venerdì, novembre 16, 2007

Agricoltura del passato o del futuro?




Qualche giorno fa ho parlato della follia energivora che caratterizza l'agricoltura dei 42 paesi più sviluppati del pianeta. E gli altri come stanno?
La figura qui sopra (clicca per ingrandire) rappresenta lo schema dei flussi energetici nel sistema agricolo dei 115 paesi meno sviluppati (continua a leggere sotto per i dettagli).
Questa è l'agricoltura del passato, più arcaica e meno sviluppata, o piuttosto è l'agricoltura del futuro, a basso input energetico fossile?
I paesi meno sviluppati sono un insieme molto eterogeneo, che comprende paesi in rapido sviluppo come la Cina, paesi con un'economia abbastanza sviluppata come l'Argentina, paesi poveri come l'Indonesia e paesi poverissimi come l'Etiopia. Cionostante, le differenze nel consumo energetico con i paesi ricchi sono impressionanti.
Questa agricoltura fa uso solo di 1000 kcal fossili pro capite al giorno per la coltivazione e l'allevamento, mentre l'occidente ne usa quasi 7000.
In questo modo è possibile in media garantire a 5 miliardi di persone una dieta da 2450 kcal al giorno di prodotti vegetali e 330 di prodotti animali.
Purtroppo questo input alimentare è mal distribuito, dal momento che si va dalle 3400 kcal pro capite di Cuba alle 1830 dell'Etiopia.
Se la produzione agricola dei paesi più poveri fosse però divisa equamente al loro interno (senza quindi contare quello che potrebbero fare i paesi ricchi) si avrebbero in media quasi 2800 kcal a testa al giorno, che è il livello alimentare di un paese come l'Argentina.
La minore dipendenza dai combustibili fossili dovrebbe in teoria mettere i paesi poveri al riparo dalle conseguenze del picco del petrolio. La situazione potrebbe però aggravarsi in futuro per i due fattori combinati della crescita demografica e della corsa all'occidentalizzazione del tenore di vita di diversi paesi emergenti.
Cosa accadrà se e quando la Cina diventerà carnivora come l'Occidente?

Non esistono valutazioni precise del consumo energetico della filiera alimentare post agricola nei paesi poveri; la "freccia nera" di 2000 kcal rappresenta semplicemente una stima basata sul fatto che in consumi fossili pro capite nei paesi meno sviluppati sono circa un ottavo di quelli nei paesi ricchi. Ho quindi semplicemente assunto che l'input fossile per ogni caloria di cibo prodotta fosse un ottavo di quello dei paesi ricchi. In questo modo non si dovrebbe sottostimare l'apporto fossile, anche perchè ogni giorno vengono anche consumate 2700 kcal pro capite da biomassa per cuocere i cibi (la freccia verde/nera).
Fonti:
Database FAO per i dati relativi ai flussi energetici del foraggio e del cibo
Mario Giampietro, Energy use in agriculture, Encyclopedia of life sciences, 2002, per gli input fossili in agricoltura
Heller e Keoelian, Life Cycle-Based Sustainability Indicators or Assessment of the U.S. Food System , Center for sustainable systems, University of MIchigan, 2000 per gli input fossili della filiera alimentare.
L'energia da biomassa usata per la cottura è valutata nell'articolo The fuelwood problem della FAO.
(non illustro qui la metodologia che ho usato per i calcoli, perchè è piuttosto lunga;lo farò in un articolo apposito)

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3 commenti:

Eugenio Saraceno ha detto...

Caro Marco,
Non so quanto sia prudente assumere che gli usi energetici in settore agricolo nei paesi in via di sviluppo siano analoghi a quelli dei paesi sviluppati. Nemmeno io saprei come stimarli con precisione, però parto dalla constatazione che nei paesi sviluppati l'abnorme utilizzo di energia nel settore dei trasporti privati tenda a far si che la % usata in agricoltura sia meno importante. In paesi come Cuba o l'Etiopia, ma anche la stessa Cina la % di energia usata nei trasporti privati è molto minore rispetto agli standard dei paesi sviluppati per cui gli input fossili agricoli ne risulterebbero accresciuti in %.
Direi dunque che 1/8 sia troppo poco. Magari facendo una media pesata su pochi grandi paesi del gruppo (Cina, India, Indonesia, Filippine, Bangladesh, Pakistan, Brasile, Messico, Argentina) si potrebbe avere una maggiore accuratezza senza troppo dettaglio.
Saluti
Eugenio

Marco Pagani ha detto...

Gli input agricoli sono calcolati secondo il metodo indicato da Mario Giampietro, in un suo articolo del 2002.
L'ipotesi fatta su 1/8 dei consumi energetici dei paesi ricchi riguarda solo la fase "post agricola": trasporto, vendita, refrigerazione, illuminazione, cottura. E' possibile che la stima sia troppo bassa ed occorre una ulteriore riflessione in merito.
Tuttavia, nelle zone rurali e semirurali del terzo mondo, dove la filiera alimentare è sempre stata corta, questi consumi non dovrebbero essere troppo elevati; si tratta in fondo solo di trasporto (credo per non più di 100 km) e di cottura dei cibi. Secondo la FAO, circa 2,5 miliardi di persone del mondo povero usano la legna per la cottura, quindi per costoro l'input fossile di 2000 kcal potrebbe essere invece largamente sovrastimato.

Frank Galvagno ha detto...

Marco, visto questo tuo confronto tra Agricoltura di Paesi sviluppati e non, mi viene spontanea una riflessione.

E' vero che molte zone sottosviluppate adottano uno "slow food": quantità appena appena sufficenti che si diramano secondo logistiche a corto raggio.
E' però anche vero che il nostro sistema di aiuti porta ad avere picchi locali di approvvigionamenti che vengono da lontano, quindi ad elevato background energetico.

La mia paura è che questo sistema sia umanamente ineccepibile, e nel contempo termodinamicamente perdente. In un ipotetico scenario di crollo dei trasporti, questo flusso si ridurrebbe di molto...