created by Giorgio Nebbia
[Professore emerito di Merceologia, Università di Bari
[articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 20 gennaio 2009]
Una verità scientifica, scoperta da qualcuno, resta tale fino a quando qualcun altro, per motivi ideologici o di denaro, non dice che non è vera. Il revisionismo, la negazione di fatti accertati, è uno dei diffusi sport praticati da opinionisti, intellettuali, "scienziati", anche per ottenere consensi e approvazioni da chi è disturbato dalla verità. Pensate a Charles Darwin (1809-1882; cade quest'anno il bicentenario della nascita), questo biologo che gira il mondo a bordo della nave "Beagle", visita terre lontane, ne osserva e descrive piante e animali e, dopo averci pensato su, nella sua casa di campagna, per una ventina di anni, finalmente pubblica, esattamente 150 anni fa, il suo principale libro "L'origine delle specie". In esso Darwin spiega che ogni essere vivente, uomo compreso, è il risultato di una lenta evoluzione da organismi semplici a organismi più complessi. Il suo libro sarebbe finito confinato nelle biblioteche universitarie se qualcuno non si fosse accorto che metteva in discussione il racconto dell'origine dell'uomo contenuto nella Bibbia. La chiesa cristiana del tempo, negando il contributo di Darwin, non ha però evitato che l'evoluzione diventasse uno dei pilastri della cultura e della scienza moderna.
Ci sono moltissimi altri esempi di inutili negazioni delle verità scientifiche. A proposito di ecologia mi viene in mente il libro "Primavera silenziosa", pubblicato nel 1972 da Rachel Carson (1907-1964), una biologa del Ministero dell'Agricoltura americano. Il libro spiegava che, se si fosse continuato nell'uso indiscriminato di pesticidi persistenti come il DDT, queste sostanze sintetiche, disperdendosi in tutto l'ambiente, avrebbero compromesso la sopravvivenza di animali terrestri e marini e un giorno non ci sarebbero più stati uccelli a cantare nel cielo; alla lunga i pesticidi sarebbero arrivati con la loro tossicità nel corpo umano. Dopo la pubblicazione i potenti gruppi dell'industria chimica si sono scatenati a negarne la verità, preoccupati perché la contestazione dei pesticidi comprometteva la vendita dei loro prodotti e i loro affari; la verità è prevalsa e l'uso del DDT e di altri pesticidi è stato vietato e ne ha tratto giovamento la salute umana e dell'ambiente.
Tutto questo mi viene in mente ascoltando le recenti polemiche sull'effetto serra e sui cambiamenti climatici dovuti alle attività umane. Nel 1895 un chimico svedese, Svante Arrhenius (1859-1937; quest'anno cade anche il 150° anniversario della sua nascita; quante ricorrenze in questo 2009!), aveva pubblicato, in una rivista scientifica, un articolo in cui spiegava che l'aumento della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera avrebbe fatto aumentare la temperatura terrestre. Alla fine dell'Ottocento si era nel pieno nella rivoluzione industriale basata sull'uso del carbone (la cui combustione provoca appunto una immissione di anidride carbonica nell'atmosfera) ed era appena cominciata l'era del petrolio. Passano i decenni e dal 1958 cominciano ad essere pubblicati i risultati di misure dettagliate della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera effettuate in un osservatorio nell'isola di Mauna Loa, nelle Hawaii, in pieno Oceano Pacifico, lontano da città, fabbriche e altri disturbi. I dati sperimentali mostrano un costante aumento di tale concentrazione in diretta correlazione con l'aumento dell'uso dei combustibili fossili. Nello stesso tempo l'analisi delle statistiche sulle variazioni del clima nell'ultimo secolo ha mostrato che l'aumento della immissione nell'atmosfera di vari gas, principalmente l'anidride carbonica di origine antropica, sta provocando, proprio come aveva previsto Arrhenius, un lento graduale aumento della temperatura "media" --- va sottolineato "media", non quella di quest'estate o di quest'inverno a Bari o Bologna --- del pianeta Terra.
Un riscaldamento planetario che provoca fusione di parte dei ghiacciai permanenti, fa aumentare la frequenza delle tempeste in alcune zone e della siccità in altre, con prevedibili crescenti danni e costi economici per la nostra e le future generazioni. L'avvertimento è stato raccolto dalle autorità internazionali che, da alcuni anni a questa parte, hanno deciso che occorre limitare le emissioni di gas nell'atmosfera e rallentare il riscaldamento planetario, anche se questo impone di limitare il consumo dei combustibili fossili, di modificare radicalmente i mezzi di trasporto, i processi produttivi e l'organizzazione delle città, e comporta minori profitti per le industrie più inquinanti. Le quali in questi anni hanno organizzato una campagna di contro informazione per negare l'evidenza dei fatti.
Sono così apparsi e continuano a moltiplicarsi migliaia di articoli e di "blog" (quelle specie di lettere che appaiono su Internet, in cui chiunque può scrivere quello che vuole) di carattere negazionista; essi sostengono che non è vero che le attività umane fanno aumentare la temperatura "media" del pianeta e perciò che non è necessario cambiare la produzione delle merci o limitarne i consumi. Un riflesso di questo negazionismo si è avuto nella recente posizione assunta dal governo italiano al fine di ostacolare gli accordi europei per la limitazione delle emissioni di anidride carbonica. La voce dei negazionisti si è fatta più alta in occasione dell'attuale inverno freddo che smentirebbe chi sostiene l'esistenza di un riscaldamento planetario di origine antropica; anzi essi sostengono chel'osservazione della superficie terrestre dai satelliti artificiali indicherebbe che i ghiacciai stanno di nuovo aumentando. Per quel poco che può valere la mia modesta opinione, faccio presenteche il gioco del negazionismo non giova a nessuno; una corretta analisi mostra che il volume dei ghiacciai continua a diminuire, la crescente siccità e le sempre più frequenti alluvioni sono, purtroppo, realtà. Negare, per interessi di affari, le verità scientifiche alimenta il chiacchiericcio ma danneggia la conoscenza del mondo e diffonde l'impressione che non c'è da fidarsi di nessuno. E, fra l'altro danneggia anche coloro che alimentano il negazionismo perché impedisce loro di affrontare con coraggio e rapidità gli inevitabili mutamenti tecnico-scientifici e sociali necessari perché la Terra diventi più umana da abitare.