Nel panorama delle democrazie occidentali, il sistema politico italiano si configura come un’anomalia rispetto allo schema prevalente fondato sul conflitto dialettico tra due aree politico – culturali, quella di tradizione socialista o socialdemocratica e quella che genericamente possiamo definire conservatrice – liberale.
La storia del nostro paese ha determinato la natura di questa anomalia. Dopo la disfatta della seconda guerra mondiale, il quadro nazionale fu monopolizzato da due partiti molto lontani dagli orientamenti politici europei: la Democrazia Cristiana, espressione politica delle masse cattoliche escluse fino a quel momento dal “non expedit” di Pio IX e il Partito Comunista strettamente collegato al regime stalinista.
In conseguenza di questa situazione, l’Italia divenne di fatto uno snodo cruciale tra i due blocchi contrapposti facenti capo agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica. Ciò determinò da una parte la subordinazione degli interessi nazionali alle potenze dominanti, dall’altra sancì una tutela politica extra istituzionale da parte dello Stato Vaticano e del movimento comunista internazionale.
Queste condizioni storiche consentirono la cristallizzazione per circa cinquant’anni del quadro politico nazionale e solo dopo il crollo del muro di Berlino il sistema implose, deflagrando rapidamente e rovinosamente sulla spinta di Tangentopoli.
Da allora, e sono passati vent’anni, assistiamo a una lunga serie di scosse di assestamento che stanno modificando radicalmente il sistema politico senza però condurlo ancora verso una configurazione moderna di tipo europeo. Le ragioni di una perdurante anomalia sono da ricondurre al processo contraddittorio di trasformazione della sinistra italiana, per ora materializzatosi in un Partito Democratico dall’incerta identità, alla discesa in campo di un partito legato agli interessi personali di un imprenditore privato, all’emergere di una forza politica nel nord del paese che propone addirittura la rottura dell’Unità nazionale.
Come un fenomeno carsico riemergono in superficie tendenze e pulsioni distruttive presenti nel corpo sociale del paese sin dalla sua costituzione, tenuti compressi durante la guerra fredda: le conseguenze di un processo unitario incompleto, la carenza di senso dello Stato, l’immaturità democratica che spesso sfocia nel populismo e nel desiderio dell’uomo forte.
Ma si tratta a mio parere solo di un passaggio di fase che dovrebbe condurre in breve tempo a una configurazione più stabile, favorita dalle particolari condizioni storiche, economiche ed ambientali.
La crisi economica strutturale che stiamo vivendo e il sopraggiungere del picco del petrolio accentueranno le differenze sociali e, conseguentemente, l’evoluzione del Partito Democratico verso una formazione politica di tipo socialdemocratico in grado di rappresentare adeguatamente la spinta verso una redistribuzione del reddito tra le classi sociali.
Le sempre maggiori esigenze di autosufficienza economica ed alimentare sbaraglieranno le residue velleità secessioniste della Lega, in favore di una maggiore integrazione delle aree del paese. L’inevitabile declino del berlusconismo, se non altro per ragioni anagrafiche, favorirà l’aggregazione di nuove forze politiche di ispirazione cattolica e di una nuova destra di stampo liberale.
In definitiva potremmo avere, invece della temuta disgregazione del paese, una maturazione politica e culturale in una situazione di declino economico. Molto affascinante come tema di studio.
La storia del nostro paese ha determinato la natura di questa anomalia. Dopo la disfatta della seconda guerra mondiale, il quadro nazionale fu monopolizzato da due partiti molto lontani dagli orientamenti politici europei: la Democrazia Cristiana, espressione politica delle masse cattoliche escluse fino a quel momento dal “non expedit” di Pio IX e il Partito Comunista strettamente collegato al regime stalinista.
In conseguenza di questa situazione, l’Italia divenne di fatto uno snodo cruciale tra i due blocchi contrapposti facenti capo agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica. Ciò determinò da una parte la subordinazione degli interessi nazionali alle potenze dominanti, dall’altra sancì una tutela politica extra istituzionale da parte dello Stato Vaticano e del movimento comunista internazionale.
Queste condizioni storiche consentirono la cristallizzazione per circa cinquant’anni del quadro politico nazionale e solo dopo il crollo del muro di Berlino il sistema implose, deflagrando rapidamente e rovinosamente sulla spinta di Tangentopoli.
Da allora, e sono passati vent’anni, assistiamo a una lunga serie di scosse di assestamento che stanno modificando radicalmente il sistema politico senza però condurlo ancora verso una configurazione moderna di tipo europeo. Le ragioni di una perdurante anomalia sono da ricondurre al processo contraddittorio di trasformazione della sinistra italiana, per ora materializzatosi in un Partito Democratico dall’incerta identità, alla discesa in campo di un partito legato agli interessi personali di un imprenditore privato, all’emergere di una forza politica nel nord del paese che propone addirittura la rottura dell’Unità nazionale.
Come un fenomeno carsico riemergono in superficie tendenze e pulsioni distruttive presenti nel corpo sociale del paese sin dalla sua costituzione, tenuti compressi durante la guerra fredda: le conseguenze di un processo unitario incompleto, la carenza di senso dello Stato, l’immaturità democratica che spesso sfocia nel populismo e nel desiderio dell’uomo forte.
Ma si tratta a mio parere solo di un passaggio di fase che dovrebbe condurre in breve tempo a una configurazione più stabile, favorita dalle particolari condizioni storiche, economiche ed ambientali.
La crisi economica strutturale che stiamo vivendo e il sopraggiungere del picco del petrolio accentueranno le differenze sociali e, conseguentemente, l’evoluzione del Partito Democratico verso una formazione politica di tipo socialdemocratico in grado di rappresentare adeguatamente la spinta verso una redistribuzione del reddito tra le classi sociali.
Le sempre maggiori esigenze di autosufficienza economica ed alimentare sbaraglieranno le residue velleità secessioniste della Lega, in favore di una maggiore integrazione delle aree del paese. L’inevitabile declino del berlusconismo, se non altro per ragioni anagrafiche, favorirà l’aggregazione di nuove forze politiche di ispirazione cattolica e di una nuova destra di stampo liberale.
In definitiva potremmo avere, invece della temuta disgregazione del paese, una maturazione politica e culturale in una situazione di declino economico. Molto affascinante come tema di studio.
11 commenti:
OK. Cerco di tenere presenti le basi di ASPO-Italia.
Non bisogna esagerare con il catastrofismo.
Siamo orientati alle soluzioni.
Coltiviamo progetti alternativi.
Pero`... neanche la prudenza di aspettare martedi`... qua rischiamo la nomination per il Premio Leibniz-Pollyanna 'Ottimisti Guasti 2010'!
Vabbe`, ormai e` fatta. Ma forse potremo recuperare credibilita` con il Convegno ASPO-2011. Titolo:
''Previsione azzardate: e Yergin allora? Comunisti!''
Ludovico
beh, a questo giro non posso che essere concorde con Ludo
>> Ma si tratta a mio parere solo di un passaggio di fase che dovrebbe condurre in breve tempo a una configurazione più stabile, favorita dalle particolari condizioni storiche, economiche ed ambientali.
Non si poteva più semplicemente scrivere: "Dalla padella alla brace" ???
Io ritengo che gli Italiani debbano imparare ad assumersi LE LORO responsabilità; è il vero problema di questa gente.
Ad esempio, il lavoro NON è un diritto, ma un dovere ed una NECESSITA' che deve essere soddisfatta al fine di portare a casa da mangiare. Questo concetto deve essere ben compreso!
E poi, lo studio non è il diritto di possedere un pezzo di carta col quale fregiarsi del titolo di "dottore" e svolgere un comodo lavoro ben retribuito, ma una scelta di vita, una scelta di passione.
L'industria immobiliare non è in crisi nera perché il Governo non incentiva sufficientemente il mattone. Essa è in crisi perché, credendo nel mattone come "bene rifugio", costruiamo più case di quanta gente ci possa abitare dentro!
Il mondo politico italiano non è corrotto e pieno di cortigiane perché "funziona così e basta"; esso è corrotto perché NOI siamo corrotti! Insomma, l'Italia è una repubblica fondata sull'irresponsabilità: se si presenta qualche problema... è sempre colpa dell'altro! Signor Longobardi, con tutto il rispetto, se non se ne esce da questo tunnel, le sue previsioni sono plausibili... ma solo dopo una cruenta catastrofe.
Ad ogni modo, questa nazione non merita un leader. D'altra parte il leader guida gli stupidi come il mastro maionettaio pilota i suoi pupazzi. Esseri dotati di pensiero e volontà non hanno bisogno di nessuna guida, nè litigano fra di loro come sciocchi ragazzini, ma dialogano ed agiscono in modo organico e coordinato.
Sinceramente, allo stato attuale di cose, gli Italiani non ce li vedo assolutamente a fare tutto ciò... ma spero di sbagliarmi...
Una domanda, magari un po' ingenua, che mi assilla da un po': ma la democrazia per come la conosciamo potrà sopravvivere all'esaurimento delle risorse? (al di là del riconoscimento di questo stato di futura scarsità da parte dei maggiori partiti, cosa che non ho mai finora sentito).
Mi pare che tutti i sistemi democratici parlamentari siano nati in epoca di abbondanza o crescita, siamo certi della loro tenuta in periodo di vacche magre? In definitiva il fondamento della democrazia è il capitalismo?
Il territorio dell'Italia 300 mila Km quadrati è in grado di sostenere 30 milioni di abitanti.
Dobbiamo ammettere che la sovrappopolazione attuale è il motivo per cui è necessario importare anche quello che si potrebbe produrre internamente.
La popolazione italiana per fortuna o putrtroppo sarebbe in declino dell'1% all'anno se non ci fosse un tasso di immigrazione ce compensa questo calo.
Senza l'apporto di immigrati in 70 anni la popolazione si dimezzerebbe.
Le risorse allora sarebbero sufficenti.
Avremmo anche lo spazio per i turisti (che ancora in molti vedono come un fastidio).
Le infrastutture dei trasporti sarebbero adeguate.
2 tecnologie potrebbero rendere autosufficente l'Italia
Kitegen: autosufficenza di energia elettrica
Biohyst: autosufficenza alimentare e di biocarburanti da scarti agricoli.
Stefano Marocco, bella domanda. La democrazia è stata inventata dai greci, quindi ha un pò di storia. Certamente nella forma moderna parlamentare espressione del popolo sovrano potrebbe correre dei rischi in seguito a una minore disponibilità di risorse, però è esistita come adesso anche in periodi di scarsità, ad esempio negli Stati Uniti. La scommessa è quella auspicata dal grande Berlinguer. Una società più austera e sobria, meno consumistica, non necessariamente deve corrispondere a uno scadimento della qualità della vita.
Caro Terenzio, dici bene tu, anzi benissimo, ma il Corruption index 2010 (http://www.guardian.co.uk/news/datablog/2010/oct/26/corruption-index-2010-transparency-international) colloca l'Italia al 67° posto, mentre tutte le grandi democrazie sono collocate entro il 30°.
Inoltre, oggi, sono 110 mila i posti di lavoro tecnici che non trovano copertura, mentre nel 2009 erano 76 mila; la siuazione cioè peggiora, invece di migliorare (http://skuola.tiscali.it/news/scuole-medie/imprese-cercano-tecnici.html).
In nostro, quindi, è largamente un problema di educazione.
Leo
Il punto di vista di un'Italia come anomalia nel panorama democratico europeo e` tipicamente... Italiano.
Tipico degli Italiani infatti lamentarsi delle proprie condizioni (spesso ignominiosamente davanti agli stranieri) ed esaltare le buone qualita` degli stranieri.
Piuttosto che prendere gli altri a modello, come si fa nei paesi del terzo mondo (che rimangono in quelle condizioni anche per questa loro attitudine), dovremmo invece sviluppare un nostro modello politico, uno che possa funzionare con il materiale umano a disposizione.
Trapiantare qui il sistema francese/tedesco/inglese/... potra` funzionare quando noi saremo diventati francesi/tedeschi/inglesi - una prospettiva tutt'altro che auspicabile.
Infine affermare che un partito socialdemocratico rappresenti gli interessi dei ceti medi e bassi e` un po' un'ingenuita...
Ciao,
astabada
E' vero, con la fine della seconda guerra mondiale, l'assetto politico del nostro paese è stato fortemente condizionato dal bipolarismo tra Usa e Unione Sovietica.
L'articolo da troppa importanza alla funzione dei partiti politici.
Che emerga o non emerga, con la stabilizzazione di tali assetti politici, un partito socialdemocratico maggiormente rivolto alle classi meno abbienti, non credo che questo fatto produca chissà quali effetti positivi.
L'erosione del welfare andrà avanti...
i partiti contano poco, quasi nulla.
Terenzio, peccato però che politici come Berlinguer non se ne siano più visti da un pezzo, e lo spettacolo che sta dando la politica in quest'ultimo periodo è estremamente sconfortante.
Le mie simpatie politiche sono a sinistra, ma purtroppo non mi sento rappresentato. C'è un clima di opacità che non consente di capire dove finisce un partito e inizia l'altro. Ogni giorno si legge sui giornali o sulla rete di devastazioni del territorio imputabili a tutti gli schieramenti politici (vedi articolo sul Fatto di oggi sulle colline di Rieti). Nel mio comune centrodestra e centrosinistra hanno la medesima (pessima) politica di gestione del territorio. Questo dimostra la commistione fra gli interessi delle due parti.
Nell'epoca dell'informazione breve e dell'immagine chi ha ancora il coraggio di parlare di austerità, sobrietà, sacrifici?
Posta un commento