortodossa ha delle pasticche molto efficaci per stroncare la crisi di emicrania. Dopo di che, vi lasciano stesi senza fiato, con l’impressione di essere appena tornati dal Paradiso dopo aver bevuto un caffé con l’arcangelo Gabriele. A parte le visioni, il problema è che se prendete queste pasticche per qualche anno in continuazione alla fine vi sentirete come delle vecchie automobili buone ormai solo per lo sfasciacarrozze.

Le varie medicine alternative, agopuntura, omeopatia, erbe, eccetera, perlomeno non fanno danni ma la loro efficacia contro l’emicrania, per quanto ne posso dire, è nulla. Ho provato anche un rituale indiano al suono del tamburo fatto da un guaritore della tribù dei Lakota. Vi posso raccontare che non ha voluto soldi per il suo intervento dicendo che se mi passava l’emicrania avrei dovuto ringraziare con qualche buona azione colui che mi aveva guarito, ovvero il Grande Spirito. Persona squisita sotto tutti gli aspetti, ma il Grande Spirito, evidentemente, ha deciso che l’emicrania me la dovevo tenere.

Una cosa che ho notato nel mio giro di tanti dottori è che, molto spesso, alternativi e ortodossi hanno lo stesso approccio; ovvero scegliere il rimedio semplicemente per contrastare il sintomo. Il medico ortodosso sceglie spesso da una lista di pasticche, ma anche i vari omeopati, erbalisti, agopunturisti, etc., spesso hanno qualcosa di simile. Hai questo sintomo, mal di testa, mal di pancia o che altro, allora prendi la tale pasticca omeopatica, o bevi tale tisana, o pianta l’ago in tale posto. Forse offendo qualcuno con questa osservazione, considerando che il vanto della medicina alternativa è di essere “olistica”, ovvero di curare il corpo globalmente e che così dovrebbe fare anche la medicina ortodossa. Può darsi che io sia stato semplicemente sfortunato a non incontrare il guaritore giusto oppure – come credo più probabile – è molto difficile fare della medicina olistica.

Ma se il corpo umano è un sistema complesso, vuol dire che non basta prendere una pasticchina per curare una malattia come l'emicrania. Se anche il pianeta è un sistema complesso, certe "soluzioni ovvie" ai problemi che abbiamo sono spesso inutili e molte volte controproducenti. Sostituire il petrolio con i biocombustibili e la cosa più ovvia che viene in mente, ma quali effetti avrà sulla produzione alimentare? Bruciare i rifiuti è anche quella una cosa apparentemente ovvia, ma quali sono gli effetti sulla salute delle polveri? E come recuperare preziose materie prime dalle ceneri? Ci sono molti esempi dove cose apparentemente ovvie non lo sono affatto; è tipico dei sistemi complessi.

A proposito delle biforcazioni, vale la pena di esaminare la storia remota del clima terrestre per accorgersi che ci sono stati dei periodi in cui tutto il pianeta e andato in collasso da surriscaldamento, per esempio nel caso della grande catastrofe della fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa. Sembrerebbe che il pianeta, sia soggetto a questo tipo di "emicranie" che lo mandano in tilt per qualche milione di anni, finché in qualche modo riesce a ritornare alla condizione normale. E' un tipo di biforcazione fra due stati molto diversi fra di loro.

Notate che per ritrovarsi nell'inferno dell'emicrania basta uno stimolo anche molto piccolo; basta un cambiamento del tempo, un cioccolatino o un bicchiere di vino bianco. Per il pianeta, sembra che lo stimolo per biforcare basti una perturbazione abbastanza piccola: un po' di CO2 in più, che è sufficiente per far evaporare i gas serra ingabbiati nei clatrati polari. Una piccola perturbazione può scaraventatre un intero pianeta nell'inferno del surriscaldamento.

Queste cose sono discusse, per esempio, da Peter Ward e da Michael Benton. La storia di queste antiche catastrofi è impressionante e dovremmo ricordarcene quando qualcuno ci vorrebbe convincere che l'effetto dell'uomo sul clima non può essere che piccolo.



Incidentalmente, ci sono dei dottori che fanno della medicina veramente olistica. In questo periodo sto cercando di applicare questo approccio alla mia emicrania. Per quanto questa sia ormai cronica e refrattaria alle cure, sembrerebbe che qualche risultato lo stia ottenendo - anche se è troppo presto per dire che sono guarito. Se volete saperne di più, scrivetemi a ugo.bardi@unifi.it



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lunedì, giugno 11, 2007

Eolo contro cinquino elettrico


Un paio di anni fa, mi sono interessato della macchina ad aria compressa (la Eolo) di cui avrete certamente sentito parlare. Ci ho ragionato sopra un po’ e dei miei calcoli ho fatto un articoletto che trovate su internet qui.

Nell’articolo, facevo vedere come, anche con tutta la buona volontà, la macchina ad aria compressa non poteva che avere prestazioni molto scarse, probabilmente inaccettabili, in termini di autonomia. Ne concludevo che non c’erano molte possibilità che la macchina ad aria compressa sarebbe diventata una realtà utilizzabile su strada.

L’articolo è su internet da 2 anni buoni; è stato linkato in molti siti e come conseguenza lo si trova facilmente su Google. Molta gente lo legge e alcuni mi scrivono i loro commenti. Ultimamente, sembra che abbia passato il suo picco di popolarità ma, ancora oggi, ricevo mediamente almeno un paio di lettere al mese sull’argomento.

Bene, la maggior parte delle lettere che ricevo sono, diciamo, non del tutto “urbane”. Mi si accusa normalmente di avere secondi fini nel voler affossare la Eolo, di far parte di un complotto che ha lo scopo di costringerci a pagare la benzina ad alto prezzo, di voler mettere sul lastrico gli operai che potrebbero lavorare nelle fabbriche di macchine ad aria compressa, in sostanza, di essere al soldo delle compagnie petrolifere.

Sono da un pezzo in attesa dell'assegno mensile che mi spetta per il mio ruolo di prezzolato difensore dello status quo petrolifero (in effetti, sette assegni, uno per ognuna delle sette sorelle). Sfortunatamente, deve esserci stato qualche disguido postale.... A parte questo, per principio non rispondo alle lettere scortesi o piene di insulti. Tuttavia, molte volte ho provato a rispondere a lettere che si potevano interpretare come indicazioni che chi scriveva, pur piuttosto confuso in termini tecnici, potesse essere una persona civile.

A questi, ho provato a dire che – indipendentemente dai dettagli - forse non era l'idea migliore quella di sprecare tanto tempo per una macchina che non esiste su strada, come la Eolo. Ci sono macchine a batteria che hanno la stessa caratteristica di zero emissioni della Eolo, prestazioni probabilmente migliori, costi ragionevoli e, soprattutto, si possono comprare, montarci sopra, e andare a giro. A volte ho portato l'esempio del mio motorino elettrico che uso ormai da un paio di anni. Ultimamente, ho fatto l'esempio del cinquino elettrico retrofittato da ASPO.

Il risultato di questo tentativo di dialogo, spesso, non è stato molto buono. La risposta è stata un torrente di nuove accuse. Per ora non mi hanno accusato veramente di volere uno sterminio di massa usando l’avvelenamento da piombo delle batterie come arma, ma alcuni ci sono andati vicini.

Continuo da anni a domandarmi perché la macchina ad aria compressa susciti tanti sentimenti positivi, mentre quella elettrica ne susciti di così negativi. A parte quelli che, evidentemente, non hanno altro da fare che scrivermi letteracce, basta cercare un po' in giro sul web per vedere come la Eolo susciti reazioni per le quali vengono in mente parole come "estatiche" o "raggianti". Guardate per esempio in questo forum. Notate come questi che hanno definito la Eolo "stupenda iniziativa" abbiano scritto alla Eolo, ricevendo come risposta la richiesta di trovare un finanziamento da 10 milioni di euro (!!) cosa che, apparentemente, è apparsa del tutto ragionevole ai membri del forum in questione. Immagino che se avessimo chiesto una cosa del genere per il cinquino elettrico come minimo ci avrebbero rincorsi con dei forconi.

Queste ondate di estatico entusiasmo per una macchina di cui si parla ormai da una buona decina di anni e che non si è mai vista circolare su strada continuano a lasciarmi perplesso ma, col tempo, sono arrivato a un’interpretazione che provo a proporre.

L’interpretazione è che la gente non vuole veramente cambiare; cerca una scusa per evitarlo. Si rende conto che viaggiare a emissioni zero è possibile con le macchine elettriche, ma anche che è un piccolo sacrificio: meno autonomia, la seccatura di dover ricaricare, e altre cose. Per cui, c'è chi sogna di una macchina impossibile - la Eolo - e si autoconvince che è colpa del complotto dei malvagi petrolieri se non è in vendita. Se solo ci fosse, allora si, ma nel frattempo, ahimé, dobbiamo continuare con le nostre SUV.....

E' un po' l'inverso della storia della volpe e l'uva. La volpe si autoconvince che l'uva che non può raggiungere è acerba. Invece, alcuni si autoconvincono che l'Eolo che non possono comprare è una meraviglia di perfezione. Il giorno in cui le Eolo si trovassero dai concessionari, ho il dubbio che l'entusiasmo generale si raffredderebbe alquanto.

Può darsi che mi sbagli; comunque pare che una versione ibrida della Eolo sarà messa in vendita nel prossimo futuro dalla ditta indiana Tata. Vedremo se avrà successo, ma notate che NON sarà una macchina a emissioni zero. Continuo a chiedermi come mai abbiamo una tecnologia perfettamente funzionante per veicoli a zero emissioni - le batterie - e ci ostiniamo a non utilizzarla.



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domenica, giugno 10, 2007

Immagina di non chiamarla lavatrice

Arriva anche in Italia una cosa che sapevo esistere all'estero ma che non pensavo che avrebbe fatto la sua comparsa anche qui da noi. La lavatrice che sterilizza i panni con l'aggiunta di ioni argento.

Con slogan quali "immagina di non chiamarla lavatrice" e "igiene totale" l'arnese ricorda un po' i vecchi tempi di carosello, quando si parlava di "bianco che più bianco non si può". Si promettono cose mirabolanti: il trattamento rimuove "650 tipi di batteri." I panni così lavati "sono protetti dall'elettricità statica" nonche dagli "agenti volatili come il fumo di sigaretta e l'odore di fritto."

Non sono del tutto sicuro sull'efficacia del trattamento. Ma supponiamo che l'argento faccia veramente le meraviglie che si dice faccia; non notate qualche piccolo problemuccio con questa idea?

Per me, ne vedo diversi. Il primo è che l'argento non è biodegradabile. Dopo il lavaggio va a finire prima nelle fosse biologiche del condominio e poi nel depuratore comunale. Le fosse biologiche, come il depuratore, funzionano attraverso l'opera di ossidazione dei batteri, i quali non amano molto essere "igienizzati". Tutti i vari disinfettanti - incluso gli ioni argento - che si buttano nel WC hanno pessimi effetti sulle fosse biologiche e sui depuratori. Questo è l'effetto di una pubblicità scriteriata che ti spinge a sterilizzare cose che non hanno nessun bisogno di essere sterilizzate - anzi che non dovrebbero affatto essere sterilizzate.

Anche se queste lavatrici si diffondessero, è probabile che la quantità di ioni argento che andrebbero a finire nel depuratore non sarebbe sufficiente per mandarlo in crisi anaerobica. Ma è il concetto che è sbagliato. E' parte di quella "schizofrenia sociale" che ci spinge a spendere soldi e risorse per fare certe cose e poi a spenderne altre per impedirle. Spendere soldi per costruire depuratori e poi altri soldi per buttarci dentro degli agenti sterilizzanti è un caso. Un altro esempio è quello di spendere tempo e risorse per sviluppare e costruire macchine che vanno sempre più veloci e poi altro tempo e risorse per sviluppare e costruire autovelox per impedire alle macchine di andare veloci. Ci sono molti altri esempi, basta pensarci sopra due minuti per trovarne a dozzine.

Un altro problema è che l'effetto di sterilizzazione degli ioni argento è dovuto all'ossidazione della materia organica che porta gli ioni a ridursi ad argento metallico. E' probabile che questi atomi si riuniscano insieme a formare nanoparticelle. Siccome l'acqua che beviamo viene dai fiumi, è possibile che almeno alcune di queste nanoparticelle metalliche generate dalle lavatrici ritorneranno alla fine dei conti al rubinetto di casa nostra.

Si parla molto dei danni per la salute delle nanoparticelle. Magari saranno anche timori esagerati, magari la quantità di nanoparticelle di argento che potremo creare con queste lavatrici è piccolissima, magari l'argento fa meno male di altre cose. Si, ma non ne sappiamo niente e, con tutte le nanoparticelle che già ci sono in giro, siamo sicuri che vogliamo crearne delle altre nelle nostre lavatrici in nome dell "igiene totale"?

Infine, c'è un problema di fondo. L'argento è un minerale abbastanza comune, ma non infinito in forma estraibile. Lo si ricicla dove possibile, ma una volta trasformato in ioni che poi sono buttati negli scarichi, possiamo stare tranquilli che non lo si potrà mai più recuperare. Sarà poco, ma è comunque perso per sempre.

Eppure, proprio insieme al lancio della "non-lavatrice" a ioni argento, arrivano notizie preoccupanti sulla disponibilità di metalli rari. Sul New Scientist del 23 Maggio appare un articolo intitolato "Determinare la ricchezza della terra" (vedi anche qui) dove si dice che siamo a corto di un gran numero di metalli rari che sono indispensabili o difficili da sostituire per l'industria elettronica: platino, hafnio, zirconio, indio, rutenio, rodio, sono tutti metalli importantissimi, ma con l'uso scriteriato che ne abbiamo fatto stanno diventando rari e costosi. E non solo questi, anche metalli finora comuni, come il rame e il nickel stanno diventando un problema. Dell'argento nell'articolo non si parla in particolare, ma certamente non è così comune come il rame e, se lo buttiamo negli scarichi, il problema dell'esaurimento finirà per presentarsi.

Insomma, il nostro modo di gestire l'ambiente che ci circonda è, come sempre, confuso, contraddittorio se non addirittura schizofrenico, e spesso controproducente. Questa storia degli ioni argento nel bucato ne è un buon esempio. Per il momento, non ci sono leggi o regole che impediscano di vendere arnesi che sterilizzano l'acqua con ioni argento; però, prima di comprarli, forse è il caso di pensarci sopra un attimo.



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venerdì, giugno 08, 2007

La macchina a pastasciutta


(articolo di ANSA segnalato da Leonardo Libero)


Da ANSA arriva un comunicato trionfale. Risolti tutti i problemi del caro-benzina; le macchine del futuro andranno a pastasciutta!

I ricercatori statunitensi che hanno pubblicato l'articolo discusso da ANSA hanno, in effetti, fatto un lavoro interessante. Studiando una reazione enzimatica di decomposizione dell'amido (il componente principale della pastasciutta) hanno trovato il modo di convertirlo in parte in idrogeno. La pastasciutta è un materiale solido che si trasporta facilmente, quindi ci potrebbe essere un certo interesse a utilizzarla come sorgente di idrogeno.

Ma non vi aspettate di guidare una macchina a pastasciutta fra breve. Tutto quello che i ricercatori hanno fatto è stato di studiare la reazione in condizioni di laboratorio. La resa potrebbe essere superiore a quella della produzione di etanolo, ma non è che sia entusiasmante (il 43%) secondo i dati dell'articolo e non si sa quanto la cosa sia riproducibile ne quanto gli enzimi possano durare in condizioni operative.

Rimangono poi tutti i problemi dei biocombustibili. La bassa resa della fotosintesi e la necessità di combustibili fossili per fare fertilizzanti, pesticidi, trasporto, eccetera. C'è poi la competizione con le necessità alimentari umane. Se le macchine potessero veramente andare a pastasciutta i motori continuerebbero a rombare, ma è probabile che un bel po' di gente la sera avrebbe dei grossi brontolii di stomaco. Infine, tutta l'idea è basata sull'uso di pile a combustibile e qui ci sono degli enormi problemi di costo e affidabilità. Inoltre, anche se ci fosse idrogeno, non ci sarebbe abbastanza platino per equipaggiare con pile a combustibile un numero di veicoli paragonabile a quelli esistenti oggi.

Notate poi l'errore bestiale dell'articolo: "Un kg di amido produrrebbe in sostanza la stessa energia di 1.12 kg di diesel. " Partono dal fatto che in 27 kg di amido ci stanno 4 kg di idrogeno (14%). Questo è già sbagliato perché se - come dicono loro stessi - la resa di trasformazione è il 43% ce ne sta soltanto 1.5 kg. Ma anche ammesso che la resa fosse il 100%, 1 kg di amido non potrebbe contenere più di 140 g di idrogeno. E 140 g di idrogeno col cavolo che sono equivalenti a 1.12 kg di gasolio!! E' vero che a parità di peso l'idrogeno rende circa tre volte più del diesel (vedi, p. es. qui), ma la mia calcolatrice mi dice che 140*3 fa 420, non 1120! In condizioni pratiche, l'energia che si potrebbe produrre dall'amido sarebbe meno di un quinto di quella di un peso equivalente di gasolio. Hanno proprio fatto un errore di calcolo elementare. Dovrebbero tornare a scuola.

Insomma, c'è poco da cantar vittoria. Al contrario di come dicono in fondo all'articolo, l'idea della macchina a idrogeno da amido rimane un sogno o, piuttosto, un incubo per chi ama la pastasciutta con un buon sughetto di pomodoro o alla matriciana.


Ecco qua l'articolo.



ECOENERGIA: IDROGENO DA AMIDO IN SERBATOIO AUTO /ANSA LA SCOPERTA DI RICERCATORI STATUNITENSI PUBBLICATA DA 'PLOS ONE' (ANSA) - ROMA, 2 GIU - Dallo zucchero all'idrogeno, direttamente nel serbatoio della tua macchina. Per alcuni ricercatori statunitensi si tratta di realta'. La scoperta, pubblicata sulle pagine della prestigiosa rivista scientifica 'Plos One' e frutto di anni di ricerche da parte di scienziati del Virginia Tech, dell'Oak Ridge National Laboratory (Ornl) e dell'University of Georgia, si basa su un concetto molto semplice: utilizzando alcuni enzimi come catalizzatori in una miscela di acqua e amido si produce automaticamente idrogeno in qualunque luogo e in qualunque momento.


Oggi la maggior parte dell'idrogeno industriale viene prodotto dal gas naturale che si e' dimostrato essere estremamente costoso, difficile da trasportare, troppo ingombrante e persino pericoloso. In piu' mancano infrastrutture adeguate per permettere ai veicoli di poter essere riforniti. ''Abbiamo insomma bisogno di un modo semplice di produrre, conservare e trasportare l'energia dell'idrogeno'' ha dichiarato Y.H. Percival Zhang, assistant professor of biological systems engineering alla Virginia Tech e autore della ricerca. Zhang e i suoi colleghi Barbara R. Evans e Jonathan R. Mielenz dell'ORNL e Robert C. Hopkins e Michael W.W. Adams dell'University of Georgia hanno utilizzato una combinazione di 13 enzimi che non si ritrovano insieme in natura per convertire in maniera completa i polisaccaridi (C6H10O5) e l'acqua in idrogeno.


I polisaccaridi come la cellulosa e l'amido sono usati in natura dalle piante per conservare energia e costruire strutture vegetali e sono molti stabili finche' non vengono esposti agli enzimi. Basta aggiungere gli enzimi a un miscuglio di amido e acqua e ''come per magia si crea diossido di carbonio e idrogeno'' ha spiegato Zhang. Un altro fattore molto importante per il successo dello studio e' stata la dimostrazione della facilita' di reazione: test di laboratorio hanno confermato come questo processo avvenga a temperatura ambiente (circa 30 gradi) e a pressione atmosferica normale. ''La speranza per un futuro prossimo ha proseguito Zhang e' di poter mischiare gli ingredienti direttamente nel serbatoio di un'automobile''. Una macchina con circa 45 litri di serbatoio puo' contenere circa 27 kg di amido, cioe' 4 kg di idrogeno. ''Con questa miscela si potrebbero percorrere circa 300 miglia (oltre 500 km)''. Un kg di amido produrrebbe in sostanza la stessa energia di 1.12 kg di diesel.

Uno dei maggiori problemi per l'utilizzo su vasta scala dell'idrogeno e' il suo essere gassoso: occupa molto spazio per poca resa energetica. ''In natura la maggior parte dell'idrogeno e' prodotto dalla fermentazione anaerobica, con una resa molto bassa. Nel nostro metodo invece l'idrogeno avrebbe una resa tre volte maggiore e si presume a costi contenuti, circa 1 dollaro per pound (450 grammi)''. In piu', utilizzando i polisaccaridi come contenitori, si ridurrebbe il problema spazio.


Nel corso degli anni si e' pensato a molte sostanze da usare per estrarre idrogeno, come etanolo, metanolo, idrocarburi e ammoniaca. Ma tutti questi offrono problemi di distribuzione e stoccaggio. Per di piu' la produzione di idrogeno da queste sostanze richiede alte temperature e procedimenti complessi.


''L'amido al contrario ha spiegato Zhang - potrebbe essere venduto persino al supermercato''.

Un sistema basato sulla trasformazione zucchero-idrogeno-carburante e' tre volte piu' efficiente di un sistema a zucchero-etanolo-motore a combustione. ''Dal momento che il dipartimento d'energia statunitense (Doe) prevede di rimpiazzare, in un futuro prossimo, il 30% del carburante per trasporti con l'etanolo dalle biomasse, vuol dire - sostengono i ricercatori - che le stesse biomasse potrebbero soddisfare il 100% del trasporti con la nostra tecnica di trasformazione diretta in idrogeno''. La prossima tappa sara' migliorare la velocita' dell'azione e ridurre il costo degli enzimi. E in futuro guideremo automobili a carboidrati e acqua, senza produrre emissioni di Co2. Non piu' solo un sogno. (ANSA)


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