sabato, novembre 03, 2007

Fare di ogni erba un fascio: la discussione sui biocombustibili

Qualche settimana fa, in una discussione sul forum "Petrolio", i membri del forum sono stati accusati di "fare di ogni erba un fascio" espressione assai appropriata parlando di biocombustibili. In sostanza, ci è stato detto che non è giusto dir male sempre e comunque dei biocombustibili - è vero che sono poco efficienti in certe condizioni di coltivazione, ma c'è biocombustibile e biocombustibile e non bisognerebbe demonizzare tutto indiscriminatamente.

Ne è nata una discussione dove Giulio De Simon, autore di un interessantissimo articolo sui biocombustibili, ha risposto alle critiche. Vi riporto qui la discussione senza commenti. A voi il giudizio

(nota: il nome dell'interlocutore di Giulio è riportato qui come "GV". Avevo chiesto il permesso di mettere il nome per esteso, ma non ho avuto una risposta esplicita, probabilmente il messaggio gli è sfuggito. Semmai "GV" legge questo post mi può dire se va bene mettere il suo nome completo.)

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GV ha scritto:

Cari amici di ASPO, è sin dalla nascita della mailing list e dalle prime conferenze che seguo con grande interesse i dibattiti in lista. Molto spesso rimango favorevolmente colpito dal tono costruttivo e intelligente dei post. Tuttavia sono davvero perplesso quando con cadenza regolare vi accanite contro i biocombustibili facendo di tutta l'erba un fascio. Proprio a Firenze si è ormai creato un gruppo di professori e professionisti, ingegneri e agronomi che sono fortemente impegnati nell'implementazione di modelli di produzione sostenibili.

In particolare mi riferisco ai progetti di coltivazione della Jatropha Curcas che stiamo portando avanti con successo in molti paesi. La Jatropha come forse qualcuno già saprà è un'arbusto che ha bisogno di relativamente poca acqua per crescere e iniziare a produrre frutti e ben si adatta a terreni semi-marginali.

Già nel sito dell'ASPO ho provato a dare avvio ad una discussione sull'argomento, ma se andate a verificare le risposte in merito sono davvero debolucce.

Vi porto l'esempio di un progetto che stiamo portando avanti in Senegal. Lo sponsor iniziale è un illuminato privato del Nord-Est che ha deciso di dare avvio con il nostro supporto ad una cooperativa per la coltivazione della Jatropha. Il modello impiegato è fortemente incentrato su pratiche di outfarming e prevede l'utilizzo di intercropping con ortaggi e altri cash crops. I prodotti della coltivazione della Jatropha sono: un fertilizzante organico che viene riutilizzato nelle pratiche agronomiche e l'olio di Jatropha. Quest'ultimo verrà utilizzato localmente per la produzione di energia poichè il Senegal sta attraversando un periodo di shortage nella fornitura di energia elettrica. Se il modello avrà successo, si potrà pensare ad uno scale-up del progetto che preveda la produzione di biodiesel per il mercato locale. Come infatti saprete il Senegal non possiede risorse petrolifere.

Credo che sarebbe molto più interessante per tutti noi se iniziaste a fare dei distinguo.

Saluti a tutti,

GV


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Caro G.,

Come in tutte le tecnologie energetiche, il primo conto da eseguirsi è quello termodinamico.
Per questo sono sufficienti solo tre dati: 1) la produttività in tonnellate secche di biomassa / (ettaro anno), 2) latitudine in cui si prevede di ottenere tale coltura, 3) potere calorifico superiore su massa secca della biomassa.

Ho cercato qua e là su internet i dati necessari e sotto trovate i conti (si prendano come valutazioni per ordini di grandezza). Ripeto le considerazioni fatte nel documento "Confronto fotovoltaico e biomassa" sul sito di Aspo

(http://www.aspoitalia.it/images/stories/desimon/desimonfvbiomasse.pdf):

da http://www.jatrophabiodiesel.org/bioDiesel.php?_divid=menu6 si trova che la produttività dell'olio di Jatropha Curcas in India è di 3000 kg / (ettaro anno)

da http://www.ecoworld.com/home/articles2.cfm?tid=325 l'insolazione in India è di 1600-2200 kWh/ (mq anno), assumiamo il valore medio di 1900 kWh/ (mq anno)

da http://www.jatropha.net/ seguendo il collegamento "Use of the oil" si trova il potere calorifico dell'olio di circa 40 MJ/kg

dal prodotto di potere calorifico per la produttività fornisce una produttività di energia immagazzinatata nell'olio di 120 000 MJ / (ettaro anno) = 3.3 kWh / (mq anno)

dal rapporto di questo con l'insolazione annuale si ottiene il rendimento da Sole a olio: 3.3 / 1900 = 0.18 %.

Questo è un valore in linea con quanto ricavabile solitamente dalle biomasse.

Manca da tener conto delle perdite energetiche per tutto il ciclo di coltivazione e, se usato come biodiesel, di quelle per raffinazione e del motore a combustione interna. Assumiamo molto ottimisticamente il 75% di perdite per arrivare alla ruota, si ottiene un rendimento complessivo di 0.18*0.25=0.045%.

Per confronto, il rendimento del fotovoltaico arriva, fin alla ruota, anche pessimisticamente al 5% con tecnologia attuale, più di cento volte meglio.

Si possono mettere numeri più precisi nei conti sopra, ma dubito si rivoluzionino i risultati.

Si conferma quindi che l'uso energetico delle biomasse è estremamente inefficiente, tale da richiedere vaste estensioni di terreno coltivabile per soddisfare l'unità di domanda di energia. Conseguenza: spingendosi quindi su questa via dello sfruttamento dell'energia solare, si entra in competizione con la coltivazione ad uso alimentare e, come sta accadendo, il prezzo degli alimenti aumenta (non solo per le speculazioni). Per muoverci in auto (e/o consumare elettricità), stentiamo a sfamarci.

Saluti, Giulio


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GV ha scritto:

Caro Giulio,

senz'altro un confronto sul piano termodinamico fra le due "tecnologie" è un uno strumento utile di valutazione. Tuttavia premiare una tecnologia piuttosto che un'altra unicamente attraverso un confronto sulle loro efficienze di conversione energetica mi sembra utile unicamente da un punto di vista teorico. Pur continuando a mantenere l'argomento ridotto ai minimi termini, vorrei infatti introdurre aggiungere almeno un altro parametro: il tempo.
Mi sembra che tutti quanti qui (chi + chi - ) possano essere convinti sul fatto che:

1) il modello di sviluppo del mondo "occidentalizzato/globalizzato..etc" sia insostenibile.

2) che al massimo entro 20 anni, prenderemo una bella musata. (Quanto grave?? Mi ricordo di aver letto anche dei numeri piuttosto macabri a proposito) e dunque è bene fare il massimo sforzo per diversificare al massimo le fonti di approvvigionamento energetico.

3) che se ordino oggi 10 MW di PV mi chiedono di ripassare tra qualche anno.

4) che mediamente un PV in un villaggio africano se lo possono permettere in 2: il capo villaggio e il prete e se lo possono permettere perchè glielo abbiamo portato noi. E probabilmente sarà per molto tempo così.

5) introdurre la coltivazione della Jatropha è veloce, semplice e economico.

Detto questo, vorrei porti una domanda: prendi una città a caso, per esempio Milano. Secondo te, i cittadini di Milano passeranno indenni dal PeakOil perchè hanno piazzato il loro bel pannello solare sui loro tetti grigi oppure perchè si sono messi a coltivare girasoli all'Idroscalo? Io credo che entrambe le soluzioni siano davvero poca cosa. Ma di fronte al carattere di estrema urgenza della questione, mi complimenterei con tutti e due i cittadini per la loro piccola azione, specchio molto probabilmente anche di una buona comprensione e di un atteggiamento diverso e costruttivo verso il problema energetico.

Per come la vedo io, quello che dovrebbe essere fatto da qui ai prossimi 20 anni è di cercare il più velocemente possibile di diversificare le fonti energetiche in modo da cercare di prendere la "musata" il meno forte possibile. Poi in seguito (ma ovviamente anche nel frattempo, ma senza disperdere troppe energie ) avremo tutto il tempo di ragionare su quale tra le rinnovabili sia effettivamente la migliore e quindi cercare di convergere su essa.

GV
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Gentile GV,

concordo pienamente sul fatto che sia necessarion tener conto anche del fattore tempo, poiché siamo ben lungi dal ragionare dal punto di vista dello stato stazionario.

Siamo ancora d'accordo quando dici la nostra situazione è insostenibile, ambientalmente già da oggi, economicamente tra poco.

Dobbiamo *tentare* di sostituire le fonti fossili con le altre (qualunque esse siano, meglio le rinnovabili) in ottica di diversificazione, e anche qui ci siamo, almeno per limitare i danni.
Per scegliere i pesi degli impegni economici su queste diverse tecnologie è fondamentale la quantificazione, ovvero discutere sui numeri. Senza ripetermi, invito a concentrare le critiche sul mio articolo sul sito ASPO che citavo.

La termodinamica viene prima dell'economia, poiché la prima è fisica con le sue inviolabili leggi, mentre la seconda può essere facilmente distorta, es. tramite l'incentivazione pubblica o altri fattori di mercato. Infatti la primissima attività che si fa nella valutazione e progettazione di un sistema energetico è il calcolo dei bilanci energetici, solo dopo di cui si parla di soldi. una volta nota la produttività di energia e i componenti d'impianto necessari. Se una tecnologia non sta in piedi termodinamicamente non lo potrà alla lunga nemmeno economicamente: all'estremo è ovviamente dannoso sfruttare una fonte/tecnologia che abbia rendimento nullo. Ora lo sfruttamento delle biomasse non ha rendimento nullo, ma molto vicino (<<1%) e il collo di bottiglia sta nella fotosintesi, ovvero il passaggio dall'energia solare (abbondantissima) al potere calorifico della biomassa (alla fine molto scarsa). Ciò causa il dover impiegare enormi superfici agricole per soddisfare l'unità di energia consumata.

Conseguenza è far aumentare i prezzi degli alimenti, problema già attuale, e (boomerang) a sua volta anche il prezzo della stessa energia prodotta da biomassa. Visti i numeri questa tendenza è ben lungi dall'essere transitoria, ma sarà sempre crescente. Teniamo conto che l'agricoltura, oltre a fornire il primo bene per eccellenza (gli alimenti), anche consuma un'enorme quantità di acqua (bene ancora prima necessario del cibo): l'agricoltura ne usa più del 60% del consumo totale.

Quindi meglio un utilizzo diretto dell'energia solare che non passi attraverso la fotosintesi: fotovoltaico, solare termico in tutte le sue forme.

Se guardiamo le questioni economiche in atto, ci accorgiamo che l'offerta di fotovoltaico non riesce a far fronte alla domanda e questo sta causando una fermata della discesa dei prezzi se non un aumento, oppure un ritardo nelle forniture (come hai evidenziato). Il collo di bottiglia in questo caso è la produzione di silicio, quindi una mancanza di infrastrutture, piuttosto che un problema fisico (il silicio è abbondantissimo). Ora molte aziende stanno costruendo nuovi impianti per la produzione di silicio e, secondo la stima di alcuni analisti, il collo di bottiglia dovrebbe spostarsi già nel 2009. Inoltre gli sforzi scientifici son attualmente indirizzati a ridurre i costi di produzione del silicio e a ridurne la quantità necessaria per kW.

Sono molto più fiducioso che la ricerca tecnologica riesca ad abbattere il costo del fotovoltaico (già energeticamente positivo), piuttosto che si riesca a centuplicare la resa delle biomasse tramite le biotecnologia.

Naturalmente ci sono altri problemi del fotovoltaico (non da ultimo quello della stabilità della rete elettrica e dell'accumulo a breve e stagionale dell'energia). Ma non vorrei dilungarmi troppo, rimando questi argomenti ad altri filoni di discussione.

Per quando riguarda l'Africa esistono moltissime applicazioni a bassa tecnologia che possono essere acquistati anche a basso costo: ad esempio le cucine solari a concentrazione, essiccatoi, ... Se lo scopo della Jatropha è produrre biodiesel, allora il problema non si sposta perché ancora gli africani dipendono dalla nostra tecnologia per acquistare i motori a combustione interna.

Se non ci muoviamo già da ora nella direzione giusta, tra pochi anni ci troveremo nella stessa situazione dell'Africa a non disporre della finanza (ora abbondante grazie soprattutto al petrolio) per acquistare e ancor prima produrre il fotovoltaico o le altre tecnologie per lo sfruttamento dell'energia solare.

Non vorrei fissarmi troppo: ci sono altre fonti energetiche su cui diversificare soprattutto in ottica transitoria. Sta di fatto che l'energia solare, se sfruttata in modo efficiente come ad esempio con il fotovoltaico, è in grado da sola e con un minimo impiego di superficie di soddisfare tutta la domanda mondiale di energia. L'impiego delle biomasse invece, se sfruttate in modo estensivo come qualcuno vorrebbe, causeranno in brevissimo tempo gravi danni sia economici che ambientali. Esse hanno senso solo se intese come scarti provenienti da altre attività produttive, il cui costo economico e ambientale per la sua produzione è stato già sostenuto per il bene primario.

ciao, Giulio






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1 commento:

Frank Galvagno ha detto...

Post estremamente interessante

lo divulgherò non appena mi ridaranno la connessione e la posta...