sabato, maggio 29, 2010

L'Italia in debito di ossigeno - anzi, di petrolio.

Arriva da "The Oilwatch Monthly" questo dato abbastanza impressionante sui consumi petroliferi italiani. Siamo in calo molto netto dal 2004 - da allora abbiamo perso oltre il 15%.

Non vi faccio lunghi commenti su questa cosa, ma credo comunque che sia indicativa del pessimo stato di salute dell'economia italiana che sembra essere in "debito di ossigeno" se prendiamo il petrolio come il fluido che un'economia deve respirare per poter continuare a lavorare e produrre.

Se non ci decidiamo a sostituire il petrolio e i fossili con le abbondanti risorse che abbiamo qui, continueremo a scendere una china che ci porterà non si sa dove, ma sicuramente non dove vorremmo andare.

12 commenti:

BC ha detto...

Innanzitutto un ringraziamento per i post che leggo sempre con grande interesse , alcuni dei quali straordinari.
Intervenivo semplicemente per segnalare che è perlomeno dal 2002 che i consumi petroliferi in Italia sono in calo , arrivando a fine 2009 ad un calo del 19,33 per cento rispetto al 2002 e nei primi quattro mesi del 2010 i consumi sono ulteriormente calati di un 4,74 per cento rispetto allo stesso periodo dell' anno precedente.
I dati sono estratti dal sito del ministero per le attività produttive che immagino già conosceva e di cui lascio il link
http://dgerm.sviluppoeconomico.gov.it/dgerm/consumipetroliferi.asp
Analizzando i dati , a mio parere la cosa più significativa nel 2009 è il calo significativo di gasolio autotrazione fuori rete , segno della crisi nell' autotrasporto.
Poi per capire se tutto questo è un bene oppure un male , occorre una analisi molto complessa che è difficile da fare in poche righe , ma che ho già espresso in un post su petrolio dal titolo: Ops, si sono scordati delle centrali nucleari.
Cordiali saluti e di nuovo grazie Claudio B

Marco Bertoli ha detto...

Bisogna un'altro fattore importantissimo: oggi come oggi l'Italia, ESPORTA circa il 25% dei barili importati sotto forma di carburanti raffinati.
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/pdf_upload/documenti/phptIwMvB.pdf


Questo fatto non è molto pubblicizzato, però l'Italia, per ovvie ragioni geografiche, è la piattaforma di raffinazione Europea!


Per rendersene conto, basta guardare i dati sulla capacità di raffinazione: l'Italia viene subito dopo la Germania, ma per lungo tempo è stata la prima in Europa.
http://www.nationmaster.com/graph/ene_oil_ref_cap_tho_bar_dai-refinery-capacities-thousand-barrels-daily

Paolo Marani ha detto...

Oggi scorrere i bollettini sulla crisi economica fa sempre più pensare al paradosso dell'uovo e della gallina.

La riduzione dei consumi di petrolio è causata dalla crisi, o forse piuttosto al contrario, la ridotta disponibilità a prezzi che il mercato interno è disposto ad accettare, limita l'utilizzo interno, e quindi causa la crisi ?

Forse sono vere un po entrambe le cose, così come in una reazione chimica fra due composti si instaura un "equilibrio", l'andamento della crisi è in stretta correlazione con i consumi, su questo non c'è dubbio, inutile chiedersi chi causa cosa.

In fondo, è un bene, meno consumi significa anche meno auto, meno necessità di infrastrutture (energivore), meno inquinamento, meno dissipazione di preziose risorse. Però significa anche meno lavoro, meno disponibilità di denaro per investimenti utili, meno soldi per lo stato sociale.

Se ne esce adattandosi ed imparando a fare le stesse cose con MENO RISORSE. Facile a dirsi, difficile a farsi, tanto più quanto la cura a questi problemi continua ad essere "spingere la crescita" anzichè affrontare in termini razionali e non ideologici un percorso condiviso di decrescita.

Anonimo ha detto...

Purtroppo per una nazione che ha posto la sua crescita unicamente sulle infrastrutture e sull'automobile questi sono i risultati.
Oramai la Fiat è solo più un assemblatore, dietro vi sono migliaia di imprese con i loro lavoratori in crisi.
Allora che facciamo? Ci mettiamo a comprare la Nuova Giulietta che la pubblicità oramai chiaramente chiama "un sogno"?
No grazie. Ci vendono non un mezzo di trasporto ma un sogno, se i pubblicitari arrivano a esplicitare questo concetto prima sempre celato siamo proprio alla frutta.
Ci vorrebbe una classe politica che guidasse il paese verso qualcos'altro, verso un nuovo sviluppo producendo in modo sostenibile oggetti utili ma qui mi fermo visto il nulla che abbiamo in Parlamento ed anche negli Enti Locali.
Chi ha dei figli spero che già adesso li educhi bevendo l'acqua del rubinetto, tenere un telefonino almeno per cinque anni, risparmiare per quando dovremo pagarci tutte le cure mediche.

Paolo ha detto...

Riconversione di gran parte dell'apparato industriale secondo un paradigma meno consumistico e più orientato al riciclaggio delle risorse, la strada più logica da imboccare per traghettare il paese nel post peak.
Ma questa classe politica ha scelto la strada di mantenere a galla a suon di incentivi pubblici e casse integrazioni varie, interi settori industriali della civiltà consumistica, settori ormai virtualmente morti.
Una scelta suicida perchè ci porterà verso una decrescita incontrollata dalle implicazioni sociali e di ordine pubblico da brivido...

Anonimo ha detto...
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Terenzio Longobardi ha detto...

Il calo dei consumi petroliferi è solo in parte dovuto alla crisi economica. Come ho scritto in diversi post di commento all'evoluzione dei consumi energetici italiani, un ruolo determinante è determinato dal progressivo abbandono dell'olio combustibile nelle centrali italiane a favore del metano. Quanto ai consumi per autotrazione, ricordo che solo quando il petrolio nel 2008 arrivò ai 140 dollari al barile, registrammo un calo dei consumi, a dimostrazione dell'elevata rigidità di questo settore dei consumi.

Paolo ha detto...

@ S.martini

La riconversione industriale dovrebbe avvenire di pari passo con la riduzione della cassa integrazione in quei settori toccati dalla suddetta riconversione. Che dovrebbe essere affiancata da un poderoso riciclo di risorse umane nell'agricoltura locale e nazionale sempre più orfane di quella soprattutto petrolifera e globalizzata nel post picco.
Comunque non illudiamoci che una tale modifica dell'economia sia indolore, le lacrime e sangue(e la strada) ci saranno, ma pianificando le politiche giuste per tempo le lacrime e sangue sarebbero meno dolorose e durature di quelle nel caso non si facesse nulla adesso. Come infatti purtroppo sta avvenendo e non solo in Italia.

Francesco ha detto...

@ Paolo

Praticamente è un'utopia.

E dire che ci sarebbero molte attività in cui impiegare chi è rimasto senza lavoro, se solo ci fosse la volontà politica di voltare pagina.

Anonimo ha detto...
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Paolo Marani ha detto...

Il vero grosso problema, ammesso che una riconversione in forma di nuova economia rurale sia possibile, è un altro.

Chi le convince le persone a ritornare ad occuparsi di agricoltura, dopo avere accarezzato per anni la prospettiva e il sogno di un lavoro redditizio in città ?

Li convinci tu ? Gli spieghi che arriverà una grossa batosta e solo i più preparati sopravviveranno ?

Oppure, più semplicemente, così come è sta succedendo in Cina, ed è successo a Cuba... è la crisi stessa che costringe le persone alla trasformazione radicale degli stili di vita.

La politica potrebbe solo preparare il terreno, utilizzando queste previsioni nel pianificare la stabilità del wellfare prossimo venturo. Invece non fa manco questo, e si preoccupa di cementificare il territorio inseguendo una idea di sviluppo già bella che seppellita...

Che facciamo ??

Anonimo ha detto...
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