sabato, aprile 18, 2009

Teutoburgo: la fine di un impero


Quest'anno ricorre il secondo millenario della battaglia di Teutoburgo che segnò la fine dell'espansione dell'Impero Romano nell'Europa dell'Est. Sia pure remota nel tempo, questa antica battaglia è interessante per noi per certi paralleli evidenti con il nostro tempo e anche per capire come i nostri antenati percepivano il raggiungimento del "picco" di una società che aveva basato la sua economia sull'espansione militare.


Duemila anni fa, nell'anno 9 a.d., la sconfitta di Teutoburgo fu, in un certo senso, il picco di una civiltà che aveva basato la sua prosperità sulle guerre di conquista. Già circa mezzo secolo prima, nel 53 a.c., l'Impero Romano aveva subito una tremenda battuta di arresto a Carrhae, in Asia Minore. Fu una sconfitta che mise la parola fine al sogno di espandersi nelle ricche terre asiatiche, come aveva fatto Alessandro Magno qualche secolo prima.

Ma, anche dopo Carrhae, l'Impero Romano rimaneva un'immensa macchina militare sempre alla ricerca di nuove terre da conquistare. In Europa, dopo la Spagna e la Gallia, l'obbiettivo che rimaneva era la Germania: terra vasta e scarsamente abitata; apparentemente un bersaglio facile. Così, al tempo di Cesare Augusto, tre legioni romane sotto il comando di Publio Quintilio Varo varcarono il confine dell'impero addentrandosi in Germania. Fu un disastro militare inaspettato. Impreparate a combattere un nemico che usava tattiche che oggi chiameremmo di guerriglia, le tre legioni furono massacrate fino all'ultimo uomo in una feroce battaglia nei boschi di Teutoburgo.

Teutoburgo fu molto di più di una semplice sconfitta militare. Fu la dimostrazione della debolezza intrinseca dell'Impero Romano. Anche le guerre di conquista hanno una loro resa economica: il rapporto fra quello che si ottiene con il saccheggio e quello che costa la guerra. Fino ad allora, l'impero si era arricchito conquistando terre ricche e relativamente deboli dal punto di vista militare. Ma in Germania la situazione era cambiata: c'era poco da saccheggiare in un paese dove non c'erano città degne di nota. In più, i Germani erano combattenti feroci e determinati e il costo di una invasione militare era in ogni caso molto alto. Anche se la battaglia di Teutoburgo fosse andata in un altro modo, conquistare la Germania era impossibile per i Romani. Semplicemente mancavano loro le risorse economiche necessarie.

Questa impossibilità di conquistare la Germania si sarebbe vista qualche anno dopo Teutoburgo, quando i Romani invasero di nuovo la Germania, questa volta ottenendo una serie di vittorie. Ma i Romani non riuscirono a sottomettere la Germania e nemmeno ad attestarsi stabilmente al di là del fiume Reno. Queste vittorie furono del tutto inutili, anzi, furono uno spreco di risorse preziose per un Impero in chiare difficoltà economiche. In effetti, si potrebbe sostenere che i Germani a Teutoburgo abbiano fatto un piacere ai Romani, liberandoli di tre legioni ormai del tutto inutili ma che comunque andavano nutrite, equipaggiate e stipendiate.

Ma non fu certamente così che i Romani videro la sconfitta di Teutoburgo. Fu uno shock durissimo. A Carrhae, Roma si era scontrata con un altro impero di pari portata e simili ambizioni - la sconfitta si poteva ancora interpretare come un incidente di percorso. Ma che tre legioni Romane fossero state annientate a Teutoburgo da dei selvaggi primitivi era una cosa impensabile; un rivolgimento totale di tutti paradigmi accettati fino ad allora. Tale fu l'impressione che ne nacque la leggenda di Cesare Augusto che, nella notte, vagava per il suo palazzo mormorando "Varo, Varo, rendimi le mie legioni." Dione Cassio (155 –ca. 229) ci racconta che:

Augusto quando seppe quello che era accaduto a Varo, stando alla testimonianza di alcuni, si strappò la veste e fu colto da grande disperazione non solo per coloro che erano morti, ma anche per il timore che provava per la Gallia e la Germania, ma soprattutto perché credeva che i Germani potessero marciare contro l'Italia e la stessa Roma. Dato che non c'erano cittadini in età militare rimasti in numero importante e le forze alleate che contavano avevano molto sofferto.

Tuttavia, inizio dei preparativi al meglio possibile viste le circostanze, e quando nessuno in età militare si mostrò pronto a prendere le armi, li costrinse a tirare a sorte, arruolando un uomo ogni cinque di quelli sotto i 35 anni e uno ogni dieci di quelli che avevano passato quell'età. Infine, dato che molti non gli davano retta, ne mise a morte alcuni ... Siccome a Roma vi era un numero elevato di Galli e Germani, alcuni di loro nella Guardia Pretoriana e altri che ci vivevano per varie ragioni, temette che potessero insorgere. Perciò cacciò via in certe isole quelli che erano nella sua guardia personale e ordinò a quelli che non portavano armi di lasciare la città.

In queste poche righe, troviamo una descrizione impressionante di un momento di caos e di smarrimento. Roma cercava di reagire sul piano militare alla disfatta, ma cadeva anche preda di un momento di xenofobia con la cacciata dei Galli e dei Germani. E' una cosa del tutto atipica dell'antico impero che, per quasi tutta la sua storia, fu tollerante e aperto a tutti.

Dopo Teutoburgo, l'Impero Romano non aveva ancora del tutto esaurito la sua spinta militare e riuscì ancora ad espandersi in Britannia e - molto più tardi - nella Dacia. Ma un'epoca era finita per sempre: l'impero non riusciva più ad ottenere dalla guerra risorse sufficienti per lanciarsi in sempre nuove conquiste. Iniziava la fase in cui Roma cominciava a chiudersi entro i limes: grandi fortificazioni che dovevano metterlo al riparo dalle invasioni barbariche. L'impero non si vedeva più come un predatore ma come una preda. Si metteva da solo dentro una gabbia dalla quale non sarebbe mai più riuscito a uscire.

La fase che ne seguì fu, in un certo senso, un crepuscolo dorato. Relativamente al sicuro entro la cinta delle fortificazioni, l'Impero viveva un periodo di relativa pace e prosperità sotto la dinastia degli Antonini. I Romani abbandonarono anche la fase di xenofobia di cui ci parla Dione Cassio. Ma il destino dell'impero era comunque segnato: con il graduale esaurimento delle risorse accumulate nella sua fase di espansione, a lungo andare l'Impero doveva sparire.

Il collasso degli imperi segue delle linee che sono comuni a tutti i casi storici che conosciamo. Così, la storia dell'Impero Romano ci può servire - con cautela - come uno specchio in cui vedere qualcosa del nostro futuro. Gli imperi collassano per l'esaurimento delle risorse che li sostengono; per i Romani erano le conquiste militari, per noi sono le risorse minerali. In entrambi i casi, l'esaurimento era ed è inevitabile e, di conseguenza, il collasso. La reazione dei Romani alla sconfitta di Teutoburgo ci ricorda molto la nostra situazione odierna. Sia oggi come allora, si cerca di reagire alle difficoltà incrementando gli sforzi, ma sempre nella stessa direzione; senza riuscire a capire le vere ragioni delle crisi. Per i Romani, il problema era solo militare e cercavano di risolverlo usando le risorse rimaste per costruire possenti fortificazioni. Per noi, il problema è l'esaurimento delle risorse minerali e cerchiamo di risolverlo usando le risorse rimaste scavando più in fondo e sempre più lontano.

Le società umane non riescono quasi mai a rendersi conto della necessità di cambiare. Tendono, anzi, a sprecare energie preziose prendendosela con il primo capro espiatorio che capita sotto mano. Così, la cacciata dei Galli e dei Germani da Roma dopo la battaglia di Teutoburgo ricorda molto l'ondata di xenofobia che vediamo oggi. I Romani superarono questa fase e, forse, toccherà anche a noi un crepuscolo dorato paragonabile all'era degli Antonini. Ma il collasso delle strutture che conosciamo è inevitabile. Il mondo cambia sempre e, se il nuovo deve arrivare, qualcosa di vecchio deve sparire. Sic transit gloria mundi.

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Altri post che ho scritto sull'Impero Romano sono "Il picco dell'Impero Romano", come pure "Delle Cose della Guerra"

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo post!
Solo una nota di tipo lessicale... CAPRO espiatorio, non capo.

Gabriele

Anonimo ha detto...

Mi chiedevo se per caso anche il colonialismo abbia avuto un picco a causa della minore diponibilità di schiavi, o comunque difficoltà crescenti nell'approvvigionarsi di manodopera e materie prime...

Luigi Ruffini

Anonimo ha detto...

Bellissimo post!

Anonimo ha detto...

Contrariamente al precedente post di Ugo che
condividevo, questo mi appare molto discutibile e
forzato con varie cose che non condivido; prima
di tutto dire" la fine di un impero", quando
l'impero romano raggiungerà la massima estensione
dopo oltre un secolo nel 116 e la massima
popolazione stimata fra il terzo e il quarto
secolo mi sembra una cosa che anche uno studente
di liceo potrebbe contestare; in secondo luogo
l'idea dell'impero ormano come di una macchina
militare è da precisare; i Romani facevano guerre
di conquista per due motivi: terra coltivabile e
schiavi, il lavoro schiavile era la base della
vita del tempo; certo anche le risorse naturali
come miniere e foreste erano importanti; ora la
germania dell'epoca era poco abitata e ricoperta
di foreste e paludi; appetibile ma non
tantissimo; le terre migliori erano attorno al
mediterraneo e nel sud e questo fermo'
l'espansione o la rese comunque piu' difficile;
tecnologie in grado di sostituire gli schiavi si
svilupparono solo nel primo e secondo secolo ma
la cultura alessandrina non fece breccia; i
romani non la possedettero mai; questa mancanza
di risorse schiavili fu una base essenziale che
limito' lo sviluppo; altri imperi basati su
meccanismi analoghi anche piu' grandi di quello
romano trovarono analoga fine; gli schiavi sono e
diventeranno sempre piu' col tempo risorsa
diffiicile da reperire; paradossalmente ce ne
sono tanti potenziali adesso (e infatti lo
schiavismo è in ripresa) ; inoltre c'era anche
una cultura dello schiavismo e della conquista,
una classe di guerrieri e proprietari fondiari
con la loro ideologia.
noi è vero che usiamo risorse minerali per
produrre il grosso dell'energia, ma ci sono molte
differenze: prima di tutto il lavoro che usiamo
non è schiavile ma salariato basato sulla libertà
di venderlo, e quindi sulla democrazia; una
democrazia mercantile che possiede enormi risorse
di capitali da investire, enormi risorse di
lavoro salariarto da impiegare, cosi' enormi da
trovare un limite nell'estensione del pianeta; la
crisi attuale vede capitali non impiegati e
lavoratori disoccupati; quindi non troppo poco
come i romani ma troppe forze da impiegare
rispetto alle dimensioni della terra; le risorse
minerali stesse che ci servono sono certo
limitate ma il limite fondamentale fisico è
l'atmosfera in cui scaricarne i sottoprodotti;
infine cosa importantissima: la difficoltà
fondamentale dei romani e anche nostra è nei
rapporti sociali: anche se avessero avuto la
tecnologia la classe proprietaria degli schiavi
si sarebbe opposta a qualunque cambiamento sia
culturalmente che praticamente; le persecuzioni
dei cristiani cosa sono se non scontro
controrivoluzione culturale contro chi voleva
sottrarre questa forza produttiva a chi la
controllava; cosi' oggi chi possiede le risorse
minerarie fossili si oppone a tutti i
cambiamenti di tecnologia; le immense quantità di
capitale fisso già investito chiedono vendetta:
vogliamo la nostra quota di profitto altro che
essere distrutti e sostituiti da altro capitale
fisso; piuttosto una guerra! e tutto un modo di
vita basato su quelle risorse che dovrebbe
cambiare con i legami sociali e di proprietà che
vi sono contenuti; questa è la forza principale
che si oppone al cambiamento che a questo punto è
un cambiamento tecnologico ma è anche un
cambiamento sociale e culturale e su questo
terreno si deve combattere. Noi a differenza dei
romani la tecnologia la abbiamo; ma come loro
abbiamo classi e cultura che vi si oppongono.

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Claudio Della Volpe University of Trento
Ricercatore di Chimica Fisica Applicata
Tel +39-0461-882409 (10-11-12) ; Fax +39-0461-881977
Dipart. di Ingegneria dei materiali e Tecnologie Industriali

Laboratorio Polimeri e Compositi, Via Mesiano 77, 38100 Trento (Italy)
E-mail: claudio.dellavolpe@ing.unitn.it

Francesco Ganzetti ha detto...

Il nostro contemporaneo non è affatto un impero : vorrei limitare la mia analisi a quello che si potrebbe fare all'interno della sola Italia con una forma di governo autoritario : nell'ex URSS , per circa 40 anni, dal 45 all 85, hanno dedicato il 40 % del PIL al settore militare : se noi dedicassimo per 15 anni il 15 % del nostro a quello energetico,
( ricerca di base, produzione ed installazione di solare ed eolico puntiformi e a concentrazione, eventualmente kitegen ), non solo ci renderemmo autosufficienti per quanto riguarda l'elettricità
( che può essere ottimamente usata percucinare ,risccldamento/condizionamento ,: ho una ottima pompa di calre nel mio ambulatorio), ma acquisiremmo un enorme vantaggio tecnologio e competitivo nei confronti degli altri paesi nel giro di pochissimi anni, o per non vederla sempre in ottica concorenziale ma piuttosto cooperativa, faremmo un ottimo servizio all'umanità e al pianeta.
Le risorse per prendere questa via ci sono ancora : basta tagliare il25% della spesa pubblica e dire ad un po di lavoaratori cosìdetti "intellettuali", di finire di mangiare a sbafo e sentirsi pure tronfi.

( Ripensando al livello culturale dell' 80% dei miei insegnanti mi vengono i brividi : alla fine del liceo classico siamo stati 3 anni su Dante ma solo 30 secondi su Musil e 3 giorni su Shakespeare,
3 mesi su Hegel, ma solo 10 giorni su Nietsche e 0 secondi sulla filosofia della mente : oltretutto dovevo anche recarmi fisicamente a scuola ed essere valutato da questi post 68ottini gaudenti invece che da un sistema unico nazionale ( INVALSI )
Almeno però siamo pieni di università di provincia......Ahhh!!!
Una sola parola: a casa !Imbracciare zappa e vanga per cortesia)

Credo sarebbe fondamentale installare qualche centrale nucleare di 3 generazione ed avviarsi speditamente alla quarta.
L'unico settore che vedrei comunque in contrazione è quello del trasporto privato.
Cmq elettricità e ferrovie effcienti sarebbero abbastanza per mantenere una civiltà ed un livello di benessere elevato fino ala fine del secolo .
( Per quanto riguarda l'Italia non temerei tanto l'effetto serra, considerando anche quello che hanno fatto in agricoltura gli israeliani, ma piuttosto sovrappopolazione da anziani ed immigrazione: abbastanza comunque da garantirci un futuro più che dignitoso se vorremo pensare anche a chi deve venire su questa terra, non solo a chi c'è già)

Ugo Bardi ha detto...

x Gabriele. Si, grazie, ovviamente è "capro", non "capo". Corretto.

roberto ha detto...

Claudio Della Volpe scrisse: Noi a differenza dei romani la tecnologia la abbiamo.

come fai ad esserne cosi' sicuro? oggi siamo oltre sei miliardi e dove sono queste tecnologie alternative buone a sfamarci tutti quando gia' oggi oltre un miliardo fa la fame?
roberto de falco

Anonimo ha detto...

Penso in nessun Paese al mondo si goda al massacro indiscriminato delle proprie origini e radici storiche come avviene in Italia a proposito del delirio denigratorio della Storia Romana.
Ecco un'altra occasione, uno spunto sociale e tecnico validissimo e d'improvviso si materializza il solito obbligo a dover schifarsi di quella che poi è solo una parte parzialissima della realtà storica.
Difficile provare ad invertire tendenze e un sentire ormai comune fatto quasi di slogan rassicuranti senza precipitare nell'altro grave pericolo della ridicola ammirazione di facciata di un fascismo da operetta.

Sed postcras MMDCCLXII Ab Urbe Condita erit...

E almeno in queste occasioni un pò di rispetto per la nostra COMUNE MADRE ROMA non sarebbe poi così commiserevole.

Otto secoli in cui Roma, l'Europa e il Mediterraneo sono stati epicentri di BENESSERE, GIOIA DI VIVERE E DI ESPRIMERSI, DIRITTO E SVILUPPO SOCIALE ED URBANO.

I "cattivoni Romani" non hanno solo combattuto , depredato e schiavizzato come PROPAGANDATO dal IV secolo ad oggi da una subcultura clericopiagnona, falsa e quella sì veramente violenta, come tutti gli stati teocratici, che ha distrutto l'armonia e il diritto classico semplicemente per SOSTITUIRSI AL POTERE che ahimè mantiene tutt'oggi(e senza pronunciare MAI UNA MEZZA PAROLA CONTRO LO SCHIAVISMO che fu concretamente abolito solo dalla laicissima Rivoluzione Francese).

AVe Caiofabricius
Diocletianii et Divo Giulianii filius

Anonimo ha detto...

A differenza dei Cinesi, che l'impero son riusciti a farlo sopravvivere fino ai giorni nostri(anche se ad un certo punto della sua storia è crollato come quello romano ma poi si è ricostituito) grazie ad una progressiva e paziente opera di "sinizzazione" culturale relativamente pacifica delle popolazioni barbare, i Romani antichi non furono molto bravi a romanizzare culturalmente i barbari, soprattutto germanici, altrimenti i vari Odoacre, Teodorico e compagnia "romanizzati" avrebbero visto nell'Impero Romano, più che una preda, un organismo da assoggettare e far sopravvivere.
Soprattutto se, con i Goti, l'atteggiamento dei vari imperatori romani fosse stato di reale dialogo e loro integrazione con le popolazioni latine(invece di avversarli con una xenofobia spinta), forse il 476 D.C. oggi non avrebbe nessun significato nei nostri libri di storia.
Diversi storici sono concordi nell'affermare che l'effettiva integrazione dell'elemento germanico nel DNA dell'impero avrebbe portato nuove e fresche forze alla sua solidità e probabilmente alla sua sopravvivenza ben oltre il 5° secolo D.C.
Ipotesi suggestiva ed affascinante che mi porta a chiedermi, in caso di sopravvivenza di una grande entità politica latino/germanica tutta europea fino ai giorni nostri, quale tipo di paradigma economico avremmo adottato in mancanza(ovviamente) di quello neoliberista angloamericano.

Paolo B.

Anonimo ha detto...

Mmmhhhh....
Se Alarico e Ricimero furono volgari banditi sequestratori di persona, non si può dimenticare che sia Teodorico che Carlo Magno furono sintesi delle due grosse Culture europee e ne intuirono le rispettive enormi valenze e sinergie tentandone una difficile ma non impossibile sintesi che tra alti e bassi è arrivata fino alla creazione della Comunità Europea.
Burro od olio, vino o birra ?
Direi che sono comunque una ricchezza e un'opportunità se non si pretende di sradicare culture identitarie che originarono proprio da quei primordiali punti di riferimento enogastronomici che furono spesso anche possibilità di sopravvivenza e coesione sociale.
AVe caiofabricius VALE

Anonimo ha detto...

Quella sul nucleare di terza generazione è fenomenale. La catastrofe del nucleare USA del 1979 non ha insegnato nulla.

fausto

Alla Scoperta ha detto...

Abbiamo una proposta interessante per te