Il nuovo governo sta lavorando al piano di risanamento della compagnia aerea di bandiera, l’Alitalia. Le prime indiscrezioni non promettono niente di buono. Una cordata nazionale, con dentro l’altra compagnia nazionale, AirOne, sarebbe intenzionata a fornire i capitali necessari. Il piano industriale prevederebbe un numero di lavoratori in esubero pari a circa il triplo di quelli previsti nella proposta di Air France – Klm. I debiti della compagnia ormai di fatto fallita confluirebbero in una bad – company pubblica, i cui ingenti costi verrebbero interamente accollati al contribuente italiano, già pesantemente penalizzato dal famigerato prestito – ponte di 300 milioni di euro stanziato dal governo per tenere artificialmente in vita Alitalia. La nuova compagnia, depurata dal pesante fardello di Alitalia, si porrebbe come vettore prevalentemente orientato sul mercato nazionale, cercando un solido partner internazionale, si parla della tedesca Lufthansa.
Queste ipotesi sono state fortemente criticate da molti commentatori, che hanno giustamente evidenziato la migliore soluzione offerta qualche mese fa da Air France, in termini sia economici che industriali, in una trattativa fatta fallire dall’opposizione di Berlusconi e dei Sindacati.
A queste condivisibili considerazioni, vorrei aggiungere alcune riflessioni personali che non mi pare siano state sufficientemente evidenziate. Innanzitutto, sul piano politico, c’è da chiedersi per quale motivo si stia pervenendo a una soluzione strategicamente analoga a quella precedente, con Lufthansa al posto di Air France, ma sensibilmente peggiorativa soprattutto sul piano occupazionale. Una causa è sicuramente l’ottusità dei sindacati italiani, abbarbicati a un modello di relazioni sindacali antistorico, basato su logiche corporative e su un sostanziale diritto di veto nei confronti del management. L’altra è la scarsa lungimiranza dell’attuale Presidente del Consiglio, ma soprattutto il pesante condizionamento di una forza politica, la Lega, interessata solo a sostenere i presunti interessi del Nord rappresentati dall’aeroporto di Malpensa, a scapito di Fiumicino, su cui Air France era intenzionata a trasferire l’intero traffico della compagnia. La Lega è, a mio parere, la vera trionfatrice di questa vicenda, perché otterrà contemporaneamente il fallimento della compagnia nazionale, l’indebolimento dell’aeroporto romano e la sconfitta politica e d’immagine dei sindacati e del principale alleato di governo.
Ma nessuno sembra porsi la domanda fondamentale: esiste un futuro credibile per la nuova compagnia che sorgerà dalla ceneri di Alitalia? Quantunque “pulita” dalle scorie della defunta compagnia, quali sono le sue reali prospettive industriali?
Due sono i fattori che inducono a rispondere negativamente a queste domanda. Il primo è il prezzo del petrolio che, come ho scritto in un precedente articolo, sta pesantemente aggravando i conti di tutte le compagnie aeree, costrette ad operare tagli operativi e a procedere verso fusioni aziendali orientate a conseguire le opportune economie di scala (vedi il recente accordo British Airways – Iberia). La crescita esponenziale dei prezzi del barile renderà sempre meno competitivi i vettori locali, che dovranno inoltre subire sempre di più la concorrenza dell’Alta Velocità ferroviaria, che nei paesi europei dove è in funzione da diversi anni, sottrae quote notevoli al traffico aereo. Considerando che anche in Italia, seppur con ritardo, sta per essere completata l’Alta Velocità ferroviaria sul tratto Milano – Roma, che attualmente assorbe circa il 70% del traffico aereo nazionale, il rischio di un veloce fallimento anche della nuova compagnia nazionale è sicuramente elevato.
Queste ipotesi sono state fortemente criticate da molti commentatori, che hanno giustamente evidenziato la migliore soluzione offerta qualche mese fa da Air France, in termini sia economici che industriali, in una trattativa fatta fallire dall’opposizione di Berlusconi e dei Sindacati.
A queste condivisibili considerazioni, vorrei aggiungere alcune riflessioni personali che non mi pare siano state sufficientemente evidenziate. Innanzitutto, sul piano politico, c’è da chiedersi per quale motivo si stia pervenendo a una soluzione strategicamente analoga a quella precedente, con Lufthansa al posto di Air France, ma sensibilmente peggiorativa soprattutto sul piano occupazionale. Una causa è sicuramente l’ottusità dei sindacati italiani, abbarbicati a un modello di relazioni sindacali antistorico, basato su logiche corporative e su un sostanziale diritto di veto nei confronti del management. L’altra è la scarsa lungimiranza dell’attuale Presidente del Consiglio, ma soprattutto il pesante condizionamento di una forza politica, la Lega, interessata solo a sostenere i presunti interessi del Nord rappresentati dall’aeroporto di Malpensa, a scapito di Fiumicino, su cui Air France era intenzionata a trasferire l’intero traffico della compagnia. La Lega è, a mio parere, la vera trionfatrice di questa vicenda, perché otterrà contemporaneamente il fallimento della compagnia nazionale, l’indebolimento dell’aeroporto romano e la sconfitta politica e d’immagine dei sindacati e del principale alleato di governo.
Ma nessuno sembra porsi la domanda fondamentale: esiste un futuro credibile per la nuova compagnia che sorgerà dalla ceneri di Alitalia? Quantunque “pulita” dalle scorie della defunta compagnia, quali sono le sue reali prospettive industriali?
Due sono i fattori che inducono a rispondere negativamente a queste domanda. Il primo è il prezzo del petrolio che, come ho scritto in un precedente articolo, sta pesantemente aggravando i conti di tutte le compagnie aeree, costrette ad operare tagli operativi e a procedere verso fusioni aziendali orientate a conseguire le opportune economie di scala (vedi il recente accordo British Airways – Iberia). La crescita esponenziale dei prezzi del barile renderà sempre meno competitivi i vettori locali, che dovranno inoltre subire sempre di più la concorrenza dell’Alta Velocità ferroviaria, che nei paesi europei dove è in funzione da diversi anni, sottrae quote notevoli al traffico aereo. Considerando che anche in Italia, seppur con ritardo, sta per essere completata l’Alta Velocità ferroviaria sul tratto Milano – Roma, che attualmente assorbe circa il 70% del traffico aereo nazionale, il rischio di un veloce fallimento anche della nuova compagnia nazionale è sicuramente elevato.
7 commenti:
Hanno sempre "mangiato" le ditte di servizi (anche di Stato come Malpensa) sull'Alitalia, tanto pagava sempre il contribuente con le tasse ... Fin quando la UE vietò questo sporco intrallazzo ! Allora la mancanza di finanziamenti extra di Stato (i nostri soldi) e l'alto costo del carburante hanno diretto l'Alitalia nel baratro !
L'Italia sarà multata (paghiamo sempre noi con le tasse) per il prestito all'Alitalia concesso dal Governatore Berlusconi
La cordata servirà solo per spolpare l'Alitalia e poi farla fallire tra un paio d'anni, tanto per far cadere la colpa dal Berlusconi al PRESTANOME della cordata, cordata che guadagnerà milioni di euro (sporchi) con questo fallimento pilotato.
Ricordiamoci che l'Italia
è l'unico paese al mondo che non punisce i fallimenti pilotati.
Ciao
Salve, vi segnaliamo la seguente petizione:
www.firmiamo.it/uniamoilcentrosinistra
Uniamo il centrosinistra!
Più che unire il centrosinistra, servirebbe un centrosinistra da unire, che ce ne facciamo di veltroni? Fosse un DI PIETRO qualche speranza ce l'avrei.
Per quel che riguarda l'ALITALIA la cosa che scrive Terenzio giarava già nell'aria da almeno un mesetto, ovvio in italia, cambiare tutto per lasciare tutto come prima. 90 nuovi arei proclamava berlusconi un paio di settimane fa, forse parlava di CESSNA?
Se questo fosse un pese serio si liquiderebbe la compagnia, si metterebbero in mobilità il personale e si tirerebbe i remi in barca, ma invece no oltre i 300 milioni che ci abbiamo già messo ce ne saranno altri 1.100 milioni di passività che saranno caricati nel bilancio del paese; totale 1.400 milioni di euro! Grazie SILVIO
Ma c'è tutto questo bisogno di dover spostare merci e persone con aerei e treni ad alta velocità?
Oramai si può lavorare ovunque, almeno per molte mansioni, basta avere una connessione a internet.
Mangiare le mele che provengono dal Cile, i kiwi dalla Nuova Zelanda o i fagiolini dal Marocco non vedo a cosa serva, basta aspettare i nostri italiani di stagione.
La Decrescita è iniziata, purtroppo non consapevolmente ma a causa del petrolio.
Mi è capitato adesso mentre facevo un po' d'ordine, il titolo su un edizione de La Stampa del 19 aprile 2006:"Il barile oltre i 72 dollari e il G8 chiede all'OPEC di aprire i rubinetti".
Son passati più di due anni ma non è cambiato nulla mi sembra.
Per quanto riguarda il Silvio Nazionale, ha mandato i militari a Napoli per risolvere il problema rifiuti (ma è stato risolto?).
Ha mandato i militari nelle città per risolvere il problema sicurezza (ma sarà risolto?).
Ora mi aspetto che mandi i militari all'Alitalia, magari è la soluzione definitiva.
La "dittatura dolce" continua ad estendersi inesorabilmente.
@uniamoilcentrosinistra: come può pensare di unire le posizioni di Veltroni che vuole gli inceneritori e le centrali nucleari, con quelle dei Verdi? Ma insomma, questo non è un luogo per fare propaganda. Via!
Dimenticavo: ma quale Sinistra? Mi pare che la Sinistra sia stata cancellata dal Parlamento in queste ultime elezioni, no? Veltroni a "El Pais": «Somos reformistas, no de izquierdas» (http://www.elpais.com/articulo/internacional/Somos/reformistas/izquierdas/elpepuint/20080301elpepiint_3/Tes)
Ma di cosa vogliamo parlare? Via, via!
Questo non è un blog di politica, e anzi preferirei che la stessa restasse ai margini, onde evitare il propagarsi della nefausta idea che le soluzioni proposte ai problemi energetici siano soggettive e figlie di ideologie.
Una nota però la ritengo doverosa.
Se unità della sinistra significa unitariamente astenersi quando il Parlamento entra in gamba tesa sui diritti individuali, preferirei sinceramente una sinistra totalmente frammentata, nella speranza che gli estremisti di ogni tipo vengano gravitati altrove.
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