venerdì, agosto 27, 2010

L'eolico d'alta quota ovvero spes ultima dea




Non molti comprendono l’importanza del progetto in fase di sperimentazione denominato kitegen, ma che io, da irriducibile italofono, continuo a chiamare eolico d’alta quota.
Si tratta in effetti di una delle poche se non l’unica possibilità tecnologica di produrre potenzialmente grandi quantità di energia rinnovabile, paragonabili a quelle delle centrali termoelettriche che soddisfano in prevalenza i consumi elettrici delle moderne società consumistiche, a costi competitivi con le fonti convenzionali e in maniera compatibile con la rete di trasmissione dell’energia elettrica, superando così i limiti intrinseci delle attuali tecnologie che utilizzano le fonti rinnovabili.
E’ una soluzione geniale al problema energetico che utilizza la forma più pura ed efficiente di energia, quella meccanica, con l’ausilio di tecnologie sofisticate come il sistema elettronico di regolazione del volo degli aquiloni, ma che allo stesso tempo colpisce per la semplicità e l’essenzialità del progetto e delle componenti tecnologiche. Per questi motivi non appaia un caso che l’autore di questa straordinaria invenzione della mente sia italiano ed ecologista.
Dopo un lungo periodo di incubazione costellato di resistenze, ostracismi, diffidenze e intoppi burocratici, sembra che finalmente il primo impianto sperimentale da 3 MW sia vicino alla costruzione. Ne ha parlato di recente persino la notissima trasmissione televisiva Superquark e ciò rappresenta un ulteriore segnale che il progetto, è proprio il caso di dirlo, stia per prendere il volo.
Per chi non lo avesse visto, propongo all'inizio dell'articolo la visione integrale del servizio televisivo.
Naturalmente, l’ottimismo e la speranza che l’eolico d’alta quota inocula in grandi proporzioni nelle nostre menti e nei nostri cuori, non ci deve illudere che una soluzione tecnologica risolva integralmente i problemi di un modello di sviluppo insostenibile per il pianeta. In questo articolo di qualche tempo fa, citando alcune delle simulazioni contenute ne “I limiti dello sviluppo”, mettevo in guardia da un approccio riduzionistico alla questione ambientale centrato solo sulla risposta tecnologica. Il celebre rapporto dimostrava invece che, senza disinnescare contemporaneamente la bomba demografica e la coazione a ripetere della crescita economica in un sistema finito come la Terra, sarebbe stato impossibile impedire il superamento dei limiti e il collasso finale del sistema.
Moderazione nei consumi, sobrietà, attenzione alla qualità della vita e alle relazioni sociali dovranno essere il necessario complemento delle tecnologie sostenibili. A pensarci bene, il silenzio, la leggerezza e la lentezza degli aquiloni energetici rappresentano bene anche la metafora di un’umanità in rapporto più armonico con la Natura.

36 commenti:

Mauro ha detto...

Piero Angela parla di quota infima delle rinnovabili, prevede che la crescita demografica continui, ...

injeniere ha detto...

Vorrei umilmente esprimere il mio pensiero in merito a questa tecnologia. Sicuramente è lodevole l'iniziativa di sostenere l'eolico d'alta quota, tuttavia il problema è di complessità estrema ed il kitegen risulta di difficile impiego in massa.

Sono sviluppatore firmware e software nel contesto dell'automazione, degli azionamenti e del controllo di processo. Mi imbatto spesso in problematiche molto hardware di usura meccanica, ed in anomalie di vario tipo dovute essenzialmente al fatto che la logica deterministica del software deve gestire situazioni reali ed imprevedibili. Sotto questo punto di vista, a mio avviso, il kitegen è di difficile utilizzo.

Specialmente per quanto riguarda l'usura, è necessario tenere presente che i kitegen dovrebbero poter lavorare a ciclo continuo per mesi senza ricambi o manutenzione, esattamente come fanno le banali pale eoliche. Ritengo quindi che, se non si impiegeranno materiali speciali, dopo un certo periodo di vita la sostituzione di componenti meccanici diverrà molto frequente. Anche lo stelo dovrà essere composto di materiali speciali in modo da restistere per anni anche a raffiche di vento di estrema intensità.

Il controllo ottimo di questi dispositivi sarà realizzato dopo doversi anni di sperimentazione ed esperienza. Si tenga presente che, nella sostanza, si deve programmare un robot per rispondere in tempo reale a stimoli esterni di vario tipo.

Un'altro aspetto un po' scoraggiante è che due kitegen devono stare, fra di loro, a ragguardevole distanza per non incrociare i tiranti delle rispettive vele. Un kitegen di quelli in progetto, sulla carta, può generare al massimo 3MW di picco; tenendo presente della fase di ritorno della vela, esso genererà circa 1MW di potenza media. Conseguentemente, per generare, ad esempio, 1GW di energia con tecnologia kitegen (per confronto, le centrali nucleari più moderne hanno tipicamente potenza compresa tra i 600 MW e i 1600 MW) sarà necessario disporre un migliaio di kitegen su una vastissima area.

Nella sostanza il kitegen, secondo tali valutazioni, 1) sarà costruito con materiali molto costosi ed eventualmente già scarseggianti a causa del picco del petrolio e di tutte le materie prime connesse, 2) richiederà un controllo estremamente sofisticato (forse questo è il minore dei problemi), 3) dovrà essere piazzato in modo molto diradato lungo quelle aree geografiche per le quali il suo impiego risulti conveniente, 4) dovrà essere costruito in gran numero per far fronte a produzioni sull'ordine di 1GW.

Siamo sicuri che ne valga la pena? Sinceramente ritengo che sia più conveniente costruire turbine eoliche con pala ad assetto variabile, ad alta quota o in mare aperto. Ad ogni modo, Piero Angela si rassegni, la popolazione mondiale non può crescere ancora per molto, neppure con l'eolico d'alta quota.

Paolo Marani ha detto...

Invito tutti a venire, se siete in zona, al DECRESCIFEST 2010, a Villa Silvia di Cesena (11 e 12 settembre)

http://www.decrescifest.it

Si parlerà di energia, di picco petrolifero, e soprattutto di decrescita, concetto dai più sbeffeggiato e travisato, ma sempre più indispensabile per fornire una alternativa al nostro pazzo mondo fatto di crescita infinita e sviluppo insostenibile.

mmarchitti ha detto...

Rispondo a Big Gino (ma c'hai un altro nome?)

"la logica deterministica del software deve gestire situazioni reali ed imprevedibili. Sotto questo punto di vista, a mio avviso, il kitegen è di difficile utilizzo."

PErché imprevedibili? Intendi le raffiche? Oppure un aereo che non rispetta la no-fly zone e attraversa la zona di lavoro del kite? Nel primo caso i sensori rilevano l'improvviso aumento di carico sulle funi e comunicano al sistema una manovra di alleggerimento. Nel secondo caso si può prevedere un radar che faccia la scansione dello spazio aereo vicino alla zona di lavoro.

"Specialmente per quanto riguarda l'usura, è necessario tenere presente che i kitegen dovrebbero poter lavorare a ciclo continuo per mesi senza ricambi o manutenzione, esattamente come fanno le banali pale eoliche. Ritengo quindi che, se non si impiegeranno materiali speciali, dopo un certo periodo di vita la sostituzione di componenti meccanici diverrà molto frequente. Anche lo stelo dovrà essere composto di materiali speciali in modo da restistere per anni anche a raffiche di vento di estrema intensità."

La tecnologia dei materiali è in grado di prevedere la vita a fatica dei componenti e di trovare il giusto compromesso fra le dimensioni dei componenti e la loro vita a fatica. Comunque non è lo stelo il componente critico, ma il cavo, che non deve essere molto spesso altrimenti genera troppa resistenza aerodinamica e peso da portare su.

"Un'altro aspetto un po' scoraggiante è che due kitegen devono stare, fra di loro, a ragguardevole distanza per non incrociare i tiranti delle rispettive vele."

Nella versione Stem c'è una sola vela. Se però intendi le stem farm, il sistema di controllo registra la posizione istantanea dei kite fra di loro e può quindi comandarli opportunamente.

"Un kitegen di quelli in progetto, sulla carta, può generare al massimo 3MW di picco; tenendo presente della fase di ritorno della vela, esso genererà circa 1MW di potenza media. "

La potenza media è data dal vento medio, con cui poi si calcolano le ore effettive. Tieni presente che la fase di ritorno è molto veloce ripsetto alla salita , perché la vela per essere riportata a quota bassa viene messa in bandiera con resistenza minima.

"sarà costruito con materiali molto costosi ed eventualmente già scarseggianti a causa del picco del petrolio e di tutte le materie prime connesse,"

Il Kitegen da 3MW pesa all'incirca 20-40 tonnellate, mentre una torre eolica di pari potenza arriva a pesare, fra acciaio e cemento, una o due migliaia di tonnellate, quiundi le tue considerazioni si applicano alla vecchia tecnologia. Nel Kitegen, il materiale derivato dal petrolio sono le funi che pesano 0.1kg/m quindi in tutto all'incirca 200 kg di cavi e qualche altro centinaio di kg per la vela.

"richiederà un controllo estremamente sofisticato (forse questo è il minore dei problemi),"

Come dicono a Oxford? Sticazzi!

"dovrà essere piazzato in modo molto diradato lungo quelle aree geografiche per le quali il suo impiego risulti conveniente"

Non è così sensibile al vento a terra come le torri tradizionali

"dovrà essere costruito in gran numero per far fronte a produzioni sull'ordine di 1GW."

Per lo stem da 3MW, fai mille diviso tre.

"Siamo sicuri che ne valga la pena?"

Beh, io mi sono dato pena di risponderti.

fausto ha detto...

In effetti, il problema che mi lascia più perplesso è la spaziatura delle vele; è questo l'intoppo più pericoloso. Non ci si può permettere di far attorcigliare insieme due o più impianti, e d'altro canto una idea di volo sincronizzato di più profili potrebbe rivelarsi rischiosa.

Immagino che la risposta sarà l'impiego di vele più grandi e performanti, al fine di ottenere più energia da una singola installazione.

Gianni Comoretto ha detto...

@big gino
La fase di ritorno della vela dura meno di 1/5 della fase attiva. Quindi la potenza media è dell'ordine dell'80% di quella di picco
La distanza orizzontale tra kite è molto ridotta, il posizionamento assoluto di ciascuna vela è migliore di qualche decina di metri. Inoltre, al contrario delle pale tradizionali, puoi posizionare ciascuna vela ad altezza diversa sfasando tra di loro i cicli, per cui in un wind farm di stem questi possono essere molto fitti senza rubarsi il vento. Non vedo particolari problemi ad avere un centinaio di kite in un km quadrato.

Poi ci vuole sperimentazione, qualche anno almeno, ma gli stem isolati che si stan completando ora servono appunto a questo.

Un kite da 3 MW costa circa un milione di euro, e produce circa 10-15 milioni di kWh l'anno. Un impianto di questo tipo è fatto per durare 20 anni, anche con la manutenzione ed i costi di esercizio mi sembra che sia un affare.

Se lo lasciano costruire...

markogts ha detto...

Prevedere l'insuccesso di una tecnologia non ancora sperimentata è uno sport facile quanto sterile. Ricordo che erano impossibili anche gli aerei più pesanti dell'aria, il telegrafo senza fili e i treni con più di 30 km/h.

Sicuramente il kite-gen presenterà i suoi problemi, che andranno valutati man mano che li si incontreranno. Opporsi a priori alla ricerca non può che essere sbagliato. Si provi e si veda. Poi non capisco questo discorso delle migliaia di kitegen: questo è un impianto sperimentale e già si parla di 3MW. Le potenze potranno crescere con facilità una volta capite le strategie, i rischi e le problematiche.

A proposito di energia dal vento ad alta quota: c'è qualcuno che sappia se il kiteship per le navi sta prendendo piede?

Mauro ha detto...

"ci vuole sperimentazione, qualche anno almeno,"
Accipicchi!!
Paragonato ai tempi (biblivi) necessari alla costruzione di centrali nucleari...

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
injeniere ha detto...

@mmarchitti e successivi

Il mio nickname è legato ad un soprannome ricevuto da alcuni amici, non c'è nulla di autocelebrativo ;-)

Ma veniamo a noi. Ero sicuro che l'idea del kitegen non fosse portata avanti da degli sprovveduti, anzi, da gente molto competente, quindi ero certo che le mie obiezioni fossero confutate da opportune osservazioni. D'altra parte, sul kitegen ci si sono dedicati anima e corpo molti progettisti ed accademici, sarebbe una vera tragedia che questo progetto non andasse a buon fine.

In linea di principio, alla luce delle considerazioni in risposta al mio commento, appoggio lo sviluppo di questa tecnologia; su alcuni aspetti, tuttavia, avrei alcune ultime osservazioni da esporre.

Non mi convince il fatto che la spaziatura possa essere ridotta. In condizioni ideali tutto OK, ma in presenza di piccoli tornado, turbinii d'aria, o raffiche di vento ascendenti o discendenti, che ci piaccia uppure no, i tiranti delle vele si possono incrociare se, ad esempio, si posiziona "un centinaio di kite in un km quadrato".

Questo però, non necessariamente è un problema. Se i kitegen realizzati fossero, per così dire, "portatili", qualsiasi privato cittadino che sia in possesso di un appezzamento di terra sufficientemente esteso potrebbe decidere di disporre sui propri terreni qualche kitegen di taglia più piccola rispetto a uno da 3 MW. Una taglia più piccola permetterebbe, eventualmente, a ciascun kite di essere trasportato su un singolo camion e di essere sostituito agevolmente da un altro kite per manutezione o upgrade della macchina.

Se si ammette, ad esempio, che una famiglia consumi in media 2KW di potenza elettrica (famiglia energivora), un kitegen da 0.5MW produrrebbe abbastanza energia per circa 250 famiglie. Quindi un privato cittadino, o qualunque ente istituzionale con i capitali sufficienti, potrebbe investire somme NON esorbitanti in tecnologia kitegen per vendere energia al gestore della rete elettrica o a soggetti privati.

In merito ai kitegen da 3MW, quello che non mi convince è la mancanza di portabilità e flessibilità, in termini di impiego. Sia ben chiaro, anche i prototipi da 3MW devono essere sviluppati al fine di poter creare delle grandi centrali eoliche kitegen in luoghi opportuni, tuttavia ritengo che sarebbe prioritario sviluppare delle macchine strutturate come il prototipo da 3MW, ma di più piccola taglia, al fine di poter diffondere l'impiego di questa tecnologia anche fra privati, comuni, province, etc etc.

Ad ogni modo, NON sviluppare la tecnologia kitegen significa NON poter sfruttare la grande quantità di energia contenuta nelle correnti di alta quota, anche in pianura... UN VERO PECCATO!! Per questo il kitegen non è certamente l'idea avveniristica scaturita dai trastulli di qualche mente visionaria, ma la soluzione più ragionevole in risposta all'esigenza di sfruttare una NUOVA, ingente fonte di energia. Spero vivamente che questo progetto vada a buon fine e che, un giorno non troppo lontano, questa tecnologia divenga di uso comune.

PS: Questo è il link al mio blog:
http://qualcosadiveramentenuovo.blogspot.com/

markogts ha detto...

al fine di poter diffondere l'impiego di questa tecnologia anche fra privati, comuni, province

Sono d'accordo in generale, ma mi pare che il kitegen voglia apposta essere grosso e centralizzato per evitare problemi con la rete distributiva, oggi molto top-down e poco "peer to peer". Sarebbe un modo per poter sostituire le centrali fossili con centrali a en. rinnovabile con minimi impatti sulla rete esistente.

gigieffe ha detto...

Ma di quali sostituzioni di centrali a carbone o nucleari si va cianciando?
Secondo le previsioni degli inventori (possiamo pensarle non ottimistiche?) sono circa 4000 ore/anno: e per le altre 4760?
Chissà perche, ma mi vengono in mente nuovamente le “vecchie” centrali a Gas, Carbone, Nucleari, Idro…

Quanto alla sicurezza, minimo minimo si dovrebbe prevedere un’area di interdizione di raggio pari al doppio della distanza del kite dallo stelo.
Si sa, con i cavi, specie con quelli che si avvolgono, svolgono e svolazzano, una rottura, prima o poi, è da mettere in preventivo.
E non sono certo cavetti da aquilone, (il peso dei cavi conta poco, quello che conta è il carico di rottura) ma cavi in grado di reggere decine e decine di tonnellate, perfettamente in grado di tirar giù case!
Un kite che vola a 1000 m dal terreno dovrebbe avere due cavi da circa 1400 m e quindi richiedere un’area di guardia di 2800 m di raggio.
Il fatto che Comoretto non veda particolari problemi a piazzare 100 kite in un km quadrato, non significa che i problemi non ci siano, ma soltanto che Comoretto, come ha scritto, …non li vede.


Bye

Gigi

markogts ha detto...

Le aree di interdizione al volo ci sono anche attorno a centrali nucleari e nessuno si lamenta. Per quanto riguarda la copertura oraria, basta fare centrali in luoghi diversi: se il vento (ad alta quota, ricordiamocelo) non spira da una parte, si prende l'energia da un'altra parte. È una soluzione che già allevia i problemi della generazione eolica a livello del terreno, con questo sistema i vincoli si riducono ulteriormente.

Su peso dei cavi e altri dettagli tecnici, che ne dici di aspettare almeno la sperimentazione? Giusto per non fare la fine di questi:

"Before the opening of the first major railway line, the Liverpool & Manchester in 1830, there were fears it would be impossible to breathe while travelling at such a velocity, or that the passengers’ eyes would be damaged by having to adjust to the motion.

Little more than 20 years later, their fears allayed, people flocked to this exciting new form of transport, and by mid-century, millions were dashing across the country on tracks stretching thousands of miles

gigieffe ha detto...

@markogts

Guarda che io parlavo area di interdizione a terra, a meno che non si accetti il rischio di caduta di un aquilone sulla testa.

Se ad alta quota il vento è più stabile, vuol dire che, se non c'è in una zona, molto probabilmente non c'è neanche in un'altra.

"Alleviare" non vuol dire risolvere.
Per farti un'idea di quanto il problema della aleatorietà sia "alleviato" integrando la produzione eolica in un'area grande quanto l'intera Spagna, fatti un giro sui grafici della REE.

https://demanda.ree.es/demanda.html

Scoprirai che a fronte di un installato di 18 GW, sono normali i cali di produzione sotto i 2 GW, e non infrequenti i cali sotto 1 GW.
Ciò significa che la REE non può contare sull'eolico per coprire il picco quotidiano.

Il peso dei cavi, come già detto, conta poco.
Il carico dei cavi è un dato di progetto (cioè deve essere perfettamente noto prima della sperimentazione)e dipende dalla potenza che si vuole ottenere.
E' anche indicato sul loro sito.

http://www.kitegen.eu/kitegen_info_dossier.pdf

Di idiozie dette da qualcuno nel 1830 non me ne può fregar di meno.

Bye

Gigi

injeniere ha detto...

@markogts

"...la rete distributiva, oggi molto top-down e poco peer to peer..."

Già, se le cose stanno così, allora la rete dovrà essere ristrutturata nel tempo per diventare sempre più P2P. Non per niente i maggiori divulgatori della questione del peak oil concordano sul fatto che, tendenzialmente, l'energia elettrica dovrà essere prodotta nel luogo stesso in cui verrà consumata, esattamente come i prodotti alimentari e manifatturieri.

Già adesso, i comunissimi impianti fotovoltaici domestici contribuiscono alla fornitura di potenza elettrica locale attraverso gli inverter, che ormai raggiungono efficienze sull'ordine del 98%. Quindi il P2P deve essere certamente incoraggiato.

In merito alla questione dello spazio aereo, se mi è concesso dire la mia, ritengo che NON sia un grave problema interdire il volo al di sotto dei 2000 metri di quota in corrispondenza di zone molto lontane da scali aeroportuali. In particolare, questo non sarà un grande problema in tempi che vedranno drasticamente ridotto il traffico aereo.

Ad ogni modo sarà conveniente utilizzare i kitegen solo in zone in cui, tipicamente, soffiano venti d'alta quota molto sostenuti. Nei nebbiosi inverni o nelle afose estati della bassa Padana, sinceramente, i kitegen non ce li vedo proprio. In collina già meglio...

In sostanza ritengo che l'eolico d'alta quota NON sia la tanto desiderata gallina dalle uova d'oro; tuttavia nessuna tecnologia, per essere presa in seria considerazione, necessariamente deve esserlo. Neppure il fotovoltaico o l'eolico di bassa quota lo sono. Avanti con la sperimentazione allora, dai.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
supervice ha detto...

Pur nella mia totale ignoranza in materia, l'obiezione di gigieffe riguardo la zona di interdizione mi sembra un ostacolo insormontabile. Da frequentatore di campagne, boschi e campi coltivati non credo che possibile installare questi impianti nella totalità delle zone pianeggianti e collinari, e l'interdizione al transito per motivi di sicurezza inibirebbe un qualsiasi tipo di sfruttamento o gestione di queste aree. Poniamo il caso di un bosco: il taglio della legna, il transito per le guardie forestali, la frequentazione di fungaioli, cacciatori o semplici amanti del trekking non sarebbero più possibili?
Per non parlare delle zone collinari coltivate o parzialmente urbanizzate: smettiamo di coltivare la terra o di vivere nelle case coloniche?
Non mi pare che in Italia ci siano deserti da poter sfruttare per una wind farm.
Spero di sbagliarmi e di aver preso una cantonata, ma sinceramente non vedo possibilità di sviluppo in un paese come il nostro.
Se i dati di gigieffe sono reali (ossia due cavi di 1400 metri di lunghezza per ciascun impianto) per ciascun impianto la zona di interdizione dovrebbe essere di circa 15 km quadrati: dove è l'errore?

injeniere ha detto...

@Simone Martini

Quando si chiede un preventivo per la costruzione di una casa ad un'impresa edile e questa pronostica 100, alla fine dei lavori la casa verrà a costare 200; è sempre così in quanto tutti giocano al ribasso per accapparrare clienti ma alla fine la realtà è ineluttabile: i lavori devono durare di più del previsto, i costi dei materiali sono cresciuti, il progetto iniziale deve essere rivisto, etc etc.

Se sulla carta si prevede che un kite costerà 100, inclusa la manutenzione per un certo numero di anni di esercizio, AL TERMINE della costruzione sarà costato 200, ed AL TERMINE del periodo di esercizio considerato, giusto per gradire, sarà costato complessivamente 250.

Si ha a che fare con industria manifatturiera, edilizia e relativa manovalanza, rincari delle materie prime etc etc. IL MONDO REALE E' MOLTO DIVERSO DA QUELLO CALCOLATO. Ma in una cosa sicuramente il kite riesce a sbaragliare la turbina eolica: LA MINOR QUANTITA' DI MATERIA PRIMA impiegata per ogni KWh generato, e questo non è poco!!

Ritengo che il kitegen non si dimostrerà mai una gallina dalle uova d'oro; piuttosto, potrebbe essere la gallina che fa tante uova normali mangiando poco mangime, non so se mi spiego...

@valerio

L'errore sta nel fatto che, sotto le vele dei kite, la vita può continuare come prima visto che i venti da sfruttare sono ad alta quota ed i cavi devono arrivare fin lassù. I cavi possono avvicinarsi pericolosamente al suolo soltanto se qualcosa è andato storto; in tal caso la logica di controllo se ne deve poter accorgere in tempo, in modo da bloccare qualsiasi avvolgimento (altrimenti qualcuno potrebbe venire falciato). Personale adibito alla manutenzione dovrà eseguire manualmente il riavvolgimento dei cavi dopo che la vela sarà caduta al suolo. Generalmente, per qualsiasi applicazione che preveda automatismi, in caso di emergenza si lavora così: si ferma tutto, si cerca di capire cos'è successo (se ce n'è il tempo), e si interviene manualmente.

Allora il problema, se c'è, riguarda soltanto il volo aereo e non è insormontabile, visto che comporta soltanto (si fa per dire) l'impedimento dei voli a bassa quota su zone specifiche. Ad ogni modo la sicurezza totale non ci sarà mai; d'altra parte anche l'automobile non è un mezzo del tutto sicuro, eppure tutti la usano e nessuno può farne a meno, a quanto pare.

gigieffe ha detto...

@Big Gino

http://www.kitegen.eu/kitegen_info_dossier.pdf

Prendiamo il modello TKG3: 3 MW, altezza operativa 2000 m.
Quindi, nell'ipotesi che il kite voli a 45°, avrà bisogno di due cavi di 2800 m ciascuno.
La forza (non si dice se media o di picco, se relativa a ciascun cavo o alla somma dei due) è di .5 MegaNewton che, in unità meno rigorose ma decisamente più popolari, fanno 50 Tonnellate.
Supponiamo 25 per cavo.
Limitando, in un eccesso di audacia per risparmiare sul peso, il coefficiente di sicurezza a 2, ogni cavo dovrà avere come minimo un carico di rottura pari a 50 tonnellate.
E' noto che se si fa volare negli strati bassi qualcosa di più pesante dell'aria e se ne perde il controllo, questo ritorna inevitabilmente a terra.
In tale eventualità, puoi certamente evitare di effettuare manovre di avvolgimento/svolgimento sul capo del cavo che controlli, ma è incredibilmente più dura convincere il vento a fare altrettanto sull'altro capo del cavo.
Vento che, avvicinandosi a terra, potrebbe avere caratteristiche completamente diverse da quello in quota. Ci si potrebbe trovare, al limite, ad avere un kite nel bel mezzo di un cavo (e che cavo!) di 5600 m con uno o tutti e due i capi liberi.

Rottura del Kite, perdita della piattaforma inerziale, perdita del link radio verso terra, disturbi della comunicazione radio, rottura di un cavo, rottura di un avvolgitore, rottura di un aggancio tra kite e cavo, baco del SW di controllo, errore random del SW di controllo: è un piccolo elenco, non esaustivo, di cause che potrebbero portare alla perdita di controllo con conseguente caduta del kite.
Naturalmente i progettisti, non pellegrini ma degni ingegneri, avranno pensato a tutte le possibili modalità di guasto, ed introdotto le opportune ridondanze e contromisure.
Tuttavia, sia per la presenza di inevitabili single-point-failure, sia per fatalità, la probabilità di un incidente è sempre possibile.
Sta al progettista/costruttore, con migliaia e migliaia di ore di funzionamento, dimostrare che la probabilità di incidente, moltiplicata per le conseguenze, è tale da permettere una vita normale sotto gli aquiloni. Discutere ora se sotto i kite possono pascolare le mucche o giocare i bambini è una pura perdita di tempo.
Ciò che è importante è che gli aspetti di sicurezza, ed il kitegen sembra avere elementi di rischiosità ben maggiori di una pala eolica, non vanno dati per scontati, ed il rischio va accuratamente misurato.

Non sono un talebano: un rischio sufficientemente piccolo (so bene che quel "sufficientemente piccolo" è foriero di diatribe infinite) potrebbe essere accettabile.
Dopotutto anche gli aerei, che non sempre toccano terra nel punto voluto, sorvolano le città...

Però con una grossa differenza.
In un'ora di volo di un aereo il rischio a terra conseguente a caduta è distribuito (anche se non uniformemente) in una fascia lunga 700 km e larga qualche decina, quindi in un area di diverse migliaia di km2.
In un'ora di volo di un kite il rischio è tutto concentrato in un area di qualche km2 attorno allo stem.

Finora ho solo parlato di rischi conseguenza di incidente, che può essere reso sufficientemente piccolo, compatibilmente con i costi e la funzionalità.

In realtà ben maggiore è il rischio che il kite stia a terra per mancanza di vento.
Per esempio: quale potenza può essere garantita da un TKG3 domani 2 Settembre 2010 alle ore 12:00?

Un gestore di TKG3, se serio, consulterà i suoi dati meteo e vi fornirà un foglio con una curva Potenza/Probabilità, ma difficilmente accetterà un impegno per qualunque potenza.

Un gestore di centrale termoelettrica vi risponderebbe semplicemente con un numero.

Bye

Gigi

injeniere ha detto...

@Gigi

"Prendiamo il modello TKG3: 3 MW..."

Tutte le problematiche elencate possono essere ragionevoli, ma come già detto, io ai kite da 3MW non ci credo tanto. Ritengo che i kite debbano essere per lo più di taglia moooolto più piccola e posizionati in zone collinari, o su altopiani, o in mare aperto, o su isole. In sostanza dovrebbero essere piazzati in zone tipicamente battute da forti venti già a quote relativamente basse. Quindi si parlerebbe di cavetti sottili che non siano lunghi fantamigliaia di kilometri, vele che non siano grandi come tendoni da campo, steli non molto più grossi di una canna per pesca d'altura (si fa per dire). Che ne pensate? A me questa idea ispira abbastanza.

"Rottura del Kite, perdita della piattaforma inerziale, perdita del link radio verso terra, disturbi della comunicazione radio, rottura di un cavo, rottura di un avvolgitore, rottura di un aggancio tra kite e cavo, baco del SW di controllo, errore random del SW di controllo..."

E vabbè, ma quanta sfiga però!! :-D

"Discutere ora se sotto i kite possono pascolare le mucche o giocare i bambini è una pura perdita di tempo."

E' vero... allora forse è meglio dire che "non si esclude che sotto i kite, in futuro, possano pascolare le mucche o giocare i bambini".

"...migliaia di ore di funzionamento..."

Concordo, allora costruiamo un pò di prototipi così facciamo esperimenti di ogni tipo. Sono necesari tanti dati empirici, non si scappa.

Gianni Comoretto ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Gianni Comoretto ha detto...

Sui rischi. Rispondo con quello che dicono i progettisti. In caso di rottura di un cavo, questo cade a terra ma non ha nessuna trazione. E cade a terra abbastanza lentamente, e' leggero in rapporto alla sezione.

La vela attaccata ad un solo cavo (e se si guasta qualcosa si puo' comunque tirare uno dei due cavi e lasciare libero l'altro) esercita una forza minima, e cade molto più lentamente di quanto possa essere recuperato. Quindi lo recuperi e basta, prima che cada.

Poi ci può essere la sfiga imprevedibile, ma questo copre già la stragrande maggioranza delle sfighe possibili.

Sulla taglia: molto sotto i 3 MW non conviene andare, devi salire di quota e questo pone dei vincoli sulle dimensioni. Da quel che capisco, si comincia a ragionare con 0,2-0,4 MW. Poi non puoi portarti a spesso un molbilegen a farlo partire dove vuoi, devi avere una no fly zone, che fino a 2000 metri non è un grosso problema, ma deve esserci. Altrimenti il primo ultraleggero o elicottero che passa di li' si impiglia e vien giu'.

Sulla costanza dei venti. I venti in quota sono molto più regolari di quelli a terra. Molto più prevedibili, e molto più difficile che siano fermi in tutta Italia. Comunque se le fonti fossili scarseggiano, dovremo abituarci ad una probabilità di intermittenza, temo.

injeniere ha detto...

@Gianni Comoretto

"molto sotto i 3 MW non conviene andare, devi salire di quota e questo pone dei vincoli sulle dimensioni. Da quel che capisco, si comincia a ragionare con 0,2-0,4 MW"

Da 1/2 MW in sù mi va bene. Pensavo che privilegiare la costruzione di kite in zone collinari o montane permettesse di avvicinarsi maggiormente alle correnti di alta quota, consentendo presumibilmente l'impiego di kite di taglia minore. Che dici, ha senso?

"Poi non puoi portarti a spesso un molbilegen a farlo partire dove vuoi, devi avere una no fly zone, che fino a 2000 metri non è un grosso problema, ma deve esserci. Altrimenti il primo ultraleggero o elicottero che passa di li' si impiglia e vien giu'."

Beh dai, ci si organizza in qualche modo.

"Comunque se le fonti fossili scarseggiano, dovremo abituarci ad una probabilità di intermittenza, temo."

Eh già. Anche qui, ci si organizzerà in qualche modo.

gigieffe ha detto...

@ Comoretto

Non è la tensione il pericolo: immagina un cavo da 50 tonnellate, di sezione ridotta perchè di kevlar, steso su case, strade, linee elettriche, alberi...
Quanti motociclisti potrebbe decapitare?

La prevedibilità dei venti aiuta, ma solo a sapere con anticipo che dovrai accendere altro, se ce l'hai.

E' emblematico il caso della Spagna, ci torno perchè splendidamente documentato dai grafici interattivi della REE e molto istruttivo per capire come funziona l'eolico.

https://demanda.ree.es/demanda.html

Abbiamo una superficie quasi doppia dell'Italia, situazioni morfologiche estremamente diverse, dall'Atlantico del Golfo del Leone al Mediterraneo passando per Gibilterra: sembrerebbe molto difficile avere bonaccia dappertutto.
Eppure, accanto a giornate favolose come il 4 maggio 2010, ti trovi le giornate sfigate come il 26 Giugno 2010.

Provate a spazzolare il calendario guardando il diagramma a torta: emerge con chiarezza il ruolo dell'eolico, che è quello di far risparmiare gas, o carbone, o acqua negli invasi. L'eolico non è assolutamente in grado di sostituire queste fonti che dovranno essere comunque essere presenti, aggiornate, manutenute, e tenute in stand-by.
In soldoni, il kWh eolico "vale" la sola componente combustibile 60-70%) del kWh deterministico.
Con l'alta quota, potranno esserci dei minori gradienti di potenza, ma non credo che la sostanza cambi di molto.
E' naturalmente possibile abituarci alla probabilità di intermittenza: basta essere consapevoli dei costi in più che dovremo sopportare rispetto a chi, ad esempio, ha deciso di affrontare la carenza di fossili con soluzioni non intermittenti.

Bye

Gigi

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
mmarchitti ha detto...

@biggino

"Il mio nickname è legato ad un soprannome ricevuto da alcuni amici, non c'è nulla di autocelebrativo ;-)"

MI riferivo al fatto di potere parlare con una persona riconoscibile.

"Non mi convince il fatto che la spaziatura possa essere ridotta. In condizioni ideali tutto OK, ma in presenza di piccoli tornado, turbinii d'aria, o raffiche di vento ascendenti o discendenti, che ci piaccia uppure no, i tiranti delle vele si possono incrociare se, ad esempio, si posiziona "un centinaio di kite in un km quadrato"."

Beh, se non scrivi bene il software, anche solo due kite possono incrociarsi. Dipende appunto dal software, dalla sensoristica, dai sistemi trasmissione dati, di attuazione dei comandi.

" disporre sui propri terreni qualche kitegen di taglia più piccola rispetto a uno da 3 MW.
Una taglia più piccola permetterebbe, eventualmente, a ciascun kite di essere trasportato su un singolo camion e di essere sostituito agevolmente da un altro kite per manutezione o upgrade della macchina."

C'è una questione di bilancio economico: sembra che l'impianto da 3MW dia il miglior rapporto costo/potenza.

"In merito ai kitegen da 3MW, quello che non mi convince è la mancanza di portabilità e flessibilità, in termini di impiego."

E' incomparabilmente più semplice da trasporta un kitegen stem da 3MW che una torre eolica tradizionale della stessa potenza. Tieni presente che quello che stanno installando a Berzano non richiede cemento per il fissaggio e gru per il montaggio: ti par poco?

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@ gigieffe

"Non è la tensione il pericolo: immagina un cavo da 50 tonnellate, di sezione ridotta perchè di kevlar, steso su case, strade, linee elettriche, alberi...
Quanti motociclisti potrebbe decapitare?"

Quindi tu immagini il sistema che perde totalmente il controllo: tutto può succedere. Però tieni presente che l'aquilone che vola raso terra, o a bassa quota, è una condizione facile da monitorare e da evitare: se proprio non riesci a recuperarlo sotto una certa quota, allora puoi azionare un sistema per tranciare i cavi. Diciamo che l'eventualità che tu immagini, a impianto testato, è molto più remota di un jumbo che cade sulla città.


"Provate a spazzolare il calendario guardando il diagramma a torta: emerge con chiarezza il ruolo dell'eolico, che è quello di far risparmiare gas, o carbone, o acqua negli invasi. L'eolico non è assolutamente in grado di sostituire queste fonti che dovranno essere comunque essere presenti, aggiornate, manutenute, e tenute in stand-by.
In soldoni, il kWh eolico "vale" la sola componente combustibile 60-70%) del kWh deterministico.
Con l'alta quota, potranno esserci dei minori gradienti di potenza, ma non credo che la sostanza cambi di molto."

E' facile fare queste profezie che si autoavverano. Se pensiamo solo alle rinnovabili, per superare l'intermittenza occorre sovradimensionare le potenze, e distribuire in modo uniforme gli impianti. Poi si possono anche regolare/modulare i consumi, con una rete intelligente.

Mario Marchitti

gigieffe ha detto...

@ Simone Martini

Perché?
Il solare non è forse intermittente?
Non è questione di tecnologia, volontà, finanziamenti, ricerca, investimenti, o quant’altro: è la fonte stessa, che per sua natura è intermittente, aleatoria, stagionale.
Quindi la conversione DIRETTA della radiazione solare in energia elettrica non potrà che essere intermittente, aleatoria, stagionale.

Alcuni problemi possono essere mitigati dalla tecnologia.
Ad esempio il solare termodinamico (che, a rigore, non è propriamente a conversione diretta) può mitigare l'intermittenza, ma ben poco può contro l'aleatorietà, ad esempio un paio di giorni di brutto tempo, e nulla può contro la stagionalità.
Inoltre, rispetto alla sostanziale semplicità del fotovoltaico, presenta tutta la complessità e le problematiche di un impianto termo meccanico.

Il fotovoltaico a concentrazione è uno dei tanti tentativi per la riduzione di costo.
Il concetto di base è: aumentare l'efficienza della cella costa troppo? Allora aumentiamo la radiazione concentrando più soli.
Ma così facendo si spostano dei costi dal silicio alla meccanica (è necessario l'inseguimento), si incontrano dei limiti di temperatura, e non è detto che alla fine convenga.

Le celle multi giunzione perseguono l’obiettivo di aumento di efficienza attraverso la costruzione sullo stesso substrato di giunzioni in grado di catturare diverse porzioni dello spettro solare.
Ci riescono, ma a spese del costo di fabbricazione della cella che arriva a livelli spaziali.
Infatti è proprio questo il campo di applicazione di queste celle.

Il film sottile persegue l’obiettivo di riduzione di costi attraverso il minor consumo di materiale pregiato. Ci riesce, ma si discute ancora se l’abbassamento dei costi è tale da compensare la minore efficienza ed il più rapido degrado nel tempo…

Diverso è il discorso della conversione INDIRETTA…
Ma qui andremmo ancora più fuori topic.

Bye

Gigi

markogts ha detto...

Forse non ti è chiaro cosa sia una "rete intelligente". Googla "smart grid" e "EWS Schonau". La smart grid fa esattamente questo, far partire gli utilizzatori in maniera coordinata.

gigieffe ha detto...

Ah!
Se, per esempio, 13 milioni di utenti decidono di vedere tutti assieme Spagna-Olanda, cosa farebbe la smart grid?

Bye

Gigi

markogts ha detto...

Il problema non si pone, perché quel giorno saranno caduti mille kitegen e avranno decapitato gran parte dei tifosi :)

injeniere ha detto...

@mmarchitti

"Mi riferivo al fatto di potere parlare con una persona riconoscibile."

Perché, chiamarsi "mmarchitti" e tenere nascosto il porprio profilo ti sembra "riconoscibile" ?? ;-)

Comunque dai, eccomi qua; quel profilo lo avevo creato per scherzo un anno fa, recentemente mi son preso qualche minuto per rimaneggiarlo.

Ma venendo all'argomento di questo post, da quanto puoi vedere leggendo i miei commenti successivi, sostanzialmente sono favorevole al kite. Anzi, sostengo che bisognerebbe darci dentro coi finanziamenti per le sperimentazioni.

A un certo punto le chiacchiere annoiano, bisogna presentare i RISULTATI. In bocca al lupo a tutti i progettisti che partecipano allo sviluppo del kite, attendo buone nuove.

Ciao
Jimi

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
markogts ha detto...

L'idroelettrico viene già usato come accumulo, per accumulare di notte l'energia che le centrali nucleari non riescono a *non* produrre. Di accumulo ce n'è troppo poco e in futuro ne servirà sicuramente di più. Idee ce ne sono tante.

gigieffe ha detto...

@markogts

Per poter cadere, i 1000 Kitegen devono prima salire.

Direi che, almeno per un po', possiamo stare tranquilli.

Bye

Gigi

MarkUp ha detto...

Ci sono news sul kitegen nel 2011?

Renato ha detto...

Gianni Comoretto ha scrito:
"... quello che dicono i progettisti. In caso di rottura di un cavo ...
... cade molto più lentamente di quanto possa essere recuperato. Quindi lo recuperi e basta, prima che cada. ...";

"... Un kite da 3 MW costa circa un milione di euro, e produce circa 10-15 milioni di kWh l'anno ...";

"... Non vedo particolari problemi ad avere un centinaio di kite in un km quadrato ...".

Quanto sopra è stato verificato in operazioni reali?
Riferimenti?