sabato, ottobre 31, 2009

A tutto c'è un limite

Con questo articolo concludo la trilogia contro l’”ottimismo tecnologico” della società nei confronti del problema ambientale e dei limiti dello sviluppo, iniziata con l’articolo “L’entusiasmante caduta delle emissioni di gas serra” e proseguita con l’articolo “Perché non mi piace la green economy”. Nel grafico qui accanto, potete vedere lo “scenario standard” tratto dal celeberrimo “I limiti dello sviluppo”, che descrive l'andamento delle grandezze più significative del sistema mondo, ricavato mediante il calcolatore “nell'ipotesi che né i fondamentali valori umani né il funzionamento del sistema popolazione-capitale subiranno nel futuro alcun cambiamento sostanziale rispetto agli ultimi cento anni”. Tali grandezze sono: popolazione (numero totale di individui); prodotto industriale pro capite (dollari equivalenti pro capite all'anno); alimenti pro capite (kg di grano equivalenti pro capite all'anno); inquinamento (riferito al livello 1970, posto uguale a 1); risorse naturali non rinnovabili (espresse come frazione delle riserve valutate nel 1900).
Potete notare che gli autori volutamente non hanno riportato le scale delle grandezze in ordinate, mentre in ascisse figurano solo i valori estremi della scala dei tempi. “Questo per scoraggiare la tendenza a leggere questi tracciati come vere e proprie predizioni”.
E’ evidente che il valore della simulazione ha un carattere qualitativo e non quantitativo e serve a rappresentare una tendenza. Comunque, siccome da quando il libro è uscito nel 1972, l’umanità non ha praticato nessuna delle raccomandazioni in esso contenute, per puro esercizio accademico, ho provato a sovrapporre al grafico alcuni valori noti, citati nel testo, relativi alla popolazione, cioè 1600 milioni per l’anno 1900 e 3500 milioni per l’anno 1970 e una stima grossolana del valore previsto per l’anno 2010, circa 6500 milioni. Quindi, l’ordine di grandezza della popolazione sembrerebbe essere azzeccato in pieno. Ma andiamo avanti, ed esaminiamo le curve del prodotto industriale e degli alimenti procapite. Negli anni che stiamo vivendo ci saremmo dovuti trovare su un picco a forma di pianoro a cui sarebbe seguito un rapido collasso. Leggiamo cosa dice il Rapporto: “E’ chiaro che questo tracciato corrisponde alla condizione di superamento dei limiti naturali, con successivo collasso provocato dall'esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili. Il capitale industriale cresce fino a un livello che richiede un afflusso enorme di materie prime, per cui il processo di crescita è accompagnato dal progressivo depauperamento delle riserve; ma ciò provoca una lievitazione dei prezzi delle materie prime, per ottenere le quali occorre impegnare frazioni crescenti di capitale, a discapito degli investimenti. Alla fine gli investimenti non riescono più a seguire il passo del deprezzamento del capitale, e si verifica il collasso della base industriale e quindi dell'agricoltura e dei servizi, dato che questi settori dipendono in maniera essenziale dai beni prodotti dall'industria (fertilizzanti, insetticidi, attrezzature ospedaliere, calcolatori e soprattutto energia per la meccanizzazione). Per un breve periodo di tempo la situazione rimane a un livello critico poichè la popolazione, a causa dei ritardi che caratterizzano il ciclo riproduttivo e i processi di assestamento sociale, continua a crescere; ma la carenza di alimenti e di servizi sanitari provoca un rapido incremento dell'indice di mortalità e il livello di popolazione si abbassa”.
A questo punto della lettura, confesso che mi cominciano un po’ a tremare le gambe, perché sembra proprio che venga descritta la situazione che stiamo vivendo, con la crisi dei prezzi delle materie prime, la recessione economica e la riduzione della disponibilità alimentare procapite.
Ma non facciamoci prendere da queste suggestioni catastrofiste e passiamo a un altro dei tanti scenari alternativi contenuti nel Rapporto, quello dell’ “ottimismo tecnologico”, esemplificato in questo secondo grafico che considera l’ipotesi di miglioramento tecnologico nel settore dell’energia.
Nel grafico, “sono riportate le curve che illustrano il comportamento del sistema mondiale nell'ipotesi, ottimistica, che l'energia nuc1eare risolverà tutti i problemi del settore “risorse naturali”. Precisamente, si è ammesso che la possibilità di utilizzare minerali più poveri o di sfruttare i giacimenti dei fondali marini consenta di raddoppiare le riserve e inoltre che, a partire dal 1975, vengano adottati dei programmi di ricupero e riutilizzazione dei materiali gia usati, in modo da ridurre a un quarto del valore attuale il fabbisogno di risorse vergini per unità di prodotto industriale. Entrambe le ipotesi sono eccessivamente ottimistiche, ma proprio per questo esse consentono di verificare in maniera definitiva la fondatezza della tanto conclamata fiducia nel prossimo avvento dell'energia nucleare. Come si vede, … si riesce in tal modo a scongiurare il sopravvenire di un'improvvisa carenza di materie prime, ma … lo sviluppo viene arrestato dall'enorme aumento dell'inquinamento… Una disponibilità illimitata di risorse, pertanto, non sembra rappresentare la soluzione per mantenere lo sviluppo del sistema mondiale”.
Poi gli autori provano in tutte le maniere a sovrapporre a questo scenario altri scenari di “ottimismo tecnologico” nei settori della lotta all’inquinamento, della produzione di alimenti, del controllo delle nascite. Non c’è niente da fare, si riesce solo a procrastinare la data del superamento dei limiti e del collasso. Il motivo, semplice quanto inaccettabile per una società fondata sulla religione della crescita, si legge nelle conclusioni: “Gli ottimisti tecnologici confidano che la tecnologia giungerà a rimuovere o ad allontanare i limiti allo sviluppo della popolazione e del capitale. Abbiamo dimostrato peraltro, nel modello del mondo, che l'applicazione della tecnologia ai problemi dell'esaurimento delle riserve naturali, dell'inquinamento, della mancanza di alimenti, non risolve il problema essenziale, quello cioè determinato da uno sviluppo esponenziale di un sistema finito e complesso. I nostri tentativi d'introdurre anche le più ottimistiche previsioni sugli effetti della tecnologia nel modello, non impediscono il verificarsi del collasso finale della popolazione e dell'industria, in ogni caso non oltre il 2100”.

Ipse dixit.

mercoledì, ottobre 28, 2009

Perchè non mi piace la green economy

La green economy non mi piace per diversi motivi. Il primo motivo è che non sopporto gli anglicismi inseriti nella lingua italiana. Per carità, in una società globale (ma fino a quando?) come la nostra è importante conoscere l’inglese, così come era fondamentale conoscere il latino ai tempi dell’Impero Romano. Ma perdinci, quando siamo in Italia si parla italiano, nobile e antica lingua, la cui gradevole e fresca complessità sta all’inglese usa e getta come una foresta a un giardinetto comunale. Inoltre, chi parla infarcendo la nostra lingua di neologismi inglesi, corre il rischio di non essere capito dalla stragrande maggioranza degli italiani, notoriamente parecchio dura nei confronti delle lingue straniere, e per questo, di essere ignorato alla stregua di un fastidioso saputello. Per le stesse ragioni, lo stesso effetto sgradevole me lo procura una variante della green economy, spesso citata da un decano dell’ambientalismo italiano, Ermete Realacci, la soft economy. Quindi da ora in avanti, sia chiaro a tutti, parlerò di economia verde e di economia leggera.
Il secondo motivo, parzialmente derivato dal primo, è il fastidio per una tendenza tipicamente italiana di scimmiottare acriticamente le mode d’oltreoceano, nella illusoria speranza di adottare comportamenti estranei alla nostra cultura e ai nostri stili di vita. Alberto Sordi e Walter Veltroni sono alcuni dei personaggi che meglio hanno rappresentato questa tendenza.
Il terzo e principale motivo per cui mi da fastidio il concetto di economia verde è che, nella conformista vulgata corrente, di verde ha ben poco, se non una scorza superficiale avvolta intorno a un succo molto convenzionale. Il cuore dell’economia verde sta nella convinzione di poter ridurre i fastidiosi effetti della crescita economica sull’ambiente con l’utilizzo di tecnologie sempre più efficienti. Ho letto di recente su un documento di ecologisti, che “è possibile aumentare la ricchezza riducendo i consumi energetici”. Suvvia, non fate le mammole cari amici ecologisti, non fingete di ignorare quello che sta scritto nelle sacre tavole della Natura. Per le leggi della termodinamica, il rendimento energetico di qualsiasi tecnologia non potrà mai superare il 100%, ed arrivare solo all’80% sarà estremamente difficile se non con costi energetici ed economici sempre più elevati. Quindi, a un certo punto, continuando ad aumentare la ricchezza, verrà un bel giorno che la tecnologia non ce la farà più nemmeno a inseguire la crescita illimitata, lasciandovi tutti con un palmo di naso. Facciamo l’esempio dei trasporti e immaginiamo di sostituire tutto il parco autoveicolare mondiale con auto elettriche. La cosa in sé è già alquanto problematica per vari motivi, tra i quali la disponibilità effettiva delle risorse minerali necessarie a far funzionare le batterie. Ma facciamo finta che questi problemi non esistano, potremmo perciò ridurre di circa il 50% i consumi energetici dei trasporti nel mondo. Siccome la crescita economica mondiale ha caratteristiche esponenziali con tempi di raddoppio di circa 17 anni, è molto probabile che nello stesso tempo la domanda di trasporto individuale trascinata dai paesi asiatici emergenti raddoppierà anch’essa, vanificando il risparmio energetico faticosamente conseguito con una tecnologia più efficiente. E dopo, cari ecologisti, dovrete farvi venire qualche altra buona idea.
Analogamente anche l’economia leggera è secondo me poco più di una trovata propagandistica. Un’economia basata sui prodotti tipici, sui marchi di qualità, sui sapori perduti e sulle piccole e operose comunità locali, non può esistere senza un’economia pesante di consumatori danarosi disposti a comprarsi a suon di quattrini il sogno di una vita genuina a contatto con la natura.
Concludo quindi il tema con la mia proposta alternativa all’economia verde, cioè la yellow economy, chiedo scusa, economia gialla. Come nel semaforo, per me il giallo è il colore del rallentamento, del piede sul freno del motore apparentemente inarrestabile dell’economia. Il simbolo di un’economia stazionaria dove il benessere si misura maggiormente sulla crescita di un bene immateriale come la qualità della vita. Lo sta cominciando a capire persino il conservatore Presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha costituito una Commissione guidata da Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi con il compito di mettere in soffitta il vecchio PIL sostituendolo con un indice del "benessere pluridimensionale", frutto del mix di otto elementi: le condizioni di vita materiali, la salute, l'istruzione, le attività personali, la partecipazione alla vita politica, i rapporti sociali, l'ambiente, l'insicurezza economica e fisica.
In Italia, Giorgio Ruffolo da tempo predica al vento su questi argomenti e, di recente ha scritto l’ennesimo articolo (leggere anche questo) contro il “PIRL”, nell’indifferenza totale, compresa quella degli ecologisti, tanto “è possibile aumentare la ricchezza riducendo i consumi energetici”.



Il grafico allegato è tratto dal documento di Alberto di Fazio che approfondisce in maniera magistrale le tematiche qui appena delineate.

lunedì, ottobre 26, 2009

Le tre gambe della sostenibilità


Questa è una sintesi dell'intervento tenuto da Ugo Bardi al convegno «La sostenibilità nel vivere, abitare, produrre e consumare» tenuto a Lucca il 24 Ottobre 2009. Non è una trascrizione, ma una versione scritta a memoria che cerca di mantenere le caratteristiche di un intervento parlato.


Buongiorno a tutti, cercherò di essere molto breve per lasciare spazio ai nostri ospiti che vengono da Bruxelles; per cui mi limiterò a qualche considerazione generale su come la sostenibilità è correlata alle risorse naturali; in particolare alle risorse minerali, ma non solo.

Oggi rappresento qui l'associazione "ASPO", associazione per lo studio del picco del petrolio. E' un'associazione di ricercatori e scienzati che ha cominciato studiando più che altro l'esaurimento del petrolio e degli altri combustibili fossili, gas naturale e carbone; principalmente. Col tempo, ci siamo accorti che le stesse tendenze e gli stessi modelli sono validi per tutte le risorse naturali, sia rinnovabili che non rinnovabili. E ci siamo accorti che ovunque c'è un problema di esaurimento.

Attenzione, non c'è da cadere nella solita sciocchezza di andare a dire "finisce il petrolio", oppure finisce questa o quella risorsa. No; le risorse non stanno per finire; quasi tutte le risorse non rinnovabili che sfruttiamo per l'economia sono ancora - relativamente - abbondanti. Ma via via che le consumiamo, diventa sempre più caro estrarle. Questo è il problema che chiamiamo esaurimento e che ci porta a non poter più mantenere lo stesso flusso di risorse nell'economia che ci ha permesso di fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi, ovvero crescere. Un andamento del genere è valido anche per le risorse rinnovabili. Queste non si "esauriscono", propriamente parlando. Ma se le sfruttiamo più in fretta di quanto non si possano rinnovare; allora in pratica si esauriscono anche quelle.

Allora - esiste un problema di esaurimento delle risorse naturali. Curiosamente, qui siamo di fronte - spesso - a una certa riluttanza a parlarne. Sembra quasi che la parola "esaurimento" sia una parolaccia. E non si capisce perché. Una cosa del tutto ovvia è che se consumi piano piano una cosa di cui c'è una quantità finita, prima o poi la esaurisci. Si può discutere sulle date; si può discutere di tante cose; ma non c'è dubbio che quello che non si rinnova si esaurisce.

Se permettete, dunque, io vorrei dire che l'esaurimento delle risorse naturali è un punto essenziali. Io vorrei paragonare la sostenibilità a uno sgabello a tre gambe: due di queste gambe sono quelle di cui abbiamo parlato oggi estesamente.

Una delle tre gambe è la questione climatica. Cosa importantissima, forse la più importante dato che è la cosa che ci può fare più danni di tutti.

Un'altra gamba è quella del risparmio e della qualità della vita. Vivere in modo sostenibile ti fa risparmiare e vivere anche bene. Non è detto affatto che per vivere bene ci voglia per forza un SUV o cose del genere.

Con queste due gambe, molti di noi riescono a far stare lo sgabello in piedi e a giustificare il concetto di sostenibilità. Ma, per molti - quella cosa che chiamiamo "opinione pubblica" - non basta. Per molti, il clima rimane ancora una cosa lontana da capire; poco rilevante per la vita di tutti i giorni. Questo deve cambiare presto e ce ne accorgeremo nei prossimi anni che non si può ignorare la questione climatica, ma per ora c'è ancora tanta gente scettica o poco informata. E per quanto riguarda la qualità della vita, per molta gente si tratta di sciocchezze per ambientalisti e tipi strani.

Così, io credo che sia essenziale cominciare a parlare da subito della "terza gamba", ovvero della sostenibilità in termini di risorse naturali. Questo è il punto veramente essenziale. Se non gestiamo le risorse in modo da preservare la loro capacità di rinnovarsi, allora prima o poi saremo nei guai e - sotto molti aspetti - ci siamo già. Allora, per preservare risorse rinnovabili come i prodotti agricoli bisogna stare attenti, fra le tante cose, a sovrasfruttare il suolo, non cementificarlo. Anche di suolo, ne abbiamo una quantità limitata e una volta che l'abbiamo rovinato ci vogliono centinaia di anni, anche migliaia, per riformarlo.

Per quanto riguarda le risorse non rinnovabili, lì non è questione di sovrasfruttamento. La sola possibilità di sfruttare risorse minerali in modo sostenibile è di riciclarle. E questo del riciclaggio non è un capriccio per ambientalisti - è una cosa essenziale. La buona gestione di quello che chiamiamo "rifiuti" è un elemento assolutamente fondamentale per la sostenibilità. Non ce ne siamo ancora accorti, ma pensateci solo un attimo. Quello che facciamo oggi è scavare per estrarre le risorse minerali, le purifichiamo, le mettiamo sul mercato, le vendiamo alle ditte che le usano per fare dei manufatti. Poi, questi manufatti li buttiamo via e finiscono dentro un inceneritore che li trasforma in cenere fine (che è anche pericolosa per la salute) dalla quale poi non possiamo più recuperare niente. Vi sembra una cosa intelligente da fare? Eppure, si sostiene che è così che dobbiamo gestire i nostri rifiuti.

Quindi, dobbiamo lavorare sul far passare questi concetti fra chi ha il potere di prendere delle decisioni. La sostenibilità è un concetto al momento piuttosto "di sinistra", ma ci sono là fuori anche delle teste pensanti che si rifanno ad altre aree politiche e con le quali si può discutere. Certo, non con tutti. Ci sono persone - sia a destra che a sinistra- che vedono complotti dappertutto e soltanto complotti. A questi, se gli parlate di esaurimento del petrolio vi diranno che è un complotto per farci pagare più cara la benzina. Appunto, ci sono delle teste fatte in un certo modo che sono impervie a ogni discorso razionale. Però, come vi dicevo, ce ne sono anche di persone con le quali si può ragionare.

Concludo qui; come dicevo abbiamo questo compito di far passare all'attenzione del pubblico e dei decisori questo fatto che l'esaurimento delle risorse naturali è un problema reale e immediato. Questo è un compito che abbiamo tutti; voi che siete in platea a sentire avete questi concetti già in testa in vari stadi di approfondimento. Ma, in ogni caso, se siete qui a sentire oggi e non siete invece a guardare la televisione, vuol dire che avete pensato delle cose e che avete tutti delle cose da dire. In altre parole siete tutti degli "opinion leader", persone che possono influenzare il comportamento della società con il loro esempio e con la loro competenza specifica. Quindi, cominciamo tutti a lavorarci sopra. E grazie per l'attenzione

sabato, ottobre 24, 2009

Lucca - concluso il convegno ASPO-Italia

Una foto da ASPOItalia-III a Lucca. A sinistra nella foto, Ugo Bardi; a destra, Armando Boccone; al centro, un partecipante che ha messo in pratica le lezioni di catastrofismo degli aspisti.


E' continuato oggi il convegno di Lucca, parte della serie di manifestazioni organizzate con il titolo assai poco azzeccato di "La Toscana dei Consumatori". Ma, a parte il titolo, il convegno di Lucca è stato organizzato con molta cura, competenza e anche, direi, passione. ASPO ha partecipato a queste manifestazioni con una giornata intera di convegno, ieri, e oggi con un intervento del modesto sottoscritto, Ugo Bardi.

Partecipare al convegno con una nostra manifestazione è stato un tentativo di fare qualcosa di nuovo e di diverso attraverso la sinergia con un altro convegno. Era lo stesso approccio che abbiamo preso con ASPO-5 a San Rossore nel 2006 e in entrambi i casi direi che ha funzionato. Fra le altre cose, il supporto della Regione e della Provincia ci ha permesso di usufruire di servizi e spazi che altrimenti non avremmo potuto permetterci. Basti pensare alla stampa e alla distribuzione di 2500 manifestini, cosa che senz'altro ha contribuito alla sala piena della prima giornata. Questo nonostante che la sezione ASPO del convegno si svolgesse di giorno di lavoro.

Certamente, la differenza di stile di ASPO si è rimarcata nettissima durante il convegno. Pur con tutta la buona volontà degli organizzatori, molti degli interventi "non-ASPO" sono stati tradizionali, alcuni interessanti, ma a volte anche deludenti (per non dir di peggio). Chi ha seguito entrambe le giornate non ha potuto fare a meno di notare l'originalità di pensiero e di approfondimento delle tematiche che caratterizza ASPO.

Qualcosa del nostro convegno ha tracimato nel secondo giorno: con il mio intervento, con diversi commenti in pubblico e in privato fatti dai partecipanti, con menzioni fatte dagli altri oratori e altre cose. In sostanza, l'integrazione non è stata perfetta, ma certamente siamo stati notati. Abbiamo lasciato una traccia.

Su una nota meno positiva, speravo che la concomitanza con il convegno regionale ci avrebbe dato una certa visibilità mediatica, ma i risultati non sono stati gran cosa. I giornalisti sapevano del nostro convegno ma sembrano soltanto interessati a piazzare un microfono davanti al politico di turno e ci hanno ignorati. Peraltro, è stato meglio di altre volte: c'è stata un'intervista telefonica al presidente (il solito Ugo Bardi) e una a Mirco Rossi. Inoltre, ho partecipato alla conferenza stampa finale dove ho potuto ribadire l'importanza dell'esaurimento delle materie prime nel definire il concetto di "sostenibilità".

Insomma, nel complesso direi un buon risultato anche se, come tutte le cose, bisogna migliorare ancora. Oggi abbiamo tenuto anche l'assemblea dei soci, ma di questa vi relazionerò più tardi con calma.





Lucca: primo giorno di convegno ASPO-Italia

Quest'anno, il convegno nazionale di ASPO-Italia è stato sponsorizzato dalla Regione Toscana e dalla provincia di Lucca (di cui vedete lo stendardo qui sopra) nell'ambito di un convegno più generale sulla sostenibilità.



Cronaca quasi in tempo reale del primo giorno di convegno ASPO-Italia. Direi buoni risultati: nonostante il giorno lavorativo e lo sciopero dei treni e degli autobus, abbiamo avuto la sala quasi piena tutto il giorno; con almento cento persone a seguire. Molti giovani fra i partecipanti; molto interesse su tutte le tematiche.

Ha esordito al mattino Mirco Rossi che ha fatto una splendida presentazionedi quasi due ore diretta ai ragazzi delle scuole medie superiori. Era la prima volta che facevamo una cosa del genere - i risultati saranno da valutare. Certamente, i ragazzi sono i più interessati al nostro messaggio, ma è difficile farlo passare quando loro sono esposti a un continuo bombardamento mediatico che li invita a consumare sempre di più fra telefonini, SUV e televisori. Prima o poi, si dovranno accorgere del bidone che si stanno prendendo, ma ci vuole un po' di tempo.

Nel pomeriggio, abbiamo esordito con quattro presentazioni piuttosto "snelle" che hanno inquadrato le tematiche principali di ASPO-Italia.

Ugo Bardi ha parlato di energia, evidenziando il declino dei consumi nei paesi ricchi; segno evidente di un'inversione di tendenza epocale. Ha anche presentato degli scenari di sostitituzione dell'enegia fossile con energia rinnovabile, evidenziando come sia critico cominciare subito e dedicarci risorse importanti; altrimenti non sarà possibile evitare un drastico declino.

Luca Chiari ha mostrato come il picco del petrolio e dei combustibili fossili influenzi le concentrazioni di CO2 nell'atmosfera. Il declino dell'estrazione sicuramente le ridurrà rispetto agli scenari "standard" dell'IPCC; ma questo non ci salverà dal cambiamento climatico e - soprattutto - non ci mette al riparo dal temuto "tipping point", il punto di non ritorno al di la del quale il cambiamento si auto-alimenta e diventa irreversibile, qualunque cosa facciamo.

Luca Pardi ha parlato di sostenibilità, di "overshoot" (tracimazione ecologica" e dell'impatto della popolazione umana sugli ecosistemi. Particolarmente impressionanti i dati sulla frazione delle risorse biologiche asservite agli usi umani. Non si può continuare a crescere per sempre - o ci decidiamo noi a mettere un freno, oppure sarà l'ecosistema stesso a costringerci a frenare.

Finalmente, Pietro Cambi ha fatto un riassunto di come l'energia eolica di alta quota, il kitegen, sia necessaria e forse l'unica speranza che abbiamo di contrastare il declino della produzione dei fossili. Era presente anche Massimo Ippolito, inventore del kitegen, che ha parlato anche lui su questo argomento.

E' seguita circa un'ora e mezzo di discussione con il pubblico, con molti interventi. Sembra che il kitegen sia quello che ha suscitato il massimo interesse, ma anche l'energia nucleare suscita molto interventi. La gente si rende conto che anche qui gli stanno tirando un gran bidone, ma ha difficoltà ad analizzare correttamente la questione. Certamente ci dobbiamo ancora abituare a "pensare sistemico", ovvero a non pensare che i problemi si risolvano con un singolo miracolo tecnologico.

Ugo Bardi ha riassunto la posizione "media" dei soci di ASPO-Italia (non c'è una posizione "ufficiale") che, ha detto, sono in generale persone tecnicamente molto preparate che riescono ad analizzare le tecnologie sulla base dei fatti e non delle ideologie. Se l'analisi avesse indicato che l'energia nucleare è la soluzione ai nostri problemi, ci troveremmo tutti d'accordo a promuoverla. Ma non è così; siamo invece in generale tutti d'accordo che i problemi con il nucleare siano tali e tanti da condannare la tecnologia al libro dei sogni dei politici in cerca di voti. D'altra parte, non ci sono nemmeno soluzioni miracolose basate sulle rinnovabili. Alcune sono molto promettenti, come il kitegen, ma bisogna lavorarci sopra e provare, tenendo i piedi ben saldi per terra e gli aquiloni il più in alto possibile.

Le presentazioni sono state videoregistrate e le metteremo on line il prima possibile.

Per finire, ringraziamo Eugenio Baronti, assessore alla ricerca scientifica della Regione Toscana, che ha sponsorizzato e sostenuto il nostro convegno. Lo ha anche seguito dall'inizio alla fine, intervenendo più volte ( è la prima volta che vediamo un esponente politico fare una cosa del genere!). Ringraziamo anche Valentina Cesaretti, assessore al volontariato e alla cooperazione della provincia di Lucca, come pure Lida Celli che si è presa carico di gran parte del pesante lavoro di organizzazione del convegno.

Oggi, Sabato 24 Ottobre, continua il convegno sulla sostenibilità; con un intervento di Ugo Bardi alle 10 (circa). Oggi pomeriggio, assemblea dei soci ASPO-Italia e libera discussione fra soci e amici.

giovedì, ottobre 22, 2009

Il terzo convegno ASPO-Italia a Lucca il 23-24 Ottobre 2009



2009: il terzo convegno


Quest'anno, il convegno dell'associazione ASPO-Italia si svolge in modo un po' diverso. Farà parte di un convegno più ampio organizzato dalla Regione Toscana e dalla Provincia di Lucca, che ringraziamo per il supporto alle nostre attività.

Abbiamo scelto un formato "leggero" con poche ma buone presentazioni. Per prima cosa, la mattina avremo un incontro con i ragazzi delle scuole, in omaggio al nostro impegno divulgativo. Ci penserà Mirco Rossi a spiegare i concetti di base della nostra visione ai ragazzi. Questo sarà un incontro riservato ai ragazzi, ma se qualcuno vuol venire ad assistere, va bene se c'è posto.

Il convegno vero e proprio comincia il pomeriggio con i saluti di Eugenio Baronti, assessore regionale, che gentilmente ci ha sponsorizzato. Seguirà un breve intervento di Ugo Bardi, che ormai comincia ad essere noto con il soprannome di "prezzemolo" perché c'è dappertutto a parlare sempre di picco. Stavolta dice che il picco c'è stato davvero; vedremo se ha ragione.

Avremo poi un intervento di Debora Billi, la profetessa del petrolio, che appare raramente in pubblico e proprio per questo le sue riflessioni su pane nero e petrolio si prospettano estremamente interessanti

Segue Luca Chiari, dell'università di Trento, con la risposta alla domanda che vi siete sempre posti: ma il picco del petrolio ci potrebbe salvare dal cambiamento climatico? (la risposta è, purtroppo, no, ma vi racconterà lui i dettagli)

Abbiamo poi Luca Pardi, che riprende il suo tema preferito: crescita, economia e sovrappopolazione e per finire Pietro Cambi che ci parlerà di Kitegen e del suo piano diabolico di attaccare un aquilone al suo ormai mitico cinquino elettrico per renderlo addirittura volante.

Il giorno dopo, Sabato mattina, potete assistere al convegno sulla Sostenibilità organizzato dalla Regione Tosana con vari interventi fra i quali anche uno del (prezzemolo) Ugo Bardi.

Per finire, Sabato pomeriggio, prima ci sarà una breve assemblea dei soci ASPO-Italia e poi interventi e discussioni a ruota libera su argomenti a piacere. Questo incontro è riservato a soci e amici.


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Le ASPO-manifestazioni si svolgeranno presso la sala Mario Tobino della Provincia di Lucca, nel palazzo Ducale, Piazza Napoleone.

Il calendario è il seguente:

Venerdi' 23 Ottobre 2009 -

Ore 10-13
Incontro di ASPO-Italia con gli studenti delle scuole superiori

Introduce Ugo Bardi, conduce Mirco Rossi
(questo incontro è riservato agli studenti; altri ospiti possono assistere se c'è posto in sala)


Venerdi 23 Ottobre, ore 15:00-19:00

Convegno ASPO-Italia aperto al pubblico

15:00 – Saluti dell'assessore Eugenio Baronti, regione Toscana

15:15 – 15:30 Ugo Bardi, Presidente di ASPO-Italia. 2009, il primo anno dopo il picco?

15:30 – 16:00 Debora Billi(*), blog “Petrolio”, Pane nero, l'Italia post peak del 2030

16:00-16:30 Luca Chiari, Università di Trento. Il picco del petrolio ci salverà dal riscaldamento globale?

16:30-17:00 Luca Pardi, associazione “Rientro Dolce”. La fine del paradigma della crescita infinita: di Più non è Meglio.

17:00-17:30 Pietro Cambi, ASPO-Italia, Prospettive dell'eolico di alta quota, il kitegen.

17:30 – 19:00 Dibattito con il pubblico

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Sabato 24 Ottobre 2009

Convegno pubblico organizzato dalla regione Toscana e la provincia di Lucca: LA SOSTENIBILITA’ NEL VIVERE, ABITARE, PRODURRE E CONSUMARE

Ore 9,00 - Inizio dei lavori e saluti istituzionali (amministratori della Provincia e del Comune di Lucca)

ore 9,20 – Pietro Novelli- Responsabile Settore strumenti di valutazione integrata e sviluppo sostenibile Regione Toscana Crisi delle (e nelle) coabitazioni e convivenze ecologiche e soluzioni possibili

ore 9,40 – Giustino Trincia- Segretario generale Consumer’s forum Produttori e consumatori, da "fattori" critici ad attori della sostenibilità

ore 10,00 – Ugo Bardi- Associazione per lo studio del picco del petrolio ASPO-Italia, Università di Firenze Energia e limiti alla crescita

ore 10,20 –Giulio Marcon –Portavoce della campagna Sbilanciamoci!
La democrazia partecipativa per un modello di sviluppo sostenibile ore 10,40- Claudio Martini- Presidente Regione Toscana

Ore 11,00- Presentazione della Carta-Documento di Lucca
(sintesi dei risultati ottenuti e propositi usciti dalla manifestazione)

Sono stati invitati esponenti della Commissione e del Parlamento europeo

Ore 12,00- Conferenza stampa

Buffet organizzato con la partecipazione degli istituti alberghieri e preparato utilizzando prodotti tipici locali e materiali eco-compatibili

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Sabato 24 Ottobre - pomeriggio

dalle ore 14:00. Presso la sala del consiglio provinciale (Palazzo Ducale)

Assemblea dei soci ASPO-Italia.
A seguire: discussioni e presentazioni libere (questo incontro è riservato a soci ASPO-Italia e amici, ovvero, su invito di un socio ASPO-Italia)
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Ulteriori note:

- Al convegno di Venerdi' pomeriggio l'ingresso è libero e non c'è bisogno di prenotarsi. La sala del convegno ha una capienza di 180 posti e non dovrebbero esserci problemi di capienza.

- Sempre per Venerdi' pomeriggio, se qualcuno ha la possibilità di fare registrazioni video da pubblicare poi su internet e/o in diretta in streaming, è benvenuto.

- Per la sistemazione alberghiera, abbiamo un elenco di alberghi fornito dalla locale azienda per il turismo. Ci segnalano in particolare l' Hotel Ilaria e il San Luca Palace. Se volete l'elenco completo, chiedetelo nei commenti e ve lo mandiamo per email. Oppure chiedetelo direttamente a ugo.bardi chiocciola unifi.it

(*) novità dell'ultimo momento: ahimé, Debora Billi non potrà essere presente per motivi di famiglia. Lo sappiamo che senza la "nostra signora del petrolio" il convegno non sarà la stessa cosa, ma gli altri relatori proveranno a fare del loro meglio.

martedì, ottobre 20, 2009

Petrolio: deboli segni di ripresa


Ecco gli ultimi dati sulla produzione petrolifera mondiale a opera di Rembrandt Koppelaar e dei suoi collaboratori (link al rapporto completo). Vediamo una certa tendenza alla ripresa produttiva, per il momento ancora molto debole. Non è escluso che la ripresa possa portare a un nuovo picco, l'anno prossimo ma, in ogni caso, la tendenza alla stasi produttiva rimane confermata. Siamo piatti ormai da cinque anni buoni.

La ripresa produttiva va di pari passo con la ripresa economica, anche quella molto debole, e con la risalita dei prezzi; al momento intorno agli 80 dollari al barile. Il tutto somiglia sempre di più al caso storico della produzione di olio di balena, che ho discusso in un post su "The Oil Drum". Dal confronto, avevo dedotto che il picco petrolifero sarebbe stato accompagnato da forti oscillazioni di prezzi che, in effetti, stiamo vedendo


L'economia è la produzione petrolifera sono cose strettamente legate fra di loro. Se l'economia dovesse tornare ai livelli produttivi di un anno e mezzo fa, probabilmente vedremo un nuovo picco dei prezzi petroliferi che si farà carico di causare un nuovo crollo.

Da notare, comunque, che quando si parla di "peak oil" ci si riferisce alla produzione totale mondiale. Ma quello che conta non è quello che viene prodotto ma quello che arriva ai paesi industrializzati. Qui, continua la tendenza nettissima dei paesi produttori a consumare di più e a esportare di meno. Il picco del consumo nei paesi OCSE (i paesi "ricchi") è arrivato da un pezzo. E' stato nel 2005, circa.


La discesa è già iniziata da un pezzo. E, se guardate bene, si sta facendo sempre più ripida.

E' come le onde che si portano via la spiaggia

di John Kinhart, da sorrycomics.blogspot.com


- Devo dire che sono sorpreso che non c'è stato ancora il crollo.

- Si, sto cominciando a pensare che hai ragione a dire che è un crollo lento invece che un crollo rapido.

- Si.

- Sai cosa credo che succederà?

- A luglio, il balzo del prezzo del petrolio ha causato il crollo economico di Ottobre.

- Allora la domanda di petrolio è crollata facendo diminuire i prezzi. L'economia si riprende un po', ma non completamente.

- Fra un po', il prezzo del petrolio salirà di nuovo, indebolendo ancora di più un'economia già debole.


- Di nuovo, la domanda cade, i prezzi diminuiscono, poi ripresa e poi ancora balzo in alto.

- Il ciclo si ripete, portandoci un po' più a fondo ogni volta.

- E' come le onde che si portano via la spiaggia.


- E questa è la seconda metà del picco di Hubbert

- Credo che ci sei arrivato.

- Questo fumo è veramente buono.

- Si.

lunedì, ottobre 19, 2009

Fame nel mondo: una previsione che uno non vorrebbe aver azzeccato

L'impressionante tendenza all'aumento dei sottonutriti nel mondo, dal rapporto FAO "food insecurity" del 2009. Un altro disastro annunciato.


Non è che io abbia la palla di cristallo sulla scrivania; ma certe volte mi fa impressione vedere come riesco a prevedere le tendenze del futuro. Per esempio, all'inizio del 2008 avevo correttamente previsto sia il crollo dei prezzi del petrolio sia la crisi economica che ne sarebbe conseguita. All'inizio del 2009 avevo previsto che non sarebbero successi particolari sconquassi nei prezzi del petrolio, cosa che si sta verificando con i prezzi che si stanno mantenendo approssimativamente costanti da molti mesi. Avevo parlato di "80 dollari al barile" e, mentre scrivo, verso metà Ottobre del 2009, siamo a 77 dollari al barile per il Nymex. Credo di non potermi lamentare come capacità predittive.

Nello stesso post con le mie previsioni per il 2009 avevo anche detto che:

Un settore dove la situazione potrebbe già farsi drammatica nel 2009 è quello dell'agricoltura, dove ci stiamo trovando in difficoltà crescenti a mantenere la produzione a livelli tali da assicurare cibo per tutti.

Bene, questa predizione si sta avverando. Guardate, per esempio, questo articolo recente di Repubblica del 14 Ottobre 2009, oppure come potete leggere sul sito della FAO. Si parla di oltre un miliardo di persone affamate e in crescita. Si parla anche di una forte riduzione degli aiuti alimentari. Tutte tendenze in crescita ormai dalla fine degli anni novanta, ma che hanno preso una drammatica impennata verso l'alto proprio quest'anno.

Sembra che la cosiddetta "rivoluzione verde" sia ormai definitivamente da archiviare come la più terribile arma di distruzione di massa sviluppata nella storia umana. Per qualche decennio, ci ha dato l'illusione dell'abbondanza alimentare. Ma era un'abbondanza basata sull'uso di combustibili fossili e sul sovrasfruttamento del suolo. Non poteva essere mantenuta a lungo. Questa illusoria abbondanza ha portato a raggiungere livelli di popolazione ben superiori a quelli che il pianeta può nutrire su tempi lunghi. Adesso dovremo rientrare a livelli sostenibili, e questo non sarà piacevole, per dirla in modo blando.

Francamente, questa previsione avrei preferito non averla azzeccata.

domenica, ottobre 18, 2009

Il terzo convegno ASPO-Italia a Lucca il 23-24 Ottobre 2009


2009: il terzo convegno


Quest'anno, il convegno dell'associazione ASPO-Italia si svolge in modo un po' diverso. Farà parte di un convegno più ampio organizzato dalla Regione Toscana e dalla Provincia di Lucca, che ringraziamo per il supporto alle nostre attività.

Abbiamo scelto un formato "leggero" con poche ma buone presentazioni. Per prima cosa, la mattina avremo un incontro con i ragazzi delle scuole, in omaggio al nostro impegno divulgativo. Ci penserà Mirco Rossi a spiegare i concetti di base della nostra visione ai ragazzi. Questo sarà un incontro riservato ai ragazzi, ma se qualcuno vuol venire ad assistere, va bene se c'è posto.

Il convegno vero e proprio comincia il pomeriggio con i saluti di Eugenio Baronti, assessore regionale, che gentilmente ci ha sponsorizzato. Seguirà un breve intervento di Ugo Bardi, che ormai comincia ad essere noto con il soprannome di "prezzemolo" perché c'è dappertutto a parlare sempre di picco. Stavolta dice che il picco c'è stato davvero; vedremo se ha ragione.

Avremo poi un intervento di Debora Billi, la profetessa del petrolio, che appare raramente in pubblico e proprio per questo le sue riflessioni su pane nero e petrolio si prospettano estremamente interessanti

Segue Luca Chiari, dell'università di Trento, con la risposta alla domanda che vi siete sempre posti: ma il picco del petrolio ci potrebbe salvare dal cambiamento climatico? (la risposta è, purtroppo, no, ma vi racconterà lui i dettagli)

Abbiamo poi Luca Pardi, che riprende il suo tema preferito: crescita, economia e sovrappopolazione e per finire Pietro Cambi che ci parlerà di Kitegen e del suo piano diabolico di attaccare un aquilone al suo ormai mitico cinquino elettrico per renderlo addirittura volante.

Il giorno dopo, Sabato mattina, potete assistere al convegno sulla Sostenibilità organizzato dalla Regione Tosana con vari interventi fra i quali anche uno del (prezzemolo) Ugo Bardi.

Per finire, Sabato pomeriggio, prima ci sarà una breve assemblea dei soci ASPO-Italia e poi interventi e discussioni a ruota libera su argomenti a piacere. Questo incontro è riservato a soci e amici.


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Le ASPO-manifestazioni si svolgeranno presso la sala Mario Tobino della Provincia di Lucca, nel palazzo Ducale, Piazza Napoleone.

Il calendario è il seguente:

Venerdi' 23 Ottobre 2009 -

Ore 10-13
Incontro di ASPO-Italia con gli studenti delle scuole superiori

Introduce Ugo Bardi, conduce Mirco Rossi
(questo incontro è riservato agli studenti; altri ospiti possono assistere se c'è posto in sala)


Venerdi 23 Ottobre, ore 15:00-19:00

Convegno ASPO-Italia aperto al pubblico

15:00 – Saluti dell'assessore Eugenio Baronti, regione Toscana

15:15 – 15:30 Ugo Bardi, Presidente di ASPO-Italia. 2009, il primo anno dopo il picco?

15:30 – 16:00 Debora Billi, blog “Petrolio”, Pane nero, l'Italia post peak del 2030

16:00-16:30 Luca Chiari, Università di Trento. Il picco del petrolio ci salverà dal riscaldamento globale?

16:30-17:00 Luca Pardi, associazione “Rientro Dolce”. La fine del paradigma della crescita infinita: di Più non è Meglio.

17:00-17:30 Pietro Cambi, ASPO-Italia, Prospettive dell'eolico di alta quota, il kitegen.

17:30 – 19:00 Dibattito con il pubblico

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Sabato 24 Ottobre 2009

Convegno pubblico organizzato dalla regione Toscana e la provincia di Lucca: LA SOSTENIBILITA’ NEL VIVERE, ABITARE, PRODURRE E CONSUMARE

Ore 9,00 - Inizio dei lavori e saluti istituzionali (amministratori della Provincia e del Comune di Lucca)

ore 9,20 – Pietro Novelli- Responsabile Settore strumenti di valutazione integrata e sviluppo sostenibile Regione Toscana Crisi delle (e nelle) coabitazioni e convivenze ecologiche e soluzioni possibili

ore 9,40 – Giustino Trincia- Segretario generale Consumer’s forum Produttori e consumatori, da "fattori" critici ad attori della sostenibilità

ore 10,00 – Ugo Bardi- Associazione per lo studio del picco del petrolio ASPO-Italia, Università di Firenze Energia e limiti alla crescita

ore 10,20 –Giulio Marcon –Portavoce della campagna Sbilanciamoci!
La democrazia partecipativa per un modello di sviluppo sostenibile ore 10,40- Claudio Martini- Presidente Regione Toscana

Ore 11,00- Presentazione della Carta-Documento di Lucca
(sintesi dei risultati ottenuti e propositi usciti dalla manifestazione)

Sono stati invitati esponenti della Commissione e del Parlamento europeo

Ore 12,00- Conferenza stampa

Buffet organizzato con la partecipazione degli istituti alberghieri e preparato utilizzando prodotti tipici locali e materiali eco-compatibili

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Sabato 24 Ottobre - pomeriggio

dalle ore 14:00. Presso la sala del consiglio provinciale (Palazzo Ducale)

Assemblea dei soci ASPO-Italia.
A seguire: discussioni e presentazioni libere (questo incontro è riservato a soci ASPO-Italia e amici, ovvero, su invito di un socio ASPO-Italia)
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Ulteriori note:

- Al convegno di Venerdi' pomeriggio l'ingresso è libero e non c'è bisogno di prenotarsi. La sala del convegno ha una capienza di 180 posti e non dovrebbero esserci problemi di capienza.

- Sempre per Venerdi' pomeriggio, se qualcuno ha la possibilità di fare registrazioni video da pubblicare poi su internet e/o in diretta in streaming, è benvenuto.

- Per la sistemazione alberghiera, abbiamo un elenco di alberghi fornito dalla locale azienda per il turismo. Ci segnalano in particolare l' Hotel Ilaria e il San Luca Palace. Se volete l'elenco completo, chiedetelo nei commenti e ve lo mandiamo per email. Oppure chiedetelo direttamente a ugo.bardi chiocciola unifi.it

venerdì, ottobre 16, 2009

L'entusiasmante caduta delle emissioni di gas serra

Per anni in Italia, nel ristretto mondo dell’ecologia che conta, si è teorizzato il “disaccoppiamento” tra consumi energetici e crescita economica, cioè una sorta di quadratura del cerchio termodinamica, grazie all’onnipotenza quasi mitica dell’efficienza tecnologica. La realtà, che spesso se ne infischia della teoria, è stata però molto diversa e il mondo ha continuato allegramente a consumare quantità sempre crescenti di energia per alimentare la corsa esponenziale del Prodotto Interno Lordo. Ma negli ultimi anni qualcosa si è rotto nel meccanismo apparentemente perfetto dell’economia mondiale e una crisi senza precedenti nel dopoguerra sta letteralmente terrorizzando i seguaci di Sua Santità la “Crescita”.
La crisi ha partorito immediatamente un portentoso calo dei consumi e, in conseguenza, un potente ribasso delle emissioni di gas serra causa del riscaldamento globale, lasciando in uno stupore attonito il ristretto mondo dell’ecologia che conta.
In Europa, questa tendenza si è manifestata con qualche anno di anticipo rispetto alla crisi, probabilmente per colpa della crescente competizione internazionale dei paesi asiatici emergenti, ma anche per una volontà politica più sensibile ai problemi del cambiamento climatico.
Nel primo grafico allegato, che ho elaborato a partire dai dati disponibili sul sito di Sinanet, che aggiorna annualmente l’inventario delle emissioni nazionali, potete vedere plasticamente l’inversione di tendenza della crescita emissiva verificatasi in Italia negli anni 2006 e 2007 (-3,6%), che sembra correlarsi bene con l’andamento storico dei consumi energetici totali e che sicuramente continuerà in maniera accentuata negli anni successivi. Se tale tendenza dovesse rimanere inalterata fino al 2012, incredibilmente potremmo quasi raggiungere l’obiettivo di Kyoto per effetto principale della decrescita economica.
Ma come si colloca l’Italia nel quadro più ampio delle politiche europee? Male, è la risposta scontata. Come si evince facilmente dal grafico e dalla tabella seguenti, allegati al Rapporto della Commissione UE, l’Europa dei 15 è molto vicina al conseguimento dell’obiettivo di Kyoto, trascinata dal peso determinante del calo emissivo verificatosi soprattutto in Germania e Regno Unito. Impressionante è la precisione teutonica con cui la Germania si prepara a raggiungere il difficile obiettivo assegnato.
Questi paesi però, si legge nel rapporto, hanno ridotto pesantemente le emissioni, prevalentemente attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica dopo l’unificazione tedesca delle regioni dell’Est e la conversione dei propri sistemi energetici a combustibili fossili con minore contenuto di carbonio, e ultimamente, grazie alla riduzione della domanda di riscaldamento causata da inverni più miti.
Concludendo, non sarà così facile ottenere nuovi sensibili incrementi dell’efficienza energetica solo con la tecnologia. I buoni risultati complessivi conseguiti finora dall’Europa potranno essere ulteriormente migliorati nel rispetto dell’ultimo accordo di riduzione denominato “20-20-20”, solo iniziando ad orientare il modello di sviluppo alla stazionarietà invece che alla crescita dell’economia.

giovedì, ottobre 15, 2009

Pausa? Ma quale pausa?

Immagine da "realclimate"

E per quelli che continuano a credere che lo scioglimento dei ghiacci polari sia una bufala, date un'occhiata a questo grafico per la Groenlandia (da "The way things break")

mercoledì, ottobre 14, 2009

Il futuro comincia a fare paura



Mentre scrivo, quasi a metà Ottobre, l'ondata di calore dell'Estate del 2009 non è ancora passata. A Firenze è ancora caldo umido, quasi tropicale. Ci sono ancora le zanzare, cosa che non mi ricordo di aver mai visto in Ottobre a Firenze. Questa coda di caldo che si propaga in Settembre e in Ottobre ricorda l'estate del 2003, quella dell'ondata di calore che aveva causato 40.000 morti in Europa. In effetti, Secondo la NOAA, questo Agosto ha visto le più alte temperature della superficie oceanica mai misurate. Nella media, è stata la terza estate più calda della storia, con la calotta artica che continua a sciogliersi, a dispetto delle varie leggende che girano. Luca Lombroso, ci dice che in Italia le cose non sono andate diversamente con un'estate che è stata fra le più calde che si ricordino da noi.

A questo punto, non è più questione di un Agosto particolarmente caldo: ormai le estati caldissime si susseguono una dopo l'altra. Se l'ondata di calore del 2003 si poteva vedere come un'anomalia, questa del 2009 comincia a essere parte di una regolarità. E questo comincia a fare paura.

Nel 2003, il futuro ci poteva sembrare molto diverso da come lo vediamo oggi. Si, a quel tempo parlavamo già di picco del petrolio, ma lo vedevamo come un evento che si sarebbe potuto verificare ad almeno cinque anni di distanza nel futuro. Cinque anni sono lunghi e la data del picco ci appariva remota. Allo stesso modo, gli scenari dell'IPCC erano fatti in modo da non spaventare nessuno. Nel rapporto del 2001, il più recente disponibile a quell'epoca, si parlava con estrema prudenza di cose che sarebbero potute avvenire a partire dal 2050 e verso la fine del secolo.

A pochi anni di distanza, il futuro ci è letteralmente saltato al collo. Non siamo ancora sicuri che il picco del petrolio sia stato nel 2008, ma sembra molto probabile e, in ogni caso, la stasi produttiva che dura ormai dal 2003 ha avuto gli stessi effetti sull'economia. Ci aspettavamo che il picco sarebbe stato accompagnato da guerre e crisi economiche gravi. Queste si sono puntualmente verificate. Abbiamo avuto ragione su quasi tutto e, anche questo, comincia a fare paura.

Anche gli scenari dei "Limiti dello Sviluppo", tanto vituperati e screditati negli anni, stanno cominciando a rivelarsi accurati. Prevedevano l'inizio del declino della società industriale verso i primi decenni del ventunesimo secolo. Quello che stiamo vedendo sui mercati sembra essere una prima manifestazione di questa previsione. Può darsi che siamo arrivati sulla cima di un ottovolante economico e che ora vediamo davanti a noi una discesa ripida e ininterrotta. Anche questo, non fa stare tranquilli.

Se siamo stati efficaci nel prevedere il picco del petrolio, vuol dire che le nostre capacità predittive sono buone. Nessuno ha la palla di cristallo sulla scrivania ma, nel complesso, diventa sempre più difficile buttarsi alle spalle i problemi screditando sistematicamente chi fa predizioni. Il futuro è già qui e non lo possiamo ignorare.

Nel 2003, ci poteva ancora sembrare che il picco del petrolio, in qualche modo, ci avrebbe salvato dal riscaldamento globale. In realtà, tuttavia, questa era una di quelle idee che hanno senso qualitativamente, ma non ne anno una volta messe a confronto con la realtà quantitativa. Non basta il picco del petrolio per liberarci dal CO2; ne emetteremo di meno, ma quella che abbiamo emesso rimane a lungo nell'atmosfera ed è già troppo. In più, ci sono degli effetti del picco che aumenteranno il problema climatico. In parte, l'attività industriale ci proteggeva un po' per via del pulviscolo atmosferico e delle scie di condensa (*) degli aerei (NON scie chimiche, per carità!). Ma con la contrazione economica dovuta al picco, si emette meno pulviscolo e gli aerei rimangono a terra. Di conseguenza, perdiamo anche questa piccola barriera difensiva.

E il futuro del cambiamento climatico è molto più ingombrante e pericoloso di ogni altro futuro previsto. Il picco del petrolio, in fondo, è soltanto un episodio nella storia umana. Avremo meno petrolio, certo, ma sopravviveremo anche senza. Troveremo qualche altra cosa, non ci mancano le tecnologie sostitutive. Ma sulla questione del riscaldamento globale, adattarsi sarà molto più difficile. L'evidenza si sta accumulando che non siamo di fronte a quel graduale cambiamento che i primi scenari dell'IPCC prevedevano. No, ci stiamo accorgendo sempre di più che siamo di fronte a un cambiamento accellerato. Un cambiamento dovuto all'accavallarsi di fenomeni che si auto-rinforzano: lo scioglimento dei ghiacci polari, il rilascio degli idrati di metano, gli incendi e la desertificazione, per citarne solo alcune. Una serie di problemi immensi che possono fare danni spaventosi.

Se le cause di riscaldamento si rinforzano fra di loro, allora la crescita della temperatura è rapida - addirittura esponenziale. E le crescite esponenziali ti prendono di sprovvista. Qui siamo a ragionare sul mezzo grado-un grado di aumento che abbiamo visto fino ad oggi. Ma se la cosa prende a salire esponenzialmente, di quanti gradi potrà salire nei prossimi anni? Nessuno lo sa con precisione, ma la cosa fa paura.

Per ora, godiamoci l'inverno che finalmente sembra stia per arrivare. Vedremo poi come andrà l'Estate del 2010. Ma, se abbiamo azzeccato le previsioni, come le abbiamo azzeccate finora, non c'è proprio da stare tranquilli.


(*) Piccola nota esplicativa sulle scie di condensa: queste hanno un doppio effetto; di giorno riflettono un po' la luce solare, di notte trattengono un po' il calore emesso dalla terra. Nel complesso il loro effetto medio sulla temperatura è approssimativamente neutro, ma se le scie diminuiranno vedremo temperature estreme più frequenti.

lunedì, ottobre 12, 2009

Uniamo le risorse



Questa è una sintesi del mio intervento intervento del 9 Ottobre al convegno "Uniamo le Energie" a Torino. Non è una trascrizione, ma un resoconto scritto a memoria che cerca di mantenere lo stile di un discorso parlato.


Cari amici, prima di tutto grazie per essere qui oggi. E' un piacere vedere come la strada che abbiamo cominciato a percorrere ormai una buona decina di anni fa sta cominciando a dare i suoi frutti. Quando abbiamo cominciato a parlare di queste cose, dire che c'era un problema di energia era considerata una fesseria per non dir di peggio. Invece, oggi vedo che la Regione Piemonte, correttamente, ha preso questo grande impegno per organizzare questa manifestazione. Non è il solo ente statale a farlo. Quindi, è chiaro che quello che abbiamo detto, alla fine, si è rivelato profetico e non solo quello che abbiamo detto noi di ASPO ma quello che avete detto e fatto notare tutti voi in platea. Oggi siete a sentire me e altri, ma sono sicuro che in altre occasioni siete voi a parlare e a diffondere questi concetti.

Quindi, stiamo percorrendo una strada che avevamo già indicato anni fa. Questa strada ha un cartello a un certo punto dice "picco del petrolio" e che segnala una striscia bianca che la taglia per traverso. Non mi serve parlarne a lungo, ne ha parlato l'oratore precedente, Eric Laurent. Mi interessa a questo punto soltanto dirvi che la striscia bianca l'abbiamo superata, probabilmente, l'anno scorso nel 2008. Non ne siamo ancora sicuri ma, molto probabilmente, è proprio così. E' come aver passato una linea con un cartello di "stop". Siamo entrati in un incrocio pericoloso e quello che è successo con la crisi economica è stato come scontrarci con un TIR che passava a tutta velocità. La strada da oggi si fa sempre più accidentata. Dovremo ridurre la velocità, come minimo.

Allora, abbiamo visto con molto anticipo certi problemi e ora vediamo che la società sta cominciando a muoversi per risolvarli. Vediamo questo movimento, certamente, ma è ancora un movimento lento e pesante. E' come sterzare un transatlantico dopo che avete avvistato l'iceberg a distanza. E' già qualcosa averlo avvistato e gli ufficiali stanno cominciando a dire al comandante che bisogna rallentare. Ma altri stanno continuando a dire "no, bisogna accelerare". Allora, ancora il transatlantico sta andando avanti a tutta velocità. Non bastano convegni per risolvere il problema. Bisogna fare le cose e bisogna creare energia seriamente.

Di là, avete visto tutti la sala da ballo ecologica. Un piano con degli attuatori piezoelettrici che genera un po' di energia dal movimento di quelli che ballano. Cosa carina, forse, ma mi stavo divertendo a fare un po' di conti. Oggi, abbiamo una potenza di generazione installata in tutto il mondo che è di circa 13-14 terawatt. Un terawatt è un miliardo di kilowatt. Allora, ammettiamo che una di quelle sale da ballo possa fare un kilowatt di potenza, (e mi sembra ottimistico). Ma la si può usare solo qualche ora al giorno, e quindi la media è intorno ai 100 watt. allora ce ne vogliono 130 miliardi per fare l'energia di cui abbiamo bisogno. Una ventina a persona e uno non può ballare contemporaneamente in venti sale da ballo.

Allora, vedete che ci vogliono soluzioni reali; soluzioni serie, soluzioni che siano efficaci in termini di rapporti fra costi e benefici. In questi convegni si vedono spesso tanti giocattoli costosi. Come appunto la sala da ballo energetica. In un altro convegno dove sono stato quest'anno, c'era il "diamante energetico"; un arnese sferoidale che costa un milione di euro per generare altrettanta energia di quanto non si potrebbe fare con un impianto fotovoltaico "normale" che costa dieci volte meno, come minimo. Allora, tutto bene fare cose dimostrative, ma si rischia di mandare il messaggio che l'energia rinnovabile è un giocattolo divertente per ecologisti un po' strambi. Viene certamente questa idea guardando i "kart a idrogeno" che ci sono la fuori. Insomma, bene il convegno, ma cominciamo a lavorare seriamente.

Comunque, vi dirò che a questo punto non è più nemmeno questione di energia. Questa cosa, bene o male, è stata capita e ci si sta lavorando sopra. Si è capito che il petrolio è in via di graduale esaurimento, come pure sono in via di graduale esaurimento gli altri combustibili fossili. Ma se il petrolio si esaurisce, non è così per l'energia. L'energia non si esaurisce. Possiamo crearla in tanti modi diversi. Piano, piano stiamo imparando a sostituire il petrolio con le rinnovabili. Un mondo basato sulle rinnovabili è un po' diverso dal nostro, ma è comunque un mondo dove abbiamo tante cose che abbiamo oggi. Quasi tutto. E' questione di lavorarci sopra e se ci lavoriamo sopra seriamente, ci arriviamo senza nemmeno troppi traumi.

Ma c'è una cosa che non abbiamo ancora capito. E' che se il petrolio lo possiamo sostituire, come dicevo, l'energia non si esaurisce; ci sono delle cose che non possiamo sostituire; perlomeno non facilmente. Ci sono tanti metalli che utilizziamo comunemente e non ci rendiamo conto di quanto siano limitate le riserve. Per esempio, ho qui davanti a me degli schermi di computer. Questi schermi hanno bisogno di un materiale che sia trasparente e conduttore allo stesso tempo. Per questo si usano ossidi che contengono indio. Ma l'indio è un materiale molto raro sulla crosta terrestre e, una volta che questi schermi li buttiamo via non è possibile, in pratica, recuperarlo. Allora, cosa facciamo? Ci sono altri materiali che sostituiscono l'indio? Forse si, ma non è la stessa cosa. E' difficile trovare altri materiali altrettanto buoni dell'indio e che non siano rari. Insomma, è un grosso grattacapo, ma non è solo quello.

Pensate al rame. Ne utilizziamo tantissimo e ne recuperiamo soltanto il 50% circa. L'altro 50% viene allegramente disperso nell'ambiente in pezzettini piccolini o polveri fini. Allora, per fare le risorse minerali di rame che sfruttiamo oggi ci sono voluti centinaia di migliaia di anni, forse milioni, di processi geochimici naturali. A furia di buttarlo via, lo perdiamo per sempre. Ci vorranno altri milioni di anni per vederlo riformare. E noi stiamo allegramente facendo questo disastro; cambiando la faccia del pianeta per sempre. Lo possiamo sostituire, il rame? Si, certo, magari possiamo fare dei conduttori in alluminio, ma è tutta un'altra cosa; costosa, difficile, tutta da studiare. E certe proprietà che ha il rame non ce le hanno altri metalli.

Il bello di questa cosa è che se la dici in giro è un po' come quando, sette-otto anni fa, ci guardavano come marziani quando dicevamo che c'era un problema energetico. Ora, ti dicono la stessa cosa. "Il rame si esaurisce? Non c'è problema, quando i prezzi si alzeranno a sufficienza andremo a sfruttare risorse minerali più diluite". Questa cosa che la gente sia contenta quando i prezzi si alzano mi fa veramente allibire. Da quando sei contento quando si alza il prezzo di qualcosa che usi? C'è scritto nei libri di economia del primo anno che quando si alzano i prezzi la domanda si riduce. Quando una cosa aumenta di prezzo, se ne usa di meno, non di più. Ma, uno dice, se i prezzi aumentano andremo a investire in nuova estrazione. Si, certo, geniale, ma per fare miniere non basta stampare banconote: ci vogliono materiali e energia, e queste cose oggi vengono da altre miniere. E allora che si fa? Si estrae di più da una miniera in via di esaurimento per estrarre di più da un'altra miniera in via di esaurimento? Questo è il cane che si morde la coda, come minimo. Anche se avremo tanta energia rinnovabile a disposizione, ma ci vorrà del tempo, basta fare un po' di conti per capire che ce ne vorrebbe veramente tanta, quantità immense, per continuare a estrarre minerali dalla crosta terrestre ai ritmi di oggi. Non c'è modo. Stiamo sprecando risorse alle quali non accederemo mai più.

Allora, questa cosa bisogna cominciare a dirla e, credo, prima o poi cominceranno a darci retta, così come stanno cominciando a darci retta sull'energia. Bisogna dire queste cose, perché oggi l'aver capito che c'è un problema energetico porta a fare delle fesserie. L'energia - come dicevo - non è un problema; lo sono le risorse minerali. Allora, prendiamo i rifiuti solidi urbani, che contengono tanti metalli utili. C'è rame, per esempio, e poi alluminio, ferro, zinco, stagno, eccetera. E noi buttiamo tutto quanto dentro un inceneritore; allora questi metalli che sarebbero recuperabili facilmente dai rifiuti diventano una cenere parzialmente vetrificata dalla quale non si può più estrarre niente. E' uno spreco immenso che noi facciamo in nome di produrre qualche zero virgola qualcosa percento dell'energia che utilizziamo. E addirittura, questo distruttore di risorse lo chiamiamo "termovalorizzatore", come se distruggere le risorse fosse una cosa intelligente. Non mi fate dire altro, che andrei sul turpiloquio.

Mi fermo qui e vi ringrazio di nuovo. Spero che possiamo ritrovarci un giorno a un convegno che sarà intitolato "Uniamo le Risorse" dove ci troveremo di nuovo a dire che avevamo avuto ragione e che finalmente qualcuno ci da retta.

domenica, ottobre 11, 2009

Il picco della supponenza




Qualcuno ha lasciato in questi giorni questo curioso commento a proposito del mio post sulla battaglia di Teutoburgo





Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Bimillenario della battaglia di Teutoburgo":

" A Fabio chiedo: quali e quante auto e telefonini ha?

A Bardi, da come scrive mi sembra il solito radical chic: non gli viene in mente che Teutoburgo, per cui sotto sotto parteggia, è l'inizio di almeno un millennio di "nulla"?
I Germani, meglio i tedeschi, hanno realizzato qualcosa, ANCHE ECCESSIVA, negli ultimi 300 anni. Per costruire le Autobahnen han dovuto aspettare 1950 anni....

Un po' come Arabi e musulmani: hanno inventato i numeri, poi ancora si stanno a chiedere: mo' che ci facciamo?

P.S.: son capitato qui per caso, quindi direi impossibile che torni; se uno, forse due interessati, volesse replicare, può scrivere a xxxxx@libero.it "


Ora, se ho capito bene il senso di questo commento, sembrerebbe che sostenga che se i Romani non fossero stati sconfitti a Teutoburgo avrebbero costruito le autobahn già nel terzo secolo a.d. Ma, a parte questo, è notevole la supponenza di questo signore che lascia un paio di insulti e poi se ne va dicendo che non tornerà più.

Mettiamo che uno entra in casa vostra mentre non ci siete: vi spacca un paio di vetri, vi fa pipì sul divano del salotto, poi vi lascia un bigliettino dicendo che l'arredamento gli fa schifo, che non tornerà mai più, ma che se volete contattarlo scrivetegli a questo indirizzo. Cosa pensereste?

Ci sarà mai un picco della supponenza? Speriamo di si.

venerdì, ottobre 09, 2009

God Bless You, Mr. Obama!

Competenze e opinioni



Tra le (tante) cose che non riesco a comprendere nella loro interezza, ai primi posti inserirei sicuramente questa: perchè nel mondo sociale e politico succede così spesso di sentire parlare in pubblico persone che hanno scarsissime competenze su un certo argomento?

Al di là delle parole, che potrebbero anche andare e venire, il problema è che chi parla ha spesso una forte influenza mediatica, quando non anche del potere decisionale.

Ora, mi piacerebbe fare un distinguo triviale tra competenze e opinioni. Le competenze discendono da un'attività continuativa di studio, di pratica e/o di lavoro in un certo campo; le opinioni in senso lato astraggono dalle competenze. In pratica, chiunque, anche senza competenze, può esprimere un'opinione su una data cosa. Questa da una parte è una grande conquista sociale, ma un suo cattivo uso (quale mi sembra di osservare in modo sempre più sistematico) può condurre a distorsioni molto pericolose.

Non mi sembra normale affrontare a mezzo di referendum argomenti specialistici e complessi come ad esempio la genetica e l'energia nucleare, oppure formali e di nicchia quali i dettagli sui sistemi elettorali; soprattutto in carenza di un'informazione obiettiva da parte dello Stato per fornire una "preparazione" media in vista dell'ipotetica votazione.

Non è benefico che il mondo politico solo raramente abbia persone con una robusta formazione tecnica, che sarebbe basilare per analizzare i problemi e fare decision making con qualche possibilità di far meglio di chi decide a caso, o segue la moda del momento.

Un optimum ci sarebbe: formulare opinioni supportate da competenze. Ma forse è troppo difficile.

mercoledì, ottobre 07, 2009

E' inutile parlare di di fatti se non si trova qualcuno pronto a negarli


Immagine da empirewire


Paul Krugman tratteggia in poche linee sul New York Times una grande verità. Dice che lo avevano invitato a un dibattito, che poi hanno cancellato perché non erano riusciti a trovare qualcuno che sostenesse opinioni opposte alle sue.

Siamo ridotti male. Siamo ridotti al punto che se di qualcosa non si fa uno spettacolo, non se ne può parlare. La stampa, con questa insistenza sul "bilanciamento" delle opinioni opposte sta facendo un disastro: le persone serie non riescono più a parlare senza trovare una banda di pagliacci che si mette in mostra sostenendo le cose più strambe, ma così facendo trova spazio nei media. Il cosiddetto "dibattito" sul cambiamento climatico insegna, purtroppo, come si è visto in certi casi disgraziati.

Ma, dice Krugman, se si dovesse parlare della forma del pianeta terra, non se ne potrebbe discutere se prima non si riesce a trovare qualcuno che sostiene che la terra è piatta. E' lo stesso con il cambiamento climatico o il picco del petrolio dove, purtroppo, qualche terrapiattista si trova sempre.

Ecco qui l'articoletto di Krugman

http://krugman.blogs.nytimes.com/2009/08/04/shape-of-planet-blogging/


Shape of planet blogging

Long ago I said that if liberals said the Earth was round, while conservatives said it was flat, the news headlines would read “Shape of the planet: both sides have a point.” But I encountered a new wrinkle today.

I was tentatively scheduled to be on a broadcast dealing with — well, I won’t embarrass them. But first they had to find someone to take the opposite view. And it turned out that they couldn’t — which led to canceling the whole segment.

In a way this goes beyond my original point, which was the unwillingness of the news media to referee a controversy by actually reporting the facts. Now it seems that a fact isn’t worth reporting unless someone is prepared to deny it.

lunedì, ottobre 05, 2009

Ma mi conviene il fotovoltaico?

Negli anni scorsi, ho commentato sul sito di Aspoitalia i decreti nazionali sul conto energia per il fotovoltaico, a partire dai risultati di un foglio excel che avevo elaborato per simulare in prima approssimazione i risultati economici delle varie tipologie d’impianto in funzione della tariffa incentivante. Successivamente sul blog ho scritto questo e quest’altro articolo per analizzare l'efficacia del meccanismo incentivante, individuando tra i limiti del nuovo conto energia la scarsa incentivazione degli impianti di grande potenza, diciamo superiore al MW, che rende poco conveniente l’installazione di questi impianti. Venni criticato in vari commenti con le accuse di “gufare” il fotovoltaico o di aver sbagliato i conti sui tempi di ritorno dell’investimento. Nel frattempo, a distanza di alcuni anni dalle mie analisi, continuano ad arrivarmi per posta elettronica elogi sperticati seguiti da richieste di accesso al mio foglio excel e domande sulla effettiva convenienza dell’investimento nel fotovoltaico, piccolo o grande, visto che in giro per l’Italia sembra che vengano prospettati ai potenziali investitori grande convenienza e tempi di ritorno bassissimi.
Alla prima domanda rispondo a malincuore di no perché non mi sembra il caso che qualcuno possa usare il mio simulatore a scopo di lucro, visto che io non lo faccio. Alla seconda ribadisco le ragioni delle mie analisi, non conoscendo quelle degli altri.
Ma proprio qualche giorno fa ho letto con piacere questo interessante resoconto di un convegno di Assosolare sul mercato del fotovoltaico in Italia. Si è cominciato a parlare finalmente dei problemi dell’intermittenza e dei limiti della rete di trasmissione italiana, che più volte abbiamo affrontato su questo blog. Ma anche della revisione degli incentivi del conto energia. Il Presidente Chianetta ha inserito tra le varie proposte anche la seguente: “Un’altra considerazione fatta all’interno di Assosolare è che sarebbe più corretto avere una tariffa indicizzata oltre che differenziata tra nord, centro e sud. Investire in una centrale da 1 MW non è conveniente al centro-nord Italia neanche oggi con l’attuale tariffa.”
Ubi maior….

sabato, ottobre 03, 2009

Etiopia 1935: un'altra guerra dimenticata


I "land cruisers" in viaggio nel deserto del Sahara con il loro carico umano di deportati, in gran parte etiopici in fuga verso l'Italia. Da "Come un uomo sulla terra". Film del 2008 di Dagmawi Ymer, regista etiopico residente in Italia.

Il 3 Ottobre ricorre l'anniversario dell'inizio di una guerra della quale ci siamo quasi totalmente dimenticati: l'attacco dell'Italia all'Etiopia, 74 anni fa, nel 1935. Dopo sette mesi di guerra durissima, si arrivò all'occupazione totale dell'Etiopia e al dubbio onore per Vittorio Emanuele III di proclamarsi "Imperatore d'Etiopia".

Se ci fosse una classifica delle idiozie strategiche, probabilmente l'attacco italiano all'Etiopia figurerebbe ai primi posti. Fu un'azione disperata e auto-distruttiva di un paese che, nel 1935, si trovava in gravi difficoltà economiche. A quel tempo, l'Italia dipendeva quasi al 100% dal carbone inglese in un mondo in cui il carbone era la base di tutte le attività economiche. Ma la produzione di carbone inglese aveva raggiunto il suo picco nei primi anni '20 e l'Inghilterra non riusciva più a rifornire l'Italia come aveva fatto per almeno un secolo nel passato.

La reazione italiana alla carenza di carbone fu quella di un animale chiuso in gabbia: la ricerca disperata di nuove risorse lanciandosi a testa bassa verso il primo bersaglio disponibile. Mussolini e i suoi non capirono mai qual'era la radice del problema italiano e pensarono di risolverlo facendosi un piccolo impero. Di tutta l'Africa, non c'era che l'Etiopia ancora non occupata da qualche paese europeo e quella fu la scelta. Ma l'Etiopia era anche un paese povero e - come l'Italia - privo di risorse minerali. Conquistarlo non portava vantaggi degni di nota; solo spese. La propaganda del tempo parlò dell'Etiopia come un "posto al sole" da accaparrarsi, come se l'Italia non avesse sole a sufficienza e come se i contadini italiani avessero avuto davvero l'intenzione di trasferirsi sull'altopiano etiopico.

Mentre oggi la stupidità e l'inutilità di quella guerra ci appare ovvia, curiosamente all'epoca fu un successo mediatico senza precedenti. Per citare solo un esempio, Don Lorenzo Milani , allora un ragazzino di 13 anni, ci racconta che "saltava di gioia" alla notizia della proclamazione dell'Impero. Anche l'uso di gas venefici (che oggi chiameremmo "armi di distruzione di massa") contro gli etiopici, passò senza lasciare traccia in un opinione pubblica anestetizzata dagli inni alla vittoria. Erano i primi tentativi di usare l'arma propagandistica che, da allora, è stata molto perfezionata e raffinata.

Ma la propaganda si scontra prima o poi con la realtà e, di solito, la realtà si rivela molto più tosta. L'Impero italiano in Etiopia ha perlomeno un primato statistico: quello di essere stato l'impero di più breve durata della storia: non durò neanche 10 anni. Mantenere il controllo di territori così remoti era un costo improponibile per l'economia italiana del tempo. Per l'invasione, l'Italia schierò quasi mezzo milione di uomini - fra militari e civili di supporto. Si calcola che negli anni '30, il 20%-25% della spesa pubblica era dedicato ai territori coloniali. Non c'è da stupirsi se l'Italia arrivò stremata alla prova della guerra mondiale e la fallì completamente. Haile Selassie, imperatore d'Etiopia a quel tempo, disse a proposito della sconfitta del suo popolo "oggi tocca a noi, domani a voi". Fu curiosamente profetico perché pochi anni dopo toccò in effetti all'Italia di essere bombardata, sconfitta e invasa (a noi, per fortuna, furono risparmiati i gas venefici).

Oggi, sono passati più di 70 anni da quel tempo, e ben poco è rimasto in Italia di quella breve avventura imperiale, a parte la storia dell'obelisco di Axum, portato a Roma durante l'occupazione e oggi di nuovo in piedi, ad Axum, nonostante varie polemiche di chi lo voleva tenere in Italia. Ma Italia e Etiopia, pur senza parlarsi fra loro, hanno seguito strade curiosamente parallele. Quella dell'Etiopia è stata più difficile, con guerre e colpi di stato ripetuti. Ma entrambi hanno visto una grande crescita economica e della popolazione. Nel 1935, al tempo dell'attacco, la popolazione Italiana era di quasi 40 milioni di persone, mentre quella etiopica era di meno di venti milioni. Oggi, settanta anni dopo, l'Italia si sta fermando intorno ai 60 milioni. L'Etiopia, invece, ha raggiunto gli 80 milioni di abitanti e la tendenza alla crescita sembra ininterrotta.


Popolazione in Etiopia, da "peopleandplanet"

La pressione di questa crescita demografica sta creando enormi problemi a un paese povero e privo di risorse come l'Etiopia. Deforestazione, siccità, erosione e cambiamento climatico stanno distruggendo l'agricoltura etiopica. Già negli anni '80, ci sono state gravi carestie; quella che vediamo in questi anni sembra essere molto peggiore. L'altopiano etiopico non può nutrire 80 milioni di persone. Il resto del mondo, in crisi alimentare crescente, difficilmente potrà risolvere il problema. La tragedia è appena iniziata.

Da questa situazione nasce l'emigrazione etiopica: decine di migliaia di disperati alla ricerca di una possibilità di sopravvivenza. Molti, tentano di attraversare il deserto del Sahara, passando attraverso il Sudan e da li' verso la Libia per poi lanciarsi nella traversata versol'Italia. La storia di questi emigranti ce la racconta il film "Come un uomo sulla terra" di Dagmawi Ymer.

Un bel film sotto tanti aspetti. Unilaterale, certo, manca completamente la voce dei libici, condannati senza appello al ruolo di torturatori e sfruttatori. Però, nel complesso, le storie di sofferenza e di maltrattamenti raccontate dai profughi etiopi in viaggio per l'Italia suonano credibili: è così che gli uomini si comportano con i loro simili quando sanno di poterla fare franca. Del terribile carcere di Khufra vediamo solo le ferite alle braccia di una delle donne intervistate; il resto ce lo dobbiamo immaginare. Il regista, tuttavia, è riuscito a mostrarci le immagini dei "land cruiser", enormi camion che navigano il deserto carichi di profughi stipati all'inverosimile.

La tesi del regista, Ymer, è che i maltrattamenti ai profughi etiopici sono un meccanismo per selezionare i più robusti e i più adattabili; quelli che poi l'Italia accoglierà per farli lavorare. Tesi comprensibile dal suo punto di vista di ex-profugo ma, probabilmente, infondata. La cattiveria umana, normalmente, non ha bisogno di spiegazioni logiche. E' più probabile che ci troviamo di fronte a una conseguenza della tragedia di un paese sovrappopolato che si trova a dover fare i conti con i limiti delle risorse disponibili. Se l'Etiopia si trova in cattive acque, tuttavia, ricordiamoci anche che le parole dell'Imperatore Haile Selassie si sono rivelate profetiche una volta, "oggi tocca a noi, domani a voi."
Link
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Per una storia del picco del carbone in Inghilterra, si veda il mio articolo sulla ASPO-newsletter n 73 del 2007. Una descrizione più dettagliata sui rapporti fra Italia e Inghilterra in relazione al commercio di carbone si trova in un altro mio articolo pubblicato su Aspo-Italia, intitolato "La Befana non ci porta più il carbone".

giovedì, ottobre 01, 2009

Un territorio come diorama energetico

created by Armando Boccone

Quest'estate come ogni anno, con la mia compagna, ho trascorso 15 giorni di ferie al mio paese di nascita in Lucania.
Oltre ad andare al mare, distante una ventina di km, facciamo lunghe passeggiate nel paese, trattenendoci sui punti panoramici. Notiamo le novità, in positivo e in negativo, avvenute nel paese dal punto di vista della struttura urbana. Osserviamo delle ristrutturazioni ben fatte, altre mal fatte, come pure qualche casa lasciata andare al suo destino.
Porto sempre con me un binocolo dell’Armata Rossa, acquistato una decina di anni fa in una bancarella di cinesi e, dall’anno scorso, una fotocamera digitale.
Lungo le strade che portano al paese, in prossimità di incroci, noto dei lampioni con dei pannelli solari disposti alla loro sommità. Mi sono sempre chiesto della validità o meno, dal punto di vista energetico/economico, di questi dispositivi visto che le zone in cui sono disposti sono servite dalla rete elettrica.
Le novità più importanti vengono fuori però quando, dai punti panoramici del paese, scruto il territorio col binocolo. Allora scopro, grossi impianti fotovoltaici e, nel territorio regionale, parchi eolici che non esistevano l’estate scorsa.

Un Diorama energetico
Inizio a pensare a questo punto di fare un lavoro che metta in evidenza la presenza nel territorio del mio paese, della regione e nel Mezzogiorno di tutte quelle situazioni e quelle problematiche di cui si parla sul sito e sui blog di Aspoitalia: l’esaurimento dei combustibili fossili, lo sviluppo delle energie rinnovabili, le nuove scoperte di combustibili fossili e la possibilità che la loro consistenza possano rendere possibile il passaggio, il più indolore possibile, a una società basata sulle energie rinnovabili, ecc. Nel lavoro si mette in evidenza anche un problema che attraversa tutti i temi suddetti: quella delle difficoltà nell'acquisizione delle conoscenze necessarie per farsi una idea completa e precisa della realtà.

Impianti fotovoltaici e parchi eolici
Nei giorni successivi mi reco a visitare e fotografare il primo impianto fotovoltaico che avevo notato da un punto panoramico del paese.



Foto 1: un grosso impianto fotovoltaico ripreso da un punto panoramico del paese

Foto 2: si nota, in secondo piano, a distanza più ravvicinata, l’ impianto fotovoltaico della foto precedente; in primo piano, è ripreso il “Centro gas”


L’impianto fotovoltaico è enorme (da un calcolo approssimativo sembra che sia formato da 3-4 mila pannelli). Nella seconda foto, in primo piano, è ripreso il “Centro gas”, cioè una infrastruttura dove converge il gas proveniente da alcuni pozzi del territorio, scoperti negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. A un km di distanza in linea d’aria c’è anche il “Centro olio”, dove converge il petrolio proveniente da alcuni pozzi scoperti all'incirca nello stesso periodo. Sembra però che riguardo al gas e al petrolio (così dice un lavoratore del “Centro gas” che ho intervistato) si stia raschiando il fondo del barile.

Dai punti panoramici del paese continuo a scrutare l’orizzonte. Fino all’anno scorso si individuava, ad una ventina di km in linea d’aria, solamente un parco eolico con tre torri. Quest’estate invece ne individuo diversi. Ne individuo uno a una dozzina di km in linea d’aria. E’ formato da 16 torri eoliche. Un altro, nella valle del Sinni, ad una quindicina di km in linea d’aria, è formato da 12 torri eoliche. Uno, molto grande, è a circa una cinquantina di km in linea d’aria. Conto 31 torri eoliche. Da informazioni ricevute apprendo che quest’ultimo impianto è situato dalle parti di Viaggiano, nella Val d’Agri, un paese nel cui territorio, negli anni ottanta del secolo scorso fu scoperto un grosso giacimento di petrolio e gas (in seguito, non molto distante da Viaggiano, in località “Tempa Rossa”, fu scoperto un altro grosso giacimento).
I parchi eolici che riesco individuare col binocolo sono solamente una parte di quelli esistenti perché dai punti panoramici del paese non sono visibili molti crinali appenninici del nord-est della regione, dove sono installati molti parchi eolici.

Durante una passeggiata alla periferia del paese la mia compagna mi dice che, nella valle sottostante, due grossi appezzamenti di terreno può darsi siano coperti di pannelli fotovoltaici. Avevo notato in precedenza questi appezzamenti ma pensavo fossero coperti da serre. Vado subito a casa a prendere il binocolo e la fotocamera perché a occhio nudo non è possibile stabilire con certezza la natura di quegli impianti. La visione col binocolo non lascia dubbi: sono due grossi impianti fotovoltaici. Provo a fare alcune foto dal paese ma la distanza (circa 5 km in linea d’aria) non consente di fare foto apprezzabili. Dato che non ci sono alture vicino agli impianti non è nemmeno possibile fare una foto a distanza ravvicinata e di insieme dei due impianti. Da calcoli approssimativi e facendo il confronto con gli altri impianti stimo che i due impianti complessivamente possano contenere 6-7 mila pannelli.


Foto 3: al centro della foto si notano i due grossi impianti fotovoltaici nella valle del Basento

Chiedo ad amici e conoscenti a chi rivolgermi per avere informazioni su questi impianti fotovoltaici. Mi viene fatto il nome dell’Ing. E. P. del paese. L’ingegnere aveva uno studio di progettazione nel paese ma alcuni anni fa lo ha chiuso per aprirne uno a Matera e un altro a Roma. In seguito lo contatto telefonicamente e ricevo alcune scarne informazioni sul tema. Mi dice che gli impianti installati nel paese non sono stati progettati da loro ma da un’altra azienda. Mi dice che questi impianti sono stati installati da poco, che la loro potenza probabilmente non supera i 500 Kw a testa, che sono il frutto di vecchi progetti che inizialmente furono bloccati e poi, in seguito a ricorso, sbloccati e realizzati. Gli faccio notare che la potenza installata che ha indicato mi sembra poca considerando l’elevato numero di pannelli di cui sono composti quegli impianti. Mi risponde dicendo che per avere più informazioni sulle caratteristiche tecniche degli impianti è necessario rivolgersi all’ENEL e agli uffici comunali che, dal punto di vista burocratico, sono stati interessati. L’ing. conclude dicendo che la Regione Basilicata ha approvato da poco un nuovo piano energetico regionale che indica più chiare condizioni per la realizzazione degli impianti fotovoltaici (sembra che ci siano anche limiti inferiori di potenza installata [forse non meno di un Mw], che non devono insistere su terreni irrigui, che i pannelli installati non devono essere stati fabbricati da più di due anni, ecc.).



Foto 4: dettaglio dell’impianto di sinistra dei due impianti nella valle del Basento che sono visibili nella foto 3


Nuove scoperte di petrolio e gas
Ricordo che molti anni fa una coppia di miei amici cercava di fare capire al loro bambino (che non si poneva limiti nell’indicare ciò che Babbo Natale e la Befana gli avrebbero dovuto portare in regalo) che erano loro a portargli i regali e che avrebbe dovuto contenere le sue richieste. Il bambino inizialmente non voleva conoscere ragioni ma poi, come succede a tutti i bambini dopo una certa età, ha dovuto capire.
In paese vedo comportamenti e sento discorsi, da parte di bambini, giovani e vecchi, che sono adeguati a una società in cui pensano si produrrà sempre e sempre di più. Sento una persona adulta dire a un’altra che fra due versioni di uno stesso modello di autovettura (di cui dice la marca) c’è una differenza di dieci cavalli e che questa differenza si fa sentire. Vedo i consumi superflui fatti dai ragazzi e dai bambini. Non so quando ma di sicuro ci sarà “a crude awakening”, un brusco risveglio!!!
La stessa cosa avviene per i combustibili fossili: la gente non vuole capire che è finita l’epoca del petrolio abbondante e a buon mercato. I mass media molte volte cercano di assecondare questa esigenza e presentano con forte evidenza le notizie di scoperte di giacimenti giganti di petrolio e di gas. Questi ritrovamenti, che vengono comunque subito ridimensionati e di cui si sottacciono gli enormi costi di estrazione visto la loro ubicazione, non cambiano la situazione di fondo.
Comunque, tornando in argomento, per quanto riguarda la Lucania, dopo le scoperte di petrolio e gas negli anni cinquanta, si sono individuati consistenti giacimenti negli anni ottanta a Viaggiano e a Tempa Rossa.
Per questo motivo un giorno io e la mia compagna decidiamo di andare a Viggiano, a Tempa Rossa e a visitare il parco eolico là vicino.

Lungo la strada che porta al paese di Viaggiano faccio delle foto del “Centro olio”, una struttura dove convergono gli oleodotti provenienti dai pozzi.




Foto 5: il “Centro olio” di Viggiano

Arrivati in paese chiedo informazioni ad un signore: sono fortunato perché lavora in un impianto di trivellazione ed estrazione. Mi dice che nel giacimento di Viaggiano-Calvello (afferma che è questa la denominazione precisa) sono arrivati a 5.800 m di profondità, che ci sono 70 pozzi in attivo, che tramite oleodotti il petrolio viene trasportato al “Centro olio” di Viaggiano e che da qui, sempre tramite oleodotto, a una raffineria di Taranto. Una piccola parte di quel petrolio viene però ancora inviato tramite autobotti, nonostante l’oleodotto sia capace di trasportarlo tutto, ma ciò è fatto per dare un “contentino” agli autotrasportatori (un’altra persona che ho intervistato dice però che tutto il petrolio viene trasportato con l’oleodotto).
Continuo a chiedere informazioni alla prima persona intervistata. Chiedo se, durante l’estrazione del petrolio, il gas a esso frammisto venga tutto bruciato in fiaccola . Mi dice che una parte di quel gas viene distribuito, con le opportune tubazioni, alla popolazione di Viaggiano. In seguito si pensa di estendere la distribuzione ai paesi vicini. Dice però che, nonostante questo, buona parte del gas continuerà a essere bruciato in fiaccola e che non capisce il motivo di questa scelta.
L’intervista termina parlando del più recente giacimento scoperto, cioè quello di Tempa Rossa, distante alcune decine di km da Viaggiano. In questo giacimento si è perforato fino a 4-5 mila metri di profondità, ci sono già tre pozzi in attivo e se ne dovrebbero fare altri 15. Ultimamente l’attività su questo giacimento è stata sospesa per intervento della Magistratura ma adesso è ripresa.
A proposito di questi giacimenti di petrolio riporto però quanto è scritto nel nuovo Piano energetico della Basilicata approvato dalla Giunta regionale ad aprile 2009 (è consultabile sul sito della Regione Basilicata, Dipartimento Attività produttive, politiche dell’impresa, innovazione tecnologica).
“Il sottosuolo lucano è ricco di idrocarburi, il cui sfruttamento è iniziato con alterne vicende intorno agli anni cinquanta. I maggiori giacimenti sono presenti in Val d’Agri e a Tempa Rossa (in quest’ultima località lo sfruttamento del giacimento dovrebbe iniziare nel 2010).
In riferimento alla concessione in Val d’Agri, il piano di sfruttamento del giacimento previsto dal Ministero dello sviluppo economico prevedeva a regime, nel 2007, l’attivazione di 47 pozzi. Ad oggi risultano in produzione 22 pozzi dei 34 perforati 13 . In previsione di un incremento dell’attività estrattiva per saturare la capacità di trattamento giornaliera del Centro oli (che attualmente produce 104.000 barili al giorno) oltre all’allaccio dei pozzi già perforati, saranno realizzati e allacciati, entro il 2009, 5 ulteriori pozzi, di cui uno adibito alla reiniezione, per un totale di 39 pozzi.”
Dei 47 pozzi che erano previsti per il 207, vi sono 22 pozzi allacciati all’infrastruttura di trasporto ed in produzione (18 pozzi a Viaggiano, 4 a Grumento Nova). Un pozzo è allacciato per la reiniezione (Costa Molina 1 a Montemurro), un pozzo è allacciato ma non in produzione (Volturino 1 a Calvello), 9 sono perforati e non allacciati (5 a Calvello, 3 a Marsico Nuovo, 1 a Viaggiano), e un pozzo è in perforazione (Cerro falcone 4 a Calvello) per un totale di 34 pozzi.

Dal confronto fra quanto detto dalla persona intervistata e quanto scritto nel nuovo Piano energetico della Basilicata viene fuori il grosso problema delle difficoltà di trovare le informazioni necessarie per farsi un'idea precisa della situazione. In questo lavoro sul territorio ho acquisito una certa conoscenza della situazione ma sembra che ci sia la “consegna” di non dire niente. Del resto se, come dice la Bibbia, la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre avvenne perché mangiarono il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, ci saranno sicuramente “validi” motivi in questo comportamento di non dare informazioni (scusate la digressione religioso-antropologica)!!

Un grosso parco eolico
Di pomeriggio decidiamo di non andare a Tempa Rossa ma di visitare il parco eolico. E’ nel territorio del comune adiacente di Montemurro. Notiamo che le torri eoliche (che sono in funzione) fanno due rumori molto lievi. Il primo rumore assomiglia al rumore che fa la macchina fotografica quando viene scattata una foto (pensavo che fosse la mia macchina quando scattavo le foto) mentre il secondo assomiglia a un bidone mentre cade. Questi rumori (che, ripeto, sono molto lievi) si sentono solamente se si sta sotto le torri eoliche, mentre a qualche decina di metri non si sente assolutamente niente: non capisco il motivo per cui sia stato posto il problema della rumorosità delle torri eoliche!!
Anche se non faccio una ricerca approfondita, non noto sul terreno sotto le torri carcasse di uccelli eventualmente uccisi dalle pale eoliche.
Contiamo il numero delle torri che compongono il parco eolico e viene confermato il primo conteggio che feci quando le individuai dal mio paese col binocolo: sono esattamente 31. A qualche km di distanza in linea d’aria si nota un altro parco eolico con cinque torri.


Foto 6: il parco eolico nel territorio del paese di Montemurro


Nella mattinata, prima di andare a Viaggiano, siamo andati alla ricerca di un altro impianto fotovoltaico situato nel territorio del mio paese e di cui avevo avuto notizia qualche sera prima.
E’ a una dozzina di km dal centro abitato del paese e, sulla scorta delle informazioni avute, lo individuiamo con una certa facilità.
Il signor L. G. D., proprietario dell’azienda agricola su cui insiste l’impianto nonché titolare di una ditta individuale di autotrasporti, gentilmente mi concede di fare alcune foto.


Foto 7: l’impianto fotovoltaico nell’azienda del signor L. G. D. (sono circa 1.400 pannelli solari)

Dico al signor L. G. D. che mi interesso di esaurimento dei combustibili fossili e dello sviluppo delle energie rinnovabili, come il solare fotovoltaico. Al che il signor L. G. D. mi chiede informazioni sul rapporto contrattuale con l’azienda che ha installato i pannelli (torna sempre il problema della conoscenza!!). Gli dico che non conosco la situazione e lo indirizzo verso un sindacato che, così come avevo letto in un volantino il giorno prima in uno stand della fiera di esposizione di prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato locali svoltasi al paese, si interessa, oltre che delle dichiarazioni dei redditi, delle vertenze lavorative, ecc., anche di consulenza nel campo delle installazioni di impianti fotovoltaici ed eolici.
Con la mia compagna il signor L. G. D. dice che vorrebbe trasferirsi definitivamente in campagna ma che i suoi familiari non sono tanto disponibili a seguirlo in questa scelta.

Ritorno dalle ferie
Con la mia compagna decidiamo che durante il tragitto per il rientro dalle ferie faremo un itinerario interno (per Potenza-Melfi) per immetterci sull’autostrada A14 all’altezza di Foggia e che durante il primo tratto del tragitto fotograferò gli impianti di energia rinnovabili.

Dopo una quindicina di km dal paese incontriamo il primo parco eolico ma le foto che faccio non riprendono tutte le torri eoliche. La provincia di Matera però ha pochi parchi eolici, diversamente dalla provincia di Potenza dove, soprattutto verso Melfi, i parchi eolici sono un aspetto importante del panorama: ci sono torri eoliche da qualunque parte si guardi!!
Un’altra cosa che noto è che quest’anno le pale eoliche sono tutte in funzione, mentre l’anno scorso difficilmente ne ho vista qualcuna in tale condizione.


Foto 8: un parco eolico su un crinale dell’appennino lucano

A mano a mano che con l’autostrada ci avviciniamo verso il mare allora si diradano gli impianti eolici: i venti interessanti per gli impianti eolici spirano infatti sui crinali appenninici anche se ho notato degli impianti installati abbastanza a valle.

Facciamo la prima sosta in un’area di servizio in Puglia, ai confini col Molise (che, come mi dice l’addetto al distributore a cui lo chiedo, è l’Area di servizio Torre Fantine est).
Noto con sorpresa che l’area destinata al parcheggio è in parte coperta da 56 moduli da 8 pannelli solari ciascuno per complessivi 336 pannelli solari. I pannelli oltretutto fanno anche parzialmente ombra alle autovetture parcheggiate. Non ricordo che l’anno scorso ci fossero pannelli solari installati nelle area di servizio. Quest’anno invece, almeno fino alle Marche, ne ho notato parecchi. Ho notato pure che riguardano solamente due società di gestione delle aree di servizio.

La foto sottostante mostra uno scorcio dell’impianto fotovoltaico di cui si è detto. Si notino sullo sfondo le pale di due torri dell’ultimo parco eolico che abbiano notato sul tragitto.





Foto 9: impianto fotovoltaico in un’area di servizio nel nord della Puglia; sullo sfondo le pale di due torri di un parco eolico


In una successiva area di sevizio facciamo una nuova sosta. Anche qui ci sono dei pannelli solari (ce ne sono anche nell’area di servizio di fronte), sebbene in numero inferiore a quelli dell’area di servizio precedente.
Nella macchina a fianco della mia c’è quella di una coppia con due bambini e una nonna. Uno dei due bambini si è abbandonato a un pianto incontenibile. Il padre, che ormai ha i nervi a fior di pelle, dice alla nonna che gli ha comprato il gelato, i biscotti, ecc. ma che lui ha visto quella macchinina rossa che era esposta nel punto di ristoro dell’area di servizio, e la vuole a tutti i costi. Ma, dice ancora il padre, che se continua così gli …(censura).