Il blog di ASPO-Italia, sezione italiana dell'associazione internazionale per lo studio del picco del petrolio e del gas (ASPO)
venerdì, novembre 30, 2007
L'energia non è ne' di destra ne' di sinistra
Potete trovare sul sito di Aspoitalia un articolo di Massimo Nicolazzi che è apparso sul numero 6 del 2007 della rivista Limes con il titolo di "E poi non ne rimase nessuno" e che pubblichiamo per gentile concessione dell'autore.
Abbiamo già pubblicato precedentemente un articolo di Nicolazzi dal titolo "Petrolio, il tempo breve dell'energia". L'approccio di Nicolazzi è interessante in quanto parte da presupposti dei quali almeno alcuni non sarebbero considerati condivisibili dalla maggior parte dei "picchisti". Tuttavia, arriva a delle conclusioni che sono, invece, del tutto compatibili con la visione di chi si preoccupa sia dell'esaurimento delle risorse sia del problema climatico.
Nicolazzi non è convinto che l'influenza umana sul clima sia provata e parte da una posizione di fondamentale scetticismo riguardo a tutti i tentativi di prevedere il futuro mediante modelli di qualsiasi tipo. Un po' di sano scetticismo, in effetti, è sempre utile, anche se bisogna anche tener conto di quello che dice spesso Colin Campbell, "tutti i dati sono sbagliati, ma alcuni meno di altri"; ovvero, per estensione, "tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni meno di altri".
Ciononostante, Nicolazzi applica nel suo ragionamento anche l'altrettanto sano principio di Pascal sulla convenienza di credere all'esistenza di Dio, che, tradotto in fiorentino moderno si esprime come "meglio aver paura che buscarne". Ovvero, magari l'influenza umana sul clima non sarà tanto forte come alcuni sostengono ma è meglio aver paura che.....
Da questo, Nicolazzi arriva a una serie di conclusioni molto interessanti. Vale la pena di leggere l'articolo perché contiene molto food for thought, cibo per la mente. La conclusione che mi sento di sottoscrivere al massimo grado è quella di cercar un accordo non partisan per programmare il futuro di fronte ai rischi che abbiamo di fronte. Come già commentavo nel caso del suo articolo precedente, l'energia e le risorse non sono ne' di destra ne' di sinistra e, soprattutto, non dovrebbero essere l'occasione per il solito squallido spettacolo di polemiche montate ad arte per far guadagnare qualche punticino alla propria parte politica.
Ecco la conclusione di Nicolazzi, suggerisco di leggersi tutto l'articolo.
Non abbiamo certezza né della catastrofe né che ve ne sia rischio imminente. Però il dubbio di un pericolo è ragionevole e fondato. Il dubbio dovrebbe essere sufficiente a far scattare la priorità della prevenzione, e anche della preparazione alla catastrofe. Con la stessa logica delle esercitazioni antincendio o di protezione civile. Vale la pena di investire sia per prevenire la catastrofe, che per renderla un po’ meno catastrofe. Quanto ci si riesce ad investire è poi tema di consenso, e cioè di politica. Sapendo che un qualche investimento vale ad ogni modo la pena di farlo, perché se la catastrofe arriva di botto sarà ingovernabile. E sapendo anche che il processo di estinzione della crescita, se e quando mai si innescherà, ci porrà forse nell’alternativa tra riequilibrio e guerra; e per certo nella necessità di rivisitare almeno alcuni dei paradigmi del nostro vivere sociale.
giovedì, novembre 29, 2007
Il picco come sistema lineare
In sintesi, l'idea che sta dietro a questi modelli è che la produzione del petrolio possa essere considerata come l'uscita di un sistema lineare avente in ingresso i dati sulle scoperte. Le caratteristiche del sistema possono essere "identificate" a partire dei dati conosciuti sulle scoperte e la produzione. Una volta identificato, il sistema può calcolare una curva della produzione molto simile a quella reale a partire dalla curva delle scoperte.Per esempio, per i 48 Stati centrali degli USA si può ottenere il grafico seguente:
mercoledì, novembre 28, 2007
Semplicemente Pensare
Sembra che quelli di noi che ritengono che il picco del petrolio sia una cosa importante sono in grado di filtrare in qualche modo le cose rilevanti dall'immensa cacofonia di notizie alle quali siamo esposti. Riescono, sembra, a salvare la propria sanità mentale quando esposti a un sistema che sembra fatto apposta per distruggerla.
In questo articolo, Charley Reese delinea alcune strategie di sopravvivenza contro l'eccesso di informazione. Cercate semplicemente di pensare, lasciatevi degli spazi di riflessione. Provate a passare una settimana senza leggere i giornali e senza guardare la TV, sarà difficile, ma dopo sarete sorpresi di quanto "normale" sia il mondo. L'informazione non è necessariamente verità, anzi!
Just Think
King Features Syndicate (October 16 2006)
The foremost duty of a citizen, especially in dangerous times, is to think. Without independent thinkers who are also economically independent of the government, democracy doesn't work.
Remembering and imagining are not thinking. Emotional reactions or ideological reactions are not thinking. Belief in the "word magic" of labels is not thinking. Faith is not thinking.
Thinking is the use of reason to determine the truth as best we can. To do that, we have to shuck emotions, desires and wishes and look at the world in its nakedness as it is, not as we wish it were or as someone else has told us it is.
Reality is not affected by our desires or by our comprehension. We glean data from our senses of that world outside our bodies and use our brains to draw inferences from the data. We have to conform to it; reality will not conform to us.
Clear thinking today is especially difficult, because the present generations of human beings are exposed to information in an unprecedented flood. Some years ago, it was estimated that the average American was exposed to about 15,000 messages per day. I'm sure that number has increased.
Advertising is pervasive with labels, point-of-sale displays and ads in newspapers and on television, radio and the Internet, as well as signs and billboards. Information - much of it false or self-serving or incomplete or trivial - pours out of print publications, television, radio and the Internet.
Information is not truth. It is bits of data that might be true or false or completely useless to know. I've often recommended that people take an information break. Go a week without watching television, listening to the radio, reading newspapers or magazines or surfing the Net. It might be difficult at first, but if you persist, you will be surprised by how normal the world appears once you've cut out the political chatter and the daily roundup of the world's pain and misery.
Complete article
martedì, novembre 27, 2007
I nuovi limiti dello sviluppo
Questo post, scritto da Ugo Bardi, ripercorre la storia dell'idea di "limite dell'accesso alle risorse", dalla sua nascita (anni '50) alla maturazione (anni '70). A distanza di decenni, non possiamo dire di essere sprovvisti della conoscenza necessaria per una corretta gestione delle risorse. Forse, quello che ci manca è il "salto psicologico", in senso collettivo, verso un paradigma completamente nuovo.
[I commentatori e i lettori che lo desiderano, possono elaborare dei post e inviarli a franco.galvagno.3@alice.it. Essi saranno presi in conto per un'eventuale pubblicazione con il nome dell'autore]
lunedì, novembre 26, 2007
Come sabotare le rinnovabili
L'unica fonte di energia sicura , illimitata e disponibile almeno per i prossimi cinque miliardi di anni sulla quale possiamo e dobbiamo contare è il Sole. Sull'Italia il Sole irraggia l'equivalente di 3.000 miliardi di barili di petrolio l'anno, a noi ne occorrono l'uno x mille; l'obbiettivo è quello di utilizzare al meglio questa risorsa.” Sembra che oggi la strada migliore da percorrere sia il metodo CSP (concentrated solar power), definito anche termodinamico. A Siviglia (600.000 abitanti) sono già operative le prime due centrali CSP delle 11 previste, che nel giro di quattro anni sostituiranno integralmente le attuali centrali a combustibili fossili, effettivamente la Spagna è all'avanguardia in Europa con progetti per 4.100 MW. L'Algeria ed il Marocco hanno obbiettivi ancora più grandiosi. In Calabria sono partiti finalmente i lavori della prima centrale da 50 Mw ; in effetti il dimensionamento di 50 Mw sembra essere il “taglio” ideale per motivi tecnici, e questo comporta l'ipotesi di dover realizzare numerosi e diffusi impianti; va in questa direzione la recentissima convenzione tra il Ministero dell'Ambiente e l'Areonautica militare per l'utilizzo degli aeroporti militari dismessi.
L'altra modalità integrativa di utilizzo dell'energia solare è il fotovoltaico, che ha come target “naturale” i privati e le piccole e medie imprese, con impianti da 2 Kwp sino a 250 Kwp, (con l'eccezione giustificata di impianti da 1 Mwp realizzati da aziende agricole per la valorizzazione di terreni improduttivi). L' installazione di tali impianti coniuga l'interesse privato e l'interesse pubblico ,infatti permette di affrancare gli utilizzatori dal costo della energia elettrica per i prossimi 30/40 anni, contribuisce a ridurre il rischio di black out estivi e l'immissione di CO2 nell' atmosfera e consente di diffondere la cultura delle energie rinnovabili; ciò è possibile e sostenibile economicamente grazie alla legge incentivante “conto energia". Il maggior difetto della prima stesura della legge ( denominata Matteoli) era l' ESIGUITA' del plafond : 100 Mwp iniziali, poi aumentati a 300 Mwp in corso d'opera. La “ratio” del provvedimento consisteva nel privilegiare i piccoli impianti ed infatti veniva fissato il LIMITE di 1 Mwp quale tetto massimo per avere il diritto agli incentivi e soprattutto la norma che ai grandi impianti era riservato SOLTANTO IL 15% DEL PLAFOND .
Oggi, con la stesura del febbraio 2007 (detta Pecoraro Scanio) abbiamo le seguenti modifiche. Tra quelle positive c'è la RIDUZIONE delle procedure burocratiche iniziali ; infatti non è necessario chiedere l'ammissione preventiva agli incentivi riconosciuti dal GSE, è un diritto acquisito per tutti coloro che avranno realizzato e messo in funzione un impianto. E' previsto un plafond per 3.000 Mwp in 10 anni, quindi in media 300 Mwp l'anno: di questi, nella prima fase, sono state prenotate risorse per 1.200 Mwp e poi , una volta raggiunta tale soglia, dopo ampia e diffusa informazione, saranno riconosciuti gli incentivi anche agli impianti in corso di realizzazione e messi in funzione nei 14 mesi successivi. Un altro punto QUALIFICANTE è l'aver puntualizzato che, per impianti sino a 1 Mega collocati in siti sui quali non insistano vincoli di altri Enti (ente Parco, Sovra Intendenza etc etc) il Comune è l'unico che deve dare l'autorizzazione all'impianto, anche in questo c'è la volontà di alleggerire l'iter burocratico, in pratica significa dimezzare i tempi rispetto a prima.
Ci sono invece aspetti NEGATIVI , fra questi la cancellazione del LIMITE di 1 Mwp perché un impianto sia ammesso ai contributi ma soprattutto l'abolizione del LIMITE del 15% di plafond per i grandi impianti. A seguito di queste variazioni, il target dei destinatari di tale provvedimento si è spostato dai privati e dai piccoli imprenditori ai grandi investitori istituzionali. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: in sette mesi sono stati attivati impianti (fonte Bersani) per 271 mega (su 300 potenziali previsti in 12 mesi) con una tendenza di crescita esponenziale e non proporzionale per l'intervento di Banche, Assicurazioni e Fondi pensioni per i quali sono appetibili investimenti che per venti anni garantiscono una resa finanziaria superiore ai titoli di stato. Ma tradotto in pratica che significa ? Significa che un impianto da 10 mega realizzato da un fondo pensione drena incentivi che potrebbero essere goduti da quattromila famiglie e poiché questi contributi vengono generati dalla sovra tassa A3 pagata da tutti, giudico immorale che una Banca sia legittimata ad appropriarsi di risorse che potrebbero andare a decine di migliaia di famiglie. INVITO quindi tutti a sollecitare, nelle forme più idonee, il ministro a ripristinare la soglia del 15% del plafond, che non è cosa da poco, visto che il 15% del plafond potrebbe soddisfare le richieste di oltre 100.000 famiglie.
Questo è il quadro nazionale con luci ed ombre, ma ora arriviamo alla messa in pratica. Questa legge è passata al vaglio della conferenza stato regione e quindi secondo logica dovrebbe essere attuata quasi in automatico, ma in seguito alla revisione dell'art. 5 della Costituzione, che delega alle Regioni l'attuazione delle politiche energetiche, abbiamo una situazione schizofrenica . La Regione Puglia in tre settimane si è adeguata alla normativa nazionale, idem la Sicilia e lì tutto procede speditamente, l'Abruzzo, con l' art 74 della L.R. 34 del 01/10/07 , ha PROIBITO a Province e Comuni di installare impianti fotovoltaici sui propri edifici a meno che non siano distanti oltre 500 mt da altre abitazioni, bloccando qualsiasi progetto già in itinere; evidentemente devono avere scambiato un impianto fotovoltaico con una pala eolica, tutto ciò è desolante e gravemente diseducativo.
E la Toscana ? Noi ...dormiamo ....e nei fatti boicottiamo il fotovoltaico oltre i 20 kwp,
infatti è vigente la L.R. 39 del 2005, precedente alla prima emissione della legge “conto energia”, e senza linee guida. Gli impianti fotovoltaici sono di fatto equiparati a centrali elettriche, a gas, a carbone e così via. Un' assessore provinciale all'ambiente, molto irritata, a maggio mi confermò che era prevista la stessa procedura di verifica, propedeutica alla valutazione di impatto ambientale per un impianto fotovoltaico da 50 kwp,( ovvero 400 mq di pannelli sul tetto di piccolo capannone di 1.000 mq ) ed una centrale a biomasse da 50 Megaw e concluse “abbiamo almeno il coraggio di dire che non vogliamo il fotovoltaico in Toscana”. Il nuovo Pier, che nella bozza presentata a maggio dall'ex assessore Artusa alla Giunta si uniformava alla legge nazionale, non è ancora stato approvato; di conseguenza le Province , in assenza del nuovo PER, hanno atteggiamenti a macchia di leopardo: Livorno e Firenze non vogliono essere coinvolte e demandano ai Comuni, Pisa pretende la conferenza dei servizi (10 enti : arpat, usl,vigili del fuoco, anas etc etc e quattro mesi buttati via) anche per un impianto da 21 kwp ( 160 mq di pannelli sul tetto). La Provincia di Arezzo raggiunge il Top, nel convegno del 4 maggio u.s. organizzato dall'ordine degli Ingegneri e degli Architetti di Arezzo con il patrocinio del Comune e della Provincia (ne sono testimone in quanto relatore sul “conto energia”), il dirigente della Provincia intervenne e chiarì a tutti i presenti che in assenza delle linee guida della L. 39,con un'ottica restrittiva e per timore di essere accusati di omissione di atti di ufficio, la Provincia esigeva la conferenza dei servizi anche per impianti da 1 kw . I professionisti presenti rimasero annichiliti.
Questo è il trionfo della burocrazia e l'esaltazione del costo improduttivo della politica. A loro volta i Comuni dicono la loro sui piccoli impianti privati, ci sono esempi diversificati. A Montopoli (Pi) chi realizza una tettoia per due posti auto in giardino e ci installa sopra un impianto fotovoltaico ha diritto ad una riduzione dell' Ici, il Comune di Montepulciano mette a disposizione un ufficio di consultazione per i cittadini al fine di armonizzare l'impianto all'estetica e riconosce una riduzione dell'Ici del 40% per due anni. Pontedera “regala” un incremento di volumetria ai costruttori se dotano i nuovi edifici di impianti fotovoltaici; ma su quelli esistenti pone un limite di 20 mq di pannelli oltre il quale scattano richieste di norme di sicurezza per l'installazione che comportano costi aggiuntivi per 3.000 euro. Infine Montecatini V.di Cecina emette un regolamento edilizio pignolo e prolisso per il fotovoltaico e poi “sbraca” su sei pale eoliche equivalenti a sei grattacieli di 40 piani, ma questa è un'altra storia ... Dopo gli Enti locali, altro interlocutore obbligato è Enel sia prima della messa in opera dell'impianto che successivamente al collaudo e poi se l'impianto è superiore a 20 kwp c'è da attivare il rapporto con l'Agenzia delle Dogane e provvedere alla ratifica del contratto con il GSE. Nonostante queste procedure un po' intricate, gli impianti vengono realizzati. Se uno ha tempo e competenze può anche seguire l'iter da sé, altrimenti è bene che si affidi a qualcuno che possa dimostrare un'esperienza pratica su impianti già realizzati,diffidando di facili semplificazioni,che poi generano ritardi molto costosi.
Dal lato economico un impianto fotovoltaico è conveniente a condizione che sia di prima scelta, in questo caso gli incentivi ripagano l'investimento sia in conto capitale che interesse e compresa la manutenzione; anzi alla ns latitudine sono sufficienti 15 anni e poi c'è addirittura un utile. A tutto questo si aggiunge il valore del risparmio dell'energia autoprodotta per i successivi 40/50 anni. Il problema è che in circolazione c'è solo un 50% di prodotti di prima qualità, quelli da scegliere per essere sicuri di ricevere integralmente il contributo nei successivi 20 anni; occorre attenzione quindi per non commettere errori irreparabili dei quali uno si accorge dopo dieci anni, quando è troppo tardi. E' un po' come l'oro: c'è a 24 K, a 18 K, a 14 K e poi c'è il piombo rivestito da una lamina d'oro.
PAOLO STEFANINI
stefanini.p@gmail.com
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domenica, novembre 25, 2007
Ali Morteza Samsam Bakhtiari: 1946-2007
Della carriera di Ali Samsam Bakhtiari, ci possiamo qui limitare a dire che è stato uno dei primi esperti di petrolio a capire l'imminenza del picco globale di produzione. E' stato dirigente della National Iranian Oil Company (NIOC) e ha fatto parte di quel gruppo di pionieri che hanno partecipato alla prima conferenza di ASPO che si è tenuta a Uppsala nel 2002.
In Italia, ci ricordiamo di Ali Samsam Bakhtiari soprattutto per la sua partecipazione al convegno "ASPOItalia-1" che si è tenuto a Firenze nel Marzo del 2007. In quell'occasione, nella splendia cornice del salone dei 500 di Palazzo Vecchio, abbiamo pouto sentirlo parlare in italiano per una conferenza che tutti abbiamo trovato coinvolgente e affascinante. Questo suo intervento, forse è meglio di tutto ricordato nelle parole di Debora Billi che lo aveva commentato subito dopo nel blog "petrolio"
Ali Bakhtiari ha parlato per primo, ha parlato chiaro e ha segnato tutto il convegno con il suo intervento. Ciò che ha detto, con la sua signorilità e pacatezza, ha continuato ad aleggiare durante la giornata, come se ogni speech non potesse più essere compreso se non alla luce del suo discorso... In cui le parole di Dante Alighieri, omaggio al nostro Paese, hanno fatto da guida. Nella selva oscura, la diritta via è smarrita. <..>
Bakhtiari ha esposto anche la sua visione per il 21o secolo: sarà il secolo delle "radici". Del ritorno alle radici, per l'esattezza. Della riscoperta delle conoscenze umane che ci hanno guidato nei secoli precedenti all'era petrolifera. Ma dobbiamo cominciare a cambiare, a cambiare il nostro atteggiamento e i nostri consumi su base individuale, a partire da oggi, da subito. L'acqua sarà una risorsa critica, che farà sentire il suo peso nel già difficile momento di transizione che ci attende. Che possiamo fare? "Piantare alberi" ha suggerito Ali. Non so se scherzasse o se fosse una piccola esagerazione, ma non è un cattivo consiglio.
Il mio commento sulla presentazione di Ali al convegno era stato:
Nel suo discorso a ASPOItalia-1 Bakthiari non ha parlato solo di petrolio. Ha esordito citando Dante Alighieri, usando la metafora della "Selva Oscura" per descrivere l'attuale situazione del mondo intero. Ha detto che con il superamento del picco globale del petrolio e ci troviamo oggi in una situazione di oscurità nella quale abbiamo smarrito la "diritta via". E' un momento di grande difficoltà per la civiltà umana che si trova per la prima volta davanti al declino globale di una risorsa fondamentale come il petrolio. Abbiamo la scelta fra una via di guerre per accaparrarsi quello che rimane delle risorse, e una via di pace per gestire quel che resta con il minimo di sofferenze per tutti. Bakhtiari crede che la via di pace consista nel ritorno alle radici delle tradizioni culturali dei popoli e ha citato San Francesco di Assisi come esempio di come si possano gestire risorse limitate in pace e armonia. Bakthiari ha concluso dicendo che è nostra responsabilità agire secondo il volere dell'Onnipotente, che ci pone davanti una sfida immensa. Ma l'oscurità si può vincere, la luce è davanti a noi se solo riusciamo ad alzare gli occhi per vederla.
Potete vedere il video dell'intervento di Ali a Firenze a:
http://www.youtube.com/watch?v=uprepOc20as
Di lui, di certo non ci dimenticheremo facilmente.
sabato, novembre 24, 2007
Convegno ASPO-Italia 2008 a Torino
Gli aumenti recenti dei prezzi del petrolio e di tutte le materie prime e le preoccupazioni sempre più forti per il clima rendono addirittura cruciale discutere dell'esaurimento delle risorse minerali e delle soluzioni che abbiamo per rimpiazzare il petrolio con altre fonti energetiche.
Come l'anno scorso, anche per ASPO-Italia 2 ci saranno ospiti internazionali e nazionali di alto livello. Il convegno avrà luogo nella sala convegni del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, in connessione con la mostra sul cambiamento climatico che si terrà in quel periodo. Ringraziamo il museo, come pure l'associazione NIMBUS per l'appoggio.
venerdì, novembre 23, 2007
Il marketing virale
L'accusa è probabilmente poco fondata in questo caso: né Grillo né Di Pietro sembrano usare tecniche di persuasione particolarmente sofisticate; più che altro hanno cavalcato e continuano a cavalcare proficuamente la leggenda che "i politici sono tutti ladri". Tuttavia, la questione del marketing virale è interessante e vale la pena di approfondirla per cercare di capire cosa ci sta succedendo intorno.
Il nocciolo del viral marketing è in un semplice concetto: mentre nel marketing normale i consumatori sono soltanto dei ricevitori passivi del messaggio, nel marketing virale sono allo stesso tempo ricevitori e diffusori. E' una versione commerciale delle "catene di sant'antonio" che hanno avuto tanto successo su internet. E' evidente il vantaggio per chi riesce a scatenare una catena del genere: con poco sforzo diffonde il suo messaggio a valanga; il problema è come riuscirci.
Nonostante che si parli molto di Marketing Virale, gli esempi in Italia sono molto pochi. Con tutta la buona volontà, riesco a pensarne solo uno: quello della macchina ad aria compressa, la Eolo. Vi sarà arrivato sicuramente il messaggio intitolato "L'auto ad aria compressa è volata via" (lo trovate per esempio qui) dove si racconta che lo sviluppo della mirabolante vetturetta è stato affossato da un complotto dei petrolieri.
E' impossibile dire se questo messaggio sia stato diffuso dalla Eoloauto che ha usato scientemente tecniche di marketing virale. Non si può escludere che qualche persona mentalmente, diciamo, "indebolita" lo abbia inventato e diffuso per sua pura soddisfazione. Comunque sia, in ogni caso, questo messaggio ha giovato immensamente alla visibilità della Eolo che, altrimenti, sarebbe stata soltanto uno dei tanti veicoli a emissione zero che vengono continuamente proposti e - normalmente - ignorati dal pubblico.
Vi posso anche raccontare che so di sicuro che una ditta che conosco ha tentato di fare qualcosa del genere per giustificare il fallimento di un impianto a energia rinnovabile che aveva cercato di costruire. Hanno messo su un "comitato di cittadini per l'energia rinnovabile" il cui unico membro era il presidente e proprietario della ditta in questione (scusate, ma per ovvie ragioni non posso fare nomi). Dopo di che hanno cominciato a mandare in giro messaggi in cui si attribuiva il fallimento a un complotto e si chiedevano più soldi alla ditta. Questo tentativo non ha avuto successo; la reazione a catena non c'è stata.
Questa cosa del marketing virale è estremamente di moda negli ultimi tempi, c'è anche un sito, goviral.com, per esempio, che vi aiuterà a lanciare il vostro prodotto con tecniche virali.
giovedì, novembre 22, 2007
Ruolo delle risorse energetiche nella storia dei conflitti: il caso della Germania
Sull'altro emisfero obbiettivo principale del Giappone erano i giacimenti indonesiani che permettevano di non sottostare al ricatto delle esportazioni di petrolio americano.
Non avrebbe potuto Hitler importare carbone? Una volta che la Germania avesse raggiunto il picco produttivo non avrebbe potuto farlo se non da uno dei suoi competitori esponendosi ai loro ricatti: Britannici, Russi, Americani. Dagli stessi avrebbe dovuto importare petrolio.
La compravendita di risorse strategiche non è come andare dal droghiere, se qualcuno ti vende petrolio ci sono tre possibilità:
1) è obbligato perchè è sotto il tuo controllo o di un tuo alleato
2) non gli puoi nuocere perchè ti controlla militarmente o può farlo agevolmente (minaccia)
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mercoledì, novembre 21, 2007
L'Abruzzo boccia il Fotovoltaico?
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martedì, novembre 20, 2007
Petrolio per 200 anni? Le allegre trovate di Jum'ha
Il signor Jum'ha è solito ripetere queste fauste profezie, lo ha fatto anche l'anno scorso al forum di Davos; peccato che in quell'occasione abbia anche stimato che il prezzo del petrolio potesse rientrare nei 30$ al barile nei tre anni successivi. (!)
Questa dichiarazione è stata fatta nel gennaio del 2006; ora sono passati quasi due anni e il petrolio sfiora i 100 dollari al barile... beh, c'è ancora un anno di tempo perchè si possa avverare la profezia del big boss di Aramco...
Mi chiedo inoltre da dove venga la stima "prudente" di 13000 miliardi di barili (Gb) di riserve di petrolio non convenzionale comunicata da Jum'ha. Come si accorda tra questo valore con il valore di circa 1100-1300 Gb indicato dalle varie fonti per i cosiddetti all liquids?
Non dimentichiamo inoltre che questo petrolio non convenzionale è un petrolio "brutto", estremamente viscoso o quasi solido, pieno di zolfo e altre impurità, in siti difficilmente accessibili o incondizioni climatiche (e politiche) spesso proibitive. In alcuni casi il costo energetico di estrazione potrebbe essere troppo elevato rispetto all'energia ottenibile e a quel punto la legge della domanda e dell'offerta andrebbe a farsi benedire, o meglio dovrebbe chinare umilmente il capo di fronte alle leggi della Fisica.
lunedì, novembre 19, 2007
La Questione Energetica Meridionale
domenica, novembre 18, 2007
Dietrologia nucleare anni '80
Mi viene qualche dubbio, soprattutto in questi giorni, a ridosso del ventennale anniversario dalla vittoria dei no al referendum sul nucleare, ripensando a quel dicembre del 1986, un dicembre freddissimo, che seguiva il disastro nucleare di Chernobyl, mentre si correva nei campi gelati di Montalto di Castro, dove il governo italiano d'allora, aveva deciso di installare una centrale nucleare per la produzione di energia elettrica. In quei giorni del dicembre 1986, a Montalto di Castro, si diedero appuntamento molte realta' del movimento antinuclearista, di vari orientamenti politici, religiosi, ambientalisti, partitici, etc., a dimostrazione che il problema era davvero sentito dalla gente comune.
Non e' vero che in quel movimento si annidavano "terroristi rossi", come ebbe a dire un politico di quei tempi, col "vento in poppa". La repressione delle forze dell'ordine fu violenta. ci furono pestaggi, cariche alla stazione e nei prati limitrofi alla centrale, arresti e tutto cio' che uno stato conosce e detiene per stroncare una forte opposizione contro una mostruosita' come e' quella dell'atomo. Ma, a distanza di vent'anni, quella vittoria al referendum di un anno dopo, fu "farina del nostro sacco" unicamente? O intervennero forze talmente potenti, da pilotare le giuste lotte antinucleariste di migliaia di individui (italiani ed europei, fattore che non va dimenticato, ne' sottovalutato), per spostare la produzione di energia elettrica, in modo "definitivo", sul petrolio? E' assiomatico che l'Italia abbandono' il settore nucleare, senza aprire una seria discussione sulla produzione di energia elettrica da altre fonti non fossili (per l'appunto, le energie rinnovabili) e si concentro' tutta la produzione di energia dal petrolio, dal gas metano e anche dal carbone.
Una trama di un film ben preparato, fin nei minimi dettagli, da un meticoloso regista? C'e' anche un altro dato molto importante da ricordare, che veniva ripetuto anche tra noi antinuclearisti. Per questo dico che si sarebbe dovuto riflettere su una eventuale strumentalizzazione di poteri "alti" al di la' delle Alpi, la Francia aveva costruito numerose centrali nucleari, tutte molto potenti e potenzialmente, distruttive come quella di Chernobyl. Perche' quelle centrali stavano la', proprio in quel punto strategico, a ridosso del confine italico? Tutti ci chiedevamo se la Francia, di li' a poco, sarebbe divenuta esportatrice di energia elettrica prodotta dalla scissione dell'atomo! Avvenne proprio questa previsione semplice semplice.
Mi domando, oggi, dopo ventuno anni da quelle lotte, se non fu pilotato il movimento antinuclearista, forte delle migliaia di persone che lo animavano, per strategie economiche e geopolitiche incalcolabili. Un altro assioma e' che l'Italia, gia' seminata di raffinerie, divenne il primo terminale del petrolio che transitava nel Mediterraneo. In un attimo, come accade spesso nella vita, si giunge ai giorni d'oggi, con i mega-progetti dei rigassificatori, con la progettazione di terminal per lo stoccaggio del gas russo, etc. niente di nuovo, insomma. Sentendo puzza di picco petrolifero, dopo aver disseminato l'Italia di raffinerie, ora i soliti noti potenti del vapore, quello che fa correre la nazione, stanno tentando il colpo grosso con i rigassificatori, con le centrali a carbone (vedere Civitavecchia).
Ma le energie rinnovabili, unica vera risorsa in mano a questa umanita', con tutti i limiti che puo' avere, dove viene posta nell'agenda di questi potenti, di ambientalisti di carriera, di politicanti vari? Il tempo puo' correre, se lo si conta. oppure puo' anche non esistere. A noi la decisione.
Tornando al referendum del novembre 1987, mi ricordo anche le battute del senatore Andreotti, mente fervida e sempre attenta e sveglia, un tipo di politico che vale la pena, a prescindere dalla propria appartenenza politica, ascoltare. Rilascio' diverse dichiarazioni, tra cui alcune che ripetevano, come una cantilena, "...la Francia ha attaccate alle nostre belle Alpi delle centrali nucleari, e noi rinunciamo al nucleare? E' una follia!", ammettendo la sua posizione favorevole all'atomo, e inviando, nel contempo, messaggi ai potentati che potrebbero aver manipolato un movimento antinuclearista molto variegato, messaggi allora incomprensibili, ma che oggi risultano molto piu' chiari.
Dispiace pensarlo, per chi come me prese parte a quei movimenti sorti negli anni Settanta, ma cio' che accadde nel 1986 e poi nel 1987 (il referendum), ha molti lati oscuri, che ho tentato di analizzare. Pensare di essere stato un burattino senza fili, nelle mani di questi signori del vapore, mi fa infuriare. Ma mi da' la possibilita' di comprendere come potersi muovere in futuro, un futuro prossimo, molto complicato e difficile, per tutti, anche per i Potenti signori del Vapore.
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sabato, novembre 17, 2007
Gli scienziati e gli industriali
Gli scienziati e gli Industriali
di Ugo Bardi
www.aspoitalia.blogspot.com
Gli industriali sono tre. Tutti con lo stesso stile: vestito intero, cravatta monotinta, camicia rigorosamente bianca. Il più basso ha un vestito chiaramente di sartoria e la cravatta grigia di marca. Gli altri hanno vestiti forse un po' più andanti, ma sicuramente di marca. Sono tutti e tre ben rasati, capelli corti e senza occhiali. Il capo, quello più basso, si siede per primo a un'estremità della lunga tavola della sala riunioni, gli altri due gli si siedono ai lati.
Gli scienziati si distribuiscono all'estremità opposta della lunga tavola. Hanno giacche comprate alla Coop o alla Standa, pantaloni di velluto oppure jeans. Uno ha i baffi e i capelli lunghi; porta la cravatta a farfalla e la giacca a quadrettoni. Un altro, ben rasato, porta la giacca di velluto con le toppe ai gomiti. Altri due portano la barba, uno ha una cravatta rossa. Quasi tutti hanno gli occhiali. Io non ho nemmeno la giacca, soltanto un maglione.
Iniziano a parlare gli industriali. Il capo dice che la loro ditta è un leader nelle materie plastiche, che la concorrenza è sempre più difficile, che hanno bisogno di tecnologia per andare avanti. Per questo, dice, hanno preso contatto con l'università e il CNR e sono qui oggi.
Rispondono gli scienziati. Quello con la giacca di velluto con le toppe sembra il più vivace e racconta di un suo nuovo catalizzatore utile per polimerizzare questa o quest'altra cosa. Gli fa eco il baffuto con la cravatta a farfalla raccontando di altre reazioni che lui è capace di fare. Quello con la cravatta rossa rilancia con un altro sistema per fare una molecola che serve a qualcosa di molto importante. La parola "nanotecnologia" viene usata con grande frequenza.
Gli industriali ascoltano. Via via che gli scienziati snocciolano queste meraviglie, gli industriali sembrano sempre più perplessi. Gli scienziati sembrano recepire la perplessità degli industriali; il loro entusiasmo scema gradualmente. Alla fine, quello con la giacca di velluto e le toppe non sa chiaramente più che dire. Ci prova: "Perché non producete idrogeno?" dice.
C'è un attimo di silenzio. Il capo degli industriali tira un respiro profondo e dice "E a chi lo venderemmo?"
Segue un momento glaciale in cui gli scienziati continuano a sorridere, specialmente quello coi baffi; ma è un sorriso forzato. Gli industriali parlottano fra loro per un minuto o due. Poi il capo, quello più basso, prende la parola.
"La nostra ditta," dice " è un leader mondiale nella produzione di materie plastiche. Facciamo soprattutto bottiglie di plastica, piatti, bicchieri e altro materiale a perdere. Purtroppo, come sapete, il prezzo del petrolio è aumentato enormemente negli ultimi tempi. E se dobbiamo usare petrolio per fare plastica, siamo in difficoltà. O aumentiamo i prezzi dei nostri prodotti, e così perdiamo mercato, oppure riduciamo i profitti o, addirittura, lavoriamo in perdita"
Gli scienziati annuiscono, quasi compunti.
"Quello che abbiamo pensato," continua l'industriale, "è di sostituire il petrolio con la biomassa. Vorremmo costruire una "bioraffineria" che usi biomassa per permetterci di continuare a produrre bottiglie in plastica e altri simili prodotti. Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto".
Allo snodarsi di queste frasi, il sorriso degli scienziati è ritornato reale; si è allargato e ora è a tutta faccia, addirittura più largo dei baffi di quello con la giacca a quadrettoni. "Certamente," dice quello con la giacca con le toppe, "lo possiamo fare!" Prosegue quello con la cravatta rossa: "Per trasformare la biomassa si può usare il catalizzatore nanostrutturato sull'olio di colza...." Tutti sorridono e si ricomincia la discussione, stavolta tutta centrata sulla biomassa e sulla bioraffineria - sempre con le nanotecnologie!
A questo punto, mi alzo in piedi e dico: "Signori, perdonatemi se vi interrompo, ma qui c'è un equivoco. La vostra discussione non sta considerando un punto fondamentale, e questo è il concetto di ritorno energetico. Al momento, vi può sembrare che la biomassa costi meno del petrolio, ma questa è un'illusione dovuta ai sussidi monetari che si danno all'agricoltura. Il costo reale della biomassa va contato in termini di energia, non di moneta. Si dice che un prodotto agricolo per un'unità di energia incorpori in media dieci unità di energia dai combustibili fossili. Non so se è un calcolo esatto, ma non può essere troppo sbagliato. Data questa situazione, è impensabile sostituire il petrolio con la biomassa, perlomeno agli stessi prezzi. Soprattutto è impensabile per farne prodotti usa-e-getta come le bottiglie di plastica. Se permettete un'altra osservazione, a mio parere usare la parola "biomassa" è un'offesa nei riguardi dell'infinita varietà di piante e animali di questo pianeta che non sono stati creati per farne bottiglie di plastica usa e getta."
Pensate che abbia detto veramente una cosa del genere? Ovviamente no. Sarebbe stato antipatico e offensivo nei riguardi di un gruppo di persone che stavano soltanto cercando di fare del loro meglio anche se, a mio parere, seguendo una strada sbagliata. Ho pensato queste cose, ma sono stato zitto. Finita la discussione, ho ringraziato e mi sono congratulato con tutti prima di andar via.
Tutto questo è avvenuto qualche mese fa. Non so se stiano ancora parlando di bioraffineria o se abbiano fatto qualcosa in proposito.
[I commentatori e i lettori che lo desiderano, possono elaborare dei post e inviarli a franco.galvagno.3@alice.it. Essi saranno presi in conto per un'eventuale pubblicazione con il nome dell'autore]
venerdì, novembre 16, 2007
Agricoltura del passato o del futuro?
La figura qui sopra (clicca per ingrandire) rappresenta lo schema dei flussi energetici nel sistema agricolo dei 115 paesi meno sviluppati (continua a leggere sotto per i dettagli).
Questa è l'agricoltura del passato, più arcaica e meno sviluppata, o piuttosto è l'agricoltura del futuro, a basso input energetico fossile?
I paesi meno sviluppati sono un insieme molto eterogeneo, che comprende paesi in rapido sviluppo come la Cina, paesi con un'economia abbastanza sviluppata come l'Argentina, paesi poveri come l'Indonesia e paesi poverissimi come l'Etiopia. Cionostante, le differenze nel consumo energetico con i paesi ricchi sono impressionanti.
Questa agricoltura fa uso solo di 1000 kcal fossili pro capite al giorno per la coltivazione e l'allevamento, mentre l'occidente ne usa quasi 7000.
In questo modo è possibile in media garantire a 5 miliardi di persone una dieta da 2450 kcal al giorno di prodotti vegetali e 330 di prodotti animali.
Purtroppo questo input alimentare è mal distribuito, dal momento che si va dalle 3400 kcal pro capite di Cuba alle 1830 dell'Etiopia.
Se la produzione agricola dei paesi più poveri fosse però divisa equamente al loro interno (senza quindi contare quello che potrebbero fare i paesi ricchi) si avrebbero in media quasi 2800 kcal a testa al giorno, che è il livello alimentare di un paese come l'Argentina.
La minore dipendenza dai combustibili fossili dovrebbe in teoria mettere i paesi poveri al riparo dalle conseguenze del picco del petrolio. La situazione potrebbe però aggravarsi in futuro per i due fattori combinati della crescita demografica e della corsa all'occidentalizzazione del tenore di vita di diversi paesi emergenti.
Cosa accadrà se e quando la Cina diventerà carnivora come l'Occidente?
Non esistono valutazioni precise del consumo energetico della filiera alimentare post agricola nei paesi poveri; la "freccia nera" di 2000 kcal rappresenta semplicemente una stima basata sul fatto che in consumi fossili pro capite nei paesi meno sviluppati sono circa un ottavo di quelli nei paesi ricchi. Ho quindi semplicemente assunto che l'input fossile per ogni caloria di cibo prodotta fosse un ottavo di quello dei paesi ricchi. In questo modo non si dovrebbe sottostimare l'apporto fossile, anche perchè ogni giorno vengono anche consumate 2700 kcal pro capite da biomassa per cuocere i cibi (la freccia verde/nera).
Fonti:
Database FAO per i dati relativi ai flussi energetici del foraggio e del cibo
Mario Giampietro, Energy use in agriculture, Encyclopedia of life sciences, 2002, per gli input fossili in agricoltura
Heller e Keoelian, Life Cycle-Based Sustainability Indicators or Assessment of the U.S. Food System , Center for sustainable systems, University of MIchigan, 2000 per gli input fossili della filiera alimentare.
L'energia da biomassa usata per la cottura è valutata nell'articolo The fuelwood problem della FAO.
(non illustro qui la metodologia che ho usato per i calcoli, perchè è piuttosto lunga;lo farò in un articolo apposito)
giovedì, novembre 15, 2007
Rifkin: il venditore di olio di serpente
Con qualsiasi termine lo si voglia definire, un venditore di intrugli di grande successo è Jeremy Rifkin che continua a imperversare con le sue idee sull'idrogeno. E' un ospite regolare - sempre a pagamento da quello che si sente dire - di conferenze e dibattiti. Ultimamente, lo abbiamo visto come ospite addirittura del parlamento italiano, osannato da quasi tutti i parlamentari.
Così come l'olio di serpente viene detto curare le malattie più svariate, Rifkin ci propone l'idrogeno come rimedio universale dei guai più vari. Se le idee di Rifkin sono grandiose, sono anche molto confuse. Ci sono perlomeno tre concetti che possiamo identificare nella proposta di Rifkin, e forse anche di più.
1. L'idrogeno come mezzo di stoccaggio dell'energia rinnovabile. Questa è un idea nel complesso sensata. L'idrogeno potrebbe essere una delle tecnologie che ci permetteranno di risolvere il problema dell'intermittenza delle fonti rinnovabili. L'efficienza del ciclo dell'idrogeno come stoccaggio energetico non è molto alta e ci potrebbero essere alternative migliori, ma potrebbe funzionare se ci lavoriamo sopra.
2. L'idrogeno come vettore energetico. Rifkin parla di un'analogia fra la produzione di idrogeno e l'Internet. Ovvero, dovremmo tutti produrre idrogeno a casa, essere interconnessi casa per casa con delle tubazioni che trasportano idrogeno e scambiarselo a seconda delle necessità; un po' come facciamo con la posta elettronica. L'idea è sotto certi aspetti affascinante ma, dal punto di vista pratico, è il disastro totale. L'idrogeno è un pessimo vettore energetico; ha una bassa densità volumetrica di energia, rovina i tubi in metallo, è pericoloso da trasportare in bombole, la conversione è energeticamente inefficiente e, soprattutto, i costi di un sistema del genere non sarebbero nemmeno stratosferici; sarebbero interstellari! Insomma un'idea insensata sotto tutti i punti di vista. Tanto più che esiste un vettore energetico molto migliore è che ha già una sua rete di distribuzione: l'elettricità
3. L'idrogeno come sostituto dei combustibili fossili, in particolare nei veicoli stradali. I problemi qui sono molteplici: hanno a che fare con la difficoltà di trasportare l'idrogeno in bombole o sotto forma di liquido criogenico e con la mancanza di un sistema di distribuzione dell'idrogeno come combustibile. Inoltre, l'idea di un veicolo stradale a idrogeno ha senso soltanto se si usano pile a combustibile per convertire l'idrogeno a elettricità, altrimenti sarebbe terribilmente inefficiente. Ma le pile a combustibile utilizzabili su un veicolo hanno moltissimi problemi, fra i quali quello di dipendere da costosi catalizzatori al platino. A parte il costo, non c'è abbastanza platino su questo pianeta per fare abbastanza pile per equipaggiare i veicoli esistenti. I problemi sono molteplici e, apparentemente, estremamente difficili da risolvere: sono più di vent'anni che si fanno prototipi di veicoli a pile a combustibile e ancora non ne esiste uno che sia in produzione. Ciononostante, si continuano a spendere soldi pubblici per ulteriori prototipi.
4. Infine, ci sono vari e vaporosi slogan di Rifkin, come "la terza rivoluzione industriale," l'"economia basata sull'idrogeno" e altri. Ma non bastano gli slogan per fare cose serie.
Va detto anche che nessuno di questi concetti è veramente originale. Rifkin si è limitato a recuperare idee sviluppate da altri ben prima di lui e a impaccarle insieme. Lo ha fatto mettendole in una forma accattivante che andava a soddisfare l'appetito sia del pubblico come dei politici per una soluzione facile e indolore dei gravissimi problemi che abbiamo di fronte. Rifkin, in sostanza, ha fatto soltanto del marketing.
Cosi', in gran parte grazie a Rifkin, l'idrogeno è diventato immensamente popolare nell'immaginazione del pubblico e dei politici. Il risultato è che stiamo impiegando grandi capitali e risorse per inseguire una tecnologia, quella dell'idrogeno come vettore o come combustibile per i veicoli stradali, per la quale ci vorranno perlomeno decenni di lavoro per arrivare a qualcosa di pratico (come ammesso dagli stessi proponenti). Lo stiamo facendo senza nessuna chiara evidenza che ci arriveremo mai e nemmeno che ne valga la pena. Non solo, ma qualsiasi processo produca o faccia uso di idrogeno, anche se parte dai più sudici combustibili fossili, viene visto come qualcosa di buono per definizione. Anche un processo che trasforma combustibili fossili in idrogeno viene a volte definito come "rinnovabile" e addirittura finanziato come tale con soldi pubblici. Tutto questo è stato un grave danno per le tecnologie rinnovabili vere. Un danno paragonabile sotto certi aspetti allo scandalo del CIP6, anche quello il risultato di una voluta confusione fra ciò che è rinnovabile e ciò che non lo è.
Negli ultimi tempi, politici, funzionari e scienziati che si sono impegnati pubblicamente sulle idee di Rifkin stanno cominciando ad accorgersi di aver fatto un'immane fesseria. Purtroppo, non sanno come uscirne senza fare una figuraccia. Il re continua a camminare pavoneggiandosi come se avesse addosso una pelliccia di visone. Ma sta cominciando a rendersi conto di essere nudo.
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mercoledì, novembre 14, 2007
Special guest at Caterpillar
http://www.box.net/shared/7ssjkju32u
La crescita esponenziale dei prezzi del petrolio
“Da secoli le sorprendenti conseguenze della crescita esponenziale affascinano chi le scopre. Un’antica leggenda persiana narra di uno scaltro uomo di corte che donò al sovrano una bellissima scacchiera e chiese, in cambio, un chicco di riso per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza e così via. Il sovrano fu pronto ad acconsentire, e ordinò che si portasse qualche sacco di riso dai suoi granai. La quarta casella richiese otto chicchi, la decima ne richiese 512, la quindicesima 16384 e la ventunesima diede al cortigiano più di un milione di chicchi di riso. Giunti alla quarantesima casella, si dovette ammonticchiare più di un milione di milioni di chicchi. Il pagamento non sarebbe mai potuto arrivare fino alla sessantaquattresima casella: ci sarebbe voluto più riso di quanto il mondo intero potesse offrire.
Un indovinello francese per bambini illustra un altro aspetto della crescita esponenziale: l’evidente subitaneità con la quale una grandezza che cresca esponenzialmente si approssima a un limite prefissato. Supponete di avere un laghetto nel quale cresce una ninfea, che raddoppia le proprie dimensioni ogni giorno. Se potesse svilupparsi liberamente, la ninfea coprirebbe completamente il laghetto in trenta giorni, soffocando tutte le altre forme di vita presenti nell’acqua. Per qualche tempo la pianta appare piccola, cosicché decidete di non preoccuparvene finchè non sarà arrivata a coprire per metà lo specchio d’acqua. In quale giorno questo accadrà? La risposta è: al ventinovesimo giorno. Resta, dunque, un solo giorno per salvare il laghetto. (Al venticinquesimo giorno, la pianta copre appena un trentaduesimo del laghetto; al ventunesimo, ne copre solo una frazione pari a 1/512: per la maggior parte del mese la pianta, pur continuando a raddoppiare con regolarità, rimane quasi invisibile e comunque non preoccupa. Si vede bene come la crescita esponenziale, combinata con la disattenzione, possa portare al superamento del limite!)”.
Finora il genere umano non sembra preoccuparsi più di tanto dei rischi per l’ambiente della crescita esponenziale, ma negli ultimi tempi, c’è un caso di crescita esponenziale che sta creando grande allarme sociale, quello dei prezzi del petrolio. Nel grafico riportato in alto, ottenuto adattando la curva dei prezzi pubblicata dal Sole 24 Ore, si nota che in effetti, dalla fine del 2001 sembra essersi innescato un meccanismo di questo tipo. Se in precedenza le quotazioni del greggio erano caratterizzate da lunghi periodi di valori bassi, interrotti da grandi picchi conseguenze di tensioni geopolitiche, da sei anni la curva ha assunto un tipico andamento esponenziale che ho cercato di approssimare con un’interpolazione grafica che mette in evidenza un raddoppio dei prezzi circa ogni tre anni: 20 dollari al barile a fine 2001, 40 dollari al barile a fine 2004, 80 dollari al barile a fine 2007. Proiettando questa tendenza verso il futuro otteniamo un valore dei futures al 2010 di 160 dollari al barile, lasciando all’immaginazione del lettore la prosecuzione della curva negli anni successivi. Naturalmente, la crescita esponenziale di un qualsiasi parametro, ha bisogno di una causa intrinseca per scatenarsi, quello che gli antichi definivano “primum movens”. Secondo molti questa causa è da ricercare nella speculazione finanziaria, nella cattiveria dei petrolieri, negli interessi dei produttori o nel destino cinico e baro. ASPO ritiene invece che la crescita esponenziale dei prezzi del petrolio possa essere originata dall'approssimarsi del picco del petrolio, data fatidica oltre la quale l’offerta di greggio non potrà più soddisfare una domanda in crescita. Cosa succederà ai prezzi nella terra di nessuno del post picco, dove le leggi fondamentali dell’economia neoclassica fondate sull’equilibrio perenne della domanda e dell’offerta non funzioneranno più, è un enigma avvolto nel mistero che solo nei prossimi anni potrà essere sciolto.
martedì, novembre 13, 2007
La carica dei negazionisti
Gentile Direttore,
sul Foglio di Venerdì 9 Novembre sono apparsi due articoli dal titolo “Perché quota cento dollari non fa paura” e “Perché quota cento è comunque un guaio” nei quali Michael Lynch afferma che “la teoria del picco petrolifero è il risultato della cattiva applicazione di modelli semplicistici a fenomeni complessi”. Su queste posizioni si collocherebbero anche i “pensatoi liberisti statunitensi molto ascoltati dalla Casa Bianca”. Si cita poi Leonardo Maugeri dell’ENI, secondo il quale “gli alti prezzi sono la premessa di una nuova ondata di investimenti: quando i loro effetti si saranno materializzati, le quotazioni del petrolio scenderanno”. Infine, il CERA di Daniel Yergin ci rassicura che “non siamo in un’era di scarsità assoluta: le riserve stimate oggi sono tre volte superiori a quelle calcolate dai pessimisti dell’Agenzia internazionale dell’energia, cioè 3740 miliardi di barili invece di 1200”.
Forse è il caso di intervenire per fare un po’ di chiarezza su certi punti, in particolare, sulla credibilità del sig. Lynch. Già qualche dubbio potrebbe derivare dalle sue affermazioni dell’anno scorso secondo le quali oggi il petrolio dovrebbe costare meno di 40 dollari al barile. Lo stesso si può dire per i vari Think Tank Americani i quali sono organismi politici ma privi di ogni competenza in materia petrolifera. Infine, la stima di CERA dell’anno scorso sulle riserve petrolifere prevede un abbondanza di petrolio che è del tutto anomala rispetto a tutte le altre stime degli esperti. A distanza di un anno, questa stima è già stata smentita dall’andamento della produzione reale.
A proposito dei cosiddetti “modelli semplicistici”, termine che evidentemente si riferisce alla teoria del picco del petrolio, andrebbe spiegato che questi modelli sono stati storicamente in grado di fare delle ottime predizioni, al contrario di molti modelli economici standard che, come ammesso dalla stessa IEA nel loro rapporto “World Energy Outlook” del 2007 non sono stati in grado di prevedere il declino di aree importanti come quella del petrolio Messicano. La teoria del picco ha previsto correttamente questo declino, come pure quella del petrolio degli Stati Uniti e quella del petrolio del Mare del Nord.
Dispiace che entrambi gli articoli apparsi sul Foglio diano una visione estremamente parziale, e quindi distorta, del dibattito in corso, proponendo al lettore soltanto la versione ottimistica – troppo ottimistica secondo noi - di una sola delle due parti impegnate.
Il Foglio ovviamente si è guardato bene dal pubblicare, anzi perseverando con un nuovo articolo firmato Carlo Pelanda "Perchè se si regola la finanza derivata dal petrolio il prezzo del greggio scenderà" . Secondo costui, “i nuovi investimenti in capacità estrattiva, di trasporto e raffinazione” sposteranno “di secoli la data in cui vi sarà scarsità reale di petrolio e gas”, lo scenario di scarsità sarebbe “una favola” e, conclusione fideistica sul calo dei prezzi: “Ribasso oppure linciaggio di politici, banche e fondi. Scenderà”. Naturalmente, non sperate di trovare, tra le argomentazioni del Pelanda, qualche riferimento ad analisi e dati riguardanti la consistenza delle risorse petrolifere mondiali. L’autore sembra continuare in chiave moderna l’attività di divinazione degli antichi aruspici che interpretavano le indicazioni degli dei dal volo degli uccelli o nelle viscere degli animali.
E’ pertanto inutile continuare a tentare il confronto con personaggi che trasformano una questione cruciale per l’umanità in una desolante battaglia ideologica. Però, una considerazione per cercare di smontare la fiducia dei negazionisti, forse è opportuno farla. Il grafico in alto rappresenta la produzione di petrolio negli Stati Uniti. La curva, confermando la predizione di Marion King Hubbert, raggiunse un picco all’inizio degli anni ’70 e da allora declinò costantemente, costringendo la principale potenza mondiale a rifornirsi in altre aree del mondo e a instaurare una excalation senza fine di tensioni internazionali. Ai teorici dei nuovi investimenti bisognerebbe perciò chiedere se le difficoltà estrattive interne siano dovute a una tendenza masochistica degli Stati Uniti o a problemi strutturali insormontabili.