Il numero di presenze negli alberghi italian. La tendenza non è ancora chiarissima, ma sembrerebbe che ci sia stato un picco nel 2007 (immagine da "Hotel-Lab").
Col mestiere che faccio, mi capita abbastanza spesso di girellare per il mondo e di alberghi ne ho provati un po' di tutti i tipi. Gli alberghi sono un po' come gli esseri umani: buoni o cattivi, belli o brutti, grandi o piccoli; Ce n'è una varietà quasi infinita. Il peggiore è stato forse uno a Zurigo che avevo trovato su internet e che si è rivelato un albergo a ore nel mezzo del quartiere a luci rosse. Il migliore è stato forse uno a Helsinki, che aveva anche la sauna privata annessa alla camera!
Questo post mi è stato suggerito, in effetti, da un'esperienza non proprio piacevole che ho avuto a Torino. Albergo splendido, visto dal di fuori. Camera molto pretenziosa, quando ci entri. E poi invece ti accorgi che la doccia e vecchia e rugginosa. Non solo non viene acqua calda, ma ti casca in testa anche il "telefonino" della doccia perché la giunzione che lo regge è decrepita. Non è leggero e neanche morbido.
Già al tempo di Gallia Placidia e del suo mausoleo a Ravenna era ben noto agli antichi che non è l'aspetto esteriore che conta: è quello interiore. Gli alberghi ne sono un'illustrazione perfetta. Ormai ho verificato abbastanza bene che quanto più l'ingresso è illuminato e pretenzioso, tanto meno buono è il servizio. Mi spiego: non che io sia uno con la puzza sotto il naso; per carità. Per tanti anni, quando avevo dei contratti di ricerca con l'IVECO andavo a Torino abbastanza spesso. Stavo di solito in un albergo che aveva il problema di un mobilio che sembrava roba rimasta a un asta di beneficienza dopo che i Rom si erano comprati la roba migliore. A parte questo, però, era un posto tranquillo, costava poco e ci si stava proprio bene. Non è questione di quante stelle abbia un albergo: è questione di come è tenuto.
Credo che non ci siano regole precise su come trovare un albergo che sia decente e a un costo ragionevole. Una è di non fidarsi delle foto che si vedono su internet, ma questo credo che sia ovvio. Un'altra è - quando possibile - scegliere posti abbastanza piccoli, se possibile a gestione familiare. Questo vuol dire che quando hai un problema puoi parlare con la persona che l'ha creato e che - probabilmente - può risolverlo. Viceversa, se sei in un albergo grande e non ti funziona la doccia (e ti è anche cascato il telefonino sulla testa) ti trovi ad avere a che fare con una banda di ragazzi giovani che hanno l'aspetto più che altro di uligani appena arrivati per il match del Liverpool e cortesia paragonabile (questo è, appunto, quello che mi è successo a Torino). Non che sia colpa loro, poveracci, sono semplicemente stra-sfruttati con stipendi da fame da qualche disgraziato che crede di essere un super-manager perchè gestisce un albergo e - per ora - nessuno dei clienti si buttato dalla finestra dalla disperazione.
Ma la linea che separa fra un albergo buono e uno pessimo può essere molto sottile. Dopo l'esperienza con quel pessimo albergo di Torino, mi sono spostato in un altro, sempre a Torino. Era delle stesse dimensioni e numero di stelle; nemmeno tanto lontano dal primo. Ma era un abisso di differenza. Me ne sono accorto subito quando ho visto che alla reception, dietro il banco, c'erano due bambini a giocare. Forse figli della ragazza al lavoro, forse glie li aveva parcheggiati un cliente per mezz'ora; non lo so, ma comunque il risultato è tutta un'altra atmosfera. Appunto, un abisso di differenza.
Un altra cosa degli Hotel è la loro infinita proliferazione. Non so com'è da voi, ma a Firenze, in centro, ci sono ormai più hotel che appartamenti - o almeno questa è l'impressione che se ne ricava. Chiunque avesse una cantina, un appartamento, una soffitta o un vecchio garage, lo ha riadattato per farci un bed and breakfast. Ma continuano anche ad esistere gli alberghi grandi, rutilanti di luce e di moquettes. Secondo wikipedia, in Italia nel 2005 c'era una capacità ricettiva totale di oltre quattro milioni di posti letto (4.350.000 per l'esattezza). Per la sola Firenze, ho trovato qualche dato che risale al 2003 e che dice che a quell'epoca a Firenze c'erano circa 450.000 posti letto. Oggi devono essere più di mezzo milione. Ovvero, non è solo un'impressioone che ci sono più posti per i turisti di quanti abitanti abbia Firenze.
Quanto potrà durare? Difficile dire. Dai dati che riporto in cima a questo post, sembrerebbe possibile che abbiamo passato un picco del turismo in Italia nel 2007. La tendenza non è ancora ben definita, ma darei per probabile che il 2009, anno dopo la grande crisi economica del settembre del 2008, sia stato un anno orribile per gli albergatori. Quindi, il 2007 potrebbe essere stato veramente il picco storico.
Non sembra però che, per il momento, la cosa sia stata capita. In effetti, non si vedono inversioni di tendenza: mi sembra che stiano continuando a costruire e programmare nuovi alberghi (è un po' la stessa cosa del ponte sullo Stretto: non hanno capito ancora come stanno le cose). Prima o poi, comunque, dovranno cominciare a rendersi conto della situazione e cominciare a chiudere. Nel frattempo, è probabile che cominceranno a risparmiare sulla manutenzione e sugli stipendi dei dipendenti. In effetti, quello che mi è capitato a Torino potrebbe essere proprio questo: il primo sintomo del picco degli alberghi.
3 commenti:
...Bene...Sarebbi altresì interessante analizzare l'andamento del mercato immobiliare nelle località di villeggiatura di livello medio : potenzialmente è lì che mi aspetto grosse diminuzioni del valore degli immobili.
io conosco un paesino dove il sindaco e' proprietario dell'albergo e posso testimoniare che ultimamente il sindaco ha visto diminuire i propri clienti in modo notevole.
d'altronde in caso di crisi il turismo e' il primo settore a risentirne.
a Torino inoltre gli alberghi si sono moltiplicati dopo le olimpiadi del 2006 e ora cominciano a traballare quelli di standard più elevati. Uno vicino alla stazione, per esempio, dovrebbe essere ristrutturato per creare appartamenti da vendere perchè è in crisi, o come direbbe Quelo, grossa crisi
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