martedì, dicembre 26, 2006

Il Ritorno di Re Carbone

Il ritorno di "Re Carbone" è in atto. Probabilmente stimolata dagli aumenti dei prezzi del petrolio degli ultimi anni, la produzione mondiale di carbone ha avuto un balzo in avanti impressionante.
Nella figura a lato, tratta da dati pubblicati da BP si nota come negli ultimi anni la produzione, che sembrava in via di stabilizzazione negli anni 90 sia ripartita a un ritmo rapidissimo, raggiungendo e superando il traguardo dei 3 miliardi di tonnellate all'anno. Le riserve di carbone conosciute sono grandi a sufficienza da far ritenere che questo ritmo di crescita possa essere mantenuto ancora per decenni. Secondo le stime, il "picco di produzione" del carbone potrebbe verificarsi non prima del 2150-2200.

Il petrolio è chiaramente in difficoltà; il carbone riprende la sua posizione di predominanza che aveva avuto fino agli anni 1950 circa. Entro un paio di decenni, il petrolio potrebbe essere ridotto a un ruolo marginale; più o meno come lo è oggi l'olio di balena come combustibile.

Come sempre, le grandi transizioni non avvengono senza sofferenza. Anche qui, ci saranno dei grandi cambiamenti e molte difficoltà. Il carbone si usa oggi quasi esclusivamente per produrre energia elettrica vicino a dove viene estratto. E' costoso da trasportare e ancora più costoso da liquefare. L'era dei combustibili liquidi a basso prezzo finisce comunque con il petrolio. Più che altro, il carbone è una risorsa locale, non globale come il petrolio. Chi ce l'ha, come la Cina, la Russia e gli Stati Uniti, lo usa in casa propria per le proprie industrie. Chi non ce l'ha, è nei guai. E' possibile che la Cina ci dia carbone per le nostre industrie? Forse, ma lo dovremo pagare molto caro, probabilmente più caro di quanto ci potremo permettere.

Ma il problema principale con il carbone è quello climatico. Con le grandi riserve a disposizione, continuare a bruciare carbone ai ritmi di crescita attuali vuol dire iniettare nell'atmosfera quantitativi di biossido di carbonio tali da mettere in pratica i peggiori scenari concepiti dai climatologi più pessimisti. Vuol dire avanzare a tutta velocità verso la catastrofe climatica. I rimedi sono deboli e incerti; il trattato di Kyoto non include i due maggiori produttori di carbone mondiali, la Cina e gli USA e probabilmente questa non è una coincidenza. Chi andrà a dire a Cina e USA di smettere di bruciare carbone? Si può sequestrare veramente il biossido di carbonio? Forse si, ma di fronte ai tre miliardi di tonnellate di carbone prodotte all'anno, non si è sequestrato finora neanche un grammo di biossido di carbonio. Non cominciamo bene e la strada è molto in salita.

Tutti i problemi hanno delle soluzioni e quello del carbone si può risolvere soltanto sostituendolo con le energie rinnovabili o, forse, con l'energia nucleare (che però porta un bel po' di altri problemi). Per ora l'energia rinnovabile costa più cara di quella dal carbone, ma se consideriamo che abbiamo un solo pianeta a disposizione e che non possiamo comprarcene un altro dopo averlo rovinato, forse conviene darsi da fare con le rinnovabili ben prima di arrivare al picco del carbone del 2200.

Parlando di Cina, viene in mente la vecchia maledizione cinese ""Possa tu vivere in tempi interessanti". Non c'è dubbio che li stiamo vivendo e ne vivremo sempre di più.




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3 commenti:

Mario ha detto...

Ripropongo in merito la sintesi di Giorgio Nebbia: si torna all'ANIC?


LA BENZINA SINTETICA

di Giorgio Nebbia

Alla fine dell’Ottocento il carbone, un combustibile fossile solido, era praticamente l'unico combustibile usato nel mondo; il carbone era noto da secoli e sul suo uso si era fondata, nel 1700 e nel 1800, la prima rivoluzione industriale. Il petrolio era stato scoperto soltanto nella meta' del 1800 e alla fine del 1800 la separazione dal petrolio greggio di varie frazioni liquide, come benzina e oli carburanti, era ancora nella sua infanzia. Del resto la richiesta industriale di carburanti liquidi è rimasta limitata fino a quando, negli ultimi anni del 1800, e' stato perfezionato il motore a scoppio --- un dispositivo che non può funzionare con il carbone, ma che deve bruciare combustibili liquidi. Quando, agli inizi del Novecento, il motore a scoppio è stato applicato ai veicoli, ad un veicolo "automobile", la richiesta di combustibili liquidi e' rapidamente aumentata, e di conseguenza è aumentata la richiesta di petrolio greggio e si sono moltiplicati i pozzi e le raffinerie. L'avvento dell'epoca dell'automobile e del petrolio ha spostato gli equilibri geopolitici mondiali. I giacimenti di petrolio si trovano in alcune aree --- America settentrionale, centrale e meridionale, Medio Oriente, sud-est asiatico, Russia --- per lo più diverse da quelle in cui si trovano i grandi giacimenti di carbone.

La rivoluzione industriale, basata sul carbone, era stata una rivoluzione europea, che aveva visto come protagonisti i paesi carboniferi: Germania, Francia, Inghilterra, Russia; con l'era del petrolio il centro dello sviluppo industriale ed economico passava in America, dove si trovavano i pozzi petroliferi (allora) ricchissimi. Proprio in un periodo in cui le grandi potenze europee --- Francia, Germania, Inghilterra --- si disponevano alla conquista del mondo, questi stessi paesi si trovavano ad essere privi della principale materia prima necessaria per i nuovi mezzi di trasporto. Era abbastanza naturale che proprio in Germania, dove le ambizioni imperialistiche coincidevano con un formidabile potenziale scientifico e industriale, gli industriali e gli scienziati si siano chiesti se non fosse possibile trasformare il carbone solido in combustibili liquidi. In definitiva la differenza fra i due tipi di combustibili dipende dal contenuto di idrogeno: i carboni sono costituiti da grandi molecole composte da carbonio combinato con pochi atomi di idrogeno, circa un atomo di idrogeno ogni due atomi di carbonio, mentre i prodotti petroliferi sono molecole composte da carbonio combinato con più idrogeno, circa due atomi di idrogeno ogni atomo di carbonio. Trattando il carbone con idrogeno (un gas che si ottiene industrialmente da varie fonti, fra l'altro per scomposizione dell'acqua che contiene due atomi di idrogeno per ogni atomo di ossigeno) si sarebbero dovuti ottenere dei composti liquidi con le proprietà dei prodotti petroliferi.

La via dell'idrogenazione del carbone fu affrontata da Friedrich Bergius (1884-1949) alla vigilia della prima guerra mondiale nel corso della quale avrebbero fatto il loro debutto tre nuovi formidabili strumenti militari, tutti funzionanti a benzina o a derivati del petrolio: le automobili e i camion, i carri armati (o tanks, come si chiamavano allora), e gli aeroplani. Le guerre nel Novecento sarebbero state vinte dal petrolio. Bergius aveva lavorato nei laboratori di due giganti della chimica tedesca, H.W. Nerst (1864-1941) e Fritz Haber (1868-1934) (tutti e due premi Nobel) che nei primi anni del 1900 avevano inventato un processo per produrre sinteticamente l'ammoniaca, essenziale per gli esplosivi e i concimi, dalla combinazione sotto pressione di idrogeno e azoto. L'invenzione dell'ammoniaca sintetica avrebbe liberato la Germania dalle importazioni di materie prime essenziali per la guerra; le tecniche impiegate per produrre l'ammoniaca sintetica avrebbero potuto essere applicate anche per trasformare il carbone in idrocarburi.

Bergius cominciò i suoi esperimenti in un proprio laboratorio ad Hannover nel 1910 e riuscì a ottenere dei prodotti petroliferi sintetici nell'estate del 1913. In pochissimi mesi, con pochi collaboratori, con limitati investimenti, Bergius riuscì a identificare quali tipi di carbone consentivano di ottenere maggiori quantità di benzina e in quali condizioni la produzione era maggiore. Nel 1914 Bergius cominciò a collaudare il processo su scala produttiva in una piccola raffineria di petrolio di Essen; il 1 agosto dello stesso anno scoppiava la prima guerra mondiale. La guerra fu vittoriosa per la Germania fino al mese di settembre 1914 quando la controffensiva francese sulla Marna fermo' quella che sembrava una inarrestabile avanzata tedesca su Parigi. Gli alti comandi tedeschi capirono che la vittoria sarebbe dipesa dalla produzione industriale di esplosivi, macchine, carburanti e finanziarono senza economia lo sviluppo di nuove tecniche e processi. Nel 1916 Bergius poté costruire uno stabilimento vicino a Mannheim, ma l'importanza dell'idrogenazione del carbone passo' in seconda linea dopo che la Germania ebbe conquistati i giacimenti petroliferi romeni. Nel 1918, con la sconfitta della Germania, comincio' un lungo periodo di crisi.

L'invenzione di Bergius comunque sembrava importante anche in un periodo di libero mercato e Bergius interessò dei finanziatori tedeschi e olandesi che gli consentirono di costruire e far funzionare, negli anni 1922-1925, una vera fabbrica capace di produrre benzina sintetica dal carbone. Gli studi sull'idrogenazione del carbone furono condotti in Inghilterra, negli Stati Uniti, pur ricchi di petrolio naturale, e anche in Italia, ma Bergius fu il primo a dimostrare che il processo poteva essere applicato su scala industriale.

Nel 1925 la produzione di benzina sintetica attrasse l'attenzione della grande compagnia tedesca Badische Anilin und Soda Fabrik (la BASF, che esiste ancora oggi e che molti lettori conoscono come produttore, fra l'altro, di nastri per registratori). La Germania in questi anni 20 era colpita da una terribile inflazione e da crisi politiche; in questi tempi turbolenti i proprietari delle grandi industrie chimiche tedesche, fra cui la BASF, decisero di fondere le proprie società e di creare, il 9 dicembre 1925, un gigantesco "cartello" monopolistico che prese il nome di IG Farben (abbreviazione di raggruppamento dell'industria dei coloranti e dei prodotti chimici). Veniva così creato il più grande gruppo industriale del mondo che si sarebbe trovato direttamente coinvolto anche nell'avvento del nazismo in Germania e nella seconda guerra mondiale.

Il direttore generale della IG Farben era Carl Bosch (1874-1940) l'uomo che aveva messo a punto il processo di sintesi dell'ammoniaca. Bosch prese vigorosamente in mano lo sviluppo del processo Bergius; nell'aprile 1927 fu avviata la costruzione a Leuna della prima grande fabbrica di benzina sintetica che nel 1931 era in grado di produrre 300.000 tonnellate di benzina sintetica all'anno. Nello stesso 1931 a Bosch e Bergius venne assegnato il premio Nobel per la chimica.

Quasi negli stessi anni in cui Bosch inventava il sistema di idrogenazione del carbone, altri due chimici tedeschi, Franz Fischer (1877-1947) e Hans Tropsch (1889-1935), inventavano un differente processo di produzione della benzina sintetica. In tale processo il carbone e' dapprima trattato con vapore acqueo ad alta temperatura; si ottiene così una miscela di ossido di carbonio e di idrogeno. Modificando opportunamente le proporzioni di questi due gas e sottoponendo la nuova miscela ad alta temperatura in presenza di catalizzatori, si ottengono degli idrocarburi simili a quelli presenti nella benzina.

A partire dal 1925 il processo Fischer-Tropsch era applicato su scala industriale e si affiancava a quello Bergius per la produzione di benzina sintetica. Si stavano pero' preparando per la Germania anni drammatici, destinati ad avere conseguenze sull'industria tedesca e anche sulle stesse vicende personali di questi scienziati.

Quando il colosso chimico tedesco IG Farben iniziò la produzione di benzina sintetica, agli inizi degli anni Trenta, dal punto di vista strettamente economico fabbricava una merce che costava di più della benzina ottenibile in abbondanza dal poco costoso petrolio americano. L'industria avrebbe potuto sopravvivere soltanto se protetta con sovvenzioni governative, e queste non tardarono a venire. Nel 1933 Hitler salì al potere in Germania con un programma che prevedeva, a breve distanza, una guerra che avrebbe consentito alla Germania di vendicarsi della sconfitta del 1918. Hitler capì subito che la guerra avrebbe richiesto un gigantesco impegno industriale anche per rendere autonoma la Germania dalle importazioni di alcune materie strategiche, fra cui il petrolio e la gomma. Già alla fine del 1933 il ministero dell'economia del terzo Reich e le industrie IG Farben si accordarono per la produzione entro il 1935 di 400.000 tonnellate di benzina sintetica all'anno fino al 1944; lo stato avrebbe pagato alla IG Farben la differenza fra il costo di produzione e il prezzo sul mercato libero della benzina, impegnandosi a comprare la benzina eventualmente invenduta, in modo da assicurare in ogni modo un profitto agli azionisti della IG Farben.

Nel settembre 1936 Hitler annuncio' il suo piano quadriennale alla fine del quale la Germania avrebbe dovuto essere pronta per la guerra, con una economia resa indipendente dalle importazioni. In tale piano un ruolo importante aveva la benzina sintetica fabbricata sia col processo Bergius, basato sulla idrogenazione del carbone, sia col processo Fischer-Tropsch di sintesi degli idrocarburi da una miscela di ossido di carbonio e idrogeno ottenuta anch'essa dal carbone, materia prima abbondante in Germania. Con il finanziamento governativo furono costruite varie fabbriche di benzina sintetica. In questa operazione fu coinvolta anche l’Italia dove fu creata l’ANIC, Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili, per trasformare i carboni e i bitumi in benzina. Furono costruiti due stabilimenti gemelli, uno a Livorno e uno a Bari. Il programma di produzione di benzina sintetica, sostenuto dal governo fascista, prevedeva, dopo la conquista dell'Albania, di sottoporre a idrogenazione i bitumi, delle specie di petroli di pessima qualità, molto viscosi, esistenti in quel paese. I processi di idrogenazione a Bari mossero pochi limitati passi (dove saranno gli archivi e i documenti di quel periodo ?); lo stabilimento fu acquistato, dopo la Liberazione, dalla Standard Oil, la proprietaria della società petrolifera Esso, e, col nome Stanic, funzionò come raffineria fino alla fine degli anni settanta del Novecento, quando fu chiusa. Lo stabilimento Stanic di Livorno ha funzionato sempre soltanto come raffineria di petrolio.

Ma torniamo agli anni Trenta del Novecento: la produzione di benzina sintetica, allo scoppio della seconda guerra mondiale, il 1 settembre 1939, era, in Germania, già di alcune centinaia di migliaia di tonnellate all'anno. Lo sforzo continuò negli anni successivi e nel 1944 la produzione di benzina sintetica con i processi Bergius e Fischer-Tropsch raggiunse i tre milioni di tonnellate all'anno; di queste, due milioni di tonnellate erano di benzina ad alto numero di ottano adatta per i motori da aviazione. I nomi di alcune di queste fabbriche suscitano ricordi terribili; uno degli stabilimenti di benzina sintetica e di gomma sintetica si trovava ad Auschwitz ed usava, come mano d'opera, prigionieri antifascisti e ebrei, di fatto schiavi, catturati in tutti i paesi d'Europa. In questa fabbrica lavoro', come deportato ebreo, Primo Levi che era un chimico e che parla a lungo di questa esperienza nei suoi drammatici libri: "Se questo e' un uomo" e "Il sistema periodico". Il carbone, il sangue e uno sterminato dolore erano le materie prime per questa gigantesca impresa industriale. Le fabbriche di benzina sintetica furono esposte ai bombardamenti alleati, quella di Leuna, una delle piu' grandi, fu distrutta il 12 maggio 1944.

Gli Stati Uniti sapevano che la Germania aveva fatto nel settore chimico, meccanico, industriale, grandi progressi, anche se pagati dal dolore di innumerevoli persone, e organizzarono delle squadre di scienziati e ingegneri che, dopo lo sbarco alleato in Europa, seguivano --- in qualche caso precedevano --- l'avanzata delle truppe in modo da occupare gli stabilimenti e sequestrare, prima che andassero distrutti, gli archivi, i materiali di laboratorio, le informazioni. Alla fine della guerra, nel maggio 1945, gli Alleati avevano così a disposizione un’ampia documentazione.

Con la conferenza di Potsdam del 16 luglio 1945, gli Alleati imposero ai tedeschi la cessazione di qualsiasi attività nel campo della produzione di benzina sintetica dal carbone. Nell'aprile del 1949 gli alleati ordinarono lo smantellamento degli impianti, ma --- in seguito al miglioramento dei rapporti con la Germania --- l'ordine fu revocato nel novembre dello stesso anno; gli impianti furono così trasformati in raffinerie di petrolio. Gli stabilimenti che si trovavano nella zona di occupazione sovietica furono utilizzati per alcuni anni anche dopo la guerra o furono trasferiti nell'URSS.

Sembrava che la storia della benzina sintetica fosse destinata all'oblio quando si verifico', nel 1973, l'aumento del prezzo del petrolio, prima di tre volte e poi di dieci volte. Forse la trasformazione del carbone in benzina diventava di nuovo conveniente e il Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti incaricò alcuni scienziati di esplorare fra i rotoli di microfilm, su cui erano stati copiati i documenti sequestrati nelle fabbriche tedesche durante gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, per vedere se ci fosse qualche scoperta dimenticata, qualche invenzione segreta. Di sicuro l'esame degli archivi delle industrie tedesche di guerra non ha svelato nessuna innovazione rivoluzionaria. E' perfettamente possibile anche oggi ottenere, per varie vie, per idrogenazione diretta o indiretta del carbone, benzina, il cui prezzo pero' è piu' elevato di quello della benzina ottenuta dal petrolio. L'operazione sarebbe conveniente soltanto in un paese con una economia chiusa, priva di petrolio e con grandi riserve di carbone; e' stato il caso del Sud Africa, nel quale per molti anni hanno funzionato stabilimenti di produzione della benzina dal carbone col processo Fischer-Tropsch. Gli impianti, denominati Sasol, per alcuni decenni hanno prodotto dal carbone anche i due terzi del fabbisogno sudafricano di prodotti petroliferi.

Ma è proprio davvero chiusa la tecnologia della trasformazione del carbone ? La combustione diretta del carbone comporta l'inquinamento dell'atmosfera a causa dei derivati dello zolfo, delle polveri, delle sostanze cancerogene, dei metalli tossici. Le leggi sempre più rigorose per la lotta all'inquinamento atmosferico hanno perciò indotto gli scienziati a studiare nuovi metodi di trattamento del carbone in modo da ottenere combustibili meno inquinanti. A maggior ragione le norme antinquinamento impediscono di utilizzare i carboni più ricchi di zolfo e di ceneri che sono molto abbondanti sulla Terra. Anche in Italia, nel bacino sardo del Sulcis, si trovano carboni di qualità merceologica scadente, che contengono dal 6 all'8 per cento di zolfo e circa il 20 per cento di ceneri; tali carboni praticamente non possono essere bruciati direttamente, benché le loro riserve siano molto grandi: un miliardo di tonnellate, equivalente, come valore energetico, a 400 milioni di tonnellate di petrolio. Le tecniche di idrogenazione consentirebbero di trasformare in combustibili liquidi o gassosi, non inquinanti, questa risorsa carbonifera sarda, inutilizzata da trenta anni.

Su scala mondiale le riserve di carbone contengono cinquanta volte più energia di tutte le riserve di petrolio, gas naturale e uranio messe insieme. Dai tempi in cui Bergius, Fischer e Tropsch fecero i loro primi esperimenti sono stati fatti grandi progressi nelle sintesi ad alta pressione, nell'uso dei catalizzatori; è perciò possibile che i processi di trasformazione dei carboni in altri combustibili siano destinati ad avere nuova vita, sia per la scarsità del petrolio, sia per la crescente importanza della difesa dell'ambiente.

Forse si tratta di rimettersi di buona lena a studiare i caratteri e sperimentare nuovi processi sul carbone, la più abbondante fonte di energia esistente nel mondo, dopo l'energia solare.
http://www.minerva.unito.it/Storia/Articoli/Bergius.htm

Ugo Bardi ha detto...

Vero, infatti il carbone si puo' liquefare con trattamenti ben noti e tuttora in uso in Sud Africa, dove l'embargo commerciale del periodo dell'apartheid aveva costretto ad arrangiarsi.

Sicuramente torneremo a liquefare il carbone, ma non certamente all'ANIC di Bari. Perchè dovremmo impiantare un sistema per liquefare una materia prima che non c'è nei dintorni? Sarebbe come impiantare una segheria nel deserto del Sahara.

I combustibili liquidi da carbone, li potremo importare dalla Cina o dall'america. Il problema è che costeranno molto più cari di quanto non sia costato il petrolio fino ad oggi. Ci dovremo abituare e non saraà indolore.

Anonimo ha detto...

a facc...ma xkè l'italia di energia alternativa nn ne vuole sapè? uSo i PannellI soLari? niEnte nO?anke se costa di piu...magari lo stato finanzia un pò...e nn si vedranno piu spese di benzina ... okisà cosa!