sabato, ottobre 20, 2007

Il problema delle infrastrutture

La questione delle infrastrutture è vitale per il futuro del paese, ma sembra che i nostri amministratori abbiano gravemente invertito le priorità delle scelte. Si concentrano tutte le risorse rimanenti sul trasporto, in particolare su gomma. Si trascura l'infrastruttura fondamentale, che è quella della produzione di energia, senza la quale nessuna attività economica è possibile; tantomeno il trasporto. Su questo argomento, riceviamo e pubblichiamo questo commento di Nicola dall'Olio a proposito della proposta dell'autostrada Tirreno-Brennero


A chi serve l’autostrada Tirreno-Brennero?

di Nicola dall'Olio
20 Ottobre 2007
www.aspoitalia.blogspot.com


In Italia tutte le prospettive di sviluppo e di futuro benessere paiono poggiarsi su un assioma che viene ormai ripetuto con la frequenza e l’insistenza di un mantra: le infrastrutture sono necessarie.

Le infrastrutture a cui si riferisce implicitamente l’assioma sono di natura trasportistica e concernono quasi esclusivamente la costruzione di grandi opere quali nuove autostrade, nuove linee ferroviarie ad alta velocità, nuove strade a scorrimento veloce. In quanto assioma, esso viene presentato come un principio indiscutibile ed autoevidente, valido per tutte le opere classificate come infrastruttura a prescindere da qualsiasi considerazione di merito sui costi e i benefici, sugli impatti ambientali, sull’esistenza di alternative più efficaci e meno dispendiose, perfino sulla loro reale utilità. In Provincia di Parma, tra le infrastrutture necessarie si distingue il raccordo autostradale Tirreno Brennero per il quale il governo ha dato recentemente il via libera, rinnovando la concessione alla società Autocisa per i prossimi 30 anni.

A detta dei suoi nutriti e influenti sostenitori locali tale opera risulta indispensabile per lo “sviluppo” e la competitività del territorio. I benefici sono talmente autoevidenti che non vale nemmeno la pena elencarli. Nessuno parla però dei costi. La realizzazione dell’autostrada, per quanto in project financing, ovvero finanziata dai futuri pedaggi degli utenti, comporta costi collettivi di natura territoriale, ambientale ed economica che, se correttamente valutati e sommati, fanno sorgere seri dubbi sui suoi reali benefici per lo “sviluppo” della comunità locale e sulla sua supposta indispensabilità.

L’impatto più evidente è quello legato al paesaggio e al consumo di suolo. L’opera, con la sede stradale, le stazioni di servizio, la prevista uscita del casello di San Quirico, le aree di cantiere, le cave necessarie per la fornitura di inerti consumerà centinaia di ettari di ottimo terreno agricolo. Ciò che è più grave, essa andrà a tagliare e frammentare la maglia poderale e la rete scolante intaccando uno degli ultimi lembi della pianura parmense che conservano una continuità di paesaggio rurale ancora spendibile, sul piano dell’immagine, da una Food Valley sempre più grigia e periurbana.

L’autostrada sarà inoltre veicolo di ulteriore inquinamento atmosferico in un contesto tra i più inquinati d’Europa con concentrazioni che superano per diversi mesi all’anno i limiti di legge e, quel che più importa, le soglie di sicurezza per la salute. Uno studio condotto dal CNR e da Euromobility proprio su Parma (Il Sole24ore del 14/03/2006) ha dimostrato che l’apporto di inquinanti della A1 Milano-Bologna è pari a quello prodotto dal traffico cittadino. Gli stessi sindaci dei Comuni contermini, quando si vedono costretti per legge a limitare la circolazione veicolare, accusano l’autostrada esistente di essere il principale vettore di inquinamento, salvo poi dimenticarsene quando si tratta di farne una nuova che porterà decine di milioni di euro in opere cosiddette compensative, opere cioè che dovrebbero compensare il danno ambientale e che invece lo aggravano traducendosi sistematicamente in nuove indispensabili strade in mezzo alla campagna.

La realizzazione dell’infrastruttura non sembra nemmeno coerente con gli obiettivi comunitari di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni che l’Italia ha fatto propri e che prevedono, tra l’altro, di ridurre la quota del traffico su gomma a vantaggio del trasporto su ferro, riequilibrando un rapporto tra i più sbilanciati d’Europa. Il raccordo autostradale, al contrario, depotenzierà fin da subito il previsto raddoppio del parallelo asse ferroviario in un momento in cui l’Austria, naturale sbocco di entrambi i collegamenti, si sta attrezzando, sull’esempio della Svizzera, per trasferire tutto il traffico pesante sui treni e vietare il transito dei camion. A completare il quadro andrebbero infine aggiunte le previsioni di scarsità e di incremento del prezzo del petrolio che fanno dubitare della lungimiranza e della sostenibilità, anche economica, di scelte trasportistiche basate sul mezzo più dipendente dal petrolio, più inefficiente e più inquinante.

Da queste scarne considerazioni, l’opera, più che necessaria, pare piuttosto anacronistica, oltre che controproducente per il territorio e per chi ci abita. Non solo. Se lo scopo dichiarato dell’autostrada è quello di garantire un transito veloce di automezzi tra la Brennero e l’AutoCisa, essa rappresenta di fatto un inutile doppione a pagamento di un collegamento stradale veloce, la Cispadana, che già in parte esiste e che dovrà essere presto ultimato. L’assioma della necessità, in questo come in altri casi, pare quindi del tutto infondato. A meno che la necessità non discenda dalle esigenze di benessere della collettività, bensì da quelle più circoscritte di altri soggetti.




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2 commenti:

Anonimo ha detto...

http://mkmf.mnet.com/2007/j/wenjin7

Anonimo ha detto...

http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=player&cont_id=13466

Guardate bellina l'ultima invenzione "eolica". Credo avrà futuro