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mercoledì, giugno 25, 2008

Qualcuno specula sulla speculazione

Da un po’ di tempo è in azione un piccolo esercito di opinionisti della stampa nazionale, intento a diffondere il sospetto che l’aumento dei prezzi del barile dipenda principalmente dalla speculazione finanziaria e a inoculare il dubbio nell’opinione pubblica che le recenti previsioni di ulteriori aumenti siano finalizzate ad alimentare nuova speculazione. La conseguenza inevitabile di questa posizione è un falso ottimismo sulla disponibilità futura di risorse petrolifere mondiali.

Ma quali sono gli elementi su cui si basano queste valutazioni? Sostanzialmente una sola, la presunta, enorme dissociazione tra produzione effettiva di petrolio e volumi scambiati sui mercati finanziari dei futures.
Ha iniziato Roberto Capezzuoli sul Sole 24 Ore, nell’articolo “La trappola del greggio virtuale”, sottolineando che ogni giorno al Nymex vengono scambiati oltre un miliardo di barili di petrolio, mentre nelle stesse ore i pozzi del pianeta pompano non più di 85 milioni di barili. Ha proseguito Gianfranco Polillo dalle pagine del Riformista, che nell’articolo “Goldman Sachs non è Ricardo”, informava i lettori che era stato chiuso dalle autorità il New York Mercantile Exchange per un eccessivo squilibrio tra domanda e offerta, in quanto “sono stati trattati circa l’equivalente di 1 miliardo di barili contro una produzione pari ad appena 85 milioni” e il diafano vate Federico Rampini su La Repubblica ha spiegato nell’articolo “Il casinò del greggio virtuale” che “al Nymex ormai i contratti di futures del petrolio movimentano un miliardo di barili al giorno, tutti virtuali: mentre la produzione del greggio vero è di soli 85 milioni di barili al giorno. La quantità di carta finanziaria che viene scambiata è immensamente superiore ai consumi mondiali di idrocarburi”. Maurizio Ricci sullo stesso giornale rafforza il concetto nell’articolo “Così il barile di carta sconvolge i mercati, boom delle scommesse e il prezzo vola”, spiegando che “Al Nymex, il mercato del greggio di New York, si scambiano ormai, ogni giorno, 1,5 miliardi di barili di carta, secondo la Platts, uno dei più accreditati osservatori del settore, cioè 17 volte la produzione quotidiana di greggio del mondo”.

L’altra sera, al ristorante, un mio amico ha ripetuto più o meno con le stesse parole le motivazioni dei giornalisti, per attribuire alla speculazione gli alti prezzi del petrolio, e in quel momento ho capito che era nata una vera è propria leggenda metropolitana, quella del “miliardo di barili di petrolio virtuali”. E che, come per tutte le leggende metropolitane, è necessario sfatarla.
Se si consulta il sito del Nymex, si può tranquillamente verificare che i contratti futures scambiati in un giorno, con una precisa scadenza, ad esempio il mese successivo, anche se superiori, sono dello stesso ordine di grandezza della produzione giornaliera di petrolio. Quindi, da dove viene fuori quel famoso miliardo di barili? Ecco svelato l’arcano: sui mercati internazionali di contrattazione del petrolio si effettuano scambi con scadenze diverse, fino al 2016. Proprio sommando i barili scambiati da qui al 2016 si ottiene il leggendario miliardo che tormenta i sonni dei nostri giornalisti. Quindi non solo è evidente l’improprio abbinamento di questo volume d’affari pluriennale con la produzione giornaliera di petrolio, ma addirittura se ne potrebbe trarre la conseguenza opposta, perché 1 miliardo di barili rappresenta una quota irrisoria del petrolio che sarà prodotto entro il 2016.

Naturalmente, una componente speculativa in un mercato caratterizzato dalla crescita esponenziale dei prezzi è sicuramente presente e probabilmente trova sbocco nel fiorente mercato dei fondi derivati delle materie prime, che riversa risorse sul petrolio inflazionandone il prezzo, ma non bisogna lasciarsi ingannare. La causa principale è nei fondamentali economici della domanda e dell’offerta, con una produzione mondiale che non potrà più crescere, a fronte di una maggiore richiesta proveniente prevalentemente dai paesi emergenti.
Qualche giorno fa, da una fonte non sospettabile, il Ceo della Total, Christophe de Margerie sono venute parole chiarificatrici: “Oggigiorno siamo in presenza di qualcosa che automaticamente impedira' un crollo dei prezzi, cioe' che il costo per rinnovare produzione e riserve si aggira piu' o meno sugli 80 dollari al barile, cosa che gia' in se' pone dei limiti tecnici. Quelli che dicono che possono scendere sotto questa soglia si sbagliano. Naturalmente c'e' un elemento di speculazione ma spiegare che i prezzi petroliferi sono saliti da 12 a 130 dollari per la speculazione e' da ignoranti o semplicemente da stupidi". "I rubinetti - ha proseguito - sono aperti al massimo. Le aziende petrolifere producono tutto quello che possono. Solo l'Arabia Saudita ha una qualche capacita' inutilizzata".

E al Ministro Robin Hood Tremonti, che unendosi alla combriccola dei nostri giornalisti ha sollevato la questione speculazione nel recente vertice G8 di Osaka, ha risposto il Ministro americano Paulson: “Chi parla così non capisce come funzionano i mercati”.
A questo punto, non resta che chiedersi a chi giova questo tentativo di allontanare l’opinione pubblica dai veri e drammatici motivi che stanno dietro la crisi dei prezzi petroliferi. Ma naturalmente ai produttori dell’Opec, che continuano a ripetere anche in questi giorni come un disco rotto che non è necessario aumentare la produzione perché il mercato è ben rifornito e la causa dei prezzi è la speculazione.

giovedì, marzo 29, 2007

Il Petrolio di Carta

Esce su www.aspoitalia.net un articolo di Ugo Bardi, dove si esamina la questione del "prezzo del barile" entità di cui si parla molto ma della quale, in pratica, si sa poco.

Il prezzo del barile così come viene menzionato sulla stampa e sui media, non si riferisce direttamente al prezzo del barile "vero", ovvero il petrolio che potrebbe essere comprato da chi possiede o gestisce una raffineria. Si riferisce piuttosto a un "petrolio di carta", ovvero un contratto detto "future" che viene scambiato nelle borse internazionali dei futures.

Il petrolio di carta e quello vero sono due cose strettamente correlate, ma non sono esattamente la stessa cosa. In particolare, il valore del future del petrolio può avere delle forti oscillazioni dovute a fenomeni speculativi. Queste oscillazioni possono trarre in inganno chi non conosce bene il mercato. E' rimasto famoso l'errore clamoroso che fece un giornale che ha fama di essere serio, l "Economist" quando, basandosi sulla tendenza dei prezzi a breve termine, nel marzo del 1999 predisse che "il petrolio a 5 dollari al barile potrebbe essere dietro l'angolo".

Il mercato del petrolio è cosa complessa e difficile, ma ha le sue regole che dipendono, alla fine dei conti, dall'equilibrio fra domanda e offerta. E' sbagliato pensare che i rialzi che abbiamo visto negli ultimi tempi siano "pura speculazione," come qualcuno ha detto. E' altrettanto sbagliato farsi impressionare da un'oscillazione a breve termine per concludere che "la fine del petrolio sta arrivando" oppure che "non c'è nessun problema". Tutto ha una sua logica; bisogna però stare attenti a non confondere il petrolio di carta con quello vero.



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