mercoledì, gennaio 31, 2007

Energia, Bush ha veramente un piano?


A una settimana dal discorso sullo stato dell'Unione di Martedi' 24 Gennaio del presidente Bush, il polverone dei commenti e delle critiche sembra essersi un po' diradato. A questo punto possiamo tirare le somme su quali sembrerebbero essere i piani dell'amministrazione Americana in campo energetico.

E' stato detto da molti che il discorso di Bush è vago e poco efficace riguardo al problema energetico; molto fumo e poco arrosto. Questo è sostanzialmente vero. Il discorso ripete stancamente ancora una volta che l'America deve liberarsi dalla dipendenza dal petrolio importato. Il concetto è giusto, ma non basta dirlo, bisogna fare qualcosa di concreto in proposito. Lo aveva già detto lo stesso Bush l'anno scorso, ma ben prima lo stesso concetto era stato detto da Richard Nixon nel 1977 e poi ancora da Jimmy Carter e poi ancora da altri presidenti. Ma è dal tempo di Nixon che le importazioni di petrolio negli USA sono in aumento.

A parte questo, ci sono alcuni elementi interessanti nel discorso di Bush. Per esempio, l'anno passato c'era un riferimento esplicito a "automobili a zero emissioni che usano idrogeno". Quest'anno, la parola "idrogeno" è sparita. Evidentemente, gli esperti che hanno scritto il discorso sono arrivati a un consenso sul fatto che il tentativo di usare l'idrogeno come combustibile per veicoli si è rivelato un clamoroso fallimento, cosa che, purtroppo, in Europa molti non hanno ancora capito. Invece, Bush quest'anno ha menzionato esplicitamente la necessità di sviluppare nuove batterie per la trazione elettrica. Decisamente, i suoi esperti non sono dei fessi.

Tuttavia, gli esperti non sono riusciti ad arrivare a un consenso organico sulle azioni da prendere. Il discorso di Bush è esercizio di equilibrismo in cui si è cercato di non scontentare nessuna delle varie lobby energetiche. Bush ha menzionato un po' tutto: solare, eolico, nucleare e carbone. Di queste tecnologie, però, non ha proposto nessuna azione concreta di sostegno. In effetti, di queste lobby l'unica veramente potente è quella del carbone e questa sa di essere competitiva in termini economici anche senza sovvenzioni statali; ovviamente posto che non le si richieda di rimediare ai danni ambientali che procura. La lobby del carbone preferisce concentrare la propria azione sul combattere tutte i tipi di legislazione ambientale che la potrebbero danneggiare. Infatti, mentre Bush ha menzionato il cambiamento climatico come una "seria sfida," non ha proposto nessuna azione diretta per fronteggiarlo.

Invece, la lobby della grande agricoltura industriale sembra aver avuto un discreto successo nell'ottenere qualcosa dal governo. Bush ha parlato della necessità di "combustibili rinnovabili e alternativi" e ha menzionato esplicitamente il biodiesel e l'etanolo. Ha dato anche dei numeri precisi, parlando di un obbiettivo di 35 miliardi di galloni di biocombustibili per il 2017. Considerando che gli USA consumano circa 150 milardi di galloni di benzina all'anno, questa quota non è trascurabile anche se non risolve certamente il problema.

Bush non ha dato dettagli su come questi 35 miliardi di galloni potrebbero essere ottenuti, anche se ha parlato della necessità di fare ricerca sull'etanolo da legno o da rifiuti. Ma questa è una tecnologia ancora molto lontana da essere pratica e si sa che i piani americani si rivolgono principalmente a etanolo ottenuto dal mais. Questo è un obbiettivo che possiamo leggere esplicitamente nel Renewable Fuel Standard Initiative.

Il fatto che il presidente non abbia menzionato il mais o altri cereali come sorgenti di biocombustibili nel suo discorso indica che i suoi esperti si rendono conto della delicatezza del problema, ovvero che i biocombustibili sottraggono spazio alla produzione di alimentari. Questo è un punto che sta causando grande preoccupazione, come si evidenzia dalla recente "rivolta della tortilla" in Messico.

Oltre a impattare direttamente sulla produzione di alimentari, i biocombustibili sono una tecnologia poco efficiente. L'economista Paul Krugman ha criticato duramente il discorso di Bush in un articolo apparso sul New York times del 30 Gennaio. Secondo Krugman, se l'obbiettivo a lungo termine fosse di rimpiazzare l'intero consumo di prodotti petroliferi, tutto il raccolto di mais degli Stati Uniti basterebbe al massimo per sostituire il 12 per cento del consumo di benzina nazionale.

Il discorso di Krugman è addirittura sbagliato per eccesso, come che è stato fatto notare in un post su "The Oil Drum". Krugman non tiene conto dell'energia necessaria per coltivare l'etanolo, ovvero della sua resa energetica (EROEI). Ci sono varie voci di spesa energetica necessarie per coltivare il mais e trasformarlo in etanolo: fertilizzanti, pesticidi e meccanizzazione, come pure l'energia necessaria per distillare l'etanolo. In gran parte, queste spese sono pagate con combustibili fossili e, ovviamente, in qualche modo bisogna tenerne conto.

Nella pratica la resa energetica dell'etanolo da mais, il rapporto fra energia ottenuta e energia spesa, viene variamente stimata. C'è chi dice che è minore di 1 (ovvero ci vuole più energia per ottenere un litro di etanolo di quanta se ne possa ottenere bruciando quel litro). C'è chi dice che la resa è un po maggiore di 1; in questo caso si ottiene un bilancio leggermente positivo. Il biodiesel sembra avere una resa un po' maggiore, ma non di molto. Anche senza sapere quali sono i numeri esatti, ne consegue che la frazione di veicoli che potrebbero viaggiare a biocombustibili negli Stati Uniti sarebbe al massimo di qualche percento, anche utilizzando tutta la coltivazione di mais nazionale. Come spesso succede per le "soluzioni" proposte dai politici, anche questa si rivela un grosso affare per qualcuno in termini di sovvenzioni statali e una perdita secca per tutti gli altri. Una perdita che potrebbe fare dei danni ben più gravi di quelli finanziari se veramente se ci si muovesse per stornare una robusta frazione della coltivazione di mais da usi alimentari verso usi come combustibile.

E' difficile pensare che gli esperti che hanno scritto il discorso di Bush non abbiano chiaro quali sono i problemi dei biocombustibili. Dopo tutto, hanno capito benissimo che l'idrogeno come combustibile è una bufala. Il fatto, poi, che si siano guardati con cura da far menzionare al presidente che per fare combustibili bisogna usare cereali alimentari la dice lunga sulla loro intelligenza. Ma il grosso problema, come sempre, è che le decisioni non sono prese sull'esame dei fatti, ma sulla base delle pressioni delle varie lobby. Ne abbiamo un buon esempio qui in Italia con la questione del CIP6, ovvero le sovvenzioni all'incenerimento dei rifiuti, dove una lobby sta facendo tutto il possibile per mantenere sussidi pagati da tutti per l'interesse particolare di alcuni privilegiati.

L'America avrebbe disperatamente bisogno di un piano energetico vero; di qualcosa di drastico che veramente rompa la dipendenza distruttiva dalle importazioni. Ma è dal tempo di Nixon che se ne parla e nulla di concreto è stato fatto; le lobbies regnano sovrane. Eppure, l'America è il paese che ha mandato uomini sulla Luna. E' un paese di grandi risorse e immense capacità. Un vero "Progetto Apollo dell'Energia" potrebbe mostrare al mondo cosa sanno fare di buono gli Americani. Chissà?




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3 commenti:

Mario ha detto...

Forse la definizione più sensata che si sente circolare sul da farsi eco-energetico è 'Terza Rivoluzione Industriale', riorganizzare la produzione e la divisione internazionale del lavoro attorno alla dismissione dei combustibili fossili e riconvertirla alla sostenibilità da energie rinnovabili.
Il punto è che questa è una nuova, imprevista, Grande Narrazione, propriamente una Rivoluzione. In ciò, il conservatorismo europeo è drammaticamente arretrato rispetto a quello amerikano. Il conservatorismo amerikano è impastato di dinamismo e di attitudine, sia pure cinica, al cambiamento materiale delle cose, è un conservatorismo dei sistemi simbolici, del chi comanda su chi; il conservatorismo europeo invece sembra essere un conservatorismo statico, del reale com'è, un preservare l'ordine materiale delle consuetudini. L'impressione diffusa, di pelle, così è che se all'interno della classi dirigenti e del general intellect USA le risorse umane per reimpostare il modo di vivere su scale continentali, esistano, il problema europeo è più grave. Qui in Europa le generazioni politiche almeno teoricamente in grado di porre una rivoluzione all'ordine del giorno, sono state cancellate e annientate.
E' l'ora delle Grandi Narrazioni e non abbiamo niente da metterci

Anonimo ha detto...

Molte delle cose buone, o comunque inportanti, fatte dagli USA sono nate in California (Silicon Walley è là). E in California Schwarzenegger, repubblicano, si è accordato con i democratici locali per poter impostare una seria politica energetica-ambientale, e l'ha impostata.

La maggioranza al Congresso è ora dei democratici. Mi sembra quindi che ci sia spazio a una ragionevole speranza.

Leonardo Libero

Anonimo ha detto...

Basta con questa storia dell'idrogeno!
Forse ha senso solo se ci convertiamo completamente al nucleare e usiamo le centrali di notte per l'elettrolisi (e non sono sicuro nemmeno di questo).

Ho il sospetto che sia un topos del discorso che, una volta avviato, nessuno mette più in discussione.

Così ci si investono tempo e soldi, ma soprattutto diventa il grande ALIBI che ad una maggioranza tecnologicamente analfabeta fa pensare: esiste un miracolo che risolverà tutti i problemi.