I partecipanti al "Talk Show" del 17 Maggio al Festival dell'Energia di Lecce. Da sinistra nella foto, Carlo Stagnaro, Ugo Bardi, Ugo Bilardo e Stefano Agnoli - il moderatore. Il testo che segue non è una trascrizione della mia presentazione. E' scritto a memoria, usando uno stile per quanto possibile vicino alla lingua parlata.
Per prima cosa, vorrei ringraziare il professor Bilardo per il suo intervento. Di solito tocca a me spiegare certe cose, ma il professor Bilardo mi risparmia questo dovere con la sua spiegazione esauriente della situazione delle riserve petrolifere mondiale.
Bene, allora si tratta di partire da questo per cercare di capire che cosa ci aspetta. Abbiamo sentito parlare di un numero - vi ricordate che Bilardo ha detto "1350 miliardi di barili". E' un numero che mi trova daccordo, nel complesso, e trova daccordo molti esperti - certo c'è anche chi da numeri completamente diversi; come quello che citava prima il nostro moderatore. Che mi pare avesse detto qualcosa come 12 mila miliardi di barili secondo le stime del presidente di Saudi-ARAMCO. Bene, su questi numeri credo che sia legittimo avere un qualche piccolissimo sospetto; ovvero che il presidente di una delle maggiori compagnie petrolifere mondiali abbia un zinzino di interesse a gonfiare un po' le stime.
Ma non entriamo in questi discorsi. Quello che vi volevo dire è un'altra cosa. Dato un certo numero, un po' più di mille miliardi di barili, a questo punto ci dobbiamo domandare cosa significa. Quello che potremmo fare è dividere per il consumo annuale mondiale e ottenere quanto durerebbero le riserve se il consumo rimanesse costante. Lo fanno tutti e viene fuori qualcosa come 37-38 anni. Ma questa cosa del rapporto riserve-produzione non è una grande idea. I consumi non sono mai stati costanti da quando si estrae il petrolio - un buon secolo e mezzo - allora come possiamo pensare che rimangano costanti da qui ai prossimi 40 anni? Questa misura, però, vi da facilmente un falso senso di sicurezza. Me ne accorgo spesso quando discuto con i politici. Mi chiedono: c'è ancora petrolio? Io rispondo di si, per forza, è ovvio. Allora loro mi ringraziano, tanti saluti e arrivederci. Non riescono a capire dove stia il problema. E' un modo di ragionare molto grezzo e limitato. Vi sembra possibile che fra 37 anni guarderemo nel buco del pozzo grattandoci la testa e dicendo "oops - non c'è più petrolio?
Le cose non sono così semplici. In realtà non sono mai semplici. Sapere quanti barili ci sono sottoterra - più o meno - è utile; ma non è il solo parametro. I barili ci sono, stanno lì fermi. Sono stati lì per milioni di anni. Ma è una decisione umana di estrarli oppure no. E come tutte le decisioni umane, dipende dalla convenienza. Si estrae se conviene. Altrimenti i barili stanno li ancora qualche milione di anni.
Allora, il professor Bilardo vi ha parlato della curva di Hubbert. E' una cosa osservata per la prima volta negli Stati Uniti. Si è visto che la produzione di petrolio negli USA è cresciuta fino a un certo punto; ha raggiunto un massimo è poi è diminuita inesorabilmente fino ad oggi. Oggi si produce circa un terzo di quello che si produceva ai tempi d'oro del petrolio americano.
Questo della curva di Hubbert è un fatto sperimentale. E' un fatto storico. E non è certamente il solo caso. Ve ne posso citare decine per il solo petrolio in varie regioni del mondo. E anche per altre risorse minerali. Ma perché c'è questa curva? Nella geologia, questa curva non c'è. Ci sono dei barili che stanno sottoterra - ovviamente non sono barili, è petrolio che noi per usanza descriviamo in termini di barili. Ma questi barili non hanno nessuna curva di Hubbert scritta sopra. Non c'è scritto sul petrolio sottoterra quando verrà estratto. Non c'è scritto nemmeno se verrà estratto. La curva di Hubbert non sta nella geologia.
La curva di Hubbert sta nell'economia. Più esattamente in come l'economia gestisce le risorse geologiche. I barili non sono tutti uguali. Come è ovvio, uno estrae prima i barili cosiddetti "facili"; ovvero quelli che costano poco. Pensate ai giacimenti dell'Arabia Saudita. Sono a bassa profondità, sono in zone facilmente raggiungibili, è petrolio di buona qualità che si trova in grande quantità. Fate il confronto col petrolio del Kazakhstan. E' una zona lontanissima dai porti, sono pozzi nel mezzo del Mar Caspio; è petrolio pieno di zolfo e di altra robaccia. Non c'è da stupirsi che sono più di trent'anni che si estrae in Arabia Saudita, ma dal Kazhakstan ancora non si è riusciti a tirar fuori qualcosa dal pozzo di Kashagan che è uno dei pochi giacimenti giganti rimasti.
Allora, cosa succede nel periodo di sfruttamento di un insieme di risorse petrolifere; diciamo gli Stati Uniti? Beh, all'inizio estrarre costa poco perchè si estrae dai pozzi facili. Si fanno grossi profitti che vengono re-investiti in altra estrazione. Questo fa aumentare la produzione. Piano, piano, però, i costi salgono perché si esauriscono le risorse a buon mercato. A questo punto, i profitti cominciano a diminuire. Si investe di meno, quindi la crescita rallenta. A un certo punto rallenta talmente che la produzione comincia a diminuire. Ecco il picco.
Questo tipo di ragionamento è qualitativo, ma si può quantificare con dei modelli. Ma non servono modelli complicati. Tutta la faccenda di Hubbert è basata semplicemente sui principi di base dell'economia. E' quello che vi insegnano al primo anno di scienze economiche: la gente prende le decisioni secondo quello che gli conviene. Perlomeno in un libero mercato. E, infatti, la curva di Hubbert si osserva in situazioni dove c'è un libero mercato - almeno approssimativamente. Dove c'è un controllo centralizzato, allora no. Se è il governo a decidere cosa estrarre e cosa no, la curva di Hubbert non la vedete. Guardate l'Arabia Saudita - tutto è in mano al governo e li' di picchi di Hubbert non ce ne sono - perlomeno non in modo chiaro. Questo non vuol dire che la produzione Saudita non dovrà andare a zero prima o poi. Ma non c'è quella bella curva che vediamo per il petrolio degli Stati Uniti.
Quindi vediamo che c'è questa curva di estrazione che ha una forma un po' come una campana. Si parla molto del fatto che il picco debba essere al momento in cui si estrae la metà delle riserve. Questo vuol dire, se ci pensate sopra un attimo, che la curva debba essere simmetrica. Questo non è affatto detto che si verifichi nella realtà. La simmetria è un'approssimazione. Come dicevo, il fatto se estrarre o non estrarre è una decisione umana. Non è una legge della fisica; è qualcosa che sta nella nostra testa. E la nostra testa non è proprio il massimo del prevedibile. Però, nella media, la curva di Hubbert è una buona approssimazione. Come dicevo prima, ci sono stati tantissimi casi storici.
Ora, un'obiezione che ho sentito fare su questa faccenda è che la curva - si - è valida per i casi regionali. Come appunto i 48 stati americani. Ma non è valida necessariamente per il mondo intero. Questa obiezione è sensata. In effetti, dicono, se non conviene estrarre non si estrae; ma il fatto che non conviene non deriva solo da fattori geologici ma dal fatto che - per esempio - nel caso degli Stati Uniti a un certo punto conveniva di più importare petrolio dal Medio Oriente o dal Venezuela che estrarlo in casa.
Bene - come dicevo, questa è un'obiezione sensata. Per controbattere, bisognerebbe far vedere che l'estrazione globale del petrolio passa per un picco. Ma il petrolio globale non ha ancora raggiunto il picco e allora questo non lo possiamo dire; non ancora perlomeno. Sembra che ci sia chi dice che se non c'è stato finora un picco del petrolio a livello globale, allora probabilmente non ci sarà mai. Questo è proprio esagerato, se ci pensate sopra, ma comunque è una cosa sulla quale dobbiamo ragionare.
Per capire questa faccenda abbiamo bisogno di dati sperimentali. Se ci limitiamo a ragionarci sopra, allora non arriviamo a niente. Continuiamo a chiaccherare, ma il mondo la fuori ha le sue realtà. Il mondo fa il suo corso, indipendentemente dalle chiacchere che noi facciamo. Allora, se il petrolio mondiale non ha ancora raggiunto il suo massimo, abbiamo dei dati su delle risorse che ci sono arrivate? La risposta è si. Allora possiamo confrontare.
E' un problema che ho studiato in un certo dettaglio. Io e alcuni miei collaboratori ci abbiamo lavorato sopra parecchio. Abbiamo studiato risorse sia minerali che biologiche - la caccia alle balene per esempio. E' un campo di studio molto vasto è interessantissimo. Vi farò soltanto un paio di esempi.
Comincio con una cosa che ho visto proprio questa settimana in farmacia. Non so se l'avete notato anche voi; c'era un cartello con sopra scritto qualcosa come "il vecchio termometro a mercurio va in pensione". Ovvero, i vecchi termometri non si vendono più. Vi ricordate quelli con la colonnina di mercurio? Una volta tutti i termometri erano così.
Ora, il fatto che il mercurio sparisca dai termomentri sembra che sia una cosa ovvia per ragioni di ecologia. Il mercurio è un metallo pesante; è tossico per la salute umana. Cosa c'è di più logico che farlo sparire e sostituirlo con qualche bel microprocessore? Fra le altre cose, non c'è più nemmeno bisogno di fare quella cosa curiosa che era "sbattere" il termometro prima di provarsi la febbre.
Il realtà, però, se andate a vedere i dati storici della produzione di mercurio, vedete una cosa curiosa. La produzione mondiale di mercurio ha seguito una bella curva di Hubbert, con il massimo verso la fine degli anni '60. Ovvero, non è che abbiamo deciso di smettere all'improvviso di usare il mercurio perché lo consideravamo inquinante. C'è stata questa curva che ci dice qualcosa. Certo, uno dice, va bene, è stata una cosa graduale, via via che il mercurio lo eliminavamo dal mercato, la produzione diminuiva perché c'era meno domanda. Forse. Ma forse anche no. Vedete, c'è un piccolo dettaglio da considerare. Se confrontate la curva di produzione storica con i dati geologici; ovvero le stime delle riserve mondiali, allora vedete che le due cose corrispondono bene. Ovvero,
abbiamo estratto tutto il mercurio che potevamo estrarre.
Pensateci bene su questa cosa. Vuol dire che il mercurio non lo abbiamo smesso di estrarre perché non ci serviva più. Perlomeno, non solo per questo. Abbiamo smesso, anche e forse soprattutto, perché non ce n'è più in forma estraibile. In economia è sempre difficile disaggregare domanda e offerta ma, in questo caso, chiaramente la produzione non è diminuita soltanto per via di una riduzione della domanda. C'era un problema di offerta. Se non avessimo avuto a disposizione una tecnologia alternativa, oggi i termometri sarebbero cose rare e preziose.
Il mercurio è un caso classico in cui la sostituzione di una risorsa è stata talmente facile che la maggior parte di noi non si è nemmeno accorta che c'era un problema. Non c'è stato nessuno che abbia parlato con preoccupazione di "picco del mercurio", nessun catastrofista che abbia lanciato l'allarme o cose del genere. Può darsi che ci vada così anche per il petrolio ma, ovviamente, il petrolio è una cosa importante e non così facile da sostituire come il mercurio.
Questo ci porta a un'altra domanda. Che cosa succede se una risorsa non è sostituibile? Intendo, proprio per niente? C'è stato un caso storico del genere ed è quello dei fosfati. I fosfati sono usati in agricoltura; sono un fertilizzante. Sono una risorsa minerale che si estrae in varie regioni del mondo. Allora, se guardate la curva della produzione di fosfati, vedrete che la curva ha fatto un bel picco e ora è in declino. Non è la stessa cosa del mercurio; per i fosfati siamo ancora a un buon 80% del massimo della produzione. Quindi, ancora si produce; ma la tendenza e chiara - siamo in declino.
Ora, la differenza fra i fosfati e il mercurio è molto semplice: i fosfati non si possono sostituire. Non mi parlate di ricerca scientifica e di nuove tecnologie; o magari di OGM o cose del genere. Il fosforo è una parte integrante delle proteine biologiche e il fosforo bisogna che le piante lo prendano dai fosfati. Non c'è modo di inventarsi un altro sistema - a meno di fare delle piante con i microprocessori, come per i termometri senza mercurio. Ma le piante elettroniche non sarebbero molto nutrienti, credo.
Allora, cosa succede all'agricoltura senza fosfati? Beh, non siamo ancora arrivati a delle difficoltà gravi. L'agricoltura ha tantissimi problemi, quello della carenza dei fosfati si comincia a sentire, ma non è ancora grave. Però vedremo questo problema farsi molto pesante nel futuro. E non c'è modo di risolverlo a colpi di tecnologie avanzate. Bisognerà ristrutturare l'agricoltura in modo da usare meno fosfati e riciclarli il più possibile. La cosa non sarà per niente facile.
Magari fra qualche anno ci ritroviamo qui a Lecce a discutere al Festival dei Fosfati, invece che al festival dell'energia. Ma quello che vi volevo dire è un'altra cosa. Vi volevo far vedere come il modello della curva di Hubbert sia una cosa reale. Vedete, non è una teoria stramba che qualcuno si è inventato visto che non aveva altro da fare. E' un fatto che si verifica comunemente. Ci sono tantissimi casi storici. Ed è anche un fenomeno "robusto" nel senso che si verifica anche per risorse diverse in condizioni molto diverse.
Allora, vi invito a ragionare su queste cose tenendo conto che l'estrazione di una risorsa - di qualsiasi tipo - è sempre questione delle leggi dell'economia. Non basta che, in principio, la risorsa ci sia sotto terra o da qualche parte. Bisogna avere le possibilità economiche di estrarla. Questo vale per quasi tutte le risorse, incluso il petrolio dove, a mio parere, siamo molto vicini a questo famoso "picco" di cui si è tanto parlato. Secondo me l'abbiamo passato l'anno scorso e su questo ho scommesso un euro con Massimo Nicolazzi che è qui in platea. Lui pensa che la produzione potrà aumentare ancora. Magari ha ragione lui, ma la produzione petrolifera sta diminuendo; quindi fino ad ora vinco io. Ci ritroviamo qui l'anno prossimo e vediamo.
Un ultimo punto: il nostro moderatore ha accusato ASPO di essere una "setta". Non so bene da dove derivi questa idea; non mi pareva che i membri di ASPO fossero dediti a pratiche religiose esoteriche. Però è vero che c'è gente la fuori che ha mitizzato il picco del petrolio come se fosse la fine del mondo. Ma non è affatto detto. Avete visto, per esempio, come del picco del mercurio non ce ne siamo neanche accorti. In fin dei conti è una questione di sostituzione: se una risorsa la possiamo sostituire, il picco è un travaso naturale da una risorsa a un'altra. Non succede niente di orribile; non casca il mondo. Però, certe risorse sono difficili da sostituire - anche impossibili come i fosfati. Il picco dei fosfati ci darà dei grossi problemi. Il petrolio è in qualche modo intermedio; si può sostituire, ma non è ovvio. Ci sono tante altre fonti di energia, ma per il momento ancora un po' più care. Bisogna lavorarci sopra.
L'errore che potremmo fare è attaccarci al petrolio come se fosse insostituibile e sprecare tutte le nostre risorse per cercare di mantenere la produzione il più a lungo possibile. Questo sarebbe veramente un disastro e per evitarlo bisogna capire come stanno le cose - incluso il discorso della curva di estrazione della quale vi ho parlato oggi. Pensateci sopra, perché è una cosa importante. Grazie.