martedì, aprile 24, 2012

Rischi petroliferi globali all'inizio del ventunesimo Secolo


Articolo apparso su The Oil Drum il 26 Marzo 2012. Traduzione di Massimiliano Rupalti.


Questo è un guest post di Dean Fantazzini (Scuola di Economia di Mosca, Università di Stato Mosca, Russia), Mikael Höök (Università di Uppsala, Svezia) e Andrè Angelantoni (Post-Peak Living, San Francisco, California). Questo articolo è stato precedentemente pubblicato su Energy Policy, Volume 39, numero 12 del Dicembre 2011, pagine 7865-7873.

Riassunto:
L'incidente della Deepwater Horizon ha dimostrato che la maggior parte del petrolio rimasto è in profondità e offshore o in altri luoghi difficili da raggiungere. Inoltre, ottenere il petrolio rimasto negli attuali giacimenti richiede ulteriori attrezzature e tecnologia per le quali i prezzi sono più alti sia in capitale sia in energia. A questo proposito, le limitazioni fisiche sulla produzione sempre maggiore di petrolio sono evidenti, nonché che la possibilità che il picco della produzione avvenga in questo decennio. Viene discussa brevemente anche l'economia della domanda e offerta di petrolio, mostrando perché l'offerta disponibile sia fissata sostanzialmente a breve e medio termine. Inoltre,  viene suonato un campanello d'allarme per la recessione economica quando l'energia diventa una quantità sproporzionata della spesa totale del consumatore. In questo contesto, vengono richieste le pratiche di mitigazione del rischio da parte di governi ed aziende. In quanto ai primi, una tempestiva educazione alla cittadinanza sul rischio di contrattura economica è una politica prudente per minimizzare la futura potenziale discordia sociale. In quanto alle seconde, tutte le operazioni aziendali dovrebbero essere esaminate con l'obiettivo di costruire resilienza e prepararsi per uno scenario in cui capitale ed energia sono molto più costosi che in quelli Business As Usual.


1. Introduzione

Un'economia ha bisogno di energia per produrre beni e fornire servizi e la dimensione dell'economia è fortemente legata a quanta energia usa (Brown et al. 2010, Warr e Ayers, 2010). Il petrolio è stato un elemento chiave dell'economia della crescita. Dal 1845, la produzione di petrolio è aumentata da quasi zero a circa 86 milioni di barili al giorno (Mb/g) di oggi (IEA, 2010), il che ha permesso ai livelli di vita di aumentare in tutto il mondo. Nel 2004, la crescita della produzione di petrolio si è fermata, mantre paesi affamati di energia come Cina e India hanno continuato ad aumentarne la domanda. Il risultato è stato un picco del prezzo globale, che è stato seguito da un crollo del prezzo. Dal 2004 la produzione mondiale di petrolio è rimasta entro il 5% del valore del suo picco, nonostante i massimi storici del suo prezzo (vedi Figura 1).


Figura 1. l'aumento della produzione di petrolio si è fermata nel 2004 mentre la domanda ha continuato a crescere. Il risultato è stato un picco del prezzo del petrolio globale che ha contribuito alla successiva contrazione economica. I combustibili liquidi includono petrolio greggio, condensato, liquidi del gas naturale, altri liquidi e guadagni e perdite della lavorazione in raffineria come definito dalla IEA. Fonte: Hirsch (2010)

La combinazione di petroli convenzionale sempre più difficili da estrarre e dell'esaurimento dei giacimenti super giganti e giganti, alcuni dei quali sono stati in produzione per sette decenni, ha portato la International Energy Agency (IEA) a dichiarare, alla fine del 2010, che il picco del petrolio convenzionale è avvenuto nel 2006 (IEA, 2010). Il petrolio greggio convenzionale è la parte più grande di tutti i liquidi comunemente presi in considerazione come “petrolio” e si riferisce ai giacimenti che favoriscono che il petrolio venga recuperato in forma di “libero flusso di liquidi da scuri a leggeri” (Speight, 2007).

Il picco della produzione del petrolio convenzionale è un importante punto di svolta per il sistema energetico mondiale perché diverse domande difficili rimangono senza risposta. Per esempio: per quanto tempo la produzione la produzione di petrolio convenzionale rimarrà in questo plateau? Può la produzione di petrolio non convenzionale supplire al declino di quella convenzionale? Quali sono le conseguenze per l'economia mondiale complessiva quando la produzione di petrolio declina, come alla fine dovrà? Quali sono i passi che imprese e governi possono intraprendere per prepararci?

In questo saggio poniamo un'attenzione particolare sul petrolio per diverse ragioni. Primo, molte fonti alternative di energia non sono sostituti del petrolo. Molte di queste alternative  (eolico, solare, geotermico, ecc.) producono elettricità, non combustibili liquidi. Di conseguenza la flotta mondiale dei trasporti è a forte rischio di sofferenza da shock del prezzo del petrolio e da carenze di petrolio mentre la produzione convenzionale declina. Anche se i sostituti della produzione di combustibili liquidi, come i combustibili “da carbone a liquido”, aumenteranno durante i prossimi due o tre decenni, ma non è chiaro se potranno supplire al declino della produzione di petrolio.

Secondo, il petrolio contribuisce per la fatta più grande all'offerta di energia primaria, approssimativamente il 34%. I cambiamenti subiti dal suo prezzo e dd alla sua disponibilità avranno un impatto mondiale, specialmente perché le fonti alternative contribuiscono davvero poco al momento al sistema energetico mondiale (IEA, 2010).



Figura 2. Percentuali di combustibile dell'offerta di energia primaria totale. La categoria “altro” include la generazione da maree, solare ed eolico. (Fonte: IEA, 2007)
Da ultimo, il petrolio è particolarmente importante a causa del suo ruolo unico nel sistema energetico globale e nell'economia globale. Il petrolio alimenta il 90% delle'energia mondiale per i trasporti (Sorrel et al., 2009). La sua densità energetica e la sua trasportabilità ha favorito molti altri sistemi, dall'estrazione di minerali alla pesca d'altura (due settori particolarmente dipendenti dal combustibile diesel, ma settori per nulla unici nella loro dipendenza dal petrolio), per operare su scala globale. Il petrolio è il cardine del resto del sistema energetico. Senza di esso, estrarre carbone e uranio, perforare per il gas naturale e persino costruire e distribuire sistemi energetici alternativi come i pannelli solari sarebbe significativamente più più difficile e costoso. Così, il petrolio potrebbe essere considerato come una risorsa “abilitante”. Cioè, esso ci abilita ad ottenere tutte le altre risorse richieste per far marciare la nostra civiltà moderna.

2. Le prospettive di produzione

Viene comunemente sostenuto che il picco del petrolio, per esempio il concetto che la produzione di petrolio raggiungerà un livello massimo per poi declinare, riguardi solo la geologia. In una certa misura questo è il risultato del dibattito polarizzato che ha imperversato fra geologi, tipo Hubbert (1949; 1956) o Campbell (1997; 2002), ed economisti, compresi Aldeman (1990) e Lynch (2002; 2003). Di fatto, il picco del petrolio è il risultato di un insieme complesso di forze che includono geologia,  fisica dei giacimenti, economia, politiche di governo e politica. Tuttavia, una buona comprensione del picco e del successivo declino della produzione di petrolio comincia col riconoscere le leggi naturali che creano un quadro di tutto. I limiti intrinseci di queste leggi alla fine colpiscono tutte le attività umane, perché né gli incentivi economici né la volontà politica possono piegare o spezzare queste leggi naturali.

C'è un certo numero di meccanismi di esaurimento naturali che colpiscono la produzione di petrolio (Satter et al., 2008). Il declino guidato dall'esaurimento avviene durante la fase di recupero primaria, quando la pressione in diminuzione del giacimento porta a portate ridotte. L'investimento in iniezioni d'acqua, la fase secondaria di recupero, può mantenere o aumentare la pressione, ma alla fine si userà sempre più acqua per recuperare sempre meno petrolio nel tempo (per esempio aumento del taglio dell'acqua). Attrezzature e tecnologia supplementare possono essere usate per aumentare il recupero di petrolio nella fase terziaria di recupero, ma questo avviene a prezzi più alti in termini sia di capitale sia di energia per mantenere la produzione. La situazione è simile a strizzare acqua da una spugna bagnata. E' molto semplice in un primo momento, ma è richiesto sempre più sforzo  per un ritorno sempre minore. A un certo punto non vale più la pena strizzare e sia la spugna sia il giacimento e la produzione di petrolio vengono abbandonati.

Un altro modo per spiegare il picco dell produzione di petrolio è in termini di comportamento predatore-preda, come hanno fatto Bardi e Lavacchi (2009). La loro idea è che, all'inizio, l'estrazione di “petrolio facile” porti a profitti ed investimenti crescenti in ulteriore capacità estrattiva. Gradualmente le risorse più facili (e tipicamente le più vaste) vengono esaurite. I costi di estrazione in termini monetari ed energetici crescono allo spostarsi a depositi di minor qualità. Alla fine, gli investimenti non possono tenere il passo con questi costi crescenti, la produzione in declino da giacimenti anziani non puà essere superata e la produzione totale comincia a cadere.
Un fattore aggiuntivo gioca un ruolo importante. In entrambi i modelli, a prescindere dall'abbondanza di capitale o dai prezzi alti, un pozzo petrolifero non è in grado di dare energia utile, ad un certo punto. Hubbert (1982) ha scritto: “C'è una diverso e più fondamentale costo che è indipendente dal prezzo monetario. E' il costo energetico dell'esplorazione e della produzione. Finché il petrolio è usato con fonte di energia, quando il costo energetico del recupero di un barile di petrolio diventa più grande del contenuto del petrolio stesso, la produzione cesserà, non importa quale sia il prezzo monetario”.
Le tendenze fisiche cospirano per rendere la produzione di petrolio sempre più difficile e costosa in termini monetari ed energetici. Gli incentivi economici e i progressi tecnologici possono rallentare queste tendenze ma non possono fermarle.

2.1 La produzione di petrolio oggi
Il picco della produzione avviene per molte fonti energetiche, dalla legna da ardere alle balene ai combustibili fossili (Höök et al., 2010). Attualmente circa 60 paesi hanno hanno superato il “picco del petrolio” (Sorrel et al., 2009), il loro punto di massima produzione. Nella maggior parte dei casi ciò è dovuto all'esaurimento fisico delle risorse disponibili (per esempio Stati Uniti, Regno Unito, Norvegia, ecc.), mentre in pochi casi sono i fattori socioeconomici a limitare la produzione (per esempio Iraq).
I tentativi di confutare il picco del petrolio di focalizzano soltanto sulla quantità di petrolio disponibile in tutte le sue forme dimostra una confusione fondamentale, e sfortunatamente comune, fra quanto petrolio rimane contro quanto velocemente possa essere prodotto. Sebbene fino a tempi recenti il petrolio sembrava essere più economicamente disponibile che mai (Watkins, 2006), altri hanno dimostrato che questo era un artefatto delle relazioni statistiche (Bentley et al., 2007). Inoltre è molto meno importante quanto petrolio è rimasto se la domanda, per esempio, è di 90 Mb/g e possono esserne prodotti solo 80 Mb/g. Tuttavia, le stime più realistiche delle riserve indicano un picco di produzione delle risorse a breve termine (Meng e Bentley, 2008; Owen et al., 2010).
La produzione totale di petrolio comprende petrolio convenzionale, che è liquido greggio facile e relativamente conveniente da pompare, e petrolio non convenzionale, costoso e spesso difficile da produrre. E' vitale capire che il nuovo petrolio proviene sempre di più da fonti non convenzionali, polare, d'alto mare e da sabbie bituminose. Quasi tutto il petrolio rimasto si trova in regioni remote e politicamente pericolose, è intrappolato in in strati geologici impegnativi o non è addirittura nemmeno in forma liquida.
Oggi, oltre il 60% della produzione mondiale ha origini in poche centinaia di grandi giacimenti. Il numero di scoperte di grandi giacimenti ha raggiunto il picco nei primi anni 60 ed è andato diminuendo da allora (Höök et al., 2009). E' simile alla raccolta delle fragola su un campo. Abbiamo finito le fragole più grandi e di migliore qualità prima (proprio come i grandi giacimenti, sono più facili da raccogliere) e lasciato le più piccole per dopo. Solo 25 giacimenti contano per un quarto della produzione globale e 100 giacimenti contano per metà della produzione. Solo 500 giacimenti contano per due terzi di tutta la produzione (Sorrel et al., 2009a). Come evidenzia la IEA (2008), è tutt'altro che certo che l'industria del petrolio sarà in grado di radunare il capitale per mettere in produzione i rimanenti giacimenti di basso rendimento abbastanza rapidamente da supplire al declino della produzione degli attuali giacimenti.
Tutte le risorse petrolidere non sono ugualmente facili da sfruttare. Ci vuole molta meno energia per pompare petrolio da un giacimento ancora naturalmente in pressione che recuperare il bitume dalle sabbie bituminose e convertirlo in greggio sintetico. L'energia ottenuta da un processo estrattivo diviso per l'energia spesa durante il processo è il Ritorno Energetico sull'Energi Investita (Energy Return on Energy Invested – EROEI). E' un calcolo del ritorno sull'investimento applicato ad un processo fisico. Come osservava Hubbert, a prescindere dal prezzo che il mercato è disposto a pagare per il petrolio, proprio come non spenderemmo un dollaro per riceverne soltano uno indietro, quando spendiamo tanto petrolio quanto ne otteniamo indietro da un particolare deposito, la produzione si fermerà.
L'EROEI della produzione interna degli Stati Uniti (principalmente da grandi giacimenti) è scesa da un rapporto di 100:1 nel 1930 a meno di 20:1 per i giacimenti sviluppati negli anni 2000, per esempio il Golfo del Messico, (Gately, 2007; Hall et al, 2008; Murphy e Hall, 2010). Siccome i grandi e super grandi giacimenti di petrolio dominano la produzione attuale, sono buoni indicatori del punto di picco della produzione (Robelius, 2007; Höök et al., 2009). Ora c'è un ampio consenso fra analisti sul fatto che il declino della produzione esistente è fra il 4 e l'8% su base annuale (Höök et al., 2009). In termini di capacità, questo significa che circa un nuovo Mare del Nord (~5 Mb/g) deve entrare in funzione ogni anno solo per mantenere la produzione attuale costante.
Nel 2010 la IEA ha bruscamente annunciato che il picco dellla produzione convenzionale di petrolio è stato raggiunto nel 2006. La IEA ha anche abbassato la sua stima della produzione mondiale di petrolio a meno di 100 Mb/g entro il 2035. Tuttavia, è stato dimostrato che il modello di produzione del petrolio dell'IEA è errato. Per raggiungere  il livello di produzione di quel modello, la IEA presume che i tassi di esaurimento dei giacimenti di petrolio che sono così alti che non sono stati mai visti in nessuna regione petrolifera prima (Aleklett et al., 2010). Il petrolio che rimane non può essere semplicemente prodotto così rapidamente di quanto serabbe richiesto per spingere la produzione così lontano nel futuro di quanto si sia pensato, così il picco deve avvenire prima di quanto asserito dalla IEA. Miller (2011) ha trovato che la IEA non ha affrontato nessuna delle recenti critiche ed ha concluso che le sue prospettive sono probabilmente troppo ottimistiche.

Molte discussioni sul petrolio sono focalizzate sulla dimensione delle risorse rimaste. Tuttavia, a breve termine, è molto più importante fare attenzione ai flussi di produzione e ai vincoli che vi operano. Il picco del petrolio è il punto nel tempo in cui i flussi di  produzione non sono in grado di crescere. Non si tratta solo di scarso investimento, astuzie politiche o di luoghi remoti che rendono la produzione di petrolio sempre più difficile. I meccanismi di esaurimento fisici (aumento di taglio d'acqua, pressione dei giacimenti in caduta, ecc.) condizioneranno inevitabilmente la produzione imponendo restrizioni ed anche limitazioni sulla produzione futura di petrolio greggio liquido. Nessuna cifra di capitale o tecnologia può superare questo fatto.

3. La prospettiva economica

3.1 L'economia dell'offerta di petrolio
Un aspetto importante dell'offerta di petrolio è il suo ciclo di espansione e contrazione dei prezzi e della produzione ciclici. Maugeri (2010, pag.12-13) descrive questo fenomeno: “se il petrolio diviene scarso e non vi è più capacità...il suo prezzo sale. Questo aumento dei prezzi favorisce un nuovo ciclo di di investimento dal quale fluirà una nuova produzione. Ciò innesca un aumento nell'efficienza energetica, frugalità del consumatore e aumento delle risorse energetiche alternative. Nel momento in cui la nuova produzione arriva sul mercato, la domanda di petrolio potrebbe essere scesa. Questo circolo vizioso è stato un aspetto importante di tutte le crisi petrolifere del passato”.
Tuttavia, la produzione di petrolio recentemente è diventata meno reattiva ai tradizionali stimoli economici. Il primo decennio di questo secolo ha testimoniato un drammatico aumento delle esplorazioni e della produzione petrolifere quando il prezzo del petrolio aumentava (Sorrell et al., 2009; 2009a). Sfortunatamente, come già osservato, la produzione mondiale totale di petrolio sembra aver raggiunto un plateau, ciò nonostante. In larga misura questo è perché il petrolio che rimane tende ad essere quello non convenzionale, che è più caro e necessita di più tempo per essere portato sul mercato. Alcune conseguenze di aver estratto gran parte del petrolio facile sono le seguenti: 
a) Serve un tempo significativamente maggiore per iniziare la produzione una volta scoperto il giacimento. Maugeri (2010) stima che ora servano fra gli 8 e i 10 anni per un nuovi progetti per produrre il primo petrolio. Condizioni di sviluppo difficili possno ritardare l'inizio della produzione in modo considerevole. Nel caso del Kashagan, la scoperta petrolifera più grande degli ultimi 30 anni, la produzione è stata ritardata di quasi 10 anni a causa delle difficili condizioni ambientali.
b) In regioni mature, un crescente sforzo di perforazione di solito portano a piccoli aumenti di produzione di petrolio, perché i giacimenti più grandi sono stati trovati e messi in produzione precedentemente (Höök e Aleklett, 2008; Höök et al., 2009).
c) Perché il costo d'estrazione del petrolio rimanente è molto più alto del petrolio OPEC o altro petrolio convenzionale facile da estrarre, se il prezzo di mercato rimane inferiore ai costi marginali abbastanza a lungo, i produttori taglieranno la produzione per evitare perdite finanziarie. Vedi Figura 3.
d) L'incertezza sulla futura crescita economica aumenta le preoccupazioni sull'esecuzione di questi progetti più rischiosi. Questo ritarda o spesso cancella i progetti  (Figura 4).
e) La maggior parte delle riserve petrolifere rimaste sono in mano ai governi. Questi tendono a investire poco rispetto alle compagnie petrolifere private (Deutsche Bank, 2009).
f) La possibilità di scarsità di rendite devono essere prese in considerazione. Htelling (1931) ha dimostrato che in caso di una risorsa esauribile, il prezzo dovrebbe superare il costo marginale anche se il mercato del petrolio fosse pienamente competitivo (la differenza risultante viene chiamata rendita di scarsità). Se non fosse così, sarebbe più redditizio lasciare il petrolio nel terreno, aspettando di produrlo quando il prezzo è salito. Hamilton (2009a, 2009b) ha osservato che mentre negli anni 90 la scarsità di rendita era trascurabile relativamente ai costi di estrazione, la forte crescita della domanda dai paesi in via di sviluppo nell'ultimo decennio, insieme ai limiti all'espansione della produzione, “potrebbe in linea di principio considerare un passaggio improvviso ad un regime in cui la rendita di scarsità sia positiva e molto importante”. A questo proposito, la Reuters ha riportato il 13 Aprile 2008 che “il Re dell'Arabia Saudita Abdullah ha detto di aver ordinato di lasciare alcune nuove scoperte petrolifere non sfruttate per preservare la ricchezza petrolifera nel primo paese esportatore del mondo per le generazioni future, ha riportato l'agenzia ufficiale Saudi Press Agency (SPA)”. Pertanto, un possibile calcolo intetemporale che consideri le rendite di scarsità potrebbe aver già influenzato (limitato) l'attuale produzione. Nonostante l'improvisa discesa dei prezzi alla fine del 2008 è difficile riconciliarsi con le rendite di scarsità, il seguente e rapido recupero dei prezzi fino alla gamma da 70 a 120$ durante la perdurante crisi finanziaria globale indica che questo aspetto non può essere respinto. Questo nonostante l'asserzione di Reynolds e Baek (2011) che il principio di Hotelling “...non è un elemento determinante per il prezzo delle risorse non rinnovabili,” e che “...la curva di Hubbert e la teoria intorno ad esse è un importante fattore determinante dei prezzi del petrolio”. Siamo d'accordo che la curva di Hubbert, che definisce la curva di esaurimento di una risorsa non rinnovabile, possa essere il primo fattore determinante del prezzo del petrolio, ma non è il solo.



Figura 3. Costi marginali globali di produzione nel 2008. Fonte: ricerca LCM basata su dati di Booz Allen/IEA (Morse, 2009). Gli elementi non etichettati, da sinistra a destra sono OPEC Medio Oriente, Prima Unione Sovietica e Recupero Petrolifero Avanzato.
La conseguenza di questi problemi è che nel breve e medio termine l'offerta disponibile è  essenzialmente fissata e così relativamente semplice da computare. Come mostra la Figura 4, la capacità di produzione netta declinerà a causa della difficoltà nel trovare nuove riserve ad un costo accessibile, mentre la capacità attuale viene costantemente esaurita. Proprio come è accaduto nel 2004, dal 2011 non c'è nessuna nuova capacità netta  mentre l'economia mondiale, e così la domanda di petrolio, ha ripreso la crescita. Dopo il 2014, appare che la produzione globale di petrolio comincerà il suo declino (Vedi il secondo rapporto della Taskforce dell'industria inglese sul Picco del petrolio e la sicurezza energetica (UK ITPOES, 2010), Deutsche Bank (2009, 2010), il rapporto della UK Energy Research Centre (Sorrell et al., 2009a) e il World Energy Outlook della IEA del 2010).


Figure 4. Nuova produzione globale annua lorda (barre blu), declino annuao (barre grigie) e nuova capacità netta di produzione (linea verde sottile). Fonte: UK Industry Task Force on Peak Oil and Energy Security (2010)

3.2 L'economia della domanda di petrolio

Ora una domanda importante è quali sono le conseguenze degli alti prezzi del petrolio sulla crescita economica mondiale? Nella letteratura economica, Hamilton (2009b) e Kilian (2008; 2009) tentano di rispondere, mentre nella letteratura finanziaria professionale il rapporto della  Deutsche Bank (2009) è uno dei più completi.
Hamilton (2009b) in particolare ha messo in evidenza l'importanza della parte di spesa energetica come percentuale della spesa totale del consumatore. Quando questo rapporto è troppo alto, c'è la tendenza al verificarsi di una recessione economica. Similmente, la  Deutsche Bank (2009) ha dimostrato come ogni paese sembri avere una “soglia percentuale di reddito nazionale al quale il prezzo del greggio incontra una severa resistenza e la domanda viene spezzata”. La Deutsche Bank (2009) asserisce che per i consumatori americani questo punto rappresenta il 7,5% del PIL. Questo valore è vicino a quello calcolato da Hamilton (2009b) ma è basato su dati mensili ed usa una metodologia diversa. In un rapporto più recente,  Deutsche Bank (2010) ha abbassato questa soglia al 6,5% perché “...l'ultimo shock ha messo in moto grandi cambiamenti di comportamento e di politica che faciliteranno cambiamenti di comportamento rapidi quando arriverà il prossimo e la sottoccupazione e la debole crescita dei salari ha aumentato la sensibilità al prezzo della benzina. L'ultima volta ci sono voluti 4,5 dollari al gallone per capovolgere la domanda,questa volta potrebbero bastare da 3,75 a 4,00 dollari al gallone per farlo”. Tuttavia, hanno anche messo in evidenza che “gli americani si abituano a pagare di più la benzina e potrebbero servire prezzi più alti per forzare un cambiamento di comportamento”.
Kopits (2009) suggerisce che quando le spese per il petrolio greggio eccedono il 4% del PIL, i prezzi del petrolio aumentano di più del 50% anno dopo anno e i prezzi del petrolio sono così grandi che un potenziale aggiustamento della domanda dovrebbe raggiungere lo 0,8% del PIL su base annuale, dopo di che un recessione negli Stati Uniti è molto probabile. Una conseguenza simile è stata trovata da Hall et al., (2009) che ha mostrato una recessione negli Stati Uniti è probabile quando il petrolio arriva a più del 5,5% del PIL. Rileviamo che la differenza fra il 4% (Kopits, 2009) e il 5.5% (Hall et al., 2009) è semplicemente una differenza fra ingrosso e dettaglio ed il risultato è lo stesso [1].
Alla fine Hamilton (2011) ha evidenziato che 11 delle 12 recessioni negli Stati Uniti dalla seconda guerra mondiale sono state precedute da un aumento dei prezzi del petrolio. Sfortunatamente non c'è nessuna chiara alternativa fonte energetica in grado di sostituire pienamente il petrolio (vedi, per esempio, Maugeri (2010) per per una recente e non tecnica rassegna dei limiti delle fonti alternative rispetto al petrolio). Esso possiede una combinazione di densità energetica, trasportabilità e un EROEI storico molto alto che è difficile per le alternative eguagliarlo.

4. Una trasformazione tempestiva del sistema energetico non è certa

Mentre la produzione di petrolio declina, sono probabilmente necessari cambiamenti significativi a medio termine all'attuale economia dipendente dal petrolio. Tuttavia, non è chiaro se ci saranno i mezzi finanziari per attuare un tale cambiamento. Per esempio, la  Deutsche Bank (2009, 2010) ha suggerito che l'uso diffuso delle auto elettriche durante la seconda parte di questo secolo sarà la tecnologia dirompente che alla fine distruggerà la domanda di petrolio. A parte i limiti tecnologici e di risorse (il litio necessario per le batterie elettriche è molto abbondante in natura, ma la produzione è attualmente molto limitata), la disponibilità di sufficienti risorse finanziarie per trasformare l'intera flotta di veicoli sembra improbabile. Come dimostra Hamilton (2009b), un stretta nel credito segue  gli alti prezzi del petrolio e la maggior parte dei veicoli è acquistato a credito. Altri suggeriscono che il gas naturale sia il prossimo paradigma energetico. Ma ancora, ci saranno sufficienti risorse finanziarie per passare al gas mentre la produzione di petrolio continua?
Reinhart e Rogoff (2009, 2010) hanno scoperto che storicamente, dopo una crisi bancaria, il debito del governo in media quasi duplica (incremento del 86%) per salvare le banche e stimolare l'economia. Hanno anche dimostrato che di solito ne segue una crisi del debito sovrano: non sorprende vedere Islanda, Grecia, Irlanda, Ungheria e Portogallo rivolgersi all'Unione Europea/BCE o al Fondo Monetario Internazionale per un aiuto finanziaro per rifinanziare il proprio debito pubblico ed evitare il default. Il bisogno di passare a fonti energetiche alternative con gli enormi investimenti finanziari che una tale impresa richiederebbe – e la simultanea presenza di un vasto debito pubblico e privato – potrebbe benissimo dar vita alla tempesta perfetta.


Figura 5. Il debito pubblico come percentuale del PIL (2009/2010) preso dal Libro dei Fatti della CIA (2010).
Altre forze giocheranno un ruolo. I nuovi regolamenti che saranno introdotti dopo Basilea III avranno probabilmente un impatto sulle aspettative di investimento, di bilancio e di pianificazione. Basilea III è un nuovo nuovo standard globale di regolamentazione sull'adeguatezza patrimoniale delle banche e della liquidità proposto dal Comitato di Basilea per la Supervisione alla Banche che è seguita alal recente crisi finanziaria globale e i cui obbiettivi sono “...incrementare le capacità del settore bancario di assorbire gli shock provenienti da stress finanziari ed economici, qualsiasi ne sia la fonte, riducendo così il rischio di ricaduta dal settore finanziario all'economia reale”, BCBS (2009). Anche la demografia sarà estremamente importante nel prossimo decennio. L'Europa e gli Stati Uniti popolazioni anziane e i figli del boom demografico stanno entrando nell'età pensionabile. La Cina affronta problemi demografici simili dovuti alla loro politica di un solo figlio a famiglia.
La combinazione della produzione di petrolio in declino (e quindi il petrolio ad un prezzo abbastanza alto da provocare una recessione), tasse alte, misure di austerità, condizioni di credito più restrittive e spostamenti demografici hanno il potenziale di limitare fortemente  le risorse finanziarie necessarie per spostare l'economia lontano dal petrolio e verso fonti di energia alternative. Un'altra conseguenza di questa combinazione di forze è la probabile contrazione dell'economia mondiale (Hamilton, 2009b; Dargay e Gately, 2010).

4.1 Rischi della transizione energetica
La sostituzione energetica (come le auto elettriche che rimpiazzano gradualmente la auto a combustione interna) e la sostituzione di combustibile (come la sostituzione del petrolio da parte del gas naturale) avverrà col petrolio più caro. La storia è piena di esempi simili e sono stati frequentemente evidenziati nel dibattito. Tuttavia, si dovrebbe leggere con cura e non sopravvalutare la semplicità di una transizione energetica.
Per esempio, l'olio di balena era, tecnicamente, una fonte energetica nel 19° secolo, ma l'economia era basata sul carbone a quel tempo. L'olio di balena era usato solo per scopi molto specifici (principalmente l'illuminazione) e la transizione al cherosene è stata facile ed è avvenuta rapidamente. Bardi (2007) ha esplorato questo argomento più nel dettaglio e fatto diverse importanti osservazioni che individuano con esattezza quanto la sostituzione di una fonte energetica possa essere difficile. In particolare ha mostrato che la scarsità di risorse aumenta spesso drammaticamente l'ampiezza dell'oscillazione dei prezzi, che spesso rallenta una transizione energetica. Imprese e governi lottano con alterne circostanze di insufficiente flusso di contante per maneggiare picchi del prezzo e il crollo dei prezzi che non coprono il loro costo strutturale. La pianificazione a lungo termine in questo ambiente in continuo mutamento diventa estremamente difficile e gli investimenti, anche quelli più urgenti, possono cadere precipitosamente.
Anche Friedrichs (2010) avverte che dopo il picco del petrolio i paesi hanno diverse traiettorie sociologiche disponibili, possono seguire un militarismo predatorio come il Giappone prima della Seconda Guerra Mondiale, un ridimensionamento totalitario come la Corea del Nord oppure, idealmente, un adattamento socioeconomico come Cuba dopo la caduta dell'unione sovietica. Dato il recente secolo di conflitto e le estese scorte di armi e militari possedute dalle nazioni moderne (specialmente gli Stati Uniti, che spendono per i loro militari quasi quanto tutte le altre nazioni messe insieme – SIPRI, 2011), semplicemente non c'è garanzia che il periodo relativamente pacifico che stiamo vivendo come nazioni sviluppate, e che favorisce una rapida transizione energetica, possa più durare.
Koetse et al. (2008) ha mostrato che sia il Nord America che l'Europa la sostituibilità capitale-energia è molto estesa. In altre parole, se c'è un capitale abbondante, l'economia può rispondere a prezzi del petrolio più alti con la sostituzione. Tuttavia, si il petrolio in declino causa una contrazione del credito simile al crash del 2008, potrebbe non esserci capitale sufficiente per rimpiazzare l'attuale attrezzatura rapidamente.
Anche se ci fosse sufficiente capitale, la sostituzione ha finora operato con fonti di combustibile con EROEI alto o persino in aumento. Sin dalla transizione dall'olio di balena , ogni transizione successiva è stata verso una fonte energetica con un più grande profitto energetico netto. I combustibili densi di energia che usiamo ora ci hanno permesso di costruire la nostra civiltà. La difficoltà questa volta è che dobbiamo passare da fonti altamente redditizie, in termini energetici, a fonti alternative come il solare e l'eolico. I ricercatori stanno cominciando a chiedersi le seguenti importanti domande: qual è il minimo profitto energetico sostenibile per permetterci di mantenere la nostra civiltà? E, assumendo che le alternative siano all'altezza del compito (il che non è ancora provato), possiamo completare il passaggio dal petrolio prima che l'EROEI complessivo diventi troppo basso? (Murphy e Hall, 2010)
Un'ulteriore sfida è che, in senso stretto, per gli ultimi 150 anni non abbiamo transitato da precedenti fonti di combustibili ad altre, le abbiamo aggiunte alla fornitura totale. Attualmente stiamo usando tutte le fonti significative (carbone, petrolio, gas e uranio) a tassi elevati. Quindi, è comune ma impreciso dire che siamo passati dal carbone al petrolio. Di fatto, stiamo attualmente usando più carbone che mai (IEA, 2010). Non abbiamo mai abbandonato l'età del carbone. La sfida di passare alle fonti energetiche alternative mentre una particolare fonte è in declino, in questo caso il petrolio, non dovrebbe essere sottovalutato.

4.2 Le esportazioni petrolifere nette declinano più rapidamente della produzione complessiva

La sfida potrebbe essere più grande perché le esportazioni petrolifere nette sono destinate a calare più rapidamente della produzione petrolifera complessiva. Rubin (2007) evidenzia  che prima della crisi finanziaria molti paesi produttori stavano vivendo un boom economico. Questi paesi esportano solo il petrolio che non usano per sé. Il Medio Oriente ha visto un aumento del consumo del 5%. La Russia ha aumentato ad un tasso del 4% all'anno. E' stato solo grazie all'aumento della produzione Russa durante lo stesso periodo (che equivale il 70% dell'aumento di produzione proveniente dall'OPEC, dalla Russia e dal Messico durante la prima parte del decennio scorso) che i prezzi del petrolio non hanno superato il record prima di quanto abbiano effettivamente fatto. Sebbene la IEA abbia fatto una proiezione secondo cui l'uso di petrolio nei paesi OCSE potrebbe già essere in declino (IEA 2010), esse pensa che la fame di petrolio dei paesi non-OCSE, tra i quali ci sono i paesi produttori, non è nemmeno vicina ad essere soddisfatta.
Brown et al. (2010b) mostrano quanto possa essere significativa la stretta della produzione lorda in declino e l'aumento del consumo dei paesi produttori, cosa che hanno chiamato “Export Land Model”. L'aumento del consumo dei paesi produttori dovuto all'aumento della popolazione agisce come un forte “fattore d'ingrandimento” che rimuove molto rapidamente il petrolio dal mercato delle esportazioni. Usando i cinque maggiori paesi esportatori dal 2005 (Arabia Saudita, Russia, Norvegia, Iran ed Emirati Arabi Uniti), hanno costruito uno scenario in cui la produzione combinata declina ad un molto lieve 0,5% all'anno per un periodo di 10 anni per un totale del 5%. Il consumo interno di petrolio di questi esportatori continua a crescere al suo attuale tasso (2010). In questo scenario le esportazioni nette di petrolio diminuiscono del 9,6%, quasi il doppio del tasso di declino della produzione del petrolio. 


Figura 6. Produzione di petrolio greggio, consumo ed esportazioni di Indonesia (sinistra) ed Egitto (destra). Un consumo interno stabilmente in crescita in coppia con una caduta di 1/3 della produzione  interna ha trasformato l'Indonesia in un importatore netto di petrolio solo 12 anni dopo il suo picco di produzione. L'Egitto ha perso tutti i suoi introiti dall'esportazione di petrolio e presto seguirà l'Indonesia nel diventare un importatore netto di petrolio. Fonte: BP Statistical Review (2010).

Questa perdita accelerata di petrolio esportabile è visibile in molti paesi produttori che hanno superato il proprio picco. La Figura 6 mostra i casi tipici dell'Indonesia e dell'Egitto. L'Indonesia è fuoriuscita dall'OPEC perché non ha più petrolio esportabile da offrire al mercato mondiale. L'Egitto è già incorso in un debito pubblico ed è sul punto di diventare un importatore di petrolio, il che esaspererà le già provate finanze pubbliche. Mentre i paesi produttori continuano ad aumentare il loro uso di petrolio anche se modestamente e la produzione declina (pure se modestamente), c'è un rischio estremamente alto che l'esportazione netta di petrolio declinerà molto più rapidamente di quanto la maggior parte degli osservatori si aspetti.

4.3 Una programmazione del collasso potrebbe alla fine rimpiazzare il petrolio in declino

Hirsch (2010) indica una programmazione del collasso per creare risparmi di carburante ed altri combustibili liquidi potrebbe essere in grado, a un certo punto, di sostituire la produzione in declino del petrolio (Figura 7). Mentre le alternative stanno dilagando e mentre il petrolio è ancora in declino, Hirsch (2008) stima che l'economia mondiale si cntrarrà ad un tasso di circa uno a uno. Nel suo scenario migliore, usando un tasso di declino del 4% annuo, una programmazione idealizzata del collasso per produrre combustibili liquidi non mette in pausa la contrazione prima di dieci anni dopo l'inizio del declino.


Figura 7. Un programma di mitigazione dei combustibili liquidi impiega almeno dieci anni prima di essere in grado di equilibrare il declino della produzione di petrolio. Fonte: Hirsch (2010)
Altri sforzi di mitigazione come l'aumento del solare, dell'eolico e del geotermico  potrebbero non essere prioritari dato che non possono aiutare la situazione – producono elettricità e gli 800 milioni di trasporti mondiali, la produzione di cibo (per esempio trattori e mietitrici) ed i veicoli per la distribuzione richiedono combustibile liquido.
Se il picco della produzione di petrolio avviene in questo decennio, non c'è tempo sufficiente per evitare la contrazione a causa della lunghezza del tempo che serve per la transizione della flotta di veicoli. Anche nel loro scenario moderatamente aggressivo,  Belzowski e McManus (2010) stimano che in una sana economia in crescita, entro al 2050 ancora solo l'80% della flotta di veicoli di Europa e Stati Uniti opererebbe su energie alternative.


5. Rischi per il governo

Un'economia in contrazione presenta presenta governi con una seria di problemi che non sono facili da risolvere. Le promesse fatte alla cittadinanza, alcune sotto forma di programmi per lo stato sociale, pensioni e contratti pubblici, saranno impossibili da mantenere quando la base energetica dell'economia declina. La pressione dei salari in diminuzione e la ridotta attività commerciale abbasserà gli introiti delle tasse. Con introiti più bassi e domanda più grande sotto forma di sostegno allo stato sociale, dovuta ad una cittadinanza sempre più povera, è difficile vedere come il debito accumulato (e in crescita) del governo possa essere ripagato senza una inflazione galoppante. Anche se non è ancora chiaro se la risposta del governo sarà l'iperinflazione (per minimizzare i debiti) o estesi e massicci default del debito – o entrambi – non è verosimile che il Business As Usual continui quando la produzione di petrolio declina.
Nei settori commerciali che dipendono fortemente dal petrolio, come il settore dell'automobile (Cameron e Schnusenberg, 2009), le imprese mal preparate alle quali manca la comprensione di come la volatilità dei prezzi possa avere un impatto sulla loro ditta, probabilmente falliranno. Nel caso delle aziende automobilistiche alcune potrebbero fallire due volte perché i loro prodotti non sono ancora pronti per un ambiente in cui il petrolio ha costi alti (Wei et al., 2010). I governi potrebbero non voler spendere il denaro necessario a salvare queste imprese (come i salvataggi nel settore auto negli Stati Uniti) e dovrebbe prepararsi per una disoccupazione crescente nel momento in cui i settori vulnerabili si contraggono. Per minimizzare la potenziale discordia sociale futura, i governi dovrebbero subito cominciare a pianificare per la contrazione ed educare la propria cittadinanza sul rischio della contrazione.
Siccome la riduzione della povertà è fortemente collegata con la disponibilità di capitale (Banca Mondiale, 2001), quando avviene la contrazione a causa del declino della produzione di petrolio, alcuni paesi potrebbero vedere l'inversione dei progressi nella riduzione della povertà fatti nei decenni precedenti. Alcuni governi potrebbero anche dover far fronte a disordini per il cibo e i combustibili come è avvenuto nel 2007 e 2008. Altre forme di comportamento di massa, ovvero l'accaparramento di combustibile e cibo, potrebbe esacerbare la situazione e i governi si dovrebbero preparare di conseguenza.


6. Rischi per le imprese

In un rapporto congiunto, i Lloyd's di Londra e la Chatam House anno avvertito tutte le imprese di cominciare esercizi di pianificazione dello scenario per il picco del prezzo del petrolio che asseriscono sia in arrivo a medio termine (Lloyd’s, 2010). Questi esercizi di pianificazione esaminare le operazioni di una compagnia ed i loro bilanci in modo fondamentale.
Come i governi, le imprese di tutti i tipi potrebbero sperimentare difficoltà analoghe a pagare i loro debiti mentre le vendite diminuiscono. Le banche possono vedere i valori patrimoniali scendere ulteriormente. I produttori in particolare dovranno lottare con difficoltà maggiori a fare e consegnare prodotti quando la produzione di petrolio declina (Hirsch et al., 2005). Si rivelerà indispensabile che le imprese affrontino questo shock Schumpetariano (un cambiamento strutturale dell'industria che può alterare cose strategicamente importanti) in modo tempestivo (Barney, 1991).

Un beneficio significativo del petrolio a buon mercato era che la distanza era relativamente conveniente. Ora è possibile fabbricare beni usando operazioni di lunga distanza. Tuttavia, mentre il petrolio declina, la distanza diventerà, ancora una volta, costosa e il prezzo del petrolio potrebbe cominciare ad agire come barriera commerciale per molti prodotti.
Un altro rischio del declino della produzione di petrolio è la possibilità di interruzioni della fornitura di petrolio. Se questo dovesse accadere, gran parte della produzione moderna ne potrebbe essere colpita. I sistemi di produzione “just in time” nei quali i ricambi tenuti a magazzino sono minimizzati attraverso il frequente rifornimento pezzo per pezzo da parte dei fornitori – a volte con diverse consegne al giorno – hanno poca tolleranza per i ritardi di consegna.
Prepararsi a questo rischio richiede di più che gestire l'efficienza della produzione che ha generalmente caratterizzato l'impresa. Le catene della fornitura dovrebbero essere esaminate con lo scopo di costruire resilienza e maggiore agilità (Bunce e Gould, 1996; Krishnamurthy e Yauch, 2007), il che implica un allentamento dello stretto e spesso fragile accoppiamento fra fornitori e produttori (Christopher e Towill, 2000; Towill e Christopher, 2001). Con poca o nessuna flessibilità (pochi pezzi in magazzino, ecc.), un solo fornitore che non consegna un pezzo, o che cumula gli ordini, può arrestare un processo produttivo.


7. Conclusione

L'incidente della Deepwater Horizon ha dimostrato che la maggior parte del petrolio rimasto è sotto mari profondi o in altri luoghi difficili da raggiungere: Inoltre, ottenere il petrolio rimanente nei giacimenti attualmente in produzione richiede attrezzature aggiuntive e tecnologia che si ottiene a prezzi sempre più alti sia in capitale che in energia. A questo proposito, abbiamo passato in rassegna le prospettive fisiche del picco del petrolio e abbiamo evidenziato alcune delle limitazioni nel produrre quantità di ptrolio sempre maggiori, così come la possibilità che il picco della produzione avvenga in questo decennio.
Abbiamo poi brevemente discusso l'economia della domanda e offerta di petrolio, mostrando perché l'offerta disponibile è fondamentalmente fissata nel breve e medio termine , evidenziando l'importanza del fatto che quando una alta percentuale della spesa del consumatore è in energia suona l'allarme per la recessione economica. Inoltre, abbiamo rilevato che le risorse finanziarie potenziali disponibili in futuro per passare a fonti energetiche alternative, saranno limitate da diversi fattori a partire dall'alto livello del debito (sia privato sia pubblico) all'anzianità della popolazione nei paesi occidentali e in Cina. Abbiamoa anche notato che, con tassi di declino della produzione molto deboli, le esportazioni nette declinano in modo significativamente più veloce della produzione totale di petrolio, mentre le economie dei paesi produttori crescono.
In tale contesto, sono richieste pratiche di mitigazione del rischio, sia a livello governativo, sia a livello di imprese, per prepararsi a prezzi del petrolio alti e probabilmente volatili. I governi dovrebbero cominciare ad educare la loro cittadinanza sul rischio di contrazione per minimizzare la potenziale futura discordia sociale. Le imprese dovrebbero esaminare le loro operazione e i loro bilanci con lo scopo di costruire resilienza. Ciò implica prepararsi ad uno scenario in cui capitale ed energia sono molto più cari che in quello “Business As Usual”.

Riconoscimenti
Siamo grati ai revisori ed ai colleghi che ci hanno fornito validi commenti alla bozza di questo saggio. Un grazie speciale a Simon Snowden per la straordinaria assistenza.




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[1] Vogliamo ringraziare Gail Tverberg per aver indicato questa differenza.

4 commenti:

Gianni ha detto...

C'è tutto: la tempesta perfetta. Indossiamo la giacchettina firmata o cominciamo a rinforzare gli argini (rinnovabili)?

Anonimo ha detto...

senza petrolio non avremo rinnovabili, ma neanche carbone, uranio e gas. Se non quello che potremo estrarre con il piccone. Ogni volta che accendiamo il riscaldamento, il condizionamento, il fornello, il motore dell'auto o facciamo la lista della spesa (niente prodotti fuori stagione, mai tropicali, mai o quasi mai altamente energivori come la carne o il pesce d'altura o proveniente da oceani dall'altra parte del pianeta) mettiamoci una mano sul cuore e riflettiamo, almeno noi, visto che il restante, penso circa il 90%, non ha più neuroni per poterlo fare.

Antonio ha detto...

cosa si può fare per abbattere il prezzo del petrolio?

Paolo ha detto...

@Antonio

Consumarne molto di meno in occidente ma anche nei paesi emergenti. Cosa impossibile, almeno in questi ultimi. In occidente è già una realtà in crescendo...