Il blog di ASPO-Italia, sezione italiana dell'associazione internazionale per lo studio del picco del petrolio e del gas (ASPO)
mercoledì, ottobre 31, 2007
Tanto di cappello!
In un articolo su "Science" del 1998, Colin Campbell e Jean Laherrere portavano all'attenzione del mondo scientifico la questione del picco globale del petrolio. Nel loro articolo avevano ripreso e aggiornato il lavoro fatto qualche decennio prima da Marion King Hubbert e che era sparito dalla memoria collettiva con l'ondata di ottimismo degli anni '90. C'era voluto molto lavoro e molto coraggio per pubblicare quell'articolo che, fra le altre cose, arrivava proprio nel momento in cui i prezzi del petrolio erano in discesa da qualche anno. Poco dopo, nel Marzo 1999, l' "Economist" avrebbe sparato la fesseria del secolo prevedendo che il petrolio a 10 dollari al barile poteva essere "dietro l'angolo".
Vedete nella figura la predizione di Campbell e Laherrere. Il picco globale era dato, all'incirca, per il 2004. Non è stata una predizione perfetta, come le predizioni non possono mai essere; in particolare Campbell e Laherrere non avevano previsto la ripresa della produzione dei paesi dell'ex-Unione Sovietica che ha spostato il picco di un paio di anni in avanti. Comunque, tanto di cappello ai predittori: secondo gli ultimi dati, il picco globale è stato nel 2006. Vorrebbero farle tutti delle predizioni così!
Trovate qui l'articolo originale su Science. Su www.aspoitalia.net, trovate alcuni degli articoli originali di Hubbert tradotti in Italiano da Dante Lucco, Giovanni Pancani e Claudio Della Volpe
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martedì, ottobre 30, 2007
L’agricoltura intensiva ed il picco del petrolio.
Di Giovanni Pancani
altamareagio@yahoo.it
Uno dei più gravi, ed apparentemente irrisolti, problemi per chi si trova di fronte alle questioni relative al picco del petrolio è sicuramente quello del mantenimento di una produzione agricola che sia sufficientemente estesa e produttiva da consentire il sostentamento del maggior numero possibile di persone.
Fino ad oggi questo è avvenuto essenzialmente grazie ad un uso massiccio di fertilizzanti, diserbanti ed antiparassitari, che sono in più o meno diretta dipendenza da processi industriali che vedono come elementi primi il metano ed il petrolio, mentre la cosiddetta agricoltura biologica è apparentemente ancora incapace di creare un volume di produzione paragonabile a quello dell’industria tradizionale.
Il problema è stato posto anche dall’UE, sebbene in termini diversi: il rapporto Millennium Ecosystem Assestment 2005” ha infatti denunciato il fatto che l’agricoltura intensiva rappresenta “la più grave minaccia per la biodiversità e l’ecosistema rispetto a qualunque altra attività umana”.
Attualmente l’80% dei suoli coltivati è occupata da cereali, legumi, e semi oleosi: questi danno naturalmente anche come sottoprodotto un’ingente quantità di mangime per animali d’allevamento. Di questo 80% di suoli coltivati, la metà è impiegato nella coltivazione di soli tre cereali: frumento (17,8%), riso (12,5%), e mais (12,2%). Seguono in ordine decrescente di importanza soia, orzo, sorgo, cotone, fagioli, miglio e colza.
La “rivoluzione verde”, combinata ad un uso sempre più intenso di fertilizzanti, ha creato colture cerealicole estremamente produttive, arrivando a superare il raddoppio di produzione rispetto a colture biologiche. La coltivazione di piante annuali richiede però un alto dispendio energetico: devono essere riseminate dopo ogni trebbiatura e necessitano di cure costanti: inoltre la scarsa profondità delle radici e l’uso di diserbanti creano erosione del suolo, impoverimento e inquinamento delle acque.
E’ però dagli anni ’70 che esiste il tentativo di rendere l’agricoltura assai meno dipendente dalle fonti fossili: Wes Jackson, un genetista vegetale, cominciò a ipotizzare allora la possibilità di incrociare le principali colture annuali con i parenti perenni più prossimi. Questo processo, possibile attraverso le biotecnologie vegetali, dovrebbe permettere di selezionare i tratti delle specie selvatiche ritenuti più interessanti e adattarli alle coltivazioni di cereali su larga scala: questo permetterebbe di avere piante più resistenti alle malattie, minore necessità di macchinari agricoli e di fertilizzanti, quindi un minore dispendio energetico. Anche più importante è il fatto che le piante perenni sembrano essere molto più adatte allo sfruttamento di terreni marginali, che si impoverirebbero in poco tempo con la coltivazione intensiva.
Attualmente ci sono vari progetti che cercano di rendere il potenziale genetico di molte coltivazioni cerealicole comuni il più vicino possibile a certe caratteristiche delle piante perenni; lo stesso Wes Jackson ha fondato il Land Institute, un’associazione senza fine di lucro che si propone di promuovere un’agricoltura sostenibile. Ci sono essenzialmente due tecniche, potenzialmente complementari, per ottenere lo sviluppo delle colture perenni: la domesticazione diretta delle piante selvatiche e l’ibridazione di piante annuali comuni con i loro parenti selvatici.
La domesticazione è il metodo più diretto e consiste nella selezione degli individui sulla base di determinate caratteristiche quali semi di grande formato, resa abbondante, facile separabilità del seme dalla pianta ecc. Si tratta di accentuare o meno dei caratteri grazie ad incroci mirati, ripercorrendo quindi il percorso già compiuto da moltissimi popoli nello sfruttamento delle piante, rendendo il più breve possibile tale percorso e stabili i risultati.
I progetti attualmente in corso coinvolgono il girasole di Maximilian (Helianthus maximiliani), il Desmanthus illinoensis, e l’erba della pampa (Thinopyrum Intermedium), un parente perenne del frumento; quest’ultimo progetto sembra essere quello in fase più avanzata. L’ibridazione consiste invece nel mescolare le caratteristiche di due specie diverse di piante, una perenne ed una già domesticata, attraverso un accoppiamento forzato: naturalmente le piante domesticate hanno già raggiunto risultati soddisfacenti, ma l’incrocio può produrre nuove piante con caratteristiche particolarmente soddisfacenti, ad esempio piante aventi la sola nuova particolarità di essere perenni. L’ibridazione può essere di due tipi diversi: tra specie (ibridazione interspecifica) e tra generi (ibridazione intergenerica).
Il Land Institute attualmente lavora sia alla domesticazione diretta che all’ibridazione e sono allo studio circa 1500 ibridi con migliaia di derivati; l’intero processo è molto complesso, sia per la quantità di incroci da compiere che per i potenziali problemi di infertilità parziale o totale dovuta alle incompatibilità genetiche delle piante madri. Questi problemi come altri (ad esempio il diverso numero di cromosomi presenti nel DNA delle piante madri blocca la meiosi e quindi lo sviluppo di piante) vengono superati con l’uso di varie tecniche come il backcrossing e l’uso di sostanze come la colchicina. Le varie tecniche utilizzate per produrre piante perenni non sono però tali da compromettere l’uso dei cereali nell’agricoltura biologica: non si tratta infatti di piante geneticamente modificate, ma di piante che hanno subito un processo accelerato di sviluppo e selezione genetica.
La perennialità dei cereali è però un risultato complesso e per ora non è stato individuato nessun tratto specifico per il miglioramento di piante perenni: è stato però individuato dalla Washington State University un cromosoma, il 4E, in Th. Elongatum, che è necessario alla ricrescita della pianta dopo un ciclo di riproduzione sessuata. La complessità stessa del tipo di operazione necessaria alla creazione di ibridi perenni esclude per il momento l’utilità di modifiche transgeniche, ovvero l’inserimento di DNA estraneo nel patrimonio genetico della pianta; nel futuro saranno forse utili inserimenti mirati di singoli tratti, ad esempio relativi alla codifica di proteine come il glutine, qualora la miglior versione domesticata disponibile di erba della pampa si dimostrasse incapace di produrlo.
La strada per la creazione di cereali perenni è ancora lunga: i ricercatori del Land Institute calcolano un tempo variabile tra i 25 ed i 50 anni per un inserimento produttivo su larga scala dei cereali perenni. Questo orizzonte di tempo è evidentemente molto più ampio di quello prospettatoci da un’emergenza immediata come quella del picco del petrolio; nondimeno, lo sviluppo di colture perenni per l’alimentazione umana può essere la via migliore per un’agricoltura realmente sostenibile di massa.
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Utopia di un sognatore naif
Non ho badato più di tanto alla ricerca della risposta o delle risposte, però mi sono detto "chi ha una bicicletta dovrebbe conservarla; chi ne ha più di una non la deve ne cedere ne vendere". Tra non molti anni (o forse molto meno?) questo mezzo così primitivo sarà oppure diventerà un prodotto molto ricercato.
Continuando a ragionare, mi sono tornati in mente tutte le soluzioni e le tecnologie proposte in questi ultimi anni. Mi sono reso conto che da queste una soluzione è fattibile anche da subito a condizione che nessuna venga considerata "La Soluzione" ma che vengano tutte integrate in un unico progetto. Queste soluzioni potrebbero rendere la vita di Firenze, più semplice, pulita, quasi senza rumori molesti, senza smog ed inquinamento (senza quindi blocchi del traffico e domeniche ecologiche). Firenze potrebbe diventare la vera Città dove quotidianità, turismo, arte e MODERNITA' (parola molto cara agli amministratori progressisti) possono convivere insieme.
Ho pensato all'integrazione di queste tecnologie/soluzioni:
- Biciclette convenzionali ed elettriche (l'investimento dell'Amministrazione si concentrerebbe sullo sviluppo di una vera rete di piste ciclabili rispetto a quella quasi non esistente in Città)
- Motorini elettrici
- Macchine elettriche (mono, biposti, quadriposti)
- Bus elettrici (come quello messo a disposizione di ASPO-5 a San Rossore)
In questi ultimi tre casi l'investimento sta nel diffondere le pensiline fotovoltaiche, e comunque i caricatori alimentati con pannelli fotovoltaici)
- Palazzi coperti dai tradizionali pannelli solari termici
- O in alternativa (e prima o poi saranno convenienti) i palazzi condominiali, gli ospedali, gli edifici pubblici, coperti di collettori parabolici solari (o con nuove tecnologie di solar cooling) per raffreddare d'estate e riscaldare d'inverno.
- Consentire la diffusione del retrofit delle auto come quella di Pietro Cambi (quanto si riparmierebbe in termini economici ed ambientali sulla non rottamazione, ecc... ecc...)
- e cosi via ....
Dato che questi pensieri mi venivano durante l'ora di punta, quando mamme, babbi, nonni accompagnavano i loro figli(e) a scuola e poi se ne tornavano a casa o al lavoro, congestionando e rimanendo congestionati dal traffico cittadino, mi sono chiesto perché la maggior parte degli studenti non vanno a scuola usando un servizio di autobus? Anzi quanto costerebbe all'amministrazione comunale, provincile e/o regionale acquistare un numero di pullman elettrici pari o un meno del numero delle scuole di Firenze e bloccare o impedire del tutto ai genitori di muoversi con le loro auto? quanto risparmierebbero questi genitori di benzina, stress, e investirebbero nella salute loro e dei loro piccoli (e di quella degli altri) ...
Insomma la mia riflessione base era: se l'amministratore è un politico e di norma capisce ben poco di tecnologie oppure è poco informato (tutti eufemismi) ma a tutti questi ingegneri, architetti, geometri, ecc.... che hanno progettato o progettano soluzioni per il trasporto cittadino .... cosa hanno insegnato durante il periodo universitario???
Comunque poi mi sono ripreso dai miei pensieri e mi sono reso conto: E' soltanto un utopia....
La nostra piccola battaglia quotidiana
Una battaglia MOLTO importante è quella per l'installazione degli impianti fotovoltaici sul tetto condominiale nel caso ( altamente probabile) di non avere la maggioranza dei condomini favorevoli all'iniziativa.
Premesso che sarebbe importante che se ne occupassero direttamente le associazioni di consumatori o, meglio ancora, il legislatore con un'articolo di legge apposito, mi sembra importante ricordare qui un paio di riferimenti di legge e di esempi passati in giudicato ( si riferiscono a pannelli solari termici, essendo vecchi di quasi vent'anni ma il principio giuridico applicato è ovviamente lo stesso).
Alla prossima riunione condominiale fate la voce grossa.
Installare il fotovoltaico sul tetto E' UN VOSTRO DIRITTO e, servendo da esempio, è nell'interesse ANCHE dei vostri vicini, non importa se ancora non l'hanno capito.
Buona lettura!!
Giurisprudenza sull’installazione dei pannelli solari sulla cosa comune
La giurisprudenza sostiene che per l’installazione di pannelli solari sul tetto comune non occorre l’autorizzazione dell’assemblea. “L’installazione da parte di un condomino di pannelli solari su parte comune dell’edificio condominiale (nella specie sul lastrico di copertura del vano scale), che non alteri la cosa comune e non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto, non costituisce innovazione, né a norma dell’articolo 1120 c. c., né a norma del successivo art. 1121, ma legittimo uso della cosa comune”. Così ha stabilito la sentenza del tribunale civile di Salerno 16 marzo 1982 (in Arch. Loc e cond 1982, 269).
Il principio è stato poi ribadito dalla Corte d’Appello di Salerno (13 maggio 1983): è possibile installare pannelli solari sul tetto o sul lastrico solare comune di un edificio, se le loro dimensioni non sono ingombranti rispetto alla copertura dell’edificio e quindi non alterano il rapporto di equilibrio tra le facoltà di utilizzazione attuali e potenziali degli altri condomini. Anche in caso di dimensioni normali, però, si tratta di verificare se i pannelli possono alterare il decoro architettonico dell’edificio.
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La decisione di un singolo condomino di installare sul tetto dei pannelli solari potrebbe essere contestata da parte degli altri condomini?
[risponde l’avvocato Claudio Linzola]
L’installazione di pannelli solari ingombranti sulla copertura di un edificio condominiale, da parte del singolo condomino, riduce la possibilità di utilizzo della cosa comune, alterandone la possibilità di uso da parte degli altri condomini, oltre ad alterarne l’estetica.
Ne consegue che tale installazione può essere contestata, ma soltanto nel caso in cui venga modificata la sostanza dell’edificio, arrecando pregiudizio allo stesso o mutandone la destinazione.
Nell’ipotesi in cui i pannelli solari di proprietà di in singolo condomino rechino danni a terzi, la responsabilità, sia in ordine alla mancata eliminazione delle cause del danno, sia al risarcimento, è a carico esclusivamente del proprietario del pannello solare, non anche degli altri condomini.
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L'installazione da parte di un condomino di pannelli solari su parte comune dell'edificio condominiale (nella specie, sul lastrico di copertura del vano scale), che non alteri la cosa comune e non impedisca agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto, non costituisce innovazione, né a norma dell'art. 1120 cod. civ., né a norma del successivo art. 1121, ma legittimo uso della cosa comune.
* Trib. civ. Salerno, sez. II, 16 marzo 1982, D'Aniello c. Condominio di via A. Capone 9, Salerno, in Arch. loc. e cond. 1982, 269.
Art. 1102(Uso della cosa comune)
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
lunedì, ottobre 29, 2007
Il picco è stato nel 1999 in Italia
Tutti si preoccupano del picco globale del petrolio ma, se guardiamo la situazione Italiana, il picco è stato nel 1999. Dopo la grande abbuffata di petrolio degli anni 1960 e 1970, il consumo era calato per poi ripartire verso la fine degli anni 1980, in corrispondenza con le riduzioni dei prezzi del petrolio di quegli anni.
Dal 1999, i consumi hanno ricominciato a calare, iniziando una discesa in picchiata negli ultimi tre-quattro anni, in corrispondenza degli aumenti di prezzo recenti. Questo dovrebbe bastare a contentare quelli che si domandano "ma come mai i prezzi sono così alti e non succede niente?" Ne succedono di cose, eccome!
Aggiungo qualche nota che tiene conto dei vari commenti ricevuti. In primo luogo, ovviamente c'è stato più di un picco nel consumo Italiano. Nel dire che "il picco è stato nel 1999" intendevo riferirmi all'ultimo, quello che ha preceduto l'attuale fase di discesa.
Più che altro, tuttavia, la curva mostrata li' sopra fa vedere come il consumo di Petrolio in Italia sia fortemente sensibile ai prezzi. La discesa che vedete dal 1980 al 1985 corrisponde alla fase in cui i prezzi erano saliti a oltre 100 dollari al barile in moneta attuale, al tempo della seconda crisi del petrolio. Verso il 1985, i prezzi però si erano abbassati intorno ai 20-30 dollari al barile (sempre moneta attuale) e il consumo in Italia ha ricominciato a tirare, salvo poi ripiombare verso il basso con la fase di aumenti degli ultimi anni. E' non è ancora finita!
Ecco qui i dati del consumo italiano, plottati insieme con l'andamento dei prezzi. Quando i prezzi salgono; il consumo diminuisce. Per la prima crisi del petrolio c'è stato uno sfasamento nel tempo; il consumo ha continuato ad aumentare per un po' anche con i prezzi molto alti. Ora, sembrerebbe che lo shock sia stato iù graduale e che i consumi stiano già risentendo dei prezzi. Comunque, qualcuno aveva detto che il petrolio era un esempio perfetto di prezzi anelastici......??
(Prezzi da www.bp.com)
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domenica, ottobre 28, 2007
La Eolo: un caso di marketing virale?
L'altro giorno mi è capitato di essere ospite della trasmissione radiofonica "Caterpillar" per il "premio Eolo" . E' un programma dove si passa un'ora e mezzo a parlare di invenzioni strampalate con l'idea di premiare la migliore. Come intrattenimento, sicuramente funziona bene; ma quello di cui volevo parlarvi oggi è il titolo della trasmissione; il "Premio Eolo", appunto.
Se ci pensate bene, è curioso che il grande pubblico di una trasmissione radiofonica riesca a riconoscere subito che il termine "Eolo" si riferisce a un prototipo di vettura ad aria compressa e non, per esempio, al nanetto di Walt Disney. Non solo, ma è curioso che il fatto di chiamare la competizione "premio Eolo" implica che si parli di invenzioni geniali, almeno in principio. E' curioso perché la Eolo esiste quasi esclusivamente come una serie di siti internet in cui se ne decantano le virtù; pochissimi ne hanno veramente visto un prototipo. A me, incidentalmente, è capitato di diventare quasi famoso per aver criticato la Eolo ed è per questo che ero a Caterpillar l'altro giorno. Non sai mai per quale ragione raggiungerai la fama e l'immortalità......
Allora, come è possibile che la Eolo, oggetto di per se non particolarmente rivoluzionario e del quale non è nemmeno certo il funzionamento in pratica, si sia guadagnata tutta questa fama di invenzione del secolo? Credo che la risposta si trovi nella tecnica di "marketing virale"
Il marketing virale va molto di moda negli ultimi tempi, anche se non è certamente una cosa nuova. Secondo Wikipedia,
Il marketing virale è un tipo di marketing non convenzionale che sfrutta la capacità comunicativa di pochi soggetti interessati per trasmettere il messaggio ad un numero esponenziale di utenti finali. È un'evoluzione del passaparola, ma se ne distingue per il fatto di avere un'intenzione volontaria da parte dei promotori della campagna.
Ovvero, il marketing virale sfrutta scientemente quei fenomeni di propagazione di leggende e storie che è tipica di internet ma che già esisteva al tempo delle lettere (cartacee) di Sant'Antonio. Lo possiamo chiamare anche "marketing (o comunicazione) non lineare" nel senso che nel marketing classico si vende più o meno in proporzione (ovvero linearmente) a quanto si spende di pubblicità. Nel marketing virale, una piccola pressione al punto giusto può scatenare una reazione a catena (non lineare) che moltiplica enormemente il risultato. Se vogliamo usare una similitudine militare, il marketing classico corrisponde al bombardamento a tappeto, quello virale alla guerra di guerriglia dove i guerriglieri si muovono come "pesci nell'acqua".Nella pratica, il marketing virale, sebbene di moda, non è per niente comune nel commercio (Paolo Attivissimo ha trovato solo qualche raro caso). Lo è molto di più in politica dove, tuttavia, in fondo si fa la stessa cosa che nel commercio, ovvero si vende un candidato o un'idea. Se vogliamo farci un'idea di come funziona, possiamo vederlo all'opera proprio adesso con i messaggi che accusano uno dei candidati democratici alla nomination per le prossime presidenziali, Barak Obama, di essere musulmano. Questi messaggi girano su internet e si propagano secondo il classico meccanismo delle leggende. Chi ha messo in giro queste false storie? E' impossibile dirlo con certezza; però possiamo perlomeno sospettare che gli avversari politici di Obama abbiano qualcosa a che vedere con la faccenda.
Ci sono molti altri esempi di leggende politiche che, molto probabilmente, sono nate da qualcuno che le ha messe in giro con l'obbiettivo specifico di screditare qualcosa o qualcuno e che ha usato tecniche di comunicazione non lineari, o virali. C'è perlomeno un caso in cui possiamo risalire con certezza all'autore: quello della campagna di bugie che ha demolito il lavoro degli autori dei "Limiti dello Sviluppo" del 1972. In questo caso, possiamo trovare l'origine della campagna denigratoria in un articolo che Ronald Bailey ha scritto su un numero di Forbes del 1986. In quell'articolo, Bailey aveva accusato gli autori dei "Limiti" di aver clamorosamente sbagliato i loro calcoli avendo previsto l'esaurimento di alcune materie prime già prima di quell'anno. Era tutto falso, ma l'accusa si è propagata esponenzialmente al punto che ancora oggi si trovano centinaia di siti che riportano parola per parola le frasi dell'articolo di Bailey. Da questo articolo, è nata l'idea - oggi diffusissima - che gli autori dei "Limiti" "avevano sbagliato tutto".
Da questi e altri esempi, possiamo capire che, per diffondersi, un messaggio virale deve, tipicamente, avere due caratteristiche: 1) deve smascherare un furfante e 2) il furfante smascherato deve essere in grado, potenzialmente, di danneggiare chi diffonde il messaggio. In questo caso, il danneggiato viene coinvolto emotivamente nella storia e si vendica come può, ovvero diffondendo il messaggio che smaschera il furfante. Questo non è l'unico tipo possible di marketing o di comunicazione virale, ma è di gran lunga il più efficace.
La regola si applica agli esempi che abbiamo visto qui. Nel caso di Barak Obama, il furfante è lui in persona e il danno potenziale è nei riguardi di tutti gli elettori degli Stati Uniti per molti dei quali l'idea di eleggere un musulmano alla Casa Bianca sembrerebbe una specie di tradimento. Nel caso dei "Limiti dello Sviluppo", i furfanti sono gli autori che hanno cercato di spaventarci con le loro predizioni catastrofiste e che invece sono stati smascherati come degli imbroglioni. Ci sono molti altri esempi; fra gli altri, Beppe Grillo e Antonio di Pietro sono stati accusati di fare marketing virale con i loro blog. C'è qualcosa di vero in questa accusa, dato che entrambi cavalcano la leggenda dei politici che sarebbero tutti dei furfanti.
Tornando alla leggenda della Eolo, in questo caso i furfanti sono le compagnie petrolifere o quelle automobilistiche che hanno cercato di imbrogliarci raccontandoci che il petrolio è l'unico modo per far viaggiare un'automobile, e invece no. Ecco dunque che chi riceve il messaggio, tartassato dagli alti prezzi dei carburanti, si vendica diffondendolo ad altri. Che il messaggio della Eolo abbia delle caratteristiche virali non ci sono dubbi; come potete vedere dal testo riportato in fondo a questo post.
Allora, possiamo dire che il messaggio che dice "L'auto ad aria è volata via" sia stato pianificato e costruito a tavolino da qualcuno che voleva promuovere il veicolo "Eolo"? Non lo possiamo sapere con certezza, è certo però che chiunque lo ha messo in rete ha fatto un bel favore alla ditta che vende l'idea della Eolo. Non c'è dubbio che la fama ottenuta mediante questo messaggio è stato utilissimo alla ditta per promuovere l'idea con gli investitori.
Lascio a voi di giudicare su questo punto. Per parte mia, vi posso dire che conosco almeno un caso di un messaggio virale simile a quello della Eolo e del quale conosco l'origine. Tempo fa, è comparso in rete il messaggo di un fantomatico comitato che lamentava un complotto che aveva affossato il tentativo di costruire un certo impianto innovativo di energia rinnovabile. Bene, il presidente, vicepresidente, segretario, tesoriere e unico socio di quel comitato mi risulta essere - indovinate - il titolare della ditta che aveva cercato di costruire l'impianto che si era alla fine rivelato impossibile da costruire perché troppo costoso e mal progettato. In questo caso, per fortuna, il messaggio virale non ha mai veramente decollato. Non sempre queste tecniche hanno successo; per esempio recentemente Roberto Vacca ha cercato di diffondere la leggenda dell ' "origine non biologica" del petrolio, ma il risultato, per ora, è stato un flop.
Che il marketing virale abbia successo o no, la morale della storia è che bisogna diffidare dei messaggi che girano in rete quando sono anonimi o con firme improbabili (quello della Eolo, per esempio, è firmato "La Gazzetta del Sud Africa"). La fuori, c'è pieno di gente che lavora a tempo pieno per trovare nuovi modi di imbrogliarci. Spesso ci riescono, ma siamo noi che gli permettiamo di riuscirci. Basta stare un po' attenti e non ti fai fregare.
A questo punto, ci potremmo anche domandare se non sarebbe possibile usare questi metodi di viral marketing per degli scopi buoni. Se sono così efficaci, non potremmo utilizzarli per diffondere cose come il problema del picco del petrolio o del cambiamento climatico? Personalmente, sono dell'opinione che non è possibile e nemmeno auspicabile; perlomeno per messaggi nella forma che abbiamo visto qui ("smascheramento del furfante"). Queste cose sono affini alla magia nera e, come sanno bene tutti gli apprendisti stregoni, la magia nera ha una sua tendenza a rivoltarsi contro chi la usa. Se cercate di usare questo tipo di metodi virali ricordatevi che state usando una spada a doppio taglio. Alla fine dei conti, state imbrogliando la gente, sia pure - magari - a fin di bene. Quelli che state cercando di imbrogliare potrebbero accorgersene e, in questo caso, non ne saranno affatto contenti. Il risultato finale potrebbe essere controproducente, anche parecchio controproducente, per gli scopi prefissi.
Quindi, è bene evitare i trucchi. A lungo andare, comunque, la verità viene sempre fuori.
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L'articolo "L'auto ad aria è volata via" in una versione comune.
L'auto ad aria e'... volata via
Guy Negre, ingegnere progettista di motori per Formula 1, che ha lavorato alla Williams per diversi anni, nel 2001 presentava al Motorshow di Bologna una macchina rivoluzionaria: la “Eolo” (questo il nome originario dato al modello), era una vettura con motore ad aria compressa, costruita interamente in alluminio tubolare,fibra di canapa e resina, leggerissima ed ultraresistente.
Capace di fare 100 Km con 0,77 euro, poteva raggiungere una velocità di110 Km/h e funzionare per più di 10 ore consecutive nell'uso urbano. Dallo scarico usciva solo aria, ad una temperatura di circa -20°, che veniva utilizzata d'estate per l'impianto di condizionamento. Collegando Eolo ad una normale presa di corrente, nel giro di circa 6 ore il compressore presente all'interno dell'auto riempiva le bombole di aria compressa, che veniva utilizzata poi per il suo funzionamento.
Non essendoci camera di scoppio né sollecitazioni termiche o meccaniche la manutenzione era praticamente nulla, paragonabile a quella di una bicicletta. Il prezzo al pubblico doveva essere di circa 18 milioni delle vecchie lire, nel suo allestimento più semplice.
Qualcuno l'ha mai vista in Tv ? Al Motorshow fece un grande scalpore, tanto che il sito www.eoloauto.it venne subissato di richieste di prenotazione: chi vi scrive fu uno dei tanti a mettersi in lista d'attesa, lo stabilimento era in costruzione, la produzione doveva partire all'inizio del 2002: si trattava di pazientare ancora pochi mesi per essere finalmente liberi dalla schiavitù della benzina, dai rincari continui, dalla puzza insopportabile, dalla sporcizia, dai costi di manutenzione, da tutto un sistema interamente basato sull'autodistruzione di tutti per il profitto di pochi.
Insomma l'attesa era grande, tutto sembrava essere pronto, eppure stranamente da un certo momento in poi non si hanno più notizie. Il sito scompare, tanto che ancora oggi l'indirizzo www.eoloauto.it risulta essere in vendita. Questa vettura rivoluzionaria, che, senza aspettare 20 anni per l'idrogeno (che costerà alla fine quanto la benzina e ce lo venderanno sempre le stesse compagnie) avrebbe risolto OGGI un sacco di problemi, scompare senza lasciare traccia. A dire il vero una traccia la lascia, e nemmeno tanto piccola: la traccia è nella testa di tutte le persone che hanno visto, hanno passato parola,hanno usato Internet per far circolare informazioni. Tant'è che anche oggi, se scrivete su Google la parola “Eolo”, nella prima pagina dei risultati trovate diversi riferimenti a questa strana storia.
Come stanno oggi le cose, previsioni ed approfondimenti. Il progettista di questo motore rivoluzionario ha stranamente la bocca cucita, quando gli si chiede il perché di questi ritardi continui. I 90 dipendenti assunti in Italia dallo stabilimento produttivo sono attualmente in cassa integrazione senza aver mai costruito neanche un'auto. I dirigenti di Eolo Auto Italia rimandano l'inizio della produzione a data da destinarsi, di anno in anno.
Oggi si parla, forse della prima metà del 2006...
Quali considerazioni si possono fare su questa deprimente vicenda? Certamente viene da pensare che le gigantesche corporazioni del petrolio non vogliano un mezzo che renda gli uomini indipendenti. La benzina oggi, l'idrogeno domani, sono comunque entrambi guinzagli molto ben progettati.
Una macchina che non abbia quasi bisogno di tagliandi né di cambi olio, che sia semplice e fatta per durare e che consumi soltanto energia elettrica, non fa guadagnare abbastanza. Quindi deve essere eliminata, nascosta insieme a chissà cos'altro in quei cassetti di cui parlava Beppe Grillo tanti anni fa, nelle scrivanie di qualche ragioniere della Fiat o della Esso, dove non possa far danno ed intaccare la grossa torta che fa grufolare di gioia le grandi compagnie del petrolio e le case costruttrici, senza che “l'informazione” ufficiale dica mai nulla, presa com'è a scodinzolare mentre divora le briciole sotto al tavolo....
Fonte: La Gazzetta del Sud Africa
Ripreso da: La Pravda
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sabato, ottobre 27, 2007
Politica Moderna e Durevolezza dell'Ecosistema Terra
Il rapporto “GEO4” presenta 4 futuri scenari comportamentali dei Governi:
· Primo Scenario: Lo Stato si annulla a favore del settore privato, il commercio si svilupperebbe senza controllo ed i beni naturali saranno privatizzati
· Secondo Scenario: si basa su un intervento centralizzato dello Stato che ha come obiettivo di equilibrare la forte crescita economica mediante uno sforzo necessario per limitare gli impatti ambientali e sociali
· Terzo Scenario: privileggiare la sicurezza per rispondere ai disordini civili e alle minacce esterne;
· Quarto Scenario: si tratta di una società che scegli la duraevolezza mediante la sostenibilità ambientale e l’equità, mediante la quale i cittadini svolgono un ruolo attivo.
La modellizzazione usata, permette di misurare l’influenza sull’ambiente di ciascuno di questi 4 scenari, considerando i consumi energetici, le emissioni di inquinanti, il tipo di attività agricola, l’uso delle risorse idriche, la crescita demografica, e tanti alti parametri. L’ultimo scenario (durevolezza) appare quello preferibile dal punto di vista sociale ed ecologico, mentre il primo (privatizzazioni), malgrado che assicuri una crescita più forte, appare avere un impatto ambientale insopportabile e capace di generare le più grandi inequità.
Gli scenari meno negativi dal punto di vista ambientale non sono tuttavia esenti da difetti: il secondo scenario, che privileggia un forte intervento politico, può generare una burocrazia ancora più pesante dell’attuale mentre il quarto che punta sulla durevolezza (sostenibilità), richiede molto tempo necessario per la cooperazione tra i vari attori. Et, non garantisce un futuro senza preoccupazioni. In tutti i casi, secondo il rapporto “il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità rimarranno una sfida significativa”.
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Il più grave è che il loro atteggiamento viene copiato dai politicanti dei Paesi emergenti e quelli in Via di Sviluppo.
A quando i funerali?
Toufic
Il cinquino elettrico al Festival della Creatività
Successo a dir poco strepitoso del cinquino elettrico esposto questo fine settimana al "Festival della Creatività" di Firenze. Mediamente ci sono venti persone intorno; tutte interessatissime; il grande entusiasmo generale è attenuato soltanto dalla notizia che il nostro governo, che ha a tanto a cuore il nostro benessere, non ci permette di far circolare queste macchine.
Dietro il cinquino, nella foto, intravvedete Pietro Cambi (che parla a quello con la maglietta arancione). E' stessatissimo dopo aver spiegato le stesse cose svariate centinaia di volte e comincia un po' a soccombere alla fatica. Se c'è qualche volontario che si sente di dare una mano a diffondere il verbo del retrofit elettrico, è benvenuto al Padiglione Spadolini della Fortezza da Basso, a Firenze. L'esposizione continua anche Domenica
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venerdì, ottobre 26, 2007
Nessuno ci fa più caso....
Passata di brutto la barriera dei 90 dollari al barile, sembra che nessuno ormai ci faccia più caso. La Repubblica del 25 Ottobre pubblica un articoletto di pochi paragrafi che dice, fra le altre cose:
Spinti dalle turbolenze sulle piazze petrolifere internazionali, continuano intanto a muoversi anche i listini delle principali compagnie petrolifere con i prezzi della benzina e del gasolio in rialzo e ormai nuovamente sopra quota 1,33 euro al litro in quasi tutti i distributori della Penisola. Nell'ultima settimana i prezzi hanno messo a segno un rialzo tra gli 0,3 e gli 0,5 centesimi al litro per la verde mentre per il gasolio il rincaro si è attestato - mediamente - sul mezzo centesimo.
Se è tutto qui, mezzo centesimo in più al litro, sembra che non ci sia nessun problema. Diamine, aspettiamo che arrivi a 100 dollari al barile, e poi forse succederà qualcosa! Magari un altro mezzo centesimo in più al litro.
Eppure, nel marasma generale, si percepisce anche che c'è qualcosa che non va. E' come uno di quei dolorini insistenti a un dente che cerchi di ignorare il più possibile ma che sai che a lungo andare non potrai ignorare. Siamo di fronte solo a un dente cariato della civiltà, o a qualcosa di molto peggiore? A lungo andare, ce ne accorgeremo.
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mercoledì, ottobre 24, 2007
Saggezza Hopi
Lindianne è musicista e scrittrice, autrice di "Greensleeves", un romanzo che si svolge in Irlanda nel sedicesimo secolo. Ha anche fondato "Tucson Sostenibile", un'associazione per molti versi non dissimile da ASPO-Italia
Ecco qua il messaggio di Lindianne, tradotto dall'inglese; non è una traduzione facile, posso solo sperare che sia rimasto qualcosa dei concetti originali espressi nel linguaggio degli Hopi.
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GLI ANZIANI HOPI PARLANO
NOI SIAMO COLORO CHE STAVAMO ASPETTANDO
Avete detto alla gente che questa è l'undicesima ora.
Adesso dovete tornare indietro e dir loro che questa è l'Ora
E che ci sono cose che dovete considerare
Dove vivete?
Che cosa fate
Quali sono le vostre relazioni? Sono giuste le vostre relazioni?
Dov'è la vostra acqua? Conoscete il vostro giardino?
E' tempo di dire la vostra Verità
Create la vostra comunità. Siate buoni l'uno con l'altro
E non guardate fuori di voi per chi vi possa guidare
Questo potrebbe essere un buon momento!
C'è un fiume ora che scorre molto veloce
E' così grande e rapido che ci sono quelli che ne avranno paura
Cercheranno di aggrapparsi alla riva. Penseranno di essere strappati via e soffriranno grandemente
Gli anziani dicono che che dobbiamo lasciare la riva e spingerci nel mezzo del fiume, tenere gli occhi aperti e la testa fuori dall'acqua
Vedete chi c'è lì con voi e celebrate.
In questo momento della storia, non dobbiamo prendere niente in termini personali
Meno di tutti, noi stessi
Perchè al momento in cui lo facciamo, il nostro viaggio spirituale si arresta
E' passato il tempo del lupo solitario. Riunitevi!
Eliminate la parola "lotta" dalla vostra attitudine e dal vostro vocabolario
Tutto quello che facciamo adesso lo dobbiamo fare in modo sacro e in celebrazione
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WE ARE THE ONES WE'VE BEEN WAITING FOR
Lindianne Sarno and Gary Kuitert
lunedì, ottobre 22, 2007
ESPLODE IL PICCO! L'ABBIAMO PASSATO NEL 2006
Arriva la notizia-bomba dal gruppo "Energywatch", ripresa stamattina da ANSA e diffusa nella blogosfera per prima dalla mitica Debora Billi. Abbiamo passato il picco l'anno scorso; inizia la discesa verso non sappiamo dove.
Già parecchia gente si era accorta che la produzione del petrolio detto "convenzionale" era in discesa già dal 2006. Ma ASPO e altri osservatori ritenevano che l'aggiunta dei petroli cosiddetti "non-convenzionali" avrebbe potuto prolungare la crescita della produzione fino al 2010 circa, che era la data prevista per il picco di "tutti i liquidi". Invece, l'analisi di EnergyWatch indica che i liquidi non convenzionali non sono stati sufficienti.
L'analisi di EnergyWatch si basa non solo sulle stime geologiche, ma più che altro sull'analisi della produzione passata, un parametro molto più sicuro di quanto non siano le stime delle riserve, notoriamente gonfiate per ragioni politiche. In questo, la metodologia di EnergyWatch è molto più robusta di quella di alcune recenti analisi, per esempio di CERA, che si basano quasi esclusivamente sulle stime delle riserve e che, storicamente, si sono dimostrate del tutto inaffidabili. Tutte le analisi vanno prese come possibilità e non come certezze, ma va anche detto che il lavoro di EnergyWatch da pienamente ragione all'analisi che Ali Morteza Samsam Bakthiari aveva illustrato al primo convegno di ASPO-Italia a Firenze a Marzo di quest'anno.
Sta entrando in funzione, apparentemente, uno dei meccanismi di fondo del modello di Hubbert, ovvero che il prezzo non è l'unico fattore che guida l'estrazione, ma c'è da considerare il costo energetico che aumenta esponenzialmente via via che si esauriscono le risorse facili. Questo fattore è correlato all "ritorno energetico" (EROEI) che è basso per i petroli non convenzionali e sta ora rallentando la produzione di tutti i tipi di risorse minerali; non solo quelle energetiche, come recentemente mostrato da Bardi e Pagani su TOD.
Per inquadrare meglio la notizia, l'Energy Watch Group è un gruppo di scienziati indipendenti di cui fanno parte gli autori di questo rapporto, Werner Zittel e Jorg Schindler. Entrambi sono anche membri di ASPO internazionale e rinomati studiosi di risorse energetiche. Fra le altre cose, sono autori di un recente articolo sulle riserve di carbone, nel quale illustrano come la conclamata abbondanza è soltanto apparente.
Ha commentato Franco Galvagno di ASPO-Italia "Siamo in un mare di guai, però AVEVAMO RAGIONE. Mi sento come un PEDONE INVESTITO SULLE STRISCE"
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domenica, ottobre 21, 2007
La casa energetica di Archimede Pitagorico (ovvero di Ugo Bardi)
Negli ultimi anni, casa mia è diventata piena di aggeggi strani: dai pannelli fotovoltaici, al motorino elettrico, con aggiunta di acqua sostenibile e pipistrelliere. Insomma, una specie di casa di Archimede Pitagorico, dove manca solo il fedele assistente "Lampadina".
Questa casa un po' particolare ha a che vedere con il modo in cui vedo il mondo. Da buon lettore di fantascienza, il futuro mi ha sempre interessato. Certo, il futuro è molto cambiato negli ultimi tempi; non è più come ce lo immaginavamo negli anni '60, quando mi divoravo i fascicoli di "Urania" comprati usati sulle bancarelle. Non si parla più di astronavi e picnic sulla Luna; diciamo che il futuro è diventato molto più quieto e respirabile.
Ma, nonostante tutto, il futuro rimane importantissimo: potrebbe essere un futuro molto difficile se non ci muoveremo in tempo per rimediare all'esaurimento del petrolio e al riscaldamento globale. Entrambe le cose sembrano viaggiare molto più in fretta di quanto vorremmo per poter stare tranquilli. E' bene cominciare a pensarci già da ora e prendere provvedimenti.
Allora, ho pensato di esplorare un po' il futuro così come lo vedo io, sperimentando a casa mia alcuni accorgimenti che ci potrebbero aiutare ad affrontare il futuro. Molti già montano doppi vetri, pannelli termici, isolamento e cose del genere. Io ho provato ad andare un po' più in là; verso un mondo dove il consumo di idrocarburi fossili potrebbe essere veramente zero. In particolare, io credo che nel futuro vedremo cose sporche e puzzolenti come il petrolio con la stessa sensazione di stupore con la quale pensiamo agli esquimesi che si riscaldavano bruciando grasso di foca. Il futuro sarà tutto elettrico; bruceremo sempre di meno, arriverà un giorno in cui non bruceremo più niente o quasi
Di mestiere, faccio il ricercatore; questo mi porta come atteggiamento a fare esperimenti. Si sa, però, che gli esperimenti non riescono sempre; d'altra parte è per questo che sono esperimenti. Per cui, in questa impresa ho cercato di fare in modo che questi esperimenti non fossero "campati in aria", ovvero fossero cose possibili e realizzabili a costi ragionevoli. In altre parole, non volevo andare in rovina per divertirmi a fare esperimenti a casa mia, considerando che già ne faccio a sufficienza all'università. Per questo, mi sono posto delle regole che sono che quello che sperimentavo doveva avere alcune caratteristiche, ovvero essere:
1. Acquistabile sul mercato, o perlomeno molto vicina ad essere acquistabile e che esista una possibilità concreta di manutenzione da parte del costruttore.
2. A prezzi che possono essere affrontati da una persona che vive dello stipendio di un impiegato statale, come me.
3. Tale da poter garantire un ritorno economico delle somme investite.
4. Tale da poter essere montato su un edificio esistente, senza bisogno di modifiche radicali.
5. Pensabile anche come sistema in grado di sopperire a un'emergenza, per esempio un black-out.
Queste regole escludono cose avveniristiche ma orribilmente costose, come per esempio l'idrogeno. Escludono sacrifici personali fatti in nome dell'ambiente; nessuno di noi è un santo! Escludono anche cose poco pratiche, anche se magari spettacolari, come montare un'aerogeneratore sul tetto. Invece, sono mirate a ottenere dei vantaggi reali; magari non immediati ma comunque concreti. Ciò detto, ecco come funziona casa mia.
- L'impianto fotovoltaico. E' il cuore del sistema, montato sul tetto ha una potenza di 2,6 kW di picco. Funziona dal Settembre del 2007 e alimenta direttamente l'impianto elettrico della casa, scambiando energia con la rete. Ovvero, l'eccesso di energia prodotta viene mandato sulla rete oppure, in caso contrario, l'impianto elettrico si alimenta dalla rete. Un impianto del genere costa intorno ai 15.000 euro ed è più che sufficiente a sopperire ai consumi di una famiglia di quattro persone, posto che stiano appena un po' attenti a non sprecare energia. Ovvero, è in grado di azzerare la bolletta elettrica per tutto il periodo della sua vita operativa, almeno 25 anni. A questo si aggiunge l'incentivo "conto energia" che da il governo. Avrei voluto un impianto in grado di dare anche una sicurezza anti-black out, ma è impossibile con le norme vigenti.
Il veicolo elettrico. Motorino da 1.8 kW di potenza, ce l'ho da due anni e mi porta da casa al lavoro e ritorno quasi tutti i giorni. Ho fatto già circa 8000 chilometri. Nuovo costa circa 3000 euro mentre una ricarica che ti permette di fare 30-40 km costa circa 20 centesimi. Se connesso all'impianto fotovoltaico, la ricarica costa zero e l'aggeggio è veramente a emissioni nulle non solo su strada ma anche alla fonte. Inoltre, è immune agli aumenti di prezzo del petrolio e a possibili code ai distributori che potremmo vedere nel prossimo futuro. Nella foto, il sottoscritto in sella.
L'acqua fotovoltaica. (qui dimostrata dalla mia gentile signora, Grazia). L'arnese che vedete produce acqua potabile condensandola dall'aria. Ovvero, ripete il processo naturale della pioggia, ma alimentandosi con energia fotovoltaica. In estate può produrre anche 20 litri al giorno di acqua purissima a costo zero dato che l'energia fotovoltaica è gratis. E' ancora un oggetto un po' prototipale, questo è fabbricato a Singapore da una ditta Americana. Consuma circa 800 Watt quando è in funzione e mi dicono che potrebbe essere venduto a circa 500 euro quando sarà sul mercato. E' una cosa molto interessante in caso di emergenza idrica e, come si dice, "sai cosa bevi".
La pipistrelliera. Questo arnese non ha a che vedere con l'energia ma è un esempio della strategia che sto cercando di applicare. Dentro questa casetta attaccata al muro (mostrata dal mio amico Andrea Prosperi) vivono cinque pipistrelli che riducono considerevolmente le zanzare in estate. Ce ne sono due di queste casette a casa mia (l'altra la intravedete in alto nella foto), sono autocostruite con legno di recupero, non costano niente e riducono di molto la necessità di insetticidi e robacce del genere.
- Altri accorgimenti. La casa ha anche doppi vetri, isolamento termico, lampade a basso consumo, un caminetto, un compostatore da giardino con il cui terriccio coltiviamo pomodori e qualche altro ortaggio. Fotovoltaico o no, io e mia moglie non disdegnamo qualche cenetta romantica a casa a lume di candela, cosa sicuramente a basso consumo di energia.
Tutte queste cose sono in continua evoluzione. Non tutti gli esperimenti che faccio danno risultati positivi. Per esempio, qualche anno fa avevo provato a mettere un impianto a metano sulla macchina, ma il risultato è stato che l'arnese non è pratico per via della mancanza di distributori e la necessità di una manutenzione piuttosto complessa. Poi, il riscaldamento della casa dipende ancora dal metano. come pure l'acqua calda del bagno e la cucina. Qualcosa si può fare scaldandosi a legna e ho ancora posto sul tetto per un impianto termico. Ma scaldare tutta la casa con l'energia solare ai livelli che si ottengono con il riscaldamento centrale sarebbe praticamente impossibile. Ovvero, a meno di buttarla giù e rifarla nuova tipo "casa passiva" tedesca, ma questo costerebbe un pochino caro. Credo che nel futuro in inverno non mi resterà che abbassare il termostato e mettere due piumoni uno sull'altro sul letto. Comunque, tutto evolve e ho vari progetti per ulteriori test, per esempio un secondo impianto fotovoltaico "anti-blackout,"un veicolo elettrico a quattro ruote (tipo il mitico cinquino elettrico) e altre cose.
Ora, qualche parola di commento. Per prima cosa, vorrei dire che tutte queste cose NON hanno lo scopo di rendere la casa "autosufficiente". Non sarebbe possibile ma, soprattutto, non sarebbe nemmeno auspicabile. Nessuno vuole (e nemmeno può) avere l'unica casa con le luci elettriche accese mentre tutti gli altri sono al buio. Nemmeno potresti essere il solo che va in giro tranquillo col tuo mezzo elettrico mentre tutti gli altri sono fermi. Il concetto che sta alla base della produzione di energia fotovoltaica (o dell'acqua fotovoltaica) è quello dello scambio, ovvero la strategia "vinci-vinci". Quello che non mi serve dell'energia che produco lo mando sulla rete e così faccio un favore ai miei vicini oltre che a me stesso, non lo potrei fare se producessi invece acqua calda per la mia doccia. E' lo stesso concetto di tenere i pipistrelli: mangiano le zanzare e fanno un favore non soltanto a me ma anche ai miei vicini di casa.
La base della strategia "vinci-vinci" è che conviene a tutti e a tutti conviene che tutti gli altri la adottino. Spero e auspico che i miei vicini facciano le stesse cose che sto facendo io. Sarà un caso, ma nel borgo dove abito c'è un altro impianto fotovoltaico, a poca distanza da casa mia; sono gli unici due di tutto il mio comune! Parecchia gente in paese ha montato delle pipistrelliere, e il proprietario del mitico cinquino elettrico (Pietro Cambi) è, guarda caso, un mio vicino di casa (e ha montato una pipistrelliera anche lui!). E' l'esempio reciproco che incoraggia a fare certe cose.
Mi rendo conto che molta gente non ha la possibilità di imbarcarsi nelle stesse strategie che sto sperimentando io. Per il momento, tutta l'opera, essenzialmente fotovoltaico + veicolo elettrico, è costato circa 18,000 euro. Non è molto di più di una macchina di media cilindrata e - a differenza di una macchina di media cilindrata - è un investimento che ritorna. Ma non tutti se lo possono permettere. Su questo punto, esistono molte possibilità di finanziamenti da parte di banche o altri enti. La cosa è ancora embrionale, ma conviene senz'altro investigare. Indebitarsi di solito non è buona strategia, ma farlo per qualcosa che da un reddito sicuro, come la produzione di l'energia elettrica, è un investimento nel futuro.
Il problema più serio, purtroppo, è per quelli che abitano in un condominio o sono in affitto. Purtroppo, attualmente basta che un solo condomino non sia daccordo, e l'impianto fotovoltaico condominiale non si fa. Lo stesso vale per chi è in affitto se il proprietario non è daccordo E' successo e succede in continuazione. Casa mia, per inciso, è una villetta bifamiliare dove al piano di sotto vivono i miei genitori. Non so se siano del tutto convinti di quello che ho fatto sul tetto, ma comunque non mi avrebbero messo in minoranza all'assemblea condominiale! I problemi non ci sono solo per il fotovoltaico ma anche per i veicoli elettrici. Per caricare un veicolo elettrico ci vuole una rimessa o un cortile dove si possa accedere a una presa di corrente e questo non è sempre possibile. Insomma certe cose richiedono un minimo di spazio e di autonomia. Putroppo, ci si scontra con l'inerzia mentale della gente, non aiutano le leggi e la burocrazia che sembrano fatte apposta per scoraggiare i volonterosi.
Per risolvere questo problema, non c'è che sviluppare delle forme finanziarie di investimento specifiche per l'energia rinnovabile. Se sopra casa mia il fotovoltaico non lo posso mettere (per colpa di quello s****** del mio co-inquilino), posso finanziare i pannelli sopra la casa di un altro. Oppure, posso partecipare a un'azionariato popolare che gestisce un impianto più grande, magari eolico. Sono tutte cose ancora da sviluppare, ma che devono venir fuori prima o poi.
In sostanza, quello che sto facendo ha una logica in una visione post-picco che ritiene che andremo incontro a tempi duri ben presto e che sia necessario prepararsi a un mondo dove l'energia sarà molto costosa e, a volte, introvabile nelle forme alle quali siamo abituati. A quel punto, sarà necessario generare energia localmente e non basterà limitarsi a risparmiarla. Bisognerà anche cominciare a pensare in termini di aiuto reciproco all'interno di comunità locali secondo, per esempio, la concezione di "transition town" di Bob Hopkins. Se in paese è attrezzato con un certo numero di sistemi che possono produrre energia elettrica e acqua potabile, come casa mia, allora è ben attrezzato verso le emergenze e le penurie. Per ora non esiste un paese del genere, credo, in nessun posto in Italia, ma bisogna pure che qualcuno cominci!
Non credete a un futuro come quello per il quale mi sto preparando? Liberi di pensarla come volete, ma fateci sopra anche un pensierino....
La casa energetica di Archimede Pitagorico (ovvero di Ugo Bardi) si trova nella frazione di Pian del Mugnone del comune di Fiesole. Le coordinate sono 43° 49' 10.27" N e 11° 17' 49.44" (se guardate su google earth, i pannelli FV non si vedono perché la foto è di qualche anno fa)
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sabato, ottobre 20, 2007
Ma quanto costa veramente il petrolio?
Ma quanto costa veramente il petrolio?
Di Antonio Tozzi
20 Ottobre 2007
www.aspoitalia.blogspot.com
Molti grafici di serie storiche dei prezzi reali del petrolio comparsi, nel corso di questo decennio, sulla rete, per lo più in articoli e lavori non tecnici o blog, sono accomunati da un paio di caratteristiche. In primo luogo hanno lo scopo di tranquillizzare il lettore a proposito degli effetti dei costanti aumenti di prezzo verificatisi negli ultimi anni. In secondo luogo i prezzi reali sono ottenuti dai prezzi correnti applicando, come deflattore, non il consueto indice dei prezzi al consumo, ma un fattore capace di correggere anche per il potere d'acquisto.
Questi due tratti comuni si ritrovano, solo per fare qualche esempio, in un
a pubblicazione della FED del 2000, nella quale ci si riferisce ai primi rialzi, occorsi immediatamente dopo la fine dell'epoca "dei 5 dollari al barile dietro l'angolo"; in una nota del governo di Hong Kong del 2005, che analizza gli effetti degli shock petroliferi passati e recenti; in un blog, nel maggio di quest'anno, dove si parla del prezzo della benzina negli USA. Nel documento della FED si corregge il prezzo per l'indice dei prezzi al consumo e, successivamente, per il relative share of oil expenditures in GDP. Di fatto si tratta di una correzione per il potere d'acquisto, anche se ciò non viene esplicitamente menzionato. Si conclude affermando che ci si attendono effetti "minimi" sull'economia. Alla stessa conclusione giunge il documento di Hong Kong. Non è chiaro come ottengono il loro prezzo reale 2004, ma dalla pendenza del grafico deduco che non si limitano a correggere per il CPI. Riporto un tratto delle loro conclusioni:
Moreover, with globalisation and the substantial improvement in production technology, inflation worldwide has also come down significantly over the past decade, and central banks of the advanced economies are determined to keep inflation in check. Già, l'inflazione, secondo loro, è tenuta a bada. Solo che l'indice che la quantifica non sembra sufficiente a calcolare, da solo, i prezzi reali a partire da quelli correnti. Infine, nel recente post su un blog, si corregge il prezzo corrente della benzina (non del greggio, stavolta) con il solito sistema CPI + potere d'acquisto. L'efficacia di questa operazione nel fornire il prezzo reale si può valutare facilmente se si tiene conto dell'impennata che ha subito il GDP americano in risposta alla svalutazione del dollaro.
Non so quanto sia giustificato o giustificabile l'utilizzo di deflattori, per così dire, non ortodossi. Tuttavia i primi due articoli presi ad esempio (ce n'è un'infinità sulla rete), scritti da economisti professionisti, fanno uso di questa tecnica, benché nel primo si dichiari esplicitamente: views expressed do not necessarily reflect official positions of the Federal Reserve System, e nel secondo non si entri affatto nel merito della questione. Quello che mi preme osservare è che, utilizzando le stesse "armi" che gli economisti impiegano per "tranquillizzare" è possibile mettere in luce certe caratteristiche dell'andamento del prezzo del petrolio, passato e recente, che dovrebbero quanto meno far riflettere.
Il grafico che segue è ottenuto dividendo il prezzo spot del greggio per il reddito disponibile pro capite (USA) e normalizzando al prezzo corrente nel settembre 2007:
Le bande grigie rappresentano i periodi di recessione negli USA. In genere le recessioni sono correlate a forti e improvvisi aumenti del prezzo del petrolio. In effetti, fino alla crisi del 1973-74, il prezzo reale del petrolio è andato calando costantemente, con un trend quasi-deterministico e bassissima volatilità, saltuariamente interrotto da rapidi e improvvisi, quanto modesti aumenti. Poi ha subito un forte, improvviso, shock nel '74 (che ha provocato una recessione), si è mantenuto sostanzialmente costante, nell'area 60$-80$ attuali, fino al 1979-80, quando ha subito un nuovo aumento molto rapido, seguito da due fasi di recessione, complessivamente piuttosto lunghe (tre anni, dall'inizio del 1980 alla fine del 1982). Dopo di che ha ripreso il suo trend discendente che si è interrotto, durante tutto il 1985, al raggiungimento della stessa area di prezzo 60$-80$ tipica della seconda metà degli anni '70. Dopo un rimbalzo fino a sfiorare 80$, è sceso nel 1986, riprendendo sostanzialmente la lenta discesa del periodo 1959-1974, solo con una volatilità enormemente più grande. La discesa è interrotta solo alla vigilia della prima guerra del Golfo, da un nuovo shock che ha brevemente riportato il prezzo nella solita area 60$-80$, accompagnandosi ad una fase recessiva. Infine abbiamo visto la lenta discesa degli anni '90, fino a che i 5$ al barile erano ormai dietro l'angolo.
A questo punto accade un fatto nuovo. Il rialzo del 2000, nonostante il tranquillizzante articolo della FED, non si interrompe, come di consueto. Al contrario, accompagna l'ennesima recessione nel 2001 e, a parte una pausa di riflessione nella classica area 60$-80$, prosegue indisturbato fino ad oggi.
Dunque, ricapitolando, per lo meno dal 1959 all'inizio di questo decennio, il trend di lungo periodo dei prezzi reali del greggio è stato costantemente discendente, interrotto unicamente da rapidi, quanto improvvisi, aumenti intervenuti a seguito di vicende politiche tutte quante invariabilmente legate all'area mediorientale. Se quello che osserviamo attualmente dovesse essere un trend crescente di lungo periodo, questa sarebbe una novità assoluta in tutto l'arco di tempo considerato. Ovviamente, a rigore, non esiste alcun modo per dimostrare o confutare la presenza di un trend nei dati, dal momento che tutto quello che abbiamo è un campione finito di un processo stocast+ico dalla dinamica sconosciuta. Tuttavia intuitivamente il grafico suggerisce la presenza di tale trend, rappresentato dall'area in giallo nel grafico (NB questa ipotesi è supportata anche da un test ADF, all'incirca al 95% di confidenza).
Si nota che nel periodo 1959-1980 si aveva una modesta volatilità, con sporadici grandi picchi, quasi tutti verso l'alto, mentre la media degli incrementi mensili era negativa (trend decrescente). Dopo il 1980 la volatilità è notevolmente aumentata. Dalla prima guerra del Golfo in poi non ci sono più stati incrementi di grande ampiezza, ma ultimamente la volatilità sembrerebbe ulterioremente aumentata.
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Bush contro la pastasciutta
Da segnalare la frase lapidaria di Guido Barilla "Quando vedo gli spot con gli agricoltori che dicono di essere fieri di coltivare energia mi vengono i brividi: non si possono usare materie prime sacre per sfamare i Suv."
Ecco alcuni stralci (selezionati da Terenzio Longobardi) dell'intervista fatta da Mario Calabresi a Guido Barilla. Ringrazio Giacomo Besio per la scansione dell'articolo.
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D. Partiamo da un dato non discutibile: i vostri listini sono cresciuti del 15% da dicembre scorso.
D. Una parte degli analisti dice che è conseguenza della scelta di utilizzare i prodotti agricoli per produrre carburanti.
D. Teme sia un dato irreversibile?
D. La seconda ragione?
D. Lo sa che la sua posizione somiglia molto a quella di Fidel Castro?
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Il problema delle infrastrutture
A chi serve l’autostrada Tirreno-Brennero?
di Nicola dall'Olio
20 Ottobre 2007
www.aspoitalia.blogspot.com
In Italia tutte le prospettive di sviluppo e di futuro benessere paiono poggiarsi su un assioma che viene ormai ripetuto con la frequenza e l’insistenza di un mantra: le infrastrutture sono necessarie.
Le infrastrutture a cui si riferisce implicitamente l’assioma sono di natura trasportistica e concernono quasi esclusivamente la costruzione di grandi opere quali nuove autostrade, nuove linee ferroviarie ad alta velocità, nuove strade a scorrimento veloce. In quanto assioma, esso viene presentato come un principio indiscutibile ed autoevidente, valido per tutte le opere classificate come infrastruttura a prescindere da qualsiasi considerazione di merito sui costi e i benefici, sugli impatti ambientali, sull’esistenza di alternative più efficaci e meno dispendiose, perfino sulla loro reale utilità. In Provincia di Parma, tra le infrastrutture necessarie si distingue il raccordo autostradale Tirreno Brennero per il quale il governo ha dato recentemente il via libera, rinnovando la concessione alla società Autocisa per i prossimi 30 anni.
A detta dei suoi nutriti e influenti sostenitori locali tale opera risulta indispensabile per lo “sviluppo” e la competitività del territorio. I benefici sono talmente autoevidenti che non vale nemmeno la pena elencarli. Nessuno parla però dei costi. La realizzazione dell’autostrada, per quanto in project financing, ovvero finanziata dai futuri pedaggi degli utenti, comporta costi collettivi di natura territoriale, ambientale ed economica che, se correttamente valutati e sommati, fanno sorgere seri dubbi sui suoi reali benefici per lo “sviluppo” della comunità locale e sulla sua supposta indispensabilità.
L’impatto più evidente è quello legato al paesaggio e al consumo di suolo. L’opera, con la sede stradale, le stazioni di servizio, la prevista uscita del casello di San Quirico, le aree di cantiere, le cave necessarie per la fornitura di inerti consumerà centinaia di ettari di ottimo terreno agricolo. Ciò che è più grave, essa andrà a tagliare e frammentare la maglia poderale e la rete scolante intaccando uno degli ultimi lembi della pianura parmense che conservano una continuità di paesaggio rurale ancora spendibile, sul piano dell’immagine, da una Food Valley sempre più grigia e periurbana.
L’autostrada sarà inoltre veicolo di ulteriore inquinamento atmosferico in un contesto tra i più inquinati d’Europa con concentrazioni che superano per diversi mesi all’anno i limiti di legge e, quel che più importa, le soglie di sicurezza per la salute. Uno studio condotto dal CNR e da Euromobility proprio su Parma (Il Sole24ore del 14/03/2006) ha dimostrato che l’apporto di inquinanti della A1 Milano-Bologna è pari a quello prodotto dal traffico cittadino. Gli stessi sindaci dei Comuni contermini, quando si vedono costretti per legge a limitare la circolazione veicolare, accusano l’autostrada esistente di essere il principale vettore di inquinamento, salvo poi dimenticarsene quando si tratta di farne una nuova che porterà decine di milioni di euro in opere cosiddette compensative, opere cioè che dovrebbero compensare il danno ambientale e che invece lo aggravano traducendosi sistematicamente in nuove indispensabili strade in mezzo alla campagna.
La realizzazione dell’infrastruttura non sembra nemmeno coerente con gli obiettivi comunitari di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni che l’Italia ha fatto propri e che prevedono, tra l’altro, di ridurre la quota del traffico su gomma a vantaggio del trasporto su ferro, riequilibrando un rapporto tra i più sbilanciati d’Europa. Il raccordo autostradale, al contrario, depotenzierà fin da subito il previsto raddoppio del parallelo asse ferroviario in un momento in cui l’Austria, naturale sbocco di entrambi i collegamenti, si sta attrezzando, sull’esempio della Svizzera, per trasferire tutto il traffico pesante sui treni e vietare il transito dei camion. A completare il quadro andrebbero infine aggiunte le previsioni di scarsità e di incremento del prezzo del petrolio che fanno dubitare della lungimiranza e della sostenibilità, anche economica, di scelte trasportistiche basate sul mezzo più dipendente dal petrolio, più inefficiente e più inquinante.
Da queste scarne considerazioni, l’opera, più che necessaria, pare piuttosto anacronistica, oltre che controproducente per il territorio e per chi ci abita. Non solo. Se lo scopo dichiarato dell’autostrada è quello di garantire un transito veloce di automezzi tra la Brennero e l’AutoCisa, essa rappresenta di fatto un inutile doppione a pagamento di un collegamento stradale veloce, la Cispadana, che già in parte esiste e che dovrà essere presto ultimato. L’assioma della necessità, in questo come in altri casi, pare quindi del tutto infondato. A meno che la necessità non discenda dalle esigenze di benessere della collettività, bensì da quelle più circoscritte di altri soggetti.
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Per chi suona la campana
Ho deciso di mettere nella mia home page di lavoro un link dinamico ad un sito che riporta il prezzo attuale del petrolio. Il link contiene un'applet, un piccolo programma che mostra in un'immagine un grafico dell'andamento dei prezzi negli ultimi giorni, settimane, mesi o anni. In questo modo, ogni mattina quando apro il computer so in tempo reale quel che succede al petrolio. Qui a fianco la situazione di oggi. Siamo un po' scesi rispetto ai 90$/barile di ieri, ma nell'ultimo trimestre siamo cresciuti, con qualche ondulazione, di circa 15$, un aumento del 20%.
Sono un astronomo, e giustamente vi chiederete che cavolo c'entra il petrolio con l'astronomia. In realtà moltissimo, del resto credo che solo le tribù di boscimani della Namibia ormai non c'entrino.
Ma in particolare il mio lavoro riguarda telescopi che vengono costruiti in cima a montagne, se va bene a una cinquantina di km dal più vicino centro abitato, o addirittura in posti come Dome C, un gigantesco altopiano in Antartide. In ogni caso a decine di migliaia di km da qui. Il telescopio più vicino su cui lavoro è in Sardegna, poi si passa alle Canarie, ed infine la piana di Atacama, a 5000 metri di quota. Quest'ultimo è un complesso di 64 radiotelescopi, la cui costruzione sta iniziando ora e che verrà completato nel 2015. Nella figura si vede una rappresentazione di come sarà.
I telescopi sono dei piccoli complessi industriali, con macchinari, centri di calcolo discretamente grossi, e nel mio caso (sono un radioastronomo) aggeggi elettronici che succhiano centinaia di kW per produrre quelle belle immagini colorate che poi si vedono in riviste come "L'Astronomia" o "Focus". Naturalmente è difficile portare lì un elettrodotto, per cui spesso il tutto va con generatori Diesel. Gli astronomi lavorano in gruppi, spesso sparsi per il mondo. Il mio gruppo comprende astronmi olandesi, francesi, statunitensi e cileni. Certo, nell'era di Internet ci si può mandare progetti in rete, fare teleconferenze, ecc. ma gli astronomi spesso sono "frequent flyer" di qualche compagnia arerea. Oggi, con i tagli alla ricerca, spesso sono abituee di qualche compagnia low cost.
Morale: che ne sarà dell'astronomia post picco? E soprattutto tra quanto questo succederà? Vedrò il mio telescopio realizzato? Se lo sarà, ci saranno ancora aerei a costi ragionevoli per arrivarci? Se no, come faranno gli astronomi ad utilizzarlo? E il generatore che lo alimenta avrà combustibile per funzionare? Forse sì, se si dota di un generatore fotovoltaico (da qualche MWp, in fondo un costo non spaventoso per un progetto di questo tipo) ed opera in modo rigorosamente di "remote observing" (usare i telescopi da casa, tramite Internet).
In altre parole, il mio lavoro esisterà ancora da qui a 10 anni? E' una domanda che non riguarda solo il mio, di lavoro. Chiunque dipenda da trasporti su lunga distanza, su grosse quantità di energia, vedrà il proprio lavoro cambiare radicalmente, o sparire.
Per questo, ogni mattina, quando accendo il computer, guardo con una certa apprensione il grafico dei prezzi del petrolio...
venerdì, ottobre 19, 2007
Il sapore amaro del post-picco
Questa che vedete qui sopra è una foto da live.com della stazione ferroviaria di Pian del Mugnone, nel comune di Fiesole; a qualche centinaio di metri da casa mia.
Non è una stazione imponente, ma serve una zona urbanizzata di circa 1200 abitanti mettendola in comunicazione con Firenze. C'è tutto: vedete nella foto i sottopassaggi, la tettoia che copre le panchine; ci sono cartelli e orari. Si vedono i parcheggi, ce ne sono altri più a destra. C'è anche una fermata dell'autobus che connette la stazione a Fiesole capoluogo. Insomma, una tipica stazioncina urbana come ce ne sono tante al mondo. Purtroppo, è possibile che non ci sarà ancora per lungo tempo.
La stazione di Pian del Mugnone era stata inaugurata nel 1999 insieme a una serie di femate lungo la ferrovia Faentina. La Faentina è una ferrovia storica, costruita nell'800, distrutta durante la seconda guerra mondiale e che era rimasta fuori uso fino agli anni '90. La ricostruzione era stata fatta con l'idea che la ferrovia dovesse servire come "metropolitana" per la Valle del Mugnone. La valle è abitata da pendolari che vanno a lavorare a Firenze e che si accalcano ogni mattina lungo una statale talmente stretta che in un punto è a senso unico alternato. Una metropolitana sembrava la cosa più ovvia e più naturale come parte dello sviluppo urbano della zona.
Non è andata così. Pochi anni dopo l'inaugurazione, le ferrovie dello Stato (oggi Trenitalia), hanno dato chiara evidenza di averci ripensato. Alcune delle stazioncine le hanno dismesse senza fare troppo clamore. Altre, come quella di Pian del Mugnone, le hanno sabotate con orari impossibili. Per dirne una, il primo treno che va da questa stazione alla stazione centrale a Firenze parte alle 6:30, il secondo alle 19:20 (!!).
Qualche settimana fa, ha cominciato a spargersi la voce che Trenitalia era intenzionata a chiudere anche la stazione di Pian del Mugnone. Una telefonata agli appropriati uffici ha confermato la diceria. "Ottimizzazione" ci hanno detto; "è tutto parte di un pacchetto per migliorare il servizio." (sicuro!). Non vi sto a dire come gli abitanti della zona hanno raccolto firme, mandato lettere e cose del genere, fino ad ottenere che, perlomeno, la stazione di Pian del Mugnone non sia completamente dismessa, almeno per ora. Meglio di niente; ma non è questo il punto.
La cosa che mi ha colpito di tutta la vicenda è l'inversione di tendenza rispetto a quello che si diceva, si pensava e si credeva solo pochi anni fa. Sembrava ovvio, pochi anni fa, che,se c'era una periferia urbana a pochi chilometri da una grande città, le amministrazioni si sarebbero impegnate per attrezzarla con un servizio di trasporto efficiente. Sembrava ovvio che lo si potesse fare e che fosse un continuo progresso della società civile quello di fornire sempre più servizi.
Non so cosa ne pensate voi, ma tutto questo sembra ormai lontanissimo. Non solo non si parla più di metropolitana della Valle del Mugnone, ma si parla addirittura di chiudere una ferrovia che era stata costruita nell'800 e che all'epoca, evidentemente serviva a qualcosa. E la Valle del Mugnone non è un'eccezione. Dovunque, si stanno chiudendo le piccole stazioni; si sta distruggendo un tessuto ferroviario storico che aveva servito l'intera nazione per più di un secolo. Il bello della faccenda è che lo si sta facendo proprio nel momento in cui ci stiamo accorgendo che affidarsi all'automobile ci ha portato in un vicolo cieco; fra inquinamento, riscaldamento globale e esaurimento del petrolio.
Le ferrovie non sono il solo servizio in difficoltà: scuole, ospedali, ospizi, sanità, niente più è ovvio come lo era una volta. Stiamo ottimizzando tutto; tante cose stanno diventando talmente ottimizzate che alla fine non ne rimane proprio più niente. Mi fa venire immente l'immagine di una persona malata che sta ancora cercando di comportarsi come se fosse sana: ma te ne accorgi che è vuota dentro, che è scavata dall'interno dalla malattia. Ho il dubbio che siamo già al post-picco e che tutto questo ne sia una conseguenza.
Alle volte i "picchisti", sono accusati di essere dei rural-catastrofisti che aspettano il picco come un messia che porterà alla sparizione dell'odiato mezzo privato e a un mondo idillico dove tutti andranno soltanto in treno e in bicicletta. C'è, in effetti, una componente nel movimento picchista che sembra essere abbastanza tentata di vedere le cose in questo modo. Ma, dalla vicenda della stazione di Pian del Mugnone, ricavo qualche dubbio sul prossimo trionfo del mezzo pubblico. Anzi, ho l'impressione che il mezzo pubblico potrebbe soccombere per primo; chi se la potrà permettere continuerà a viaggiare in macchina e chi non potrà si dovrà arrangiare. Nessuno, meno che mai i picchisti, dovrebbe dire che il picco sarà una cosa bella.
(Nota: qualcuno potrebbe dichiararsi in disaccordo con questa mia interpretazione facendomi notare che, proprio a Firenze, si sta facendo un grosso sforzo per migliorare il trasporto pubblico con la tramvia Firenze - Scandicci. Vero. Però è anche vero che tutti i soldi che erano rimasti a Firenze per il trasporto pubblico sono andati nella costosa tramvia, mentre il resto è stato trascurato e sta andando, letteralmente, a pezzi. )
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