Non sono mai stato antiamericano, anzi mi ha sempre infastidito l’antiamericanismo ideologico e fazioso di una parte della sinistra. Gli Stati Uniti erano “l’impero del male”, i giovani gridavano “yankee go home” e chi osava contestare queste posizioni difendendo le ragioni di quella grande e pura Democrazia, come minimo veniva tacciato di “servo del capitale”, come massimo si beccava un bel po’ di legnate.
Ma ora, allo stesso modo, mi irrita alquanto l’improvvisa omologazione culturale filoamericana e l’unanimismo acritico con cui una sinistra non più alternativa ripone speranze messianiche nel primo presidente nero degli Stati Uniti d’America.
Eppure dovrebbe essere del tutto evidente che la grave crisi economica in corso, di cui tutti stiamo subendo le conseguenze, abbia avuto origine proprio negli Stati Uniti e rappresenti il colossale fallimento di un modello di sviluppo sociale ed economico insostenibile, fondato su un’espansione parossistica dei consumi individuali finanziata dal ricorso irresponsabile all’indebitamento delle famiglie.
Con circa il 5% della popolazione mondiale, gli Stati Uniti consumano il 25% della produzione petrolifera per alimentare prevalentemente un assurdo sistema di mobilità individuale, il consumo procapite di energia elettrica di ogni cittadino americano è circa il doppio di quello di un europeo e circa 30 volte quello di un africano.
Mai come oggi viene rivalutata l’economia sociale di mercato, il modello economico nato in Europa su ispirazione di John Maynard Keynes, per attenuare gli effetti negativi di un liberismo senza freni attraverso il ruolo regolatore e redistributore dello Stato.
In campo politico è una vittoria senza prigionieri del pensiero socialdemocratico, a cui anche i partiti conservatori alla fine hanno aderito, modellando in tal senso l’economia e le società europee. Lo stesso Obama e ancor di più la sua ex rivale Hillary, sono un’evidente espressione oltreoceano di questo pensiero e rappresentano politicamente una sorta di resa culturale del popolo americano al modello europeo.
Eppure, c’è ancora qualcuno, soprattutto qui in Italia, che si ostina a considerare ineguagliabile il sistema di vita americano, proponendo le ricette anti crisi del nuovo presidente americano come originale antidoto alla crisi: infrastrutture magari ecologiche e politiche dei redditi per far ripartire i consumi. Mi sbaglierò, ma a me sembra che siano proprio gli yankees a copiare noi.
L’Europa sta tirando faticosamente da anni la volata della lotta ai cambiamenti climatici, con gli Stati Uniti staccati in fondo al plotone e ora che finalmente cambiano linea siamo sempre pronti a dipingerli come i primi della classe.
Aveva ragione Alberto Sordi in un celebre film, la mostarda e il ketchup diamoli al gatto, “Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo…! Io me te magno, ahmm!”.
Ma ora, allo stesso modo, mi irrita alquanto l’improvvisa omologazione culturale filoamericana e l’unanimismo acritico con cui una sinistra non più alternativa ripone speranze messianiche nel primo presidente nero degli Stati Uniti d’America.
Eppure dovrebbe essere del tutto evidente che la grave crisi economica in corso, di cui tutti stiamo subendo le conseguenze, abbia avuto origine proprio negli Stati Uniti e rappresenti il colossale fallimento di un modello di sviluppo sociale ed economico insostenibile, fondato su un’espansione parossistica dei consumi individuali finanziata dal ricorso irresponsabile all’indebitamento delle famiglie.
Con circa il 5% della popolazione mondiale, gli Stati Uniti consumano il 25% della produzione petrolifera per alimentare prevalentemente un assurdo sistema di mobilità individuale, il consumo procapite di energia elettrica di ogni cittadino americano è circa il doppio di quello di un europeo e circa 30 volte quello di un africano.
Mai come oggi viene rivalutata l’economia sociale di mercato, il modello economico nato in Europa su ispirazione di John Maynard Keynes, per attenuare gli effetti negativi di un liberismo senza freni attraverso il ruolo regolatore e redistributore dello Stato.
In campo politico è una vittoria senza prigionieri del pensiero socialdemocratico, a cui anche i partiti conservatori alla fine hanno aderito, modellando in tal senso l’economia e le società europee. Lo stesso Obama e ancor di più la sua ex rivale Hillary, sono un’evidente espressione oltreoceano di questo pensiero e rappresentano politicamente una sorta di resa culturale del popolo americano al modello europeo.
Eppure, c’è ancora qualcuno, soprattutto qui in Italia, che si ostina a considerare ineguagliabile il sistema di vita americano, proponendo le ricette anti crisi del nuovo presidente americano come originale antidoto alla crisi: infrastrutture magari ecologiche e politiche dei redditi per far ripartire i consumi. Mi sbaglierò, ma a me sembra che siano proprio gli yankees a copiare noi.
L’Europa sta tirando faticosamente da anni la volata della lotta ai cambiamenti climatici, con gli Stati Uniti staccati in fondo al plotone e ora che finalmente cambiano linea siamo sempre pronti a dipingerli come i primi della classe.
Aveva ragione Alberto Sordi in un celebre film, la mostarda e il ketchup diamoli al gatto, “Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo…! Io me te magno, ahmm!”.
3 commenti:
Sono d'accordo che l'essere "anti"un-qualche-popolo sia estremamente riduttivo, fuorviante e infine autodistruttivo.
Ci sono caratteristiche maligne in qualunque individuo e società, lo dimostra il fatto che guerre e genocidi li hanno fatti i babilonesi , i cinesi, i giapponesi, gli arabi, gli europei, gli americani e gli africani. Alla faccia di qualunque buonismo e religione.
Se conosciamo il comportamento dei modelli dinamici possiamo evitare errori, anticipare problemi / catastrofi, o comunque limitarne i danni per avere delle speranze di ricostruzione rinnovabile.
Quando dici "stanno copiando noi" immagino ti rivolgessi a noi europei, non certo noi italiani, che sui cambiamenti climatici, come prevedibile, siamo andati a piangere al capezzale dell'europa per salvare le nostre imprese dalle "insostenibili spese" che un impegno per il clima avrebbe comportato.
Non mi sembra che sia importante "chi copia chi",nè chi abbia la primogenitura di azioni virtuose. I servi poi pronti a chinarsi a 90° sono sempre molto numerosi. Tutto questo è fuffa.La cosa essenziale non è il colore del gatto,bianco o nero,ma che acchiappi il topo. Quindi se Europa e U.S.A. iniziano a procedere nell'affrontare in sintonia temi essenziali alla ricerca di una soluzione condivisibile, ciò e positivo ed è un'evoluzione ben definita dello scenario precedente. Saluti Paolo S.
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