giovedì, giugno 19, 2008

Ma come avviene un cambiamento?

created by Armando Boccone



Emma Marcegaglia, il nuovo presidente di Confindustria, ha indicato con decisione quale è il problema dell’Italia: è la mancanza di crescita, anzi di una crescita sostenuta.
La crescita, come valore culturale, affonda le radici in tutta la storia umana: si stava bene quando si possedeva di più. Non è facile cambiare idea. Non è facile prendere coscienza che non è più possibile andare avanti con lo stesso modello di vita a fronte dell’esaurimento delle risorse energetiche e del pericolo del venire meno degli equilibri ecologici.


C’è sempre stato un incremento demografico o, quanto meno, l’incremento demografico è stato sempre effettivamente un fatto positivo. Non è facile entrare nell’ottica del decremento demografico. Anzi quest’ultimo fenomeno è sempre stato un fatto negativo nella storia passata. Non è facile prendere coscienza che ci sono dei limiti naturali alla continuazione del nostro modello di vita, fatto di consumi enormi di energia, di incremento demografico e di quant’altro, quando nella storia passata non ci sono mai stati tali limiti.

Ma come avviene un cambiamento?
Come sono avvenuti i grandi cambiamenti nel passato?
Come si è passati nell'antico Medio Oriente, per fare un primo esempio, dalla scrittura cuneiforme a quella alfabetica? Come si passati nella stessa area, per fare un secondo esempio, dalla metallurgia del bronzo a quella del ferro?
Questi cambiamenti sono avvenuti tutti e due nel periodo detto del "tardo bronzo" (circa XII sec. a.C ).

Sia la scrittura alfabetica che la metallurgia del ferro erano però conosciute da parecchi secoli (la metallurgia del ferro, sebbene forse fosse stata adottata per la prima volta in altre aree, nell'antico Medio Oriente fu il frutto di uno sviluppo interno a tale area): ma allora perché si diffusero solamente a partire da circa il XII secolo a.C.? Perché tale ritardo? Cosa impedì che queste due importanti scoperte per l'umanità tardarono così tanto prima di affermarsi? Cosa impedì che la scrittura alfabetica, con la sua maggiore semplicità di utilizzo e con la sua maggiore capacità di trasmissione della conoscenza, si diffondesse? Cosa impedì che la metallurgia del ferro, che portava alla produzione di utensili con caratteristiche tecniche enormemente superiori al bronzo, si diffondesse?
Il motivo è che sia la scrittura alfabetica che la metallurgia del bronzo erano legate ad una struttura sociale che ne impedì la diffusione in precedenza. Gli scribi rappresentavano un ceto sociale molto forte ed i suoi privilegi erano inscindibili dalla loro professione, che era la scrittura, o meglio era la scrittura cuneiforme. Tale professione era basata su una tradizione e su conoscenze che si tramandavano solamente per linee interne, come, per esempio, la trasmissione di padre in figlio dell’incarico di scriba. Costituivano una casta piena di privilegi.
Per quanto riguarda il ferro bisogna fare un discorso quasi simile. I ceti di mercanti e l'organizzazione palatina (cioè tutto ciò che gravitava intorno al "palazzo" [gli stessi scribi facevano parte dell’organizzazione palatina]) erano legati al commercio dello stagno e del rame (il primo sembra che provenisse dagli altopiani indo-iranici mentre il secondo sembra provenisse dall’Anatolia).

Come si vede il mantenimento in vita della scrittura cuneiforme e della metallurgia del bronzo avevano una spiegazione sociale (sarebbe sbagliato parlare di contrapposizione di interessi di "classe" perché mancava la condizione per l'esistenza delle classi cioè la prospettiva di una struttura socio-economica alternativa e superiore a quella esistente di cui una ipotetica classe sociale si sarebbe dovuta fare portatrice).
Ciò che portò all'affermarsi della scrittura alfabetica e della metallurgia del ferro fu la profonda crisi che interessò buona parte dell'area dell'antico Medio Oriente nei secoli precedenti il Bronzo finale (XIV e XIII secolo a.C. soprattutto). Interessò soprattutto l’area anatolica e l’area siro-palestinese perché queste aree subirono anche l’aggressione da parte dei “popoli del mare” provenienti dalla penisola balcanica mentre l’area mesopotamica e l’Egitto furono invece interessate marginalmente e indirettamente. Per l’Egitto e la Mesopotamia le conseguenze furono solamente la perdita di territori e popolazioni di quelle zone che erano sotto il loro controllo (nel senso che gli erano tributari, cioè che gli versavano dei tributi). L’aggressione da parte dei “popoli del mare” fu però solamente la goccia che fece traboccare il vaso perché le aree in questione, da almeno due secoli, erano in profonda crisi. Fu una crisi che portò allo svuotamento delle città (in seguito distrutte dai popoli del mare), alla regressione della vita economica, al crollo demografico, alla disgregazione delle organizzazioni amministrative, ecc. Vennero così meno i portatori di interessi legati alla persistenza della scrittura cuneiforme e della metallurgia del bronzo, cioè gli scribi con le loro scuole e i loro privilegi, i ceti dei mercanti e l'organizzazione palatina nel suo complesso.

Prima di proseguire nell’analisi è interessante fare una considerazione sulla relazione fra la scrittura alfabetica e la metallurgia del ferro da una parte e la scrittura cuneiforme e la metallurgia del bronzo dall’altra.
Questa relazione ricorda tanto la relazione fra le fonti energetiche rinnovabili e le altre fonti (dal petrolio all'uranio): le prime sono diffuse sul territorio e sono tecnologicamente accessibili mentre le seconde sono concentrate in alcuni punti del pianeta e richiedono tecnologie complesse. La scrittura alfabetica infatti, diversamente dalla scrittura cuneiforme, è di più facile uso; il ferro, diversamente dallo stagno e dal rame, era molto diffuso in Medio Oriente (sebbene non in grandi quantità) e la sua metallurgia era più facile di quella del bronzo.

Dopo avere trattato del passaggio dalla scrittura cuneiforme a quella alfabetica e dalla metallurgia del bronzo a quella del ferro bisogna chiedersi se sia possibile fare un parallelo fra questi due casi trattati di cambiamento e la situazione attuale.
Un nuovo corso della storia necessita di un crollo di tutti i gangli della struttura sociale, economica e ideologica preesistente? Oppure è possibile gradualmente sostituire la struttura attuale con una nuova struttura? Il punto più basso della probabile futura crisi potrà consentire una ripresa a livelli di vita accettabili?

La risposta alla prima delle domande poste (Un nuovo corso della storia necessita di un crollo di tutti i gangli della struttura sociale, economica e ideologica? ) dovrebbe essere negativa perché adesso, con tutte le limitazioni possibili, c’è la democrazia. E’ necessaria una presa di coscienza della necessità di una cultura adeguata a risolvere i problemi connessi alla prospettiva di scarsità di risorse energetiche e del rischio del venire meno degli equilibri ambientali.
Cosa potrà mai portare la "gente", nei tempi in cui viviamo, a prendere coscienza della gravità del problema dell'esaurimento dei combustibili fossili, dei cambiamenti climatici e del problema demografico e, soprattutto, a mettere in campo le necessarie misure per risolvere i suddetti problemi. Ricordo che una coppia di miei amici trovava difficoltà a fare capire al loro bambino (che non si poneva limiti nell’indicare ciò che babbo natale e la befana avrebbero dovuto portargli in regalo) che babbo natale e la befana erano i suoi genitori. Il bambino non voleva conoscere ragioni. Credere in babbo natale e nella befana è sicuramente legata all’età ma il fatto che questi gli portassero regali aiutava certamente nella persistenza della sua credenza.

Un primo quesito che dovremmo porci è il seguente: é possibile a tale riguardo fare un discorso di classe? è possibile cioè vedere uno scontro di interessi fra classi capitalistico-imprenditoriali, che vogliono la persistenza dell’attuale modello di sviluppo, con tutti i valori a questo connessi, e ceti “popolari” o, forse, “maggioritari” che, invece, portatori di interessi diversi, vorrebbero un modello di sviluppo diverso, anzi che vorrebbero un modello di vita diverso?
Penso che la risposta sia in buona parte negativa (almeno per quanto riguarda il mondo sviluppato): non ci siano notevoli differenze di valori all’interno delle persone che costituiscono le attuali società.
Un imprenditore, indipendentemente dal soddisfacimento dei suoi bisogni personali, cerca di massimizzare il profitto. Un qualsiasi cittadino cerca di farsi la seconda casa in montagna e una terza casa al mare, cerca di acquistare l’ultimo modello di autovettura oppure l’ultimo modello di televisore o di telefonino, indipendentemente dal soddisfacimento di bisogni concreti. Al di sopra di un certo livello di reddito si può dire che si ricercano altri valori che non hanno niente a che vedere con i bisogni concreti. Al di sopra di un certo livello di reddito si vuole soddisfare solo il bisogno di avere qualcosa e/o di raggiungere un obiettivo, come, per esempio, una migliore posizione all’interno della gerarchia sociale.

Un’ultima considerazione: è possibile stabilire una relazione fra la crisi che investì il Medio Oriente antico nel tardo bronzo e la crisi che probabilmente investirà l’attuale civiltà. Nel tardo bronzo la crisi ebbe motivazioni interne (la regressiva e complessa dinamica socio-economica-organizzativa ed ecologica che agiva nella zona in quel periodo) e motivazioni esterne (l’invasione da parte dei popoli del mare).
Forse la dinamica sarà ancora più complessa ma per quanto riguarda le motivazioni esterne indicate a proposito della crisi del Medio Oriente antico a cui si è fatto riferimento, il pensiero non può che correre alle imponenti migrazioni che, partendo dal terzo mondo, hanno investito e che, probabilmente, ancora di più investiranno il mondo sviluppato.
Per quanto riguarda le motivazioni interne esse saranno determinate quasi sicuramente dall’enorme consumo di risorse energetiche e dalle difficoltà nel loro approvvigionamento.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Io vorrei essere ottimista ma dovrei avere una macchina del tempo e prima andare 100 anni nel futuro per capire se ci saranno centrali nucleari (spente per mancanza di combustibile), poche città con centrali a carbone (attive) presidiate dall'esercito, l'umanità decimata dai disastri ambientali nel resto del pianeta.
Oppure energie rinnovabili diffuse, eolico, solare ad alta efficienza, magari l'idrogeno...
Io non credo che la rivoluzione energetica e la decrescita verso un nuovo modello di vita passerà dalle "masse" cioè dalla classe media. Costoro sono troppo abituati a consumare.
Non credo nemmeno che passerà dal popolo perché costoro vogliono raggiungere livelli di consumo superiori.
Forse la classe di governo potrebbe dare un ottimo esempio ed a un certo punto imporre un nuovo modello di vita.
Penso ad Al Gore ed al suo appoggio ad Obama, ad esempio.
Gli Stati Uniti sono sempre stati il motore del pianeta negli ultimi decenni, ancora oggi la maggiore ricerca si fa lì, pensate cosa vorrebbe dire se decidessero che è giunta l'ora di lasciare le fonti energetiche tradizionali... Magari smetterebbero anche di fare le guerre in Medio Oriente.

Anonimo ha detto...

EMMA MARCEGAGLIA? Ma chi? Quella che afferma che:

1."I sistemi di gestione dei rifiuti sono molto vicini al collasso in molte regioni, anche perché si dice no ai termovalorizzatori, attivi in tutti gli altri Paesi. Paghiamo i costi più alti d'Europa per l'energia.”

Marcegaglia è una esperta, visto che possiede tre impianti inceneritori e ne sta progettando altri, rubando i finanziamenti per le energie rinnovabili e guadagnandoci con certificati verdi e CIP6 e con una gestione dei rifiuti contraria ad ogni regola di buon senso. Come si sa gli inceneritori producono circa lo 0,5% del fabbisogno energetico nazionale. La Marcegaglia è la rappresentante di quel mondo industriale che fa enormi affari su TAV, inceneritori, ponti, cementificazioni, grandi opere e gestione peggio che camorristica dei rifiuti (e tutto ciò affermando impunemente che è per il bene comune, complice una informazione da terzo mondo.

2. "la legge sulla sicurezza è troppo punitiva per le imprese" (lo stesso giorno ci fu un incidente in una delle sue imprese…)

3.“non possiamo più eludere o rinviare quelle scelte, anche difficili e impopolari, che sono indispensabili per non compromettere il nostro futuro» (IL FUTURO DI CHI?)

4."Per fermare i cambiamenti climatici ci vuole l’energia nucleare, per abbattere i costi"
ORA è pure ecologista!

5. "Bisogna tornare al rispetto delle regole, è venuto il momento che lo Stato riprenda il suo ruolo. C’è la necessità di sbloccare tutti gli investimenti, dai termovalorizzatori alle ferrovie, alle autostrade che sono stati bloccati per motivi ambientali. Non accetteremo più che piccoli gruppi in malafede blocchino il Paese e ci condannino al declino. linea dura e legalità”

pochi mesi fa la Marcegaglia S.p.a. ha petteggiato una sanzione di 500 mila euro più 250 mila euro di confisca per una tangente di 1 milione 158 mila euro pagata a Lorenzo Marzocchi di EniPower. Oltre al patteggiamento dell'azienda, Antonio Marcegaglia, fratello di Emma, ha patteggiato 11mesi di reclusione con sospensione della pena.


Leggere le prospettive di ASPO è piuttosto terrorizzante. Sapere di essere nelle mani di questa gente (Marcegaglia, Franco Battaglia, governi totalmente incapaci da Prodi a Berlusconi) è peggio ancora che terrorizzante.

ANDREA G.

Anonimo ha detto...

"Leggere le prospettive di ASPO è piuttosto terrorizzante. Sapere di essere nelle mani di questa gente (Marcegaglia, Franco Battaglia, governi totalmente incapaci da Prodi a Berlusconi) è peggio ancora che terrorizzante."

Allora dovresti legegre il blog di crisis o petrolio, li trovi una prospettiva più terrorizzante

Anonimo ha detto...

Suggerisco "Due di due" di Andrea de carlo. E' un romanzo, parla di tutt'altro ma c'è una suggestiva lettura della storia dell'umanità: il paradiso terrestre i nostri antenati lo hanno vissuto davvero, quando erano scimmie arboricole. Il cibo era abbondante, i predatori erano a terra, era il paradiso.
Poi le foreste si ritirarono e gli ominidi si ritrovarono a piedi nelle savane africane, per sopravvivere svilupparono mani, attrezzi, intelligenza, ecc. Da quel momento il cambiamento non si è mai fermato. Chi vagheggia un tempo in cui le cose non cambiavano sogna, siamo la specie che cambia...

Anonimo ha detto...

Indovinare come si vivrà tra 100 anni è certamente impossibile, perchè bastano piccoli cambiamenti nelle usanze quotidiane, nei modi di produzione e nelle istituzioni politiche per generare in pochi anni risultati notevolmente differenti e gli esseri umani non sono automi. Credo che nei prossimi anni i membri più influenti dell'attuale società metteranno in campo ogni sforzo tecnologico e politico per mantenere l'attuale ordine socio-economico da cui traggono i loro benefici, ma non è detto che si possa continuare ancora per molti anni col consumismo. Se si esclude un rifiuto generalizzato e spontaneo dei popoli al modello consumistico (che appare assai poco probabile in società assuefatte al mito della crescita infinita), nel quale la quasi totalità della popolazione è ridotta al ruolo di consumatore passivo, ci sono solo due scenari plausibili: una transizione "ordinata" verso un altro ordine socio-economico, oppure un crollo caotico e imprevedibile delle attuali strutture economiche e sociali (aziende,mercati,Stati) per sopraggiunta impossibilità di prosecuzione.
La seconda eventualità sarebbe molto, ma molto dolorosa per tutti, un evento che si dovrebbe cercare di evitare come la peste. Finora non siamo arrivati al punto di dover scegliere, ma la rotta su cui ci troviamo non è delle migliori...

Carlo Z.

Anonimo ha detto...

prospettiva più terrorizzante di essere in queste mani? non credo.

diciamo cosi...
gli italiani si estingueranno molto prima del resto del pianeta.
Spero che rimanga almeno una targa in ricordo di Franco Battaglia.

Andrea

Eugenio Saraceno ha detto...

Caro Armando,
Un ulteriore parallelo tra il mondo mesopotamico e il mondo d'oggi, utile per capire le ragioni della crisi della civiltà del bronzo/cuneiforme è certamente che anche i sumeri ebbero la loro crisi energetica. La fonte di energia era ovviamente di origine agricola; stando a Diamond "armi acciaio e malattie" nella mesopotamia protostorica si sviluppa per la prima volta la coltivazione dei cereali e l'allevamento di specie pregiate come bovini e ovini; in seguito con l'introduzione delle tecniche di irrigazione l'alta produttività agricola (EROEI>1 in fin dei conti) consente l'organizzazione della società in classi per cui una maggioranza di contadini poteva sostentare una minoranza di funzionari, sacerdoti, scribi, guerrieri etc. E'l'organizzazione "palatina" come ottimamente da te definita.
Proprio l'irrigazione che permette l'aumento della produttività agricola è il fattore che ingenera la successiva crisi: in molte terre aride, tra cui la mesopotamia, a bassa profondità si trovano depositi salini. L'irrigazione forzata provoca la lenta risalita del sale verso la superficie e ciò rende i terreni sempre meno adatti alla coltivazione. In una prima fase i sumeri sostituirono il frumento con il meno produttivo (ma più resistente al sale) orzo, poi sempre più terreni furono abbandonati e il surplus che permetteva il sostentamento del sistema palatino si erose.
Un chiaro esempio di picco energetico, segnale d'allarme per tutti i decisori che pensano di risolvere la crisi del petrolio a basso costo (alto eroei) con carbone o uranio (eroei minore)

ciao
Eugenio

giuseppe ha detto...

Suggerisco di leggere questo articolo, che guarda al problema della decrescita secondo un'ottica diversa.
http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/23/partigiani_decrescita.htm

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

imparato molto