venerdì, dicembre 31, 2010

Previsioni per il 2011: siamo in cima all'otto volante


Con la fine del 2010, un anno complessivamente senza eventi di grande rilievo, con l'inizio del 2011 sembra un po come essere sulla cima di a un otto volante: quell'attimo di pausa prima del baratro.............


Da quando ho cominciato a occuparmi di picco del petrolio, mi provo tutti gli anni a fare delle previsioni per l'anno che viene. Prima le facevo solo sul petrolio, poi ho provato ad allargare un po' il campo - in fondo il petrolio è così importante che influisce enormemente su tutto il resto. Così, se uno prevede giusto sul petrolio, riesce a prevedere anche tante altre cose.

Fino ad ora mi sembra di averci azzeccato abbastanza bene utilizzando tecniche "dinamiche" di previsione, le stesse dei "Limiti dello Sviluppo". Sono tecniche molto potenti che si possono anche utilizzare in termini qualitativi. Ma, come si sa, fare previsioni è sempre difficile, specialmente a proposito del futuro. Quindi, con tutta la buona volontà nessuno è un mago; si possono soltanto individuare certe tendenze. Vediamo allora prima come sono andate le mie previsioni per il 2010 e poi cercherò di farne qualcuna per il 2011


Le mie previsioni per il 2010 (in versione completa in fondo a questo post). 

Nel complesso, direi che le mie previsioni dell'anno scorso si sono rivelate discretamente azzeccate, perlomeno nei punti principali. Avevo previsto "un anno di respiro per l'economia mondiale" e mi sembra di aver fatto una buona previsione. Avevo anche detto che "In ogni caso, possiamo dire con certezza che nel 2010 non vedremo (ancora) l'inizio del declino terminale dell'economia che gli scenari dei "Limiti dello Sviluppo" prevedono per la decade 2010-2020. Per quello, dovremo aspettare qualche anno ancora." Anche su questo, direi che ci siamo. L'economia mondiale si è nel complesso stabilizzata nel 2010 e si parla di ripresa, anche se questa è molto debole.

Per quanto riguarda il petrolio, non mi aspettavo un declino produttivo a breve scadenza. Infatti, la produzione è rimasta abbastanza costante nel 2010, anche con qualche tendenza all'aumento per quanto riguarda la produzione di "tutti i liquidi". Sui prezzi del petrolio, avevo detto che non potevano che aumentare ma anche che il sistema poteva imparare dal passato e che non era detto che saremmo entrati in un nuovo ciclo di "boom and bust". In effetti, è quello che è successo. I prezzi sono aumentati molto gradualmente; oggi sono di nuovo sopra i 90 dollari al barile dopo il calo del 2009. Però non abbiamo visto quelle impennate verso l'alto e poi verso il basso che sono state tipiche, rispettivamente, del 2008 e del 2009.

Avevo fatto anche qualche previsione più dettagliata - queste sono notoriamente più difficili e decisamente qui non sono andato altrettanto bene come nelle previsioni generali. Una cosa che avevo detto era che la crisi alimentare si sarebbe aggravata. Su questo punto, sono stato troppo pessimista:  i dati FAO indicano una leggera riduzione del numero di persone affamate nel mondo per il 2010 rispetto al 2009. Non però che la situazione sia buona, e ho il dubbio che se le cose continuano ad andare come vanno, la mia predizione si avvererà nel 2011.

Prevedevo anche che il 2010 "Sarà anche un anno in cui la crisi dell'edilizia si farà sempre più evidente anche se si continuerà a cercare di ignorarla." Su questo direi che ci siamo, con l'edilizia in crisi nera, tenuta viva artificialmente dalle detrazioni del 55% per il risparmio energetico. Ma si tenta disperatamente di ignorare la crisi - e anche su questo avevo azzeccato la previsione.

Infine, avevo detto che "Il 2010 vedrà anche l'intensificarsi della crisi climatica." e che "Il 2010 potrebbe vedere un ulteriore salto in avanti (delle temperature)." Cose che si sono puntualmente verificate.

Poi, sempre sul clima, prevedevo anche che "Il 2010 potrebbe essere l'anno in cui si arriva finalmente ad accettare l'inevitabile realtà dell'effetto umano sul clima" Su questo ho sbagliato clamorosamente: è successo esattamente il contrario. Il 2010 è stato un anno di regresso per quanto riguarda la percezione pubblica del problema climatico. E' stato l'anno in cui si sono viste arrivare le conseguenze del "Climategate" del 2009, un indubbio successo mediatico e propagandistico per la lobby del carbone e del petrolio. Ma bisogna anche ricordare la reazione decisa della scienza contro la propaganda: il 2010 sarà ricordato anche per questo. Sarà ricordato anche per i vari disastri climatici (incendi, inondazioni, eccetera) che sono un'indicazione di quello che ci aspetta.

Insomma, il 2010 lo vedevo come un anno di transizione, senza grossi cambiamenti. E così è stato.


Previsioni per il 2011.

Per un po', almeno, continueranno le tendenze di "transizione" del 2010. Ma non è detto affatto che il 2011 sarà un anno altrettanto tranquillo.

Di fronte al graduale esaurimento del petrolio e delle altre risorse, l'economia sta facendo un enorme sforzo per mantenere i livelli di produzione del passato. Questo è costoso e sta generando una contrazione economica un po' in tutti i settori. Ciononostante, gli indicatori economici comunemente utilizzati segnano come "positivi" anche sforzi che non producono nessun aumento di ricchezza reale. E' il solito problema del PIL che misura come ricchezza - per esempio - sia la produzione di inquinamento che i costi per abbatterlo. Quindi, l'economia mondiale darà un'impressione (solo un'impressione) di continuare a espandersi debolmente. In realtà, si contrae in termini di "energia netta" e di risorse disponibili.

La produzione petrolifera nel 2011 dovrebbe mantenersi ancora abbastanza stabile, seguendo il "plateau" che ormai si mantiene dal 2004. Risentirà debolmente dalle condizioni dell'economia finanziaria. Prezzi alti del petrolio porteranno ad aumenti di produzione rispetto alla media, e viceversa.

Il picco del petrolio rimane un'entità evanescente che non riusciamo a percepire bene. Per quanto riguarda il petrolio "convenzionale" sembra rimanere valida l'idea che sia stato nel 2005; ma se consideriamo tutti i liquidi combustibili, allora è impossibile dire. Ci vorrà ancora qualche anno prima di essere in grado di guardare "nello specchietto retrovisore" e dire "si il picco c'è stato" e in che anno.

I prezzi del petrolio continueranno a salire; perlomeno per la prima metà del 2011, probabilmente arrivando a superare i 100 dollari al barile. Non mi aspetto un impennata simile a quella del 2008 - mi sembra difficile che si arrivi di nuovo a 150 dollari e oltre. Ma le follie del mercato non sono mai prevedibili con esattezza. Quello che si può dire con certezza è che se ci sarà un'ulteriore crisi economica come quella del 2008, vedremo i prezzi crollare di nuovo,


Picco o non picco, stiamo vedendo una scarsità crescente di "commodities" di origine minerale. Questa scarsità per ora non si riflette sui dati dell'economia finanziaria, ma pesa sempre di più sulle economie più deboli fra i paesi sviluppati; i cosiddetti "PIIGS" (Portogallo, Italia, Irlanda, Gracia e Spagna). Di questi, i più deboli sono già praticamente con la testa sott'acqua (Grecia e Irlanda) e il futuro non si prospetta buono per gli altri, con il Portogallo che pencola e con le due economie (relativamente) più forti, Italia e Spagna, a forte rischio. Le economie che importano grandi quantità di materie prime sono  sensibili ai prezzi delle materie prime. Se il petrolio sale e rimane sopra i 100 dollari al barile si rischia di vedere anche un crollo generalizzato dell'economia italiana. Questa si sta già contraendo da diversi anni, ma si riesce ancora in qualche modo a mascherare la crisi - per ora.

Questa stasi economica si manifesta anche come calma piatta politica e strategica. Il ventunesimo secolo era cominciato con forti instabilità e guerre varie, ma tutto si è calmato a partire del 2009. Anche quest'anno, dal punto di vista politico non è successo praticamente niente. Non sono iniziate nuove guerre e non ci sono stati rivolgimenti politici degni di nota. Se nel 2009 l'evento politico importante era stata la statuetta del duomo tirata in faccia a Berlusconi, questo è stato l'anno dove l'evento politico importante per l'Italia è stata la storia del bunga-bunga. Questa calma piatta potrebbe continuare anche per buona parte del 2011.

Tuttavia, la situazione è profondamente instabile e ci devono essere, prima o poi, dei rivolgimenti politici importanti. Mi aspetto che certi dinosauri politici vedano la loro fine. In particolare l'Unione Europea è ormai uno zombie che continua a camminare più che altro perché nessuno sa come liberarsene.

Il problema con queste cose è che i sistemi politici crollano all'improvviso, con una rapidità che prende tutti di sorpresa. Vi ricordate il caso dell'Unione Sovietica? E' successo all'improvviso: è svanita e nessuno se lo aspettava. Io credo che succederà qualcosa di molto simile anche per l'Unione Europea, ma è impossibile prevedere esattamente quando. Tutti i momenti sono buoni. (d'altra parte, anche gli Stati Uniti, non è che siano messi bene....).

E in Italia? Beh, le stesse tendenze sono in atto. A 150 anni dalla spedizione dei mille, c'è chi si domanda che senso abbia avuto tutta la faccenda. Non mi aspetto che l'Italia faccia la fine dell'Unione Sovietica nel 2011, ma la tendenza a una decentralizzazione sempre più spinta è evidentissima e potrebbe manifestarsi in una forma simile; con il crollo del governo centrale. Ma è più probabile che questo sarà un processo graduale, in cui lo stato cederà le sue prerogative un pezzo per volta ai governi locali.

Se dal punto di vista politico e economico non siamo messi bene, dal punto di vista ambientale, siamo messi malissimo. La crisi sta riducendo leggermente le emissioni di CO2 nell'atmosfera, ma la concentrazione sta continuando ad aumentare. Nella pratica, l'assalto contro la scienza del 2010 ha impedito anche che si facesse qualche piccolo tentativo di ridurre le emissioni con dei provvedimenti a livello mondiale.

Quindi, nel 2011, vedremo ulteriori disastri ambientali: ci possiamo aspettare incendi e inondazioni in abbondanza, con aggiunte di acidificazione oceanica, estinzione di specie, collassi ecologici vari. Ripeto la mia predizione sulla situazione dell'agricoltura - che non può migliorare per tutta una serie di fattori che includono i costi crescenti dei fertilizzanti e della meccanizzazione, come pure l'erosione generalizzata. Insomma, quest'anno sarà un disastro come l'anno passato e se possibile ancora peggiore. E le temperature mondiali, ovviamente, continueranno ad aumentare.

Nel 2011 continuerà il tentativo delle lobby dei combustibili fossili per negare la realtà del riscaldamento globale e il ruolo dell'uomo nello stesso. Sembra, tuttavia, che il grande attacco del 2010 si stia rivelando una vera Stalingrado dei negazionisti, che sono chiaramente in difficoltà. Si tratta ora di vedere se torneranno all'offensiva con qualche ulteriore trucco propagandistico oppure se inizierà la loro ritirata finale. Tutto da vedersi.


In sostanza, siamo un po' come quando arrivi in cima, sull'ottovolante. C'è quel momento di pausa in cui guardi il baratro davanti e sai che ci devi scendere, ma per quel breve momento tutto sta fermo, sospeso in aria. E' un attimo, poi comincia la discesa.....


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Ecco le previsioni complete che avevo fatto all'inizio del 2010 (per l'esattezza il 3 Gennaio).

Il 2009 è stato un anno molto particolare: non è successo quasi niente. Dopo una decade brutale e turbolenta, come è stato fino ad ora il ventunesimo secolo, è sorprendente vedere un'annata dove non è cominciata nessuna nuova guerra. Certo, c'è stato il bombardamento di Gaza, che però era cominciato nel 2008. Non si è visto nessun rivolgimento politico importante; ovviamente Obama è stato il grande cambiamento ma, anche lui, è stato eletto nel 2008. Sembra che la notizia politica principale da ricordare del 2009 sia la statuetta del duomo di Milano tirata in faccia a Berlusconi. Il che è tutto dire.

Nel 2009, l'economia si è abbastanza stabilizzata dopo la crisi del 2008; anche qui non abbiamo visto grandi crolli e neppure grandi impennate. I prezzi del petrolio si sono stabilizzati a un livello intermedio fra il picco del Luglio 2008 e il crollo di fine 2008. Persino in termini di catastrofi naturali è stato un anno tranquillo, a parte il terremoto dell'Aquila e i soliti allagamenti che in Italia arrivano appena piove un po' di più per via della cementificazione del territorio. Per quanto gravi, tuttavia, nessuna di queste cose si classifica come un disastro di portata planetaria. Ci sono stati soltanto tre uragani sull'Atlantico, dei quali nessuno ha toccato la terraferma degli Stati Uniti.

Insomma, sembra quasi incredibile che abbiamo passato un anno così calmo. Ma per tutto quello che accade ci sono delle ragioni. Non so che cosa abbia calmato i vulcani e gli uragani. Però, sembrerebbe che il picco del petrolio - avvenuto probabilmente nel 2008 - ci abbia lasciati letteralmente senza fiato. Anche per fare guerre e rivoluzioni ci vuole petrolio e sembra che senza petrolio non ci siano le risorse per farle. In un certo senso, questo è bene. In un futuro con meno petrolio, avremo un sacco di problemi ma - forse - meno guerre.

D'altra parte, tutto quello che accade ha una ragione di accadere e quindi nel 2009 abbiamo visto le conseguenze di alcuni fenomeni che si stavano sviluppando ormai da decenni. Di fronte a un costo di produzione sempre più elevato dell'energia fossile, il sistema economico si adatta. Inizialmente, aveva reagito in modo aggressivo con una serie di guerre costose e inutili. Adesso, sta reagendo contraendosi e riducendo i consumi. Allo stesso tempo, si sta cercando di investire nello sviluppo di nuove risorse - nuovi giacimenti e nuove tecnologie di estrazione. Soprattutto con il gas naturale, lo sviluppo della tecnologia dello "shale gas" associato al drilling orizzontale ha ridato fiato alla produzione negli Stati Uniti, che era in grossa difficoltà.

Quindi, che cosa ci possiamo aspettare per il 2010? Beh, l'arte della previsione è l'estrapolazione intelligente. Nessuno può fare previsioni precise, come pretendono di fare i maghi con gli oroscopi. Le previsioni non possono mai essere precise e se lo sono, sono sbagliate. Le previsioni veramente utili sono degli "scenari"; delle interpretazioni delle tendenze del sistema che possono accadere con buona probabilità.

Allora, cominciamo con il sistema economico. Durerà la ripresa che abbiamo visto a partire dal Marzo del 2009? Qui, bisogna vedere come si adatterà il sistema alla crisi di disponibilità di energia e di materie prime. Per questo, ci sono due possibilità: una è contrarre i consumi; l'altra è cercare di mantenere i livelli di produzione allocando più risorse verso l'esplorazione e l'estrazione. Questa seconda strategia si esprime con l'aumento dei prezzi delle materie prime ed è quello che il sistema ha fatto nella prima metà de 2008. A questa fase, è seguita una contrazione economica dato che il sistema non ce la faceva ad allocare risorse sufficienti per aumentare la produzione. In sostanza, il sistema ha oscillato fra le due strategie; è quello che in Inglese si chiama "boom and bust".

Ora, la crisi economica ha fatto abbassare i prezzi e questo, a sua volta, ha permesso all'economia di ripartire. A questo punto, ci sono tutti i presupposti per un nuovo ciclo di boom and bust. Ovvero, se l'economia continua a crescere, la domanda di petrolio e di materie prime salirà di nuovo e questo farà ripartire i prezzi. Questo potrebbe portare a una nuova impennata di prezzi, seguita da una nuova crisi.

D'altra parte, è anche vero che, a partire dalla seconda metà del 2009, il sistema sembra essersi stabilizzato su un livello di prezzi del petrolio che corrisponde - approssimativamente - al valore "giusto", ovvero vicino ai costi di esplorazione/estrazione. Il sistema non è completamente privo di memoria e quindi può imparare dal passato. Quindi non è detto che sia condannato a un altro ciclo di boom and bust; potrebbe stabilizzarsi. Il controllo dei prezzi petroliferi è ritornato - per ora - nelle mani dei paesi produttori, OPEC soprattutto. Questi non hanno nessun interesse in un nuovo ciclo di boom and bust e potrebbero riuscire a controllare l'offerta in modo da evitarlo.

Fra queste due ipotesi: nuovo ciclo di boom and bust oppure stabilizzazione, è impossibile al momento fare una scelta. Vedremo che cosa succederà via via che il 2010 avanza. In ogni caso, possiamo dire con certezza che nel 2010 non vedremo (ancora) l'inzio del declino terminale dell'economia che gli scenari dei "Limiti dello Sviluppo" prevedono per la decade 2010-2020. Per quello, dovremo aspettare qualche anno ancora.

In alcuni campi dell'economia, i fenomeni iniziati nel 2009 continueranno e si intensificheranno nel 2010. In particolare, il 2009 è stato l'anno dell'inversione di tendenza nel rapporto fra produzione alimentare e popolazione. Fino al 2009, la produzione tendeva ad aumentare più della popolazione, ma nel 2009 ci siamo accorti che il numero di persone affamate nel mondo ha avuto un brusco aumento. Era inevitabile: il sistema agricolo sta raggiungendo i limiti possibili di produzione, pur gonfiati artificialmente a furia di fertilizzanti di origine fossile. La produzione di cibo non sta diminuendo, almeno per ora, ma rimane approssimativamente costante. La popolazione, invece, continua ad aumentare sia pure a ritmi sempre più ridotti. Al problema dell'aumento di popolazione si aggiunge l'aumento dei costi di trasporto che rende difficile distribuire il cibo prodotto. Questo ha generato il fenomeno apparentemente contraddittorio del crollo dei prezzi delle derrate agricole. In sostanza, abbiamo una doppia crisi: una crisi alimentare nei paesi importatori che non possono comprare cibo a sufficienza e una crisi agricola nei paesi produttori che non trovano mercato per la loro produzione.


Nei prossimi anni, la crisi alimentare si farà sempre più grave e, a lungo andare,  porterà a un'inversione di tendenza demografica, ovvero a un picco della popolazione umana sul pianeta. Questo, però, non lo vedremo ancora nel 2010. Vedremo la crisi alimentare colpire molto duramente nei paesi del cosidetto "terzo mondo". Colpirà anche duramente le minoranze (per ora) economicamente svantaggiate dei paesi "ricchi". In paesi come l'Italia non vedremo rivolte alimentari di gente affamata, ma un peggioramento della dieta delle fasce sociali più deboli, questo si.  

Sarà anche un anno in cui la crisi dell'edilizia si farà sempre più evidente anche se si continuerà a cercare di ignorarla. In paesi dove l'economia è particolarmente legata all'edilizia, per esempio l'Italia, il crollo potrebbe diventare così grave che non sarebbe più possibile negarlo. Questo potrebbe portare a dei contraccolpi economici molto forti. I gruppi industriali legati al cemento andrebbero al collasso e quelli che avevano investito nel cosiddetto "mattone" vedrebbero i loro risparmi evaporare e scomparire. La botta economica conseguente, a sua volta potrebbe essere accompagnata da rivolgimenti politici importanti; considerando che l'attuale classe politica è fortemente legata alla lobby del cemento.

Il 2010 vedrà anche l'intensificarsi della crisi climatica. Se il 2009 è stato un anno senza fenomeni meteorologici drammatici; questo non vuol dire che la crisi non ci sia e non sia gravissima. Se il 2008 aveva visto un leggero calo della temperatura rispetto agli anni precedenti, il 2009 è ritornato in linea con la tendenza all'aumento globale. Il 2010 potrebbe vedere un ulteriore salto in avanti. Questo potrebbe avere dei forti contraccolpi sull'agricoltura e - di conseguenza - sull'economia, accellerando le tendenze attuali. Il 2010 potrebbe essere l'anno in cui si arriva finalmente ad accettare l'inevitabile realtà dell'effetto umano sul clima: troppo tardi, ma meglio tardi che mai.

Tutto quello che avviene, avviene per una ragione e quello che stiamo vedendo ha le sue radici in un fenomeno molto semplice: il progressivo esaurimento delle risorse a buon mercato che sta lentamente strangolando l'economia mondiale. Queste risorse includono la capacità dell'atmosfera di assorbire la CO2 emessa dalla combustione di idrocarburi fossili senza generare gravi danni da surriscaldamento. Anno dopo anno, quello che succede si spiega tenendo conto di questa tendenza. Il 2010 potrebbe non essere drammatico in questo senso, ma non ci possiamo aspettare che cambi qualcosa finchè, in un futuro per ora non vicinissimo, non riusciremo a invertire la tendenza con le energie rinnovabili.

mercoledì, dicembre 29, 2010

Buon Anno



Nell’antichità, una specifica casta sacerdotale interpretava i voleri degli Dei in misteriosi segnali letti nel volo degli uccelli o nel fegato di qualche animale sacrificale e probabilmente erano molto più precisi e attendibili degli attuali economisti.

Per evitare di essere imbrattato dallo stormo di storni che sta volando in questo momento sui cieli della mia città e ripugnandomi l’uccisione di animali per scopi così inutili, proverò perciò ad improvvisare alcune previsioni ed auspici semiseri sull’anno che verrà.

1) Innanzitutto, il 2011 è un numero primo. Quindi, verrà finalmente dimostrata l’ipotesi di Riemann e la legge che regola la distribuzione dei numeri primi.

2) L’Istat introduce nel nuovo Indice di Benessere Economico, destinato a sostituire l’ormai logoro Prodotto Interno Lordo, nuovi parametri più idonei a misurare il progresso del paese, come la quantità di pasticche dell’amore vendute o il numero di escort quotidianamente entranti in Palazzo Grazioli.

3) Il Ministero dello Sviluppo Economico, dopo vani tentativi di trovare qualcosa che cresce, cambia nome in Ministero della Stasi Economica.

4) Il petrolio supera i 100 dollari al barile e la benzina 1,5 euro al litro. Schiere di consumatori e automobilisti inferociti bruciano su roghi improvvisati presunti speculatori.

5) A causa dei costi energetici insostenibili, le ditte degli autotrasportatori privati vengono accorpate in un’ unica nuova società di trasporto denominata TMI (Trasporto Merci Italia) che mantiene l’italianità grazie alla volontà di alcuni capitani coraggiosi e ai soldi dello Stato. Presidente viene nominato Mauro Moretti, nel frattempo licenziato da amministratore delegato di Trenitalia perché sorpreso nottetempo a sabotare i treni di Montezemolo.

6) In tutte le città italiane l’Enel fa installare numerose colonnine per il rifornimento delle auto elettriche e assume autisti per guidare alcune auto elettriche che si riforniscano alle colonnine.

7) Marchionne affida a Carlin Petrini la gestione di FIAT Agricoltura, la società appositamente costituita per riconvertire gli operai del ramo automobile e fare concorrenza al pomodoro cinese e alla zucca indiana. La FIOM non firma il nuovo contratto perché prevede che il sole sorga due ore prima.

8) Dopo l’accordo con Putin per costruire il gasdotto South Stream, Berlusconi avvia ufficialmente in compagnia di un sorridente Veronesi, il programma nucleare italiano, individuando i siti delle nuove centrali. A chi gli domanda cosa se ne farà l’Italia di tutta questa energia in eccesso rispetto al reale fabbisogno, il Presidente del Consiglio risponde: “Mi consenta, il mio governo entrerà nella storia per aver trasformato l’Italia da importatore ad esportatore di energia”.

9) Cade il Governo Berlusconi per l’uscita della Lega, contraria ai nuovi siti nucleari padani occupati dai manifestanti e favorevole alla costruzione delle centrali al Sud.

10) Il nuovo Presidente del Consiglio Vendola annuncia la costruzione, in diversi siti italiani, di moderne centrali eoliche d’alta quota Kitegen, che nel frattempo avevano superato brillantemente la fase sperimentale, dopo che Massimo Ippolito era riuscito ad inventare uno speciale strumento elettronico anti - proprietario dei terreni.

11) Cade il Governo Vendola per l’uscita dell’Italia dei Valori, contraria ai nuovi siti eolici individuati, occupati dai manifestanti guidati da Sgarbi, indignati per la distruzione del paesaggio italiano invidiato nel mondo.

12) Il Chievo Verona vince il campionato di calcio di serie A.

BUON ANNO A TUTTI I LETTORI
(ultima previsione: passati da mille a un milione al giorno)

domenica, dicembre 26, 2010

Se non è un picco questo

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha ufficializzato con il solito ritardo i dati ufficiali dei consumi energetici italiani nel 2009. Come avevo abbondantemente previsto, in quest’anno, principalmente a causa della crisi economica, si è verificato un vero e proprio crollo dei consumi, che segue e consolida un calo che era già iniziato addirittura nel 2005 (ho analizzato questo calo in un articolo precedente).

Come possiamo vedere nel grafico che ho ricavato dagli stessi dati MSE, è proprio difficile non individuare un picco proprio nel 2005. Analizzerò la scomposizione di questo calo in un prossimo articolo. Mi limito in questa sede a ricordare che, come scritto in un precedente commento per quanto riguarda un analogo picco dei consumi elettrici (circa il 35% dei consumi di energia primaria), nulla lascia presagire un’inversione di tendenza in grado di recuperare i livelli di consumo energetico precedenti la crisi.

Soprattutto perché, in concomitanza della ripresa economica in corso, che spinge la domanda mondiale (in particolare quella degli Stati Uniti), i prezzi del petrolio hanno ripreso a crescere e, in questi giorni hanno di nuovo superato i 90 dollari al barile. Oltre una certa soglia, i prezzi innescheranno una nuova spirale recessiva, determinando una sorta di montagne russe dell’economia, con una frequente alternanza di fasi espansive e recessive del sistema produttivo.

Per quanto riguarda l’entità del crollo dei consumi verificatosi nel 2009, in un anno siamo passati da 191 Mtep a 180 Mtep (- 5,8%), ma se consideriamo che nel 2005, anno del probabile picco, il Consumo Interno Lordo (Produzione + Saldo Import – Export) era di circa 198 Mtep, in quattro anni il sistema Italia ha ridotto i consumi energetici del 9% !!!

Nel secondo grafico allegato, ho come al solito riportato anche i valori del Consumo Interno Lordo Specifico, cioè quello procapite ad abitante, che evidenza lo stesso fenomeno precedentemente descritto in misura anche più accentuata e anticipata.
Infine, nel terzo grafico, utilizzando una mia precedente elaborazione, ho effettuato la simulazione delle possibili emissioni di gas serra nel 2009, rapportando proporzionalmente i cali degli anni precedenti a quelli dei consumi energetici.

Come si può vedere il risultato è stupefacente: con tre anni di anticipo l’Italia avrebbe quasi centrato l’obiettivo del protocollo di Kyoto. Come ho evidenziato in passato, gli altri paesi europei hanno fatto anche meglio dell’Italia, grazie non solo alla crisi, ma anche a politiche attive nel settore energetico, ma di recente anche il nostro paese ha ottenuto dei risultati non trascurabili, soprattutto attraverso il meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica e delle detrazioni per le riqualificazioni energetiche.

giovedì, dicembre 23, 2010

Lettera di Natale



Caro Bambin Gesù,

tutti sono in attesa della tua nascita e in questo periodo si sentono più buoni. A me, da qualche anno, il Natale mette un po’ tristezza e non sopporto la frenesia consumistica e la voracità pantagruelica che in molte famiglie si scatenano. Credo che mi capirai, crescendo tu avevi ripudiato i beni materiali, scacciato i mercanti dal tempio e aiutato i poveri ed ammalati. Sei nato al freddo e al gelo, scaldato solo dal bue e l’asinello, quindi forse ti piacerà questo blog contrario alla dissipazione energetica.

Io non sono cristiano, anzi non aderisco a nessuna confessione religiosa, perché la mia razionalità mi induce a non avere fede né nell’esistenza, né nella non esistenza di Dio. Però mi stai simpatico, perché con la tua filosofia di vita pacifica, egualitaria e anticonsumistica hai rivoluzionato come nessuno il pensiero umano tanto che gran parte dei movimenti culturali e politici moderni, consapevolmente o meno, anche se in maniera imperfetta, a te fanno riferimento.

Qui in Italia vivono e operano da millenni alcuni dei tuoi seguaci più integralisti e ha sede la Chiesa di colui che si dichiara successore di uno dei tuoi apostoli preferiti. Ho grande rispetto per la libera professione di qualsiasi religione, ma te lo dico con sincerità, sopporto poco il clero e tutta la schiera di prelati cattolici che si interpongono da secoli tra Dio e i fedeli. Con la pretesa di spiegare loro come devono comportarsi, ne hanno fatto un gregge docile privo di coscienza civica. Molta dell’arretratezza e dei difetti degli italiani derivano dalla loro perniciosa influenza. Inoltre non perdono alla Chiesa Cattolica il fatto storico di aver ostacolato e avversato per lungo tempo qualsiasi tentativo di unificazione del paese e il diritto degli italiani di aspirare a una patria.

Ma il peccato più grave che a loro imputo è l’ipocrisia, non a caso non l’hanno inserita tra i vizi capitali. A una rigida morale predicata, hanno fatto spesso corrispondere comportamenti poco cristiani. In nome della religione hanno perseguitato infedeli e squartato innocenti streghe, accumulato ricchezze colossali e gestito il potere temporale, venduto indulgenze e praticato la simonia. Eppure, oggi, seppur ridimensionati rispetto al passato, continuano a propinarci le loro prediche moralistiche e pretendono di condizionare dietro le quinte la vita del nostro paese. E nel frattempo, continuano ad accumulare ricchezze e beni patrimoniali, ad interpretare a modo loro il tuo bellissimo motto “Fate che i pargoli vengano a me”, a tollerare anche il più incallito dei peccatori in cambio dell’affermazione dei propri interessi, spirituali e materiali.

Caro Bambin Gesù, sono convinto che anche tu, nella tua infinita bontà, un po’ li detesti. Per questo, ti prego, per il prossimo Natale, salva tutti noi dai follini, da’ ruini e (perdonami) dai casini.

E salutami il caro Enrico, che sicuramente sarà con te in Paradiso. Era uno dei pochi comunisti non materialisti che aveva appreso correttamente la tua lezione, quando disse: “… non è detto affatto che la sostituzione di certe abitudini attuali con altre, più rigorose e non sperperatrici, conduca a un peggioramento della qualità e della umanità della vita. Una società più austera può essere una società più giusta, meno diseguale, realmente più libera, più democratica, più umana.”

Auguri di Buon Natale a tutti i lettori, soprattutto a chi non ha condiviso questo mio ultimo, poco rispettoso e troppo irriverente, commento.

domenica, dicembre 19, 2010

La peste o le polveri sottili

Qualche settimana fa ho informato i lettori, sinteticamente, del pronunciamento in prima istanza del Tribunale di Firenze in merito a una denuncia del Codacons nei confronti degli amministratori regionali e dei comuni dell’area fiorentina, per non aver attuato misure efficaci contro l’inquinamento da polveri sottili e biossido di azoto, registrato dalle centraline di misurazione negli anni passati.

Si tratta di una sentenza importante e per molti versi sconcertante, che rischia di condizionare pesantemente nei prossimi anni le politiche volte a ridurre l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane e per questo ritengo opportuno entrare maggiormente nel merito delle motivazioni che hanno portato all’assoluzione con formula piena degli amministratori.

Premetto subito che sono un ingegnere e non un giurista, quindi non ho le competenze adeguate per valutare in punta di diritto le conclusioni dei magistrati. L’interpretazione delle norme, specie in Italia, è un esercizio molto complesso e raffinato che a volte contrasta e collide con il buon senso, quindi cercherò solo di evidenziare alcune incongruenze sul piano logico contenute a mio parere nella sentenza.

Il Pubblico Ministero nella sua requisitoria ha descritto gli innumerevoli studi epidemiologici nazionali ed internazionali che dimostrano oltre ogni ragionevole dubbio lo stretto legame esistente tra i livelli di polveri sottili, biossido di azoto e i casi di morbosità e mortalità nei centri urbani, cioè l’aumento delle patologie, dei ricoveri e dei decessi derivanti da un esposizione prolungata agli inquinanti. Ha poi evidenziato come le stesse conclusioni siano contenute nel Piano Sanitario Nazionale.

Ebbene, il giudice ha sminuito sul piano legale questi aspetti, affermando che tali conclusioni erano divergenti “non solo sulle cause ma anche sulle soluzioni” rispetto a quelle dei consulenti scientifici della difesa. Tali considerazioni potrebbero condurre, afferma la sentenza, “se portate alle estreme conseguenze giuridiche, all’immediato esaurimento di buona parte del processo, poiché da valutazioni scientifiche divergenti, seppure astrattamente valide (nel senso che l’inquinamento da PM10 da intendersi in questa sede come il superamento dei limiti posti dalle norme comunitarie …, per i consulenti del PM è conseguenza delle omissioni e/o comunque della condotta degli imputati, mentre per quelli delle difese è conseguenza esclusiva, o del tutto prevalente di fattori ambientali non governabili) non potrebbe che scaturire la doverosa assoluzione degli imputati, preso atto della insanabile divergenza delle tesi e conclusioni sull’argomento, in un ambito peraltro di pari dignità scientifica.”

L’errore logico di questa impostazione è secondo me quello di confondere il metodo di valutazione giudiziario con quello scientifico. In caso di dubbio sulla colpevolezza, in giurisprudenza si propende per l’assoluzione, cioè per la tesi difensiva. Il metodo scientifico invece, nelle situazioni controverse, procede nel senso indicato dalla maggioranza della comunità scientifica. E’ il caso ad esempio dei cambiamenti climatici, dove una esigua minoranza di scienziati in disaccordo sull’origine antropica dei cambiamenti non ha condizionato le nazioni ad assumere le conclusioni contrarie degli scienziati dell’IPCC, o come nel caso della presunta origine abiotica del petrolio asserita da pochi scienziati, che non ha scalfito il dato consolidato sul piano scientifico dell’origine biologica.
Anche nel settore dell’inquinamento da polveri sottili, la comunità scientifica internazionale (in particolare rappresentata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) è concorde in maggioranza sulle origini, sui danni causati e sui rimedi al problema e a tali studi fanno espresso riferimento le normative comunitarie e nazionali che impongono limiti ai livelli di inquinanti presenti nell’atmosfera. La motivazione del giudice fiorentino, appare pertanto come una impropria invasione nel campo di competenza del legislatore, quando mette in discussione le basi scientifiche stesse della produzione normativa in materia.

Entrando poi nel merito delle contestazioni del PM agli amministratori locali, il giudice, preliminarmente si abbandona alle seguenti considerazioni politico – culturali:
“… se si pone attenzione alle documentate condizioni igieniche generali in cui proprio nei territori europei le popolazioni hanno vissuto per secoli, alle conseguenti condizioni di vita degradanti, all’infierire di devastanti epidemie che uccidevano milioni di persone, e poi al costante, enorme miglioramento delle vite delle stesse nel corso di un tempo relativamente breve (cui ha contribuito senza alcun dubbio possibile anche la motorizzazione di massa), fino al quasi raddoppio sulle aspettative di vita rispetto a quelle di circa un secolo fa …., le disquisizioni sulla presenza oggi nell’aria del PM10 (che certamente era molto limitato, mancando il contributo del traffico con i veicoli a motore e del riscaldamento di massa, quando pochi secoli fa infieriva la peste narrata dal Manzoni) e della sua relativa nocività perdono ogni connotazione drammatica, ed evidenziano come solo popolazioni fortemente evolute sul piano sanitario ed economico possono porsi in maniera così coinvolgente problemi come quello di cui si occupa il presente processo.”

Pur non condividendola minimamente, non entro volutamente nel merito della precedente analisi, che corrisponde a una profonda corrente di opinione nelle moderne società di massa, che considera l’inquinamento come un inevitabile prezzo da pagare al progresso e all’avanzamento del benessere. Mi limito in questa sede a considerare che un giudice non deve operare le sue valutazioni processuali sulla scorta di pregiudizi etico – morali, ma solo sulla imparziale applicazione e interpretazione della norma. In questo modo invece, il giudice non solo esula dai propri compiti istituzionali, ma induce il forte sospetto che le conclusioni giuridiche della sentenza a favore della difesa degli imputati possano essere state pesantemente condizionate dai suoi convincimenti personali. Inoltre, come già rilevato, con le affermazioni precedenti il giudice mette in discussione la volontà del legislatore favorevole alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, travalicando completamente ruolo e compiti della magistratura.

Passiamo ora al merito della sentenza. La singolare tesi del magistrato giudicante a favore dell’assoluzione degli imputati è che ai fini della valutazione dei livelli di inquinamento urbano e di superamento delle soglie ammissibili per la tutela della salute umana, debbano prendersi a riferimento non le centraline di misurazione collocate nelle zone di traffico, ma solo quelle situate in siti di “fondo urbano” che misurerebbero l’esposizione media della popolazione.
Per tale motivo, i superamenti dei limiti di legge, calcolati dall’accusa nei siti di traffico, andrebbero verificati sui siti di fondo urbano rappresentativi dell’inquinamento medio della zona considerata e, nel caso specifico, tali postazioni nell’area fiorentina hanno rispettato i limiti di legge. Per questo, tutti gli amministratori sono assolti dal reato di omissione d’atti d’ufficio in quanto nessuna azione di limitazione del traffico o delle altre fonti inquinanti si sarebbe dovuto applicare, nonostante che nei siti di traffico i valori limite siano stati abbondantemente e più volte superati nel corso degli anni.

Questa interpretazione della Direttiva Europea n. 50/2008 mi sembra errata. Infatti, l’art. 13 impone agli stati membri di garantire il rispetto dei valori limite per gli inquinanti nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, senza precisare in quale tipo di stazione essi debbano essere rispettati, mentre l’art. 15 precisa chiaramente che gli stati membri devono garantire il rispetto dell’obiettivo nazionale di riduzione dell’esposizione alle polveri sottili che, come previsto dall’art. 2 (punti 20 e 22), è riferito all’esposizione media della popolazione, da misurare nei siti di fondo urbano di tutto il territorio nazionale.
Quindi, come mi sembra logico e banale, tutte le centraline, comprese quelle situate in zone di traffico (e, si badi bene, rappresentative di tutte le zone di traffico) concorrono a determinare il rispetto dei valori limite, mentre quelle di fondo urbano rappresentative dell’inquinamento medio a cui è sottoposta l’intera popolazione, determinano il rispetto dell’obiettivo medio nazionale.

A rafforzare questa interpretazione ci vengono poi in soccorso proprio le indagini e le valutazioni scientifiche degli organismi scientifici che sono state considerate dal legislatore la fonte della produzione normativa in materia. Nello studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità denominato “Impatto sanitario di PM10 e Ozono in 13 città italiane” viene spiegato il metodo di selezione delle centraline le cui misurazioni sono prese a riferimento per la valutazione dell’impatto sanitario associato a vari livelli degli inquinanti. Ebbene, come si può vedere dalla tabella allegata all’inizio di questo articolo, vengono considerate sia alcune centraline di traffico che di fondo urbano come rappresentative dell’inquinamento medio nelle città campione.

Sul piano più generale poi, l’interpretazione riduttiva della legge operata dal giudice fiorentino, che considera solo i siti di fondo urbano come rappresentativi dell’inquinamento appare del tutto paradossale, perché qualora si ritenesse corretta, essa determinerebbe una pesante discriminazione tra i cittadini. Come nel caso dei polli di Trilussa, i cittadini sottoposti a livelli di inquinamento superiori dovrebbero “accettare” i maggiori danni alla salute, perché la media di tali valori rispetterebbe i limiti di legge. Ma ciò contrasta evidentemente con il sacrosanto principio dell’uguaglianza dei cittadini nei confronti del diritto alla salute, stabilito anche dalla nostra Costituzione.

Per finire queste brevi e certo non esaustive considerazioni, faccio riferimento alle motivazioni del giudice contro il secondo reato contestato oltre all’omissione d’atti d’ufficio, cioè quell’articolo del codice penale che vieta il getto di cose o le emissioni di gas, vapori o fumi atti ad offendere, imbrattare o molestare le persone. Il giudice esclude la commissione da parte degli imputati anche di questo reato, perché innanzitutto la condotta è punita solo se l’emissione non è consentita dalla legge. Ma, “siccome nel caso in esame le emissioni di fumo dallo scappamento dei veicoli a motore (che avrebbero provocato le eccessive, secondo l’accusa, concentrazioni di inquinanti in atmosfera) non sono in nessun modo vietate dalla legge”, non esiste nemmeno il reato. Inoltre la norma in questione punirebbe solo chi commette materialmente il reato, nel nostro caso gli automobilisti e gli altri emettitori di inquinanti, e non chi si astiene dall’impedirlo, cioè gli amministratori. Che altresì non sono condannabili perché non hanno impedito qualcosa che non costituisce reato.

Senza entrare in questi bizantinismi giuridici, mi limito qui a considerare che non è vero che le emissioni dei veicoli a motore non sono in alcun modo vietate dalla legge, ma esse devono rispettare per poter circolare precisi limiti emissivi stabiliti dalla normativa. In altre parole, il giudice secondo me fa confusione tra emissioni del singolo veicolo e emissioni complessive del parco auto circolante che influenzano invece la qualità dell’aria.

In conclusione, pur non condividendo soluzioni giustizialiste al problema dell’inquinamento urbano e non auspicando la condanna di amministratori che operano tra mille difficoltà e, nel caso specifico hanno in alcuni casi intrapreso anche iniziative di limitazione delle fonti d’inquinamento, ritengo che sarebbero auspicabili azioni volte almeno a fare chiarezza sugli aspetti controversi della sentenza, che rischiano di far arretrare pesantemente le battaglie per migliorare la qualità dell’aria nelle nostre città. Il problema è principalmente politico – culturale: la motorizzazione di massa è un disvalore. Fin quando non ci sarà questa consapevolezza non ci sarà alcuna legge di tutela della salute che possa risolvere del tutto il problema. E forse il picco del petrolio aiuterà a raggiungere questa consapevolezza.

Per chi fosse interessato, è possibile consultare a questo indirizzo la Direttiva europea n. 50/2008, a quest’altro indirizzo una sintesi delle conclusioni dello studio dell’OMS citato nel mio articolo e infine qui (articolo n. 177) un’analisi delle motivazioni alla base delle linee guida OMS.



Su questo post, leggi anche un commento su "Effetto Cassandra". 

mercoledì, dicembre 15, 2010

Sole, gas o nucleare?




Riproduco qui di seguito alcuni punti di un articolo di Maurizio Ricci apparso su "Repubblica" del 12 Dicembre del 2010.

E' interessante perché mostra quanto sia difficile la pianificazione in campo energetico - meglio detto, l'assenza totale di pianificazione a lungo termine in questo campo.

Così come ce le descrive Ricci, stiamo facendo delle cose totalmente assurde, ovvero investire su un'infrastuttura sia nucleare sia di importazione di gas dalla Russia che - se sommate insieme - ci porterebbero, in teoria, a un aumento di disponibilità di energia elettrica semplicemente improponibile. Date le condizioni della nostra economia, molto probabilmente non abbiamo nessun bisogno dei 100 TWh in più che Ricci ipotizza per il 2030 - meno che mai dei 200 TWh in più che sembrerebbero disponibili come conseguenza degli investimenti pianificati.

Notate come chiosa Ricci che il tutto vale "ammesso che non ci sia anche un boom delle rinnovabili" (non sia mai che tale orrore avvenga!!!!)

Ma è pensabile che, come dice Ricci, da qui al 2030 ci siano in Italia otto centrali nucleari (ma non si era sempre detto quattro? Vabbè che tanto sono virtuali, potrebbero altrettanto bene essere 16). Se l'industria investe così pesantemente sui gasdotti, sembrerebbe proprio che non ci credano minimamente. E alle rinnovabili, evidentemente, non ci crede proprio nessuno al livello di quelli che pianificano queste cose.

Ma il bello è che tutti (incluso Ricci), evidentemente, credono che gas e uranio siano infiniti.

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L'Italia tra gas russo e nucleare Rischiamo di avere troppa energia


da "Repubblica" del 12 Dicembre 2010


MAURIZIO RICCI


ROMA - Gas o nucleare? Le rivelazioni di WikiLeaks sulle inquietudini americane di fronte agli accordi Roma-Mosca per South Stream, il gasdotto che dovrebbe trasportare in Italia il gas russo, hanno rilanciato il dibattito sulle dipendenza energetica del nostro paese dall'estero e sui modi per contenerla. South Stream, si sostiene, è una leva cruciale per allentare, grazie al metano che mette a disposizione, la nostra dipendenza energetica. Se si fanno i conti, però, il risultato è paradossale: nell'ansia di assicurarsi risorse affidabili, l'Italia rischia di nuotare, presto, in un mare di energia superflua. A meno di non compiere, fin d'ora, quando gli investimenti vengono programmati, scelte delicate e difficili.

Attualmente l'Italia consuma, ogni anno, 320-330 terawattore di elettricità (ogni terawatt corrisponde ad un milione di megawattore). Il grosso di questa elettricità viene dalle centrali a gas: ogni anno importiamo 30-35 miliardi di metri cubi di metano da destinare a queste centrali. Entra in scena il piano nucleare del governo. Se tutte le centrali atomiche previste (almeno otto) venissero realizzate, poiché ognuna produce circa 12 terawattore l'anno, disporremmo di un centinaio di terawattore in più. Servono questi cento terawattore?

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Supponiamo, per fare una media, che i 400 terawattore di consumi vengano raggiunti dopo il 2030, quando il piano nucleare dovrebbe essere, in larga misura, già realizzato. Avremmo 300 terawattore prodotti come oggi (ammesso che non ci sia anche un boom delle rinnovabili) e 100 con il nucleare. Tutto bene, apparentemente. Però, bisognerebbe spiegarlo a chi, in questo momento, sta investendo o pensa di investire in South Stream e nelle altre infrastrutture, progettate per portare più gas in Italia. E lo sta facendo in grande, moltiplicando gasdotti e rigassificatori. Se tutti i progetti in corso andassero in porto, l'Italia si troverebbe a disporre di una marea di metano.

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L'Italia avrà bisogno di 100 terawattore di elettricità e se ne vedrebbe offerti 200: 100 dal nucleare e almeno altrettanti dal metano. Scegliere non sarà facile e le rinunce saranno dolorose. Ma, probabilmente, inevitabili, che si tratti di rigassificatori, di South Stream o di altri gasdotti, di centrali atomiche. Altrimenti, uno dei due contendenti, metano o atomo, al momento di offrire la propria produzione, si troverà fuori mercato e il flop potrebbe rivelarsi insostenibile per le aziende coinvolte.

Gli interessi in ballo, infatti, sono enormi. L'Enel, e chi altro si imbarcherà nell'avventura nucleare, deve decidere, ora, se investire circa 50 miliardi di euro per la realizzazione di centrali che entreranno in funzione fra 10-20 anni. Ma anche le infrastrutture del gas non costano poco: solo per South Stream, la spesa ufficialmente prevista da Eni e Gazprom supera i 15 miliardi di euro e, secondo gli esperti, oscilla, in realtà, trattandosi di un gasdotto, in larga parte, sottomarino, fra i 19 e i 24 miliardi di euro, quasi il triplo del concorrente Nabucco, che corre tutto via terra. Anche gli affari del gas sono grossi: per avere un'idea, il fatturato che, oggi, realizza l'Eni nel settore metano è di oltre 30 miliardi di euro l'anno.

lunedì, dicembre 13, 2010

Scomposizione per attività del calo dei consumi elettrici italiani e prospettive future

Come ho riferito in questo mio precedente articolo, nel 2009 si è verificato in Italia un sensibile calo dei Consumo Interno Lordo di energia elettrica (Produzione Lorda + Saldo Import – Export). Per le stesse ragioni sono ovviamente in diminuzione sia la Richiesta di Energia Elettrica (Consumi Finali + Perdite di rete) sia gli stessi Consumi Finali. Però questo dato complessivo non ci dice nulla sulla distribuzione del calo tra le varie attività di consumo.

A tale scopo ci viene in aiuto la tabella allegata, tratta dal sito di Terna S.p.A. Come si può facilmente capire dai dati, il calo complessivo del 6% dei consumi finali italiani dal 2008 al 2009, corrisponde a una riduzione dei consumi elettrici dell’Industria di ben il 14%, a fronte di un limitato aumento dei consumi nel terziario (+ 1,3%) e nel domestico (+ 0,8%).
In altre parole, il peso dell’industria nazionale nella distribuzione dei consumi elettrici totali passa dal 47% al 43%. Si tratta di un dato molto interessante perché ci fa capire che la crisi economica ha inciso pesantemente solo sulle attività industriali, con chiusura o riduzione di molte attività produttive.
Le attività industriali più penalizzate dalla crisi sono quelle manifatturiere di base (- 18%), meno le costruzioni (- 4%). Nel grafico allegato, che ho ricavato dalla stessa tabella, è possibile analizzare visivamente il calo dei consumi di energia elettrica per singola categoria di attività.

Per quanto riguarda le prospettive, i dati Terna relativi ai consumi elettrici di novembre 2010 rilevano un parziale recupero della richiesta di energia elettrica rispetto al 2009 dell’1,9% (quindi un recupero leggermente più basso rispetto al 2008) in corrispondenza della piccola ripresa economica in corso. Il sistema riuscirà a recuperare completamente il calo dei consumi rispetto al periodo precedente la crisi e l’evidente picco dei consumi elettrici nel 2009 sarà solo relativo o assoluto?

E’ difficile rispondere a questa domanda. Non si può però non rilevare che contemporaneamente alla ripresa della domanda mondiale sono cresciuti di nuovo i prezzi del petrolio (il barile oggi costa quasi 90 dollari). Sembra perciò confermarsi la stretta correlazione tra aumento delle quotazioni petrolifere e crescita economica illustrata su questo blog in un precedente post.
Questo significa che la ripresa più accentuata del prodotto interno lordo mondiale e, in particolare di quello statunitense, determinerà nel 2011 di nuovo il superamento della soglia dei 100 dollari al barile, con conseguenze recessive sull’economia. Sembrerebbe perciò confermata la natura strutturale dell’attuale crisi economica e che solo una profonda riorganizzazione dei sistemi produttivi, energetici ed economici potrà scongiurare effetti devastanti sull’organizzazione delle società umane.

sabato, dicembre 11, 2010

Il problema dell'acqua

Scritto da Armando Boccone
Fig. 1



Fig. 2


Fig. 3


Fig. 4



Fig. 5


Fig. 6


Fig. 7


Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

Secondo molti studiosi il problema dell’approvvigionamento dell’acqua sarà uno dei problemi più importanti dell’umanità nel prossimo futuro, insieme alla riduzione di disponibilità dei combustibili fossili e al rischio del venire meno di molti equilibri ambientali. Il petrolio viene anche chiamato 'oro nero' ma l’acqua viene anche chiamata 'oro blu'. L’approvvigionamento dell’acqua inoltre è dipendente non solamente dalle condizioni ambientali-climatiche ma anche dalla disponibilità di combustibili fossili. Per rendere disponibile l’acqua è necessario che piova e nevichi ma poi è necessario captarla, trasportarla e distribuirla; ciò richiede la costruzione di dighe, acquedotti, serbatoi, impianti di sollevamento idrico e altre strutture ancora oltre che un continuo lavoro di manutenzione: ciò significa, infine, enorme consumo di energia.

Data l’indispensabilità dell’acqua per la vita umana si pensa che in futuro molti conflitti avverranno per questioni relative al suo approvvigionamento.
Disse Ali Samsam Bakhtiari al congresso di Aspoitalia tenutosi a Firenze nel marzo del 2007, che questo secolo sarà il secolo del ritorno radici, cioè della riscoperta delle conoscenze umane che ci hanno guidato nei secoli precedenti l’era petrolifera. Aggiunse anche che l'acqua sarà una risorsa critica, che farà sentire il suo peso nel già difficile momento di transizione che ci attende.

Questo lavoro espone il modo in cui si cercava di fare fronte al problema dell’approvvigionamento di acqua in un paese della Lucania fino agli anni trenta del secolo scorso, quando arriva l’acquedotto. Si farà inoltre qualche accenno alla situazione nel periodo successivo.
Penso sia importante questo lavoro perché alle tecniche di approvvigionamento che verranno esposte dovranno ricorrere quelle comunità residenti in zone marginali (come quelle collinari e di montagna) quando l’aumento del costo dei combustibili fossili farà diventare costosissimo e insostenibile il loro approvvigionamento di acqua così come è avvenuto finora.

Sommario
1) Le cisterne, le sorgenti e i pozzi del mio paese
a) Caratteristiche del territorio;
b) Caratteristiche del paese;
c) Le cisterne
d) Le fonti e i pozzi;
e) La fonte di “Cannile”
2) Arriva l’acquedotto!
3) Una breve conclusione

1) Le cisterne, le fonti e i pozzi del mio paese

L’approvvigionamento di acqua nel mio paese si basava sulle cisterne, sulle fonti e sui pozzi e il lavoro che ho svolto è consistito nell’andare sia alla loro ricerca fisica che alla ricerca di informazioni sulle stesse cisterne, fonti e pozzi.
Più in dettaglio il metodo che ho seguito nella realizzazione di questo lavoro è consistito in ricerche sul campo (sono andato effettivamente alla ricerca, per esempio, delle fonti), in interviste ai cittadini (soprattutto vecchi) e a persone che hanno fatto dei saggi sulla storia del paese, in ricerche bibliografiche e nell’uso della fotografia come strumento di indagine (provvedevo, per esempio, a fotografare ciò che trovavo di interessante in merito alla ricerca).

a) Caratteristiche del territorio

Il territorio in cui è situato il mio paese di nascita è la zona nord-orientale della Lucania che è la parte più arida del territorio regionale. La quantità di acqua che cade con le piogge ha valori medi inferiori a 750 millimetri annui, che è un valore basso. In certi punti del territorio (come quello in cui insiste il mio paese) i valori sono intorno a 500 millimetri annui. Alcune aree del territorio possono considerarsi aride, almeno per quanto riguarda le precipitazioni (l’agricoltura però è fiorente perché buona parte del territorio è irrigato con l’acqua proveniente dalle dighe disposte nella parte sud-occidentale della regione, dove le precipitazioni superano i 1000 mm all’anno). Inoltre le piogge non sono costanti negli anni ma anzi subiscono forti oscillazioni anno per anno, alle volte anche di un fattore 4 e, negli ultimi due decenni, si è notata una certa riduzione delle piogge stesse.

b) Caratteristiche del paese

Il paese sorge sulla parte più alta di tre colline, ad una altezza intorno ai 350-400 metri sul livello del mare e distante una ventina di km dal mare stesso. Il paese è urbanisticamente molto compatto, con le case addossate l’una con l’altra, senza spazi verdi. Fino agli inizi del secolo scorso l’abitato, salvo le poche case signorili ed edifici particolari, era formato da tante case col solo piano terra e dipinte con calce bianca, del tipo di quella della fig. 1.

Il periodo a cui si farà riferimento in questa ricerca sul modo in cui si cercava di risolvere l’approvvigionamento di acqua inizia da appena dopo l’unità di Italia e termina verso la fine degli anni trenta del secolo scorso, quando arriva l’acqua portata dall’acquedotto dell’Agri (uno dei fiumi della Lucania che sorgono sugli appennini a ridosso della Campania e della Calabria e che sfociano nel mar Jonio), mentre si farà solamente qualche accenno alla situazione nel periodo successivo. Il riferimento al periodo serve anche per indicare la popolazione che probabilmente risiedeva nel paese. La popolazione complessiva è stata di circa ottomila abitanti appena dopo l’unità Italia, di circa diecimila agli inizi del XX secolo, di 12.310 nel 1938 e di 16.700 nel censimento del 1971 (10.000 nel centro urbano, 5.000 in una grossa frazione e il resto in altre frazioncine e nelle campagne). Nel periodo a cui si riferisce questa ricerca, considerando che una certa parte della popolazione probabilmente risiedeva stabilmente nelle campagne, con brevi soggiorni nel paese, e che una parte risiedeva in piccole frazioni, potrebbe considerarsi che insistesse nel centro urbano del paese una popolazione che poteva andare dai 5-6mila agli 8-9mila abitanti.

c) Le cisterne
Fig.1 Una classica cisterna in una tipica casa col solo piano terra. L’entrata è lo sportello di ferro di colore marrone. L’acqua piovana raccolta dal tetto della casa affluiva nella canaletta laterale e in seguito, attraverso una condotta che correva nel muro, veniva immessa nella cisterna. Adesso l’acqua piovana non viene più immessa nelle cisterne ma deviata all’esterno (nel caso raffigurato in questa foto fuoriesce dal buco che si vede in basso).

“Quando piove non secca niente” dice un proverbio del paese. Questo proverbio lo ripeto ribattendo a quei colleghi (soprattutto donne) che sono molto preoccupati quando minaccia di piovere, anzi quando appena si vede qualche nuvola all’orizzonte. Questa situazione la dice lunga sulla scarsa sensibilità che c’è intorno al problema dell’acqua.
Il problema dell’acqua era un problema centrale nella vita delle famiglie. Nel periodo a cui si riferisce questa ricerca la scarsità di acqua aveva un’incidenza notevole sull’igiene e sulla salute delle persone. Specialmente durante l’estate la mortalità infantile per enterite raggiungeva cifre spaventose. Ma a mietere vittime, soprattutto sulla gente più povera, erano anche il tifo, la malaria, la polmonite, il vaiolo, la difterite, la poliomielite e altre malattie ancora.

Un contributo all’approvvigionamento dell’acqua veniva dato dalle cisterne. Queste sono vani interrati costruiti insieme alla casa e che fanno parte della struttura stessa della casa. Hanno una profondità di circa 4-5 metri e una capacità di circa 20-30 metri cubi. Hanno la forma di una classica borraccia (sarà un caso?) e ha due aperture per accedervi: una, più grande, dall’esterno della casa, e un’altra, più piccola, dall’interno della casa stessa.
Le cisterne servivano per immagazzinare l’acqua piovana che cadeva sui tetti delle case. Dai coppi l’acqua scendeva in una canaletta laterale. Questa canaletta portava l’acqua in una condotta che correva all’interno del muro e che infine la immetteva nella cisterna appena sotto il suo “collo”. La condotta, fatta di tubi di terracotta a incastro era all’interno del muro ma appena sotto lo strato di intonaco, in modo che fosse possibile accedervi con una certa facilità nel caso di interventi di manutenzione. Era possibile deviare il flusso dell’acqua verso l’esterno della casa. Ciò avveniva alle prime piogge, in modo che queste pulissero i tetti delle case. Ovviamente la deviazione era sempre possibile anche per altri motivi. Un mio amico falegname (che ho intervistato in merito) mi ha detto che suo zio evitava che l’acqua fosse deviata nella cisterna anche nel periodo in cui i passeri covavano: i nidi infatti venivano fatti sotto i coppi e quindi i passeri si trattenevano sui tetti, dove poteva succedere che deponessero i loro escrementi.

Dalla cisterna l’acqua veniva prelevata con un secchio legato ad una corda che passava attraverso una carrucola.
Periodicamente la cisterna veniva pulita dopo averla svuotata. La periodicità dalla pulizia forse era di 2-3 anni (non ho avuto però informazioni precise in merito). Ad una domanda sul problema dell’igiene dell’acqua della cisterna un mio amico, vecchio muratore, ha risposto dicendo che alle volte veniva buttata della calce per disinfettare. In ogni caso eventuali detriti si depositavano sul fondo.

Fig. 2 Dalla cisterna l’acqua veniva prelevata con un secchio servendosi di una fune che passava attraverso una carrucola. In questa immagine lo sportello piccolo è stato tolto e l’apertura, a cui si accede dall’interno della casa, è stata murata

Le cisterne erano diffusissime. Non è stato possibile stabilire un numero. La loro diffusione variava molto da quartiere a quartiere. In certe strade quasi ogni casa aveva la cisterna mentre in altre strade erano poco diffuse. Erano diffuse soprattutto nei quartieri nuovi, cioè quelli creati fra la fine dell’ottocento e i primi del novecento. Probabilmente ciò è dipeso dai miglioramenti delle condizioni economiche, perché la costruzione di una cisterna incideva notevolmente sul costo complessivo della casa.
Non penso che a quei tempi esistessero delle norme estetiche da rispettare nel colore della vernice da dare agli sportelli delle cisterne ma tutti erano di colore marrone o, più raramente, di colore verde, gli stessi colori comunque della porta della casa.

Fig. 3 Serie di cisterne. Nei quartieri nuovi, cioè quelli creati fra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, quasi tutte le case avevano la cisterna. Adesso l’acqua piovana non viene più inviata nelle cisterne ma all’esterno, come mettono in evidenza quei tubi lungo il muro

Ma come facevano le famiglie che non disponevano di una cisterna? Probabilmente quando pioveva prendevano l’acqua disponendo dei secchi sotto le canalette che la mandavano giù dal tetto. Questa acqua poi veniva immagazzinata in fondo alla casa in una vasca di ferro zincato o di terracotta. Ricordo da bambino che qualcuno faceva ancora così. Ma succedeva anche che venisse acquistata con denaro o con scambi in natura da coloro che possedevano la cisterna (in qualche intervista ho sentito qualche accenno a questa modalità di approvvigionamento).

Da parecchi decenni le cisterne non vengono più utilizzate. Viene impedito che l’acqua vi acceda (nel modo sopra detto). Alcune cisterne sono state chiuse al momento della ristrutturazione delle case, altre sono state trasformate in finestre o buche per le lettere. Per meglio dire, è stata trasformata la parte in alto delle cisterne, perché la parte sottostante è rimasta intatta. Uno dei miei fratelli, che sta al paese e fa il muratore, ha detto che alcune volte, in lavori di ristrutturazione di case, si è imbattuto in cisterne che contenevano ancora l’acqua, sicuramente risalente ad alcune decenni prima. Le cisterne, secondo le indicazioni dei proprietari delle case (dice sempre mio fratello muratore) vengono tombate, cioè viene chiusa l’imboccatura e vengono coperte, lasciando l’acqua ancora all’interno.

Fig. 4 Il fondo di una cisterna con l’acqua (probabilmente risalente a qualche decennio precedente). La condotta “sfogava” nella cisterna appena sotto il suo “collo”.

Dato che alle volte nel paese viene interrotta l’erogazione dell’acqua, qualcuno continua a utilizzare la cisterna come deposito di acqua, ma questa non è più l’acqua piovana che cade sui tetti ma quella dell’acquedotto.

Fig. 5 Una cisterna utilizzata come deposito di acqua che affluisce non più dal tetto ma dall’acquedotto. Per prelevarla si utilizza non più il secchio con una corda che passa da una carrucola ma una moto-pompa.

Per ovviare all’inconveniente dell’interruzione dell’acqua da molti decenni si ricorre all’installazione di serbatoi sulle terrazze o sui sottotetti delle case. Questi serbatoi, della capacità di circa un metro cubo, sono riempiti con l’acqua dell’acquedotto e, quando viene interrotta la sua erogazione, automaticamente l’acqua viene prelevata da essi. La capacità di questi serbatoi non è elevata perché l’interruzione dell’erogazione avviene normalmente dalle ore 14.00 circa alle ore 06.00-07.00 del giorno dopo (viene data quindi per 6-8 ore al giorno). Questa estate in paese ho sentito parlare del pericolo che l’acqua raccolta negli invasi delle dighe non potesse fare fronte ai bisogni domestici di acqua (queste voci si sentono ogni estate). Comunque, durante il periodo in cui ho soggiornato al paese (circa una ventina di giorni ad agosto) l’erogazione dell’acqua è stata interrotta, nelle modalità indicate, solamente due volte. Negli ultimi anni non ricordo di interruzioni dell’acqua nei periodi in cui ho soggiornato in paese. Bisogna dire inoltre che parte dell’acqua della Regione viene venduta (penso con particolari modalità previste dalle leggi) alla Regione Puglia.

Al centro dei cortili dei palazzi signorili, dei conventi, delle scuole, ecc., venivano costruiti delle cisterne molto grandi, impropriamente chiamati pozzi. I tetti molto grandi di tali edifici consentivano di accumulare notevoli quantità di acqua e da qui discendeva la possibilità di costruire cisterne molto grandi.

Fig. 6 Il pozzo nel cortile di un palazzo signorile. Il pozzo è in realtà una grossa cisterna posta al centro del cortile. La capacità di queste cisterne è notevolmente superiore a quella delle cisterne delle case popolari perché è notevolmente superiore la superficie dei tetti da cui affluiva l’acqua.

d) Le fonti e i pozzi

L’acqua piovana che veniva immagazzinata nelle cisterne era priva di sali minerali ed inoltre ristagnava per cui veniva destinata soprattutto per l’igiene anche se, in mancanza di meglio, veniva bevuta.
Per avere della buona acqua da bere bisognava quindi andare alle fonti di acqua sorgiva e ai pozzi. L’acqua veniva trasportata con barili di legno, della capacità di circa 25-30 litri che le donne si sistemavano sulla testa (protetta da una tovaglietta arrotolata) e gli uomini sulle spalle.
Mediante ricerche bibliografiche, interviste fatte e ricordi di quando ero ragazzo, ho potuto contare cinque fonti e due pozzi nelle immediate vicinanze del centro abitato. Due fonti e un pozzo erano invece alla distanza di 1-1,5 km dal centro abitato mentre altre tre fonti e due pozzi erano alla distanza fra i tre e i cinque km dal centro abitato. Di alcune di queste fonti e pozzi non avevo conoscenza diretta, nel senso che da ragazzo non le avevo viste. Nelle interviste fatte (anche a persone di una certa età) ho notato una notevole difficoltà nel ricordarsi di queste fonti e pozzi, oltre che nel fare confusione fra di esse. La spiegazione di tutto questo risiede almeno in due motivi: il primo è che c’è poca sensibilità intorno al problema dell’acqua perché, nonostante alle volte ci siano interruzioni nella sua erogazione (però nelle modalità sopra indicate) praticamente questo problema nel paese non esiste; un altro motivo è che l’acqua tramite acquedotto è arrivata nel paese nel 1936, cioè più di 70 anni fa. Considerando che una persona avrebbe dovuto avere nel periodo precedente il 1936 almeno una decina di anni per prendere coscienza del problema dell’approvvigionamento dell’acqua, si deduce che le persone che avrebbero potuto darmi informazioni dirette hanno superato gli 80 anni di età.

Il flusso di acqua delle fonti e dei pozzi a ridosso del paese era però molto scarso. I motivi erano sicuramente due: la scarsità delle precipitazioni annue e la scarsa estensione del territorio a monte che avrebbe captato l’acqua che poi le avrebbe alimentate. Da fonti bibliografiche ho appreso che dalla fonte detta la “Rupe”, distante circa 1 km dal paese, sgorgava un litro di acqua al minuto. In questo modo era in grado, teoricamente, di riempire un barile da 30 litri in mezz’ora e, quindi, 48 barili nell’arco delle 24 ore (ho sentito che si andava anche di notte a prendere l’acqua). Con la mia compagna sono andato alla ricerca di questa fonte, che già conoscevo da ragazzo. Non riuscivo ad individuarla e stavamo andando via quando, dopo informazioni da parte di un pastore che pascolava il gregge in quei paraggi, siamo riusciti a individuarla. Effettivamente, ad occhio e croce, la portata è ancora quella descritta. Anche se le cose fossero state migliori in riferimento alle altre fonti e pozzi è evidente la scarsissima quantità di acqua potabile di cui poteva disporre una popolazione di 6-8 mila abitanti.

Fig. 7 La fonte della “Rupe”, distante circa 1 km dal paese

Il problema dell’acqua era uno dei problemi principali della gente. Nella relazione presentata nel 1876 dal sindaco Franchi vengono esposte le iniziative fatte dall’amministrazione comunale per ovviare, per quanto possibile, al problema dell’approvvigionamento idrico. Si parla tra l’altro di un sedicente ingegnere idraulico che avrebbe dovuto costruire un pozzo ma che si dimostrò essere un impostore, recando notevole danno finanziario al Comune e facendo poi perdere le sue tracce. Si parla di altre iniziative volte ad aumentare la disponibilità di acqua da parte dei cittadini, con la ricerca di nuove fonti e la manutenzione e il potenziamento di quelle già esistenti, ma che i risultati sono sempre stati notevolmente inferiori alle attese. Si parla ancora dell’attività dell’amministrazione comunale che riportò a proprietà del Comune due importanti fonti, come quella di Cannile, di cui si erano ingiustamente appropriati alcuni privati cittadini.

e) La fonte di “Cannile”

Quella denominata di “Cannile” era la più importante fonte di acqua potabile, sia per l’abbondanza che per la qualità delle sue acque.
Dato che non ho mai conosciuto l’ubicazione della fonte di “Cannile”, una mattina con la mia compagna, sulla scorta di alcune informazioni che ho avuto, vado alla sua ricerca. Non si riesce ad individuarla. Dopo qualche giorno e dopo alcune informazioni supplementari andiamo di nuovo alla sua ricerca. Riusciamo così ad individuarla. La sua distanza dal paese è di circa 5 km.

Fig. 8 Al secondo tentativo riusciamo ad individuare la fonte di Cannile. L’imboccatura è coperta di edera e altre piante ma con un bastone le sposto mettendola in evidenza.

Fig. 9 La vasca retrostante l’imboccatura è piena di acqua. Sposto le code di cavallo (equiseti) che ricoprono l’area antistante la fonte e si vedono scorrere rivoli di acqua

Il Comune aveva stabilito un servizio pubblico di approvvigionamento di acqua dalla fonte di Cannile. Dei carri con botti prelevavano l’acqua dalla suddetta fonte e la depositavano in tre cisterne pubbliche nel paese. L’acqua veniva poi venduta a quattro soldi al litro (venti centesimi) con un limite all’acquisto di dieci litri al giorno (probabilmente questi dati si riferiscono agli anni ’20 del secolo scorso). Queste informazioni le ho apprese da ricerche bibliografiche e da una intervista all’autore di un saggio sulla storia del paese. In questo saggio ho trovato ulteriori informazioni a conferma di quanto detto. Fra gli atti dell’Amministrazione comunale risulta in data 24 giugno 1924 un “Provvedimento in merito al servizio di trasporto e di distribuzione dell’acqua potabile alla cittadinanza” e fra le Deliberazioni podestarili e del Commissario prefettizio risulta in data 30 giugno 1928 la deliberazione di “Approvazione di spesa per la riparazione della strada che porta alla pubblica fontana Cannile” Ho cercato conferma a queste notizie bibliografiche e, dopo che molte persone hanno detto di non ricordare tale servizio oppure negavano che ci fosse stato, finalmente una persona ha ricordato che le donne andavano a prendere l’acqua ad una cisterna pubblica mentre un’altra persona ricordava la ditta che con carri trainati da muli andava a prendere l’acqua alla fontana suddetta. Quest’ultima persona ricordava che anche i privati (in questo caso le famiglie benestanti) ordinavano alla suddetta ditta dei trasporti di acqua. Non sono riuscito acapire le condizioni contrattuali ed economiche a cui avveniva questo servizio di approvvigionamento.
Ovviamente esistevano anche privati cittadini, soprattutto persone anziane (i cosiddetti acquaiuoli) che col proprio asino e servendosi di barili andavano a prendere l’acqua su ordinazione di famiglie private. Facevano due-tre viaggi al giorno caricando il proprio asino di due barili.
Un’altra fonte, distante dal paese circa 3 km, serviva all’approvvigionamento del paese. La sua portata era sicuramente inferiore a quella di Cannile ed inoltre il percorso per accedervi era più disagevole. Io e la mia compagna l’abbiamo individuata al secondo tentativo. Diversamente che dalla fonte di “Cannile” quando ero ragazzo avevo visitato alcune volte questa fonte. Dopo ulteriori e ben dettagliate informazioni da una signora vicina di casa, come ho già detto poco sopra, l’abbiamo individuata. E’ a pochi metri dalla vecchia stradina ma è occultata da rovi ed altre piante. Questa fonte, chiamata la “Manca”, è stata l’unica fonte che abbiamo trovato secca.

Per quanto riguarda i pozzi ho ricevuto poche informazioni in merito. Erano in numero fortemente inferiore a quello delle fonti. Probabilmente non svolgevano un importante ruolo nell’approvvigionamento di acqua. Da molti viene ricordato solamente un pozzo alla periferia est del paese, detto “Pozzo a due boccole”, famoso perché ogni tanto qualcuno si è buttato dentro per suicidarsi.

2) Arriva l’acquedotto!

Nel 1934 (anno XII dell’era fascista, come indicato su un bassorilievo sul serbatoio) sono ultimati i lavori di costruzione del serbatoio comunale, eseguiti dalla Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna. L’acqua però arriva ai cittadini nel novembre del 1936. L’acquedotto alimenta 12-14 fontane distribuite nel paese. L’acqua erogata non è molta e non si può fare a meno di utilizzare ancora l’acqua delle cisterne, almeno per gli usi non potabili.

Fig. 10 Il serbatoio del paese dell’acquedotto dell’Agri. La sua costruzione, con l’abbattimento di parte dei ruderi del vecchio castello, inizia nel 1932 e termina nel 1934.

Solamente negli anni cinquanta, in seguito ad ulteriori afflussi di acqua, iniziano gli allacciamenti all’acquedotto da parte di utenze private.
Agli inizi degli anni sessanta, con l’ulteriore afflusso di acqua con il nuovo acquedotto del Frida, si assiste ad un consistente miglioramento nell’approvvigionamento di acqua da parte della popolazione, con un notevole aumento degli allacciamenti di utenze private.

Ricordo da bambino che le donne andavano a prendere l’acqua alla fontana servendosi di secchi. Nonostante si seguisse l’ordine di arrivo alla fontana per poter prelevare l’acqua, scoppiavano sempre dei litigi. Alla fontana le donne andavano anche per lavare le verdure.

3) Una breve conclusione

Le cose dette in questo lavoro, con cui ho affrontato la soluzione del problema dell’acqua nel mio paese di nascita nel periodo fra l’unità di Italia e gli anni trenta del secolo scorso, hanno messo in evidenza l’enorme energia e l’enorme tempo spesi per approvvigionarsi di questo prezioso liquido.
In futuro si prevede una minore disponibilità di combustibili fossili (essenziali per l’attuale modalità di approvvigionamento di acqua) e il venire meno di molti equilibri ecologici in seguito al previsti cambiamenti climatici, con la conseguenza che alcuni territori del Mezzogiorno di Italia possano andare incontro a fenomeni di desertificazione.
Si ipotizza che la regionalizzazione dell’economia, a cui si assisterà dopo l’ubriacatura della globalizzazione resa possibile dai combustibili fossili abbondanti e a buon mercato, comporterà una maggiore produzione locale di molte cose che adesso in parte sono importate (come cereali, frutta, ortaggi e carne) e ciò, per concludere, comporterà il riutilizzo dei vecchi modi di approvvigionamento dell’acqua, sia per fini potabili che irrigui.

giovedì, dicembre 09, 2010

L'Italia dopo il picco del petrolio

Nel panorama delle democrazie occidentali, il sistema politico italiano si configura come un’anomalia rispetto allo schema prevalente fondato sul conflitto dialettico tra due aree politico – culturali, quella di tradizione socialista o socialdemocratica e quella che genericamente possiamo definire conservatrice – liberale.

La storia del nostro paese ha determinato la natura di questa anomalia. Dopo la disfatta della seconda guerra mondiale, il quadro nazionale fu monopolizzato da due partiti molto lontani dagli orientamenti politici europei: la Democrazia Cristiana, espressione politica delle masse cattoliche escluse fino a quel momento dal “non expedit” di Pio IX e il Partito Comunista strettamente collegato al regime stalinista.
In conseguenza di questa situazione, l’Italia divenne di fatto uno snodo cruciale tra i due blocchi contrapposti facenti capo agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica. Ciò determinò da una parte la subordinazione degli interessi nazionali alle potenze dominanti, dall’altra sancì una tutela politica extra istituzionale da parte dello Stato Vaticano e del movimento comunista internazionale.
Queste condizioni storiche consentirono la cristallizzazione per circa cinquant’anni del quadro politico nazionale e solo dopo il crollo del muro di Berlino il sistema implose, deflagrando rapidamente e rovinosamente sulla spinta di Tangentopoli.

Da allora, e sono passati vent’anni, assistiamo a una lunga serie di scosse di assestamento che stanno modificando radicalmente il sistema politico senza però condurlo ancora verso una configurazione moderna di tipo europeo. Le ragioni di una perdurante anomalia sono da ricondurre al processo contraddittorio di trasformazione della sinistra italiana, per ora materializzatosi in un Partito Democratico dall’incerta identità, alla discesa in campo di un partito legato agli interessi personali di un imprenditore privato, all’emergere di una forza politica nel nord del paese che propone addirittura la rottura dell’Unità nazionale.
Come un fenomeno carsico riemergono in superficie tendenze e pulsioni distruttive presenti nel corpo sociale del paese sin dalla sua costituzione, tenuti compressi durante la guerra fredda: le conseguenze di un processo unitario incompleto, la carenza di senso dello Stato, l’immaturità democratica che spesso sfocia nel populismo e nel desiderio dell’uomo forte.

Ma si tratta a mio parere solo di un passaggio di fase che dovrebbe condurre in breve tempo a una configurazione più stabile, favorita dalle particolari condizioni storiche, economiche ed ambientali.
La crisi economica strutturale che stiamo vivendo e il sopraggiungere del picco del petrolio accentueranno le differenze sociali e, conseguentemente, l’evoluzione del Partito Democratico verso una formazione politica di tipo socialdemocratico in grado di rappresentare adeguatamente la spinta verso una redistribuzione del reddito tra le classi sociali.
Le sempre maggiori esigenze di autosufficienza economica ed alimentare sbaraglieranno le residue velleità secessioniste della Lega, in favore di una maggiore integrazione delle aree del paese. L’inevitabile declino del berlusconismo, se non altro per ragioni anagrafiche, favorirà l’aggregazione di nuove forze politiche di ispirazione cattolica e di una nuova destra di stampo liberale.

In definitiva potremmo avere, invece della temuta disgregazione del paese, una maturazione politica e culturale in una situazione di declino economico. Molto affascinante come tema di studio.

domenica, dicembre 05, 2010

La fine del petrolio (del mondo storto)


"La fine del mondo storto" di Mauro Corona descrive un mondo in cui i combustibili fossili - carbone petrolio e gas - spariscono improvvisamente.



ll libro di Corona "La Fine del Mondo Storto" si potrebbe intitolare altrettanto bene "La Fine del Petrolio," come il mio libro del 2003 - ma questo è un libro completamente diverso. Non pretende certamente di essere uno studio realistico di quello che potrebbe essere il futuro.

Anni fa, quando scrivevo "La Fine del Petrolio," avevo una gran paura di passare da "catastrofista" per cui ci mettevo molta attenzione a non esagerare con le profezie di sventura. Nella pratica, le cose sono andate peggio di quanto non prevedessi su tanti fronti, ma questo libro, beh, se volete parlare di catastrofismo, alla faccia! Corona non rifugge da niente: carestie, stragi, distruzioni, e financo cannibalismo.

Tuttavia, questo libro è curiosamente poco catastrofista, nonostante il tema che tratta. In un certo senso, quello che descrive non è una catastrofe, ma una catarsi. E' la descrizione di una liberazione da tutto quello che di troppo il mondo ci ha fatto piombare addosso: dalle SUV alle TV a grande schermo, il lavoro folle, la vita stressante, l'inquinamento, la follia generalizzata.

Diceva Vladimir Nabokov, l'autore del romanzo "Lolita", che un'opera letteraria ha un ruolo soltanto in quanto è capace di creare una sensazione di "beatitudine estetica." Direi che questa definizione si applica bene a questo testo: non so se lo si possa definire come "beatitudine" ma certamente è la ricerca di un'estetica particolare. E' un'estetica del mondo contadino di solo pochi decenni fa, oggi quasi completamente scomparso ma che alcuni di noi si ricordano ancora. Un mondo che Corona descrive senza fronzoli e senza romanticismi di maniera ma del quale, chiaramente, sente il fascino.

"Ecologia profonda" o catastrofismo, chiamatelo come volete, è comunque un libro interessante se non altro perché mette allo scoperto certe cose che molti di noi hanno pensato e che pochi hanno avuto il coraggio di dire apertamente.

venerdì, dicembre 03, 2010

SENZA PAROLE



Leggete qui le motivazioni della sentenza e poi qui una mia precedente analisi del problema.

martedì, novembre 30, 2010

La Gabanelli e il Watt

Anche questa volta non ho resistito a giocare con le parole e intitolo questo articolo parafrasando un famoso cartone animato per bambini. In effetti intendo parlare dell’ultima trasmissione di Report, il meritorio programma di Rai 3, che domenica scorsa ha affrontato il tema delle energie rinnovabili in Italia.

A mio parere, questa volta però, il programma della Gabanelli, è stato abbastanza deludente e molto al disotto dello standard medio di qualità dei servizi in genere offerto.

In Italia, persino il mio giovane nipote sa che è in atto da parte di settori industriali con il sostegno trasversale della politica, una precisa strategia per rilanciare l’uso dell’energia nucleare. Questa strategia, si avvale spesso di informazioni e dati tecnici sbagliati o imprecisi, per cercare di dimostrare la convenienza economica e industriale degli enormi investimenti richiesti per costruire nuove centrali nucleari e utilizza campagne denigratorie nei confronti delle possibili alternative strategiche al nucleare, cioè le energie rinnovabili.

Tra gli argomenti spesso usati c’è quello di una presunta marginalità del potenziale contributo al bilancio energetico nazionale, un discutibile impatto paesaggistico, una supposta spregiudicatezza degli investitori in rapporto alla reale produzione energetica delle rinnovabili.
Ho già confutato queste argomentazioni in diversi precedenti articoli, l’ultimo consultabile qui. Mi dispiace però che di questa strategia si faccia inconsapevole veicolo una trasmissione degnissima e insospettabile come Report.

I presunti illeciti amministrativi e i possibili interessi mafiosi al Sud nella costruzione degli impianti che producono energia rinnovabile, mostrati nel servizio di domenica scorsa, devono essere giustamente combattuti e denunciati, ma fanno parte dei rischi di illegalità che corrono tutti gli investimenti industriali in Italia e, in particolar modo, nel meridione. L’energia eolica, grazie anche al particolare regime incentivante è oggi particolarmente remunerativa e non ci si deve stupire se qualche imprenditore senza scrupoli cerchi di approfittarne.
Ma ciò non deve essere il pretesto per mettere in discussione la necessità per il nostro paese di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, piuttosto dovrebbe indurre ad aumentare e migliorare i controlli di legalità.

E, purtroppo, proprio questa dimensione informativa, legata al possibile ruolo delle energie rinnovabili nel panorama energetico nazionale, è stata carente o è mancata nella trasmissione. Con l’aggravante di marchiani errori tecnici, come quello della confusione tra potenza e produzione energetica (kW contro kWh) nel confrontare le energie rinnovabili con quelle convenzionali, o di messaggi confusi sull’utilità delle incentivazioni economiche alle rinnovabili.

Più volte nel servizio è stato detto che tutti gli impianti eolici e fotovoltaici istallati in Italia non hanno prodotto alcuna riduzione di potenza delle centrali termoelettriche. E' stato fatto cioè intendere agli spettatori che le fonti rinnovabili intermittenti in Italia siano del tutto equivalenti a quella delle centrali termoelettriche e quindi che la mancata riduzione di quest'ultime possa essere un danno per i contribuenti.

Né Report, né alcuno degli intervistati, ha provato a spiegare che le fonti rinnovabili intermittenti, senza accumulo, non sostituiscono la potenza convenzionale, ma sono indispensabili per risparmiare i combustibili fossili, cioè gas e petrolio e carbone. Una trasmissione come Report avrebbe dovuto invece dimostrare che l'immissione in rete dei kWh rinnovabili produce in effetti proprio un calo del consumo dei fossili.
Sia chiaro, ritengo che questo approccio un po’ superficiale e impreciso al problema energetico sia solo un errore di valutazione, dovuto probabilmente a carenza di competenze specifiche nel settore energetico. Per questo, come Aspoitalia, mettiamo a disposizione della trasmissione tutte le nostre conoscenze nella speranza di poter contribuire alla indispensabile pianificazione energetica strategica e per affrontare adeguatamente le conseguenze del picco petrolifero. Pianificazione che, come ha giustamente affermato la Gabanelli, non potrà che essere di livello nazionale, superando l’assurda e inopportuna delega operata dallo Stato alle Regioni.