domenica, settembre 14, 2008

Senza potersi fermare


Riceviamo e pubblichiamo questo scritto di Ivo Quartiroli, che amplia un po' le tematiche dei nostri post, il cui taglio è solitamente tecnico-scientifico e economico (a volte anche psicologico).
In esso ci propone la sua visione filosofica del consumismo di oggi, di cui il petrolio è il motore "fisico" principale.


created by Ivo Quartiroli

C’è una profonda convinzione nella nostra civiltà, per cui si creano e cadono governi, si dedicano intere vite, si titolano le prime pagine dei giornali. Pur distinguendosi nei modi di gestione dell’economia e nei criteri di ripartizione delle risorse tra le diverse parti sociali, tutte le componenti politiche dell’occidente concordano su un punto: che la crescita economica continua è cosa buona e giusta.
Il modello di sviluppo attuale basato sui consumi sta devastando il pianeta e i suoi abitanti, compresi gli artefici stessi dell’economia. Sono visibili a tutti le conseguenze dell’iperproduzione sulle risorse del pianeta e sulle popolazioni del terzo mondo, le quali si trovano invece ben al di sotto del tenore di vita dignitoso che porta a quel tanto che basta di felicità. E’ paradossale a questo proposito che l’intero meccanismo dell’automazione, ideato per sostituirsi al lavoro, lo chiamiamo disoccupazione e gli diamo dei connotati negativi.
Produrre è dunque un imperativo, a prescindere dai suoi effetti. Non ci si può fermare, ed è altrettanto paradossale che nei paesi più ricchi, Stati Uniti e Giappone in testa, i lavoratori godano progressivamente di meno ferie.

Nell’inconscio collettivo dell’occidente vi sono strati di convinzioni profonde che non ci consentono di abbandonare l’illusione che dallo sviluppo economico arriverà ogni bene. Lo strato delle idee più evidenti che muovono gli sforzi produttivi è:
1) L’attesa di un mondo migliore (benessere, pace, giustizia, democrazia, diritti) tramite la produzione, la distribuzione e il consumo di beni e di tecnologie.
2) La necessità di agire nel mondo per giungere a tali fini. A questo scopo lo sfruttamento delle risorse naturali e produttive del pianeta è fondamentale per alimentare le macchine produttive. Il libero accesso alle risorse mondiali e il consenso delle nazioni sono elementi non trascurabili dell’intrapresa. Da qui si passa al dover esportare i sistemi economico-politici e culturali dell’occidente, fenomeno conosciuto come globalizzazione.
3) Le azioni sono svolte in modo compulsivo e frettoloso, ingrediente decisivo che impedisce la consapevolezza del proprio stato interiore e delle conseguenze sociali ed ecologiche nel medio/lungo termine.
4) Il futuro immaginato al primo punto non arriva mai, a prescindere da ciò che si è ottenuto fino a quel momento, quindi bisogna intensificare gli sforzi. Non è mai “abbastanza”. Torna al punto 1).

Il meccanismo si colloca in un circolo vizioso che ricorda la tossicodipendenza. Da dove viene l’idea trainante di partenza, la visione di un mondo migliore tramite la produzione di beni? Le radici profonde di questa idea germinale risalgono alla tradizione giudaico-cristiana.
Secondo la Bibbia, Dio ha creato l’essere umano solo al termine del processo di creazione. Di conseguenza il mondo e tutto ciò che ne fa parte esisteva prima degli esseri umani ed è qualcosa di profondamente diverso dalla specie umana, che è invece stata creata a immagine e somiglianza di Dio. Il resto dell’universo è qualcosa di oggettivo, “là fuori”, delle “cose” create dal divino. Tuttavia, a differenza degli esseri umani, ciò che non è umano non è altrettanto connesso al divino, di fatto privo dell’elemento divino, meramente materia oggettiva.
Secondo la dottrina, solo l’essere umano può avere un posto nel cosmo come immagine e somiglianza del divino (ma come vedremo, sempre secondo la stessa tradizione, senza poterlo veramente raggiungere su questa terra). La Bibbia afferma inoltre che la natura è stata creata affinché l’essere umano la usi a suo beneficio.
L’uomo quindi ha il diritto, conferito da una superiore autorità, di utilizzare il creato per i propri scopi. A questo ingrediente dell’avere un ruolo speciale nella creazione, il cristianesimo aggiunge i concetti del peccato e del libero arbitrio. L’essere umano è nato nel peccato originale però, tramite il dono del libero arbitrio, può decidere di agire il bene invece che il male e così redimersi. Questi messaggi sono stati decisivi nello sviluppo tecnologico e sociale delle grandi religioni monoteiste.

Oltre a questi vi sono altri messaggi ricevuti dai cristiani ed entrati profondamente nell’inconscio collettivo. Il riscatto dal peccato originale può avvenire tramite le buone azioni, che sono confluite nella meccanica, nella scienza e nella tecnologia.
Ma vi è un problema. Queste azioni non porteranno i loro frutti su questa terra ai loro artefici. Difatti, secondo la dottrina, la vita e la felicità eterna è del regno dei cieli e non di questa vita terrena. Tutto ciò che possiamo fare in questa vita, è meritarci quella futura, migliore, tramite le nostre azioni virtuose.
Eppure, si potrebbe obiettare, c’è stato un uomo che si è ricongiunto con il divino in forma umana, e si chiama Gesù. La dottrina si affretta, però, a dirci che Gesù è l’unico figlio di Dio e che nessun altro uomo potrà aspirare alla sua condizione. Al più possiamo imitarne l’esempio. Non ci si illuda, la vita eterna risiede in qualche luogo “altro” da noi, non è “qui e ora”, ma “là”, in un non ben specificato futuro.

C’è un’altra via d’uscita, in verità: la redenzione, la salvezza generale alla fine dei tempi, preceduta da una fase di calamità e distruzione chiamata apocalisse. Una specie di “tana libera tutti” che annulla gioco e giocatori.
Quindi l’essere umano è qualcosa di speciale all’interno del creato, però è nato nel peccato. Poiché ha il libero arbitrio, potrà redimersi tramite le sue azioni, usando a questo fine il creato, ma non potrà pretendere di incontrare il divino in questa vita perché è un’esclusiva di Gesù. Potrà entrare nel regno dei cieli in un futuro, presumibilmente dopo la morte (se si è comportato bene.

Inoltre, a differenza di altre religioni che prevedono la reincarnazione, la dottrina cristiana afferma che c’è una sola vita terrena, quindi non si avrà una seconda possibilità. La redenzione dai peccati, e tutti si nasce nel peccato, va attuata in questa stessa vita. E’ stato così aggiunto l’ingrediente della fretta. Se c’è fretta per il nostro riscatto dai peccati, si comprende l’incoscienza che ha la nostra civiltà nel prevenire le conseguenze future delle nostre scelte.
Dio potrà darci dei segnali per le nostre scelte verso la redenzione, ma poiché ci è stato conferito il libero arbitrio, l’opera di redenzione dipende unicamente da noi. Se ci comporteremo male, finiremo nella dannazione eterna, ma, pur comportandoci bene, non potremo goderne i frutti in questa vita.
Quindi si potrà vivere solo per un futuro migliore perché la felicità su questa terra è preclusa. Si perde dunque la capacità di vivere nel presente, si vive per un futuro che non arriva mai, ma nello stesso momento si deve agire con fretta; ma non c’è alternativa all’agire in prima persona poiché questa è l’unica vita terrena. Non ci si può fermare.

Dopo aver ricevuto tale serie di messaggi, questo essere umano si trova di fronte a una serie di doppi vincoli, definiti da Gregory Bateson come messaggi contraddittori ad alto contenuto emotivo senza una chiara via d’uscita o interpretazione dei contenuti. Bateson teorizzava che tali messaggi avrebbero potuto portare alla schizofrenia.
Alcuni dei doppi vincoli in cui si trova il nostro essere umano:
a) Dover imitare le azioni virtuose di Gesù ma non poter mai diventare come lui.
b) Doversi redimere tramite le buone azioni ma non avere mai la certezza della salvezza
c) Essere speciale e separato dal mondo e dover sfruttare la natura per i propri scopi, ma poiché nei fatti l’essere umano, ecologicamente e spiritualmente, non è separato dal mondo, il tentativo di considerarsi come separato dalla natura sarà necessariamente frustrato e lo porta a scavarsi la fossa con le proprie mani.
d) Dover lavorare per la salvezza eterna e per un futuro radioso che però non arriva mai.
Confuso e ansioso, il povero uomo fa quello che può. Per liberarsi dai doppi vincoli cerca il paradiso su questa terra e la salvezza tramite le proprie azioni. Ha la coscienza a posto perché vuole fare il bene imitando il comportamento di Gesù attuando “azioni virtuose”, in separazione dal mondo, per “lo sviluppo” e un “futuro migliore”. Nonostante le sue azioni virtuose, queste non lo porteranno mai a poter essere come Gesù e non gli daranno la certezza della salvezza dunque la tecnologia lo conduce alla ricerca di pseudo-salvezze all’interno di questa vita terrena.
Esempi di tali tecnologie sono quelle che agiscono sul piano divino della creazione e dell’immortalità, quali le biotecnologie. La cultura che ha fatto del miracolo una prova del divino si sviluppa nelle tecnologie che ricordano il miracoloso.
Abbandonare la spinta verso la produzione estrema e la ricerca delle tecnologie “miracolose” significherebbe abbandonare la speranza di redenzione e salvezza su questa terra, abbandonare l’idea che l’uomo abbia un ruolo speciale nel creato, abbandonare le identità individuali costruite su ciò che uno ha “fatto” nella vita. Sono le proprie azioni che possono portare alla redenzione in terra; senza poter agire l’uomo si trova sperduto e schiacciato dai sensi di colpa.


La versione estesa di questo articolo è stata pubblicata su www.innernet.it con il titolo Senza potersi fermare: le radici della dipendenza a produrre

7 commenti:

Gianni Comoretto ha detto...

Mi sembra che questa identificazione del consumismo con il cristianesimo sia un tantino frettolosa, e superficiale.

Il cristianesimo predica anche una sobrietà, una limitazione dei propri consumi, perché i beni materiali focalizzano l'attenzione sul proprio benessere ed allontanano dalla spiritualità. Anzi, esiste tutto un filone del cristianesimo ferocemente anti-moderno, anti-tecnologico, di un ritorno alla naturalità (mitizzata) delle società di un temconcilio vaticano 1po. Pensiamo agli Hamish, ma anche a molte posizioni cattoliche.

Il creato è ad uso dell'uomo, ma è di Dio, e l'uomo deve renderne conto. Non è una delega in bianco. E un uso della natura che danneggi l'uomo e' un danno verso l'uomo, indipendentemente da cosa si pensi della natura.

E naturalmente esistono tanti tipi diversi di cristianesimo, tanti filoni, con teorie, e prassi, diversissime.

Allo stesso tempo, mi sembra che gli imperativi contradditori di cui parla Quartitoli siano essenzialmente parte della natura umana, di chiunque non si rassegni passivamente a lasciarsi trasportare dagli eventi. Anche da chi vuole solo egoisticamente migliorare le proprie condizioni personali di vita.

Alla fine tutti, banalmente, siamo presi dall'imperativo di "cambiare il mondo", e non possiamo che farlo in questa vita, ora. Senza sapere mai se stiamo andando nella direzione giusta (diffido da chi invece ne e' convinto senza spazio per dubbi).

Mi lascia infine perplesso il discorso del'impossibilità di accedere al divino. Chi è che sostiene che si possa diventare dei? Forse proprio il mito della crescita onnipotente. Non conosco abbastanza le religioni orientali, a cui evidentemente si rifà l'autore, per capire come questo potrebbe salvarci dalla crescita infinita, ma non mi sembra che Cina, India e Giappone ne siano immuni. Evidentemente anche lì esistono interpretazioni, e prassi, differenti.

E nelle tradizioni religiose occidentali esiste anche il mito del peccato originale: a credersi davvero capaci di essere dei si finisce solo per fare un pasticcio immondo.

Frank Galvagno ha detto...

Io non sono un'esperto di religioni :-) , tuttavia: ogni religione, come ogni apparato logico-filosofico non è immune da contraddizioni (Godel).

Le religioni procedono per usanze e riti, interpretazioni e credenze. Non usano modelli.

La "parte buona" della religione e pratica cristiana è in perfetta sintonia con l'uso razionale delle risorse. Idem per buddismo etc.

La "parte cattiva" è "inquinata" dall'egoismo, individuale e collettivo.

L'Uomo è limitato, questo è coerente con i Limiti dello Sviluppo.

Si tratta di concetti semplici ma a volte il delirio di onnipotenza ci offusca la vista.

Anonimo ha detto...

beh , cio' non spiega pero' perche nazioni atee com la cina e l'ex URSS abbiano comunque sfruttato in maniera scriteriata le loro risorse naturali e inquinato il loro territorio ...

Anonimo ha detto...

Comprendo le perplessità ed è difficile rendere in un paio di pagine un discorso complesso che ho elaborato maggiormente in un ebook scaricabile a http://www.indranet.org/not-being-able-to-stop/

David F. Noble, nel suo libro "La Religione della tecnologia" analizza gli eventi che nel mondo cristiano hanno portato all'attuale rapporto con le tecnologie. Egli afferma che il progetto dinamico della tecnologia occidentale in realtà trova le sue radici e il suo spirito nell'alto Medio Evo. Mentre nel cristianesimo classico le attività manuali erano disprezzate, nell'alto Medioevo, per motivi ancora oscuri, la tecnologia iniziò a essere identificata con la trascendenza, implicata con il concetto cristiano di redenzione dal peccato. Col passare del tempo la tecnologia fu identificata più chiaramente con la possibilità di rinnovata perfezione. I progressi nelle “arti pratiche” diventarono inoltre il segno dell'immagine divina dell'uomo e della sua perfezione originaria.

Concordo sul fatto che vi siano diverse correnti all'interno del Cristianesimo, anche mistiche. L'autentica ricerca del vero si esprime in ogni religione e anche fuori da queste. Tuttavia la "corrente" prevalente del cristianesimo non la vedo affatto rispettosa del creato, nonostante i tardivi proclami del papa verso il rispetto della natura, tardivi quanto le scuse sulle stragi di "streghe", sulla pedofilia dei sacerdoti o sulla collaborazione con regimi cruenti (America Latina, la Spagna di Franco, fascismo e anche nazismo), queste scuse non ancora avvenute in pieno.

L'incontro con il divino per l'umano è una possibilità concreta per le religioni non monotestiche o non teistiche quali in buddismo; questo incontro ha diversi nomi: illuminazione, realizzazione del Sé, ecc. Questo processo di crescita dell'essere umano è lungi dall'essere presuntuoso in quanto la crescita spirituale presuppone l'abbandono dell'ego a tutti i livelli e insieme a questo i suoi attaccamenti. Anche il Cristianesimo predica l'umiltà ma afferma che l'incontro con il divino non è possibile in questa vita, diversamente dai percorsi orientali che riconoscono la possibilità per ogni essere umano IN questa vita. Questo umiltà ha più la funzione di controllo e di sedazione.

Alan Watts, prete protestante e poi divulgatore di filosofie orientali scrisse: "La realizzazione spirituale non propone una trasformazione del finito in modo violento, perché la sua natura è quella di amare e non di odiare le limitazioni. L'intera situazione caotica del mondo occidentale nasce proprio da questa separazione radicale tra la creazione e la redenzione, la quale incita al tentativo tecnologico di trasformare la natura tramite modifiche di carattere violento."

Cina, India ecc sono arrivati al nostro sistema da pochissimo, come processo inevitabile per gli equilibri mondiali economici, ma non vedo certo lì la radice del percorso occidentale alla produzione smisurata. Il Bhutan e il Tibet prima della Cina non hanno seguito lo stesso percorso, come altri nel mondo, purtroppo perlopiù schiacciati, scacciati o sfruttati.

A mio parere nella volontà narcisistica dell'ego di potere infinito sulla materia e sulla natura c'è un lontano richiamo alla natura infinita spirituale presente in ogni essere umano, ed è questa l'autentica ricerca che è stata ignorata e deviata dalla natura stesso dell'ego umano prima ancora che dai messaggi conflittuali della religione. In sintesi, ritengo che la consapevolezza profonda di chi siamo e cosa veramente vogliamo ci possa far uscire dal pantano in cui ci siamo trovati a livello ambientale. Ma sinceramente la vedo dura.

Anonimo ha detto...

Penso che il grande male della società occidentale a cui apparteniamo, al di là delle radici Cristiane, sia la presunzione che tutto sia possibile realizzare e ottenere.
Avendo studiato un po' di psicologia, storia delle religioni, filosofia, mi sono fatto una mia convinzione su come vada la nostra esistenza (non credo sia originale, molti altri saranno giunti alle mie stesse conclusioni).
Secondo gli orientali e le persone di buon senso, noi siamo immersi in una sorta di torrente impetuoso (la vita) che ci può portare solo in una direzione, inevitabilmente verso valle (la morte). Sulla nostra strada troviamo spesso dei massi e degli ostacoli che possiamo solo cercare di evitare o al limite ridurre l'urto con essi.
Pertanto è difficle modificare una sorta di via che è stata "preordinata" alla nostra nascita.
Secondo il modello occidentale invece, è obbligatorio nuotare contro corrente, sguazzare verso l'una o l'altra riva, far saltare con la dinamite i massi, modificare il corso del torrente!
E così non riusciamo mai a goderci il momento presente, siamo così presi dal voler modellare il nostro futuro!

Anonimo ha detto...

"A mio parere nella volontà narcisistica dell'ego di potere infinito sulla materia e sulla natura c'è un lontano richiamo alla natura infinita spirituale presente in ogni essere umano, ed è questa l'autentica ricerca che è stata ignorata e deviata dalla natura stesso dell'ego umano prima ancora che dai messaggi conflittuali della religione.

sì, questo mi ricorda anche Aurobindo. Ma purtroppo neanche lui è riuscito a fare molto, se non forse per sé e un ristretto numero di discepoli...
La vedo dura anch'io, caro Ivo...

Anonimo ha detto...

Pippolillo, mi hai fatto venire in mente un bel passaggio di Aldous Huxley che ho recuperato. Nel 1945 così scriveva ne "La filosofia perenne"

"Il sovrano dell'Oceano Meridionale era Shu, il sovrano dell'Oceano settentrionale era Hu, e il sovrano del Centro era il Caos. Shu e Hu s'incontravano continuamente nella terra di Caos, che li trattava molto bene. I due si consultarono per decidere sul modo di ripagare la sua gentilezza e dissero: "Gli uomini hanno sette orifizi allo scopo di vedere, udire, mangiare, respirare, mentre solamente questo sovrano non ne ha neppure uno". E allora aprirono in lui un'orifizio al giorno. Dopo sette giorni Caos morì." (Chuang-Tzu) [...] In questa parabola venata di umorismo, Caos è la Natura allo stato di wu-wei: di non-affermazione o di equilibrio. Shu e Hu sono i ritratti viventi di quei maneggioni che hanno pensato di migliorar la Natura trasformando aride praterie in campi di grano e invece hanno creato deserti, che hanno proclamato con orgoglio la conquista dell'aria e poi si sono accorti di aver sconfitto la civiltà; che hanno abbattuto vaste foreste per fornire la carta da stampa richiesta da quel pubblico di lettori che doveva creare un mondo sicuro per l'intelligenza e la democrazia, e invece hanno prodotto un'erosione su grande scala, i giornali a fumetti e gli organi della propaganda fascista, comunista, capitalista e nazionalista. In breve, Shu e Hu sono fedeli della religione apocalittica del Progresso Inevitabile, e il loro Credo è che il Regno dei Cieli sia fuori di voi, e nel futuro [...] Confrontato con quello dei taoisti e dei buddhisti dell'Estremo Oriente, l'atteggiamento cristiano verso la Natura è stato curiosamente insensibile e spesso troppo imperioso e violento."

Paolo, mi sono andato a cercare le parole esatte di Aurobindo... grande mistico che ha combinato l'impegno sociale con la ricerca del vero sul piano spirituale. Così scriveva: "Ogni finito si sforza d'esprimere un infinito che sente essere la sua reale verità". Fino a dove sia arrivato questo "sforzo" sul piano dell'ego è sotto gli occhi di tutti.