martedì, dicembre 20, 2011

L'economia dei BRIC secondo Martin Hutchinson


Di Toufic El Asmar

Dieci anni fa, il presidente di Goldman Sachs Group Inc, Jim O'Neill, aveva coniato l'acronimo BRIC per indicare i quattro maggiori Paesi dall’economia emergente (Brasile, Russia, India e Cina). Oggi, anche questi quattro paesi BRIC si trovano ad affrontare dei problemi, e le loro difficoltà danno un’idea dei pericoli che affronteranno gli investitori durante i prossimi mesi.

Questa analisi è stata prodotta da Martin Hutchinson (esperto e stratega di Global Investing):


  • Cina: Tra i BRIC appare il paese meno tormentato; tuttavia sembra che stia per affrontare  una recessione, o che questa sia già in corso. L’inflazione si sta avvicinando alle due cifre, ma vi è l'enorme problema dei crediti inesigibili nel sistema bancario comune ad altri paesi. Troppi soldi sono stati investiti nella spazzatura antieconomica - "malinvestment" come la definiscono gli economisti Austriaci. L’ipotesi di Hutchinson è che l’economia Cinese avrà buone performances a lungo termine, tuttavia i finanziatori/investitori si stanno muovendo con cautela evitando di investire massicciamente finché non riusciranno a capire la dimensione e la forma dei problemi finanziari cinesi.
  • India: Ha un governo che non riesce a fermare la propria spesa, l'inflazione viaggia oltre il 10% e la corruzione è enorme. Inoltre, il suo mercato azionario è ancora piuttosto gonfiato (inflazionato). Contrariamente a quanto si legge sui media, quasi tutti i progressi della liberalizzazione reale furono fatti dal governo di Vajpayee 1998-2004, che l'elettorato indiano poi ha mandato a casa, mentre l’attuale risulta particolarmente inaffidabile per qualsiasi forma di investimento.
  • Brasile: E' stato gestito dalla grande spesa socialista dal 2002 ed è stato immensamente fortunato a beneficiare dalla crescita delle commodities. Tuttavia questo  boom ha raggiunto il suo massimo (forse temporaneamente), ma il governo sta ancora spendendo eccessivamente ed ha iniziato a importunare gli investitori stranieri. Qualora i prezzi delle materie prime dovessero cadere, Il Brasile si troverebbe in grossi guai.
  • Russia: Il prossimo marzo 2012, Vladimir Putin ritornerà a governare il Paese. Qualche cosa cambierà? Come il Brasile, la Russia ha tratto enormi benefici dal boom delle materie prime (nel suo caso, in primo luogo il petrolio). Tuttavia, tratta gli investitori stranieri anche peggio di quanto fa il Brasile; la Russia è ancora più corrotta dell’India e al momento sembra essere a corto di soldi.

Se le prospettive del BRIC sono cattive, quelle della maggior parte dei paesi Europei sono ancora peggiori.

Il problema del debito della zona euro si sarebbe potuto risolvere facilmente, mandando la Grecia in default e fuori dell’euro (un castigo meritato). Tuttavia le autorità europee hanno buttato via così tanti soldi, sulla Grecia in particolare (una scelta molto improduttiva), da mettere in dubbio la stessa possibilità di salvare l'euro.
Una recessione nel 2012 sembra inevitabile, anche nel caso in cui la Germania potesse beneficiare dei problemi dei suoi partner commerciali (qualora non fosse costretta ad intervenire in loro aiuto). I Paesi membri ben gestiti dal punto di vista economico – finanziario, non appartenenti all’unione monetaria, come la Polonia, potrebbero anche beneficiare del caos, anche se in Polonia l'attuale ministro degli Esteri Radek Sikorski non sembra pensarla come gli investitori internazionali.

  • Giappone: Ha gestito così male le proprie risorse, e per così tanto tempo, che potrebbe non riuscire a riprendersi. Se il debito pubblico era ancora al livello di un decennio fa, le azioni giapponesi allontanerebbero qualsiasi investitore, anche perché il mercato si trova ad un quarto del picco del 1990. Tuttavia, con il debito intorno al 220% del prodotto interno lordo (PIL) e nessun segno di risoluzione dei problemi di bilancio del paese, il Giappone sembra avvicinarsi pericolosamente al punto di non ritorno con un eventuale default del debito. Nel complesso, secondo Hutchinson il Giappone non è una destinazione sicura per gli investimenti.

A parte gli Stati Uniti, che mantengono malgrado tutto un mercato ancora ricco, il Canada insieme ad alcuni mercati emergenti dell'Asia orientale e dell'America Latina si trova in cima alla lista dei paesi che ancora attraggono investimenti. L'Australia è attualmente mal gestita, e sempre secondo Hutchinson il governo Australiano sta "uccidendo la gallina dalle uova d'oro" con le sue tasse e le normative ambientali.

Canada, Cile e Malaysia, a quante pare sono ben gestiti e beneficiano degli attuali prezzi elevati delle materie prime. La Corea del Sud e Taiwan trarrebbero invece vantaggio da una caduta dei prezzi. E Singapore funziona in qualsiasi ambiente finanziario a meno di una crisi mondiale, che i maggiori investitori non si aspettano. Hutchinson ritiene che il modo migliore per investire nella maggior parte di questi mercati sia attraverso exchange-traded funds (ETF).

2 commenti:

Anonimo ha detto...

tutto condivisibile, ma mi/vi chiedo quando mai gli economisti sono riusciti a prevedere con un certo margine di errore il futuro anche prossimo; quelli che si sono avvicinati in passato credo che l'abbiamo fatto non tanto per bravura, ma per un semplice calcolo delle probabilità. Alla fine chi ci rimetterà le penne saranno sempre gli stessi. Non penserei tanto in termini di aree geografiche - con un mondo globalizzato non ha tanto senso . ma di settori. Delle svariate materie prime ci sarà sempre più bisogno e la popolazione mondiale, in continua crescita, aggiungerà pressioni sul settore delle commodities. Malthus docet

Anonimo ha detto...

Codesto sig. Hutchinson mi sembra che se ne freghi altamente dell'ambiente e del peak oil: l'Australia ammazza la gallina dalle uova d'oro, perchè mette vincoli ambientali!!! Se la pazzia è figlia del delirio di onnipotenza, mi dite come lo considerate?