giovedì, gennaio 05, 2012

Transizione demografica e anziani (a 40 anni dalla “Humanae vitae”)


Di Giorgio Nebbia

Contributo pubblicato martedì 8 aprile 2008 su "La Gazzetta del Mezzogiorno". 

Riproponiamo questo contributo, a quasi quattro anni di distanza dalla sua prima apparizione, come proposta di riflessione sull'evoluzione dei temi in esso contenuti. Il testo presenta infatti una serie di interrogativi rispetto ad uno scenario demografico che nel 2008 lasciava intuire alcune criticità oggi divenute lampanti: la partecipazione degli immigrati alla vita comune, la tutela degli anziani, le politiche per la famiglia, l'impatto ambientale della crescita demografica.

Quaranta anni fa Paolo VI pubblicava l’enciclica “Humanae vitae”, in un periodo di grandi mutamenti, innovazioni e speranze; negli anni precedenti molti studiosi avevano messo in evidenza il rapporto fra l’aumento della popolazione mondiale, specialmente in quello che era il “terzo mondo”, gli inquinamenti, l’impoverimento delle risorse di petrolio, acqua, suolo coltivabile, la produzione di alimenti, e alcuni auspicavano un rallentamento e una fermata della crescita della popolazione. 

Gli anni Sessanta del Novecento erano attraversati dai movimenti femministi, dalla richiesta del diritto delle donne a gestire il proprio corpo e la propria sessualità, a regolare il numero dei figli. A questo fermento avevano contribuito alcune ricerche scientifiche come la sintesi, nel 1951, del primo contraccettivo orale, "la pillola", che avrebbe rivoluzionato i costumi sessuali di miliardi di coppie e fatto concretamente diminuire il tasso di crescita della popolazione mondiale.

Ci furono, in quegli stessi anni sessanta, vasti dibattiti sulla posizione dei cristiani davanti a questi mutamenti di etica, di comportamenti, di idee; molti nella Chiesa cattolica erano contrari non solo al “controllo della popolazione”, come si diceva allora, ma a qualsiasi pratica per la limitazione della natalità. 

La coppia cattolica per evitare una natalità indesiderata poteva praticare atti sessuali, fare all’amore, insomma, soltanto nel breve periodo mensile in cui la donna non è feconda, un metodo detto “Ogino-Knaus”; era assoluto il divieto dell’uso dei preservativi, di altre pratiche anticoncezionali e, a maggior ragione, dell’aborto.

Poi c’era il problema della povertà; erano le coppie dei poveri, che avevano un maggior numero di figli e i demografi spiegavano che, quando aumenta il benessere, lo “sviluppo”, le coppie limitano il numero di figli e l’aumento della popolazione rallenta: una “transizione demografica”. Dello sviluppo aveva parlato lo stesso Paolo VI nel 1967, nell’enciclica “Populorum progressio” (il cui 40° anniversario, l’anno scorso è passato quasi sotto silenzio, benché il documento avesse indicazioni di grande importanza per l’economia e anche per l’ecologia).

In questa atmosfera Paolo VI decise di affrontare il problema della popolazione e della vita; l’enciclica “Humanae vitae” (1968) ammetteva che i cattolici potessero praticare una “paternità responsabile”: «In rapporto alle condizioni fisiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente o anche a tempo indeterminato, una nuova nascita. 

Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all'ordine morale oggettivo stabilito da Dio, e di cui la retta coscienza è fedele interprete. L'esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano pienamente i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società in una giusta gerarchia di valori». Fra le “condizioni fisiche” e i “doveri verso la società”, da considerare nella procreazione responsabile era implicita l’attenzione dei segni di una crescente scarsità degli alimenti, dell’acqua e di un crescente alterazione delle condizioni ambientali.

Nel corso di 40 anni sono scomparsi i “comunismi”; due miliardi e mezzo di persone, dei paesi che allora erano del “terzo mondo” povero e sottosviluppato, costituiscono ora un mondo industrializzato contrapposto, con grande dinamismo, all’America del Nord e all’Europa; la “transizione demografica” si sta verificando con una velocità impressionante.

Ho davanti le più recenti previsioni pubblicate dall’Ufficio demografico delle Nazioni Unite sull’aumento della popolazione mondiale. Nel 1970 la Terra era abitata da circa 3700 milioni di persone; nel 2008 la popolazione totale è circa 6500 milioni di persone: circa 1500 nei paesi industrializzati, circa 3500 nei paesi rapidamente emergenti e circa 1500 nei paesi poveri e poverissimi; nel 2050 la popolazione mondiale potrebbe essere qualsiasi numero fra 8000 e 10.000 milioni di persone; non si tratta di “numeri”, ma di “persone”, diverse nel colore della pelle, nella religione, nelle lingue, ma con aspirazioni, speranze e bisogni comuni.

Dal nostro punto di vista interessa cercare di capire come ciascuna persona e tutto il complesso della comunità umana “pesa” e “peserà” sull’ambiente, sulle risorse naturali, con la richiesta di spazio, di minerali, di alimenti, di acqua, di abitazioni, di energia e con la produzione di rifiuti. Secondo le previsioni demografiche, in tutti i paesi resterà stazionario il numero dei bambini e dei ragazzi di età fino a 15 anni, e aumenterà rapidamente il numero delle persone di età superiore a 60 anni. Nei paesi industrializzati come l’Italia sta diminuendo la popolazione in età lavorativa, quella che crea reddito per mantenere i più giovani e i più anziani; cresce invece la popolazione in età lavorativa in Africa, America latina, Asia.

Sarà perciò inevitabile una immigrazione di queste persone in Europa sia per occupare posti di lavoro che creino reddito, sia per assistere la popolazione anziana; detesto il termine “badante”, ma non c’è dubbio che l’aumento della popolazione di anziani crea nuovi bisogni, sia di compagnia, sia di merci e servizi. 

Se si guarda la pubblicità si vede che i fabbricanti - di automobili, scarpe e vestiti, mobili, apparecchi elettronici, orologi - si rivolgono ad un mercato di giovani belli, eleganti, amanti del lusso. Ma se si gira nelle città, non dico nei quartieri proletari, ma anche in quelli borghesi e benestanti, si vede un crescente numero di donne e uomini anziani, spesso soli, talvolta dotati di pensioni anche decenti, ma bisognosi di servizi sanitari e di compagnia, cose che possono essere comprate con denaro, ma che alla fine pesano sull’ambiente; aumenta infatti anche la domanda di spazi edificabili e di abitazioni progettate per coppie o anziani soli, aumenta la domanda di spazi ricreativi, di prodotti, merci, mezzi di trasporto adatti agli anziani. Mi auguro che i prossimi governi tengano conto, nell’ambito delle politiche “per la famiglia e per la vita”, anche dei rapidi e ben prevedibili mutamenti demografici in corso.

6 commenti:

Fra ha detto...

...Eh eh eh, perchè poi dovremmo preocuparci del picco del petrolio e delle altre risorse se gli all liquids ci dicono che non siamo mai stati " così ricchi " ?...Semplice, non solo perchè vogliamo 2 macchine ,( od almeno una , ) per famiglia, ma perchè se ad esempio in Italia parte dei 300000 sieropositivi non diagnosticati, per la maggior parte donne eterosessuali sulla tretntina, avessero la bella idea di effettuare il test diagnostico, reclamerebbero anche loro il bel cocktail antivirale che per il momento è elargito solo a 40000 possessori di tessera sanitaria e che costa circa 1000 euri mensili, ( a Pantalone, s'intende, ) tanto per fare un esempio dell'insostenibilità del presente modello di "sviluppo" sociale...Non vogliamo solo troppo, e tra quel troppo non ci sono solo i SUV o l'università quas gratis sottocasa, ma siamo anche in troppi...( A volere troppo ?)
Complimenti signor Del Bello per i suoi post che definirei in odore di Gaia Scienza, omaggiando il grande filosofo che per primo, essendo nato postumo, parlò del grande convitato di pietra del mondo moderno che si stava affacciando, e cioè la necessità di una morale al passo coi tempi.

Anonimo ha detto...
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Fra ha detto...

...R Simone Martini : non mi sono avventurato sulla sostenibilità dell'assistenza ai grandi geronti, ams emplicemente ho riportato il principale allarme che gli iscritti a medinews possono recepire, e cioè un forte aumento in Italia negli ultimi 10 anni dei sieropositivi non diagnosticati, parimenti ad una terapia allo stato dell'arte che non è sostenibile nel medio periodo se on si riduce fortmente la prevalenza dei nuovi casi, condiderando che al momento è difficile sperare in un vaccino efficace ; altro allarme asanitario riferito sempre al nostro modello di sviluppo ? Stiamo perdendo la guerra contro i batteri ad una velocità impressionante...Dopotutto siamo voluti intervenire a gamba tesa in un equilibrio fra sostanze citotossiche che durava da centinaia di milioni di anni, con gli antibiotici di massa e le lungo degenze : gli antibiotici dovrebbero essere una vera silver bullet, come il petrolio sarebbe dovuto esser impiegato principalmente per implementare la ricerca di base e le rinnovabili, non per mangiarci l'impossibile...Vedrai che fra 10 anni anche tu saprai che gli antibiotici saranno tornati ad un rapporto rischi/benificio da anni '60....Forse qualcuno di voi ha notato che l'amoxicillina per os, una vera epropria rivoluzione 12 anni fà, è ormai inefficace e non andrebbe più prescritta se non in associazione ad altri principi attivi ? Chiamatela se volete punta dell'iceberg, ma è di per se una punta molto grande. Parlare dell'assistenza agli anziani mi sembrava un pò troppo scontato...

Anonimo ha detto...
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Mauro ha detto...

@Simone
Wow che argomantazioni!!
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Anonimo ha detto...
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