"ComedonChisciotte" ha pubblicato recentemente la traduzione di un lungo articolo dal titolo "Guerra e Capitalismo" di Jonathan Nitzan e Shimson Bichler sulle complesse relazioni fra capitalismo, globalizzazione, guerra, petrolio e tutto il resto.
L'articolo è di grande interesse e merita di essere letto e meditato, nonostante la notevole lunghezza. Uno dei pregi è il fatto di riportare dei dati, cosa abbastanza rara nel polverone attuale dove chiunque si sente in grado di pontificare su questo e su quello senza troppo preoccuparsi della realtà quantitativa. Apprendiamo così diverse cose interessanti, quali per esempio che in termini reali le spese militari degli Stati Uniti sono in calo da molti anni, nonostante la tanta retorica belligerante in giro. E' vero anche, tuttavia, che dal dopo Clinton sono aumentate di nuovo, anche se Nitzan e Bichler non giudicano significativo l'aumento. Vediamo poi come esistano correlazioni fra le spese militari e l'andamento del PIL, da cui sembrerebbe di poter capire che la guerra non è una cosa occasionale, ma una parte integrante del sistema economico in cui viviamo.
Il concetto di fondo dell'articolo di Nitzan e Bichler è nel partire dal concetto che la guerra è endemica al sistema e da qui domandarsi la ragione della fiammata di guerre che si è verificata nei primi anni del ventunesimo secolo. Nitzan e Bichler partono dal punto di vista Keynesiano, le guerre stimolano l'economia e pertanto sono una cosa buona. La spiegazione "ufficiale" del perché la grande depressione degli anni '30 è finita è che la seconda guerra mondiale se l'è portata via con il grande stimolo economico associato.
Tuttavia, il tempo del keynesianismo sembra sparito con la globalizzazione. Ma, allora, perché le guerre? Nitzan e Blicher fanno una serie di osservazioni interessanti, linkando fra le altre cose i profitti delle compagnie petrolifere con le guerre in corso. L'impressione è, tuttavia, che l'articolo salti da un concetto all'altro senza veramente "agganciare" le vere cause delle guerre attuali.
Nitzan e Blicher non credono che le guerre siano veramente per le risorse, dicono che non ha scopo fare guerre per accaparrarsi, per esempio, il petrolio, quando nella globalizzazione lo si può semplicemente comprare. Si, ma siamo sicuri che la globalizzazione sarà eterna? In fondo, per secoli e secoli, non c'è stato mai niente di simile a quello che oggi ci sembra naturale; un'economia globalizzata. Ma questa condizione potrebbe essere in effetti del tutto innaturale e destinata a sparire rapidamente, sositutuita dalla condizione più normale di economie nazionali in competizione l'una con le altre. Se così fosse, l'invasione dell'Iraq potrebbe essere stata il primo sintomo del crollo della globalizzazione.
O forse no. Tolstoi, in "Guerra e Pace" diceva a proposito cause della guerra che
"Più approfondiamo la ricerca di queste cause, più ne troviamo, e ogni causa separata, o intera serie di cause, ci appare ugualmente valida in se stessa e ugualmente falsa nella sua misera entità paragonata alla dimensione degli eventi e nel suo scarso peso, - a parte per la cooperazione con tutte le altre cause coincidenti – per dare origine all’evento di cui parliamo. "
Da questo Tolstoj conclude che la guerra è accaduta perchè doveva accadere. Chissà, forse aveva ragione lui. In effetti, già in un articolo recente Johnson e altri hanno scoperto che la guerra è un fenomeno "auto-organizzato" dove esiste una precisa correlazione fra frequenza degli eventi bellici e la loro dimensione. Ovvero, ancora, la guerra non è un fenomeno occasionale causato dal "cattivo" di turno, Bin Laden, Saddam, Milosevich o chi altro. Meglio detto, i cattivi di turno sono fenomeni critici auto-organizzati, anche se probabilmente loro non lo sanno.
Questo vuol dire, se non altro, che non ci sarà mai "la guerra che mette fine a tutte le guerre", come tutte le guerre sono state definite a partire dalla prima guerra mondiale. Mettiamoci l'animo in pace. Anzi, in guerra.
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GUERRA E CAPITALISMO
Postato il 17 dicembre 2006 [ 19:00 ] di marcoc
JONATHAN NITZAN E SHIMSHON BICHLER
Global Research
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Quanto sono grandi i guadagni delle compagnie petrolifere? Durante il periodo di cinque anni che va dall'agosto 2001 al luglio 2006, l'incasso netto medio di tutto il settore petrolifero e arrivato a $ 108 miliardi all'anno. Questo dato va paragonato a un profitto annuale di soli $ 34 miliardi all'anno tra l'agosto 1999 e il luglio 2000-un salto di 75 miliardi arrotondando le cifre.
Quanto è costato generare questo salto nei profitti? Per semplicità assumiamo che dal 2000 l'intero incremento del prezzo petrolifero-e perciò tutto l'incremento nei profitti petroliferi-è stato dovuto ai nuovi conflitti energetici in Medioriente. Consideriamo inoltre che sin qui il governo Usa ha speso nelle sue operazioni in Afganistan e Iraq l'equivalente ogni anno dell'1% del suo Pil-quasi $ 100 miliardi l'anno.
Queste assunzioni, sebbene semplicistiche e inaccurate, indicano le grandezze in gioco: la guerra costa $ 100 miliardi l'anno e genera $ 75 miliardi extra ogni anno in profitti petroliferi. In altre parole per ogni dollaro che il governo Usa spende nelle guerre, i proprietari delle compagnie petrolifere guadagnano altri 75 centesimi di profitto netto.
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3 commenti:
Penso che Nitzan e Blicher sbaglino quando dicono che nella globalizzazione il petrolio si può semplicemente comprare. E' il solito errore che fanno gli economisti: la disponibilità illimitata sul mercato non vale più quando una risorsa diventa scarsa.
Del resto, che la globalizzazione non valga quando si parla di cose serie lo hanno scoperto i cinesi, quando hanno cercato di comprarsi la Unocal.
complimenti un blog veramente interessante ed intelligente ti invito a vedere il mio http://newsfuturama.blogspot.com/ ciao
Giusto il commento di Deserter, la globalizzazione non sarà eterna :-)
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