giovedì, ottobre 27, 2011

L’ecologismo del ventunesimo secolo

Qualche anno fa scrissi un articolo, in cui preconizzavo il declino dell’ambientalismo, attribuendone le cause alla sostanziale accettazione dell’attuale modello economico, fondata sull’illusione che lo sviluppo della tecnologia “verde” potesse renderlo ecologicamente sostenibile.
Così, quando nella cassetta della posta ho trovato il documento di Legambiente in discussione al prossimo Congresso Nazionale di Bari, l’ho letto con attenzione, sperando che la crisi economica in cui siamo drammaticamente immersi da qualche anno, fosse servita a mutare questo orientamento culturale.

Purtroppo, ho dovuto prendere atto di nessun mutamento di linea, a dimostrazione della evidente incapacità di comprendere la natura e le motivazioni della crisi e, conseguentemente, di individuare strategie e obiettivi efficaci per affrontarla. Il documento, infarcito di citazioni colte e frasi ad effetto a volte un po’ stucchevoli, sorvola rapidamente all’inizio sulla crisi economica globale che stiamo vivendo, senza affrontare minimamente, forse per il timore di risposte imbarazzanti, l’analisi delle cause che l’hanno determinata. Poi, in maniera politicamente corretta, prosegue nella consueta linea di ottimismo tecnologico sintetizzata nel riferimento al documento della Commissione per lo sviluppo sostenibile dell’Onu, che sottolinea la necessità di procedere a un “disaccoppiamento” del tasso di crescita dal tasso di uso delle risorse, dissociando la crescita economica dal consumo delle risorse naturali, aumentando l’efficienza dell’uso delle medesime.

Legambiente (ma in genere quasi tutto il mondo ambientalista italiano), continua cioè a non porsi i problemi irrisolvibili della progressiva “saturazione dell’efficienza”, intrinseca nei limiti termodinamici di ogni tecnologia e della “distruzione dell’efficienza” causata dalla continua crescita economica a livello globale.
Sono quindi giunto alla conclusione che la caduta di tutti i consolidati paradigmi dell’attuale cultura economica trascinerà inevitabilmente con sè anche questo ambientalismo un po’ manieristico e di facciata.
Nei prossimi anni dovremo lavorare affinché dalle sue ceneri rinasca un nuovo – vecchio ambientalismo più adeguato ai tempi tormentati che ci attendono, che assuma alcuni principi ispiratori fondamentali:

1) La causa della crisi economica e sociale in atto è la crescita. Il sistema è scoppiato quando ha cercato di forzare i limiti intrinseci nel meccanismo della crescita, dovuti alla saturazione di produzione e consumi nel mondo occidentale, attraverso l’espansione incontrollata dell’economia finanziaria e di ignorare i limiti naturali connessi al progressivo esaurimento delle risorse fossili.
2) Le conseguenze della crisi, in parte già visibili, saranno la fine dell'economia fondata sulla crescita, almeno nelle forme che abbiamo vissuto nell’ultimo secolo.
3) Per fare fronte a questi stravolgimenti sul piano economico e dell’organizzazione sociale, saranno necessarie una profonda riforma dei meccanismi connessi alla spesa pubblica nel senso dell’efficienza e politiche dei redditi fondate sulla redistribuzione.
4) L’analisi strategica di riferimento per contrastare la crisi tornerà ad essere quella contenuta nel tanto vituperato quanto profetico “I limiti dello sviluppo” del Club di Roma.
5) La critica al consumismo e la promozione di comportamenti di vita più sobri saranno i valori morali da promuovere verso l’opinione pubblica.
6) La profonda e radicale revisione del modello dominante di mobilità fondato sull’uso del mezzo privato, dovrà diventare una priorità delle politiche economiche.
7) La riconversione produttiva della società, attraverso un parziale ridimensionamento dell’industria a favore dell’agricoltura e delle attività di trasformazione ad essa collegata, sarà la prospettiva strategica delle politiche del lavoro nei prossimi vent’anni.
8) La globalizzazione economica dovrà lasciare il posto a una maggiore integrazione delle economie locali su scala nazionale e tra paesi confinanti.
9) Le politiche demografiche dovranno essere sempre più orientate alla limitazione delle nascite.
10) Infine, e solo infine, rinnovabili ed efficienza dovranno attenuare le conseguenze energetiche del declino delle risorse non rinnovabili.

5 commenti:

mabba ha detto...

forse dovrebbe inviare questo scritto al candidato del centro sinistra, Vendola, che nell'ultimo post su facebook ha parlato di crescita ed efficenza...

Luca Pardi ha detto...

Andrebbe mandato a tutti. Non solo a Vendola. Ma il problema ieri come oggi è raggiungere chi vota non chi si fa votare.

stefano ha detto...

con i suoi 10 (decisamente perfetti) punti, Ing., non vincerebbe mai le lezioni..probabilmente per i motivi che il prof. Euli ha spiegato ieri a Firenze..o solo per il 'ripensamento' della mobilità privata, visto che l'argomento preferito dell'italiano medio è ancora l'auto..e il modo per parcheggiare sempre e ovunque dove necessiti..
un saluto

Anonimo ha detto...

Buongiorno.
Tempo fa ascoltai il direttore generale del Ministero dell'ambiente pronunciare la parola DISACCOPPIAMENTO.

Mi vennero i brividi, accoppiati a un forte senso di nausea.

Disse che che Peccei & Meadows erano degli snob e che il testo LTG non poteva nemmeno immaginare le ulteriori pressioni causate dall'avvento dei "paesi in via di sviluppo".

Siccome le ipotesi del 1972 sembrano ancora corrette, è possibile dire che NONOSTANTE fossero state fatte su scenari di "sviluppo" meno estremi, si dimostra solo che avessero ben compreso lo svolgersi degli eventi futuri?

Terenzio Longobardi ha detto...

Ci sono momenti in cui bisogna dire la verità, anche rischiano di non essere capiti. Mi pare che stiamo vivendo proprio uno di quei momenti. Con il procedere della crisi, fasce sempre più vaste della popolazione acquisirà consapevolezza.
Per quanto riguarda LTG, le previsioni vennero costruite facendo girare un modello matematico, World 3, sul computer, a partire da varie ipotesi di base. Quella standard, che assumeva l'invarianza della tendenza alla crescita esponenziale di popolazione ed economia a livello globale, conduceva a scenari sorprendentemente simili alla realtà attuale. La verità è che molti di coloro che criticarono il libro, non l'avevano nemmeno letto.