Il dialogo è riferito a memoria, ma la storia è rigorosamente vera, compreso i colori delle cravatte.
Gli scienziati e gli Industriali
di Ugo Bardi
www.aspoitalia.blogspot.com
Gli industriali sono tre. Tutti con lo stesso stile: vestito intero, cravatta monotinta, camicia rigorosamente bianca. Il più basso ha un vestito chiaramente di sartoria e la cravatta grigia di marca. Gli altri hanno vestiti forse un po' più andanti, ma sicuramente di marca. Sono tutti e tre ben rasati, capelli corti e senza occhiali. Il capo, quello più basso, si siede per primo a un'estremità della lunga tavola della sala riunioni, gli altri due gli si siedono ai lati.
Gli scienziati si distribuiscono all'estremità opposta della lunga tavola. Hanno giacche comprate alla Coop o alla Standa, pantaloni di velluto oppure jeans. Uno ha i baffi e i capelli lunghi; porta la cravatta a farfalla e la giacca a quadrettoni. Un altro, ben rasato, porta la giacca di velluto con le toppe ai gomiti. Altri due portano la barba, uno ha una cravatta rossa. Quasi tutti hanno gli occhiali. Io non ho nemmeno la giacca, soltanto un maglione.
Iniziano a parlare gli industriali. Il capo dice che la loro ditta è un leader nelle materie plastiche, che la concorrenza è sempre più difficile, che hanno bisogno di tecnologia per andare avanti. Per questo, dice, hanno preso contatto con l'università e il CNR e sono qui oggi.
Rispondono gli scienziati. Quello con la giacca di velluto con le toppe sembra il più vivace e racconta di un suo nuovo catalizzatore utile per polimerizzare questa o quest'altra cosa. Gli fa eco il baffuto con la cravatta a farfalla raccontando di altre reazioni che lui è capace di fare. Quello con la cravatta rossa rilancia con un altro sistema per fare una molecola che serve a qualcosa di molto importante. La parola "nanotecnologia" viene usata con grande frequenza.
Gli industriali ascoltano. Via via che gli scienziati snocciolano queste meraviglie, gli industriali sembrano sempre più perplessi. Gli scienziati sembrano recepire la perplessità degli industriali; il loro entusiasmo scema gradualmente. Alla fine, quello con la giacca di velluto e le toppe non sa chiaramente più che dire. Ci prova: "Perché non producete idrogeno?" dice.
C'è un attimo di silenzio. Il capo degli industriali tira un respiro profondo e dice "E a chi lo venderemmo?"
Segue un momento glaciale in cui gli scienziati continuano a sorridere, specialmente quello coi baffi; ma è un sorriso forzato. Gli industriali parlottano fra loro per un minuto o due. Poi il capo, quello più basso, prende la parola.
"La nostra ditta," dice " è un leader mondiale nella produzione di materie plastiche. Facciamo soprattutto bottiglie di plastica, piatti, bicchieri e altro materiale a perdere. Purtroppo, come sapete, il prezzo del petrolio è aumentato enormemente negli ultimi tempi. E se dobbiamo usare petrolio per fare plastica, siamo in difficoltà. O aumentiamo i prezzi dei nostri prodotti, e così perdiamo mercato, oppure riduciamo i profitti o, addirittura, lavoriamo in perdita"
Gli scienziati annuiscono, quasi compunti.
"Quello che abbiamo pensato," continua l'industriale, "è di sostituire il petrolio con la biomassa. Vorremmo costruire una "bioraffineria" che usi biomassa per permetterci di continuare a produrre bottiglie in plastica e altri simili prodotti. Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto".
Allo snodarsi di queste frasi, il sorriso degli scienziati è ritornato reale; si è allargato e ora è a tutta faccia, addirittura più largo dei baffi di quello con la giacca a quadrettoni. "Certamente," dice quello con la giacca con le toppe, "lo possiamo fare!" Prosegue quello con la cravatta rossa: "Per trasformare la biomassa si può usare il catalizzatore nanostrutturato sull'olio di colza...." Tutti sorridono e si ricomincia la discussione, stavolta tutta centrata sulla biomassa e sulla bioraffineria - sempre con le nanotecnologie!
A questo punto, mi alzo in piedi e dico: "Signori, perdonatemi se vi interrompo, ma qui c'è un equivoco. La vostra discussione non sta considerando un punto fondamentale, e questo è il concetto di ritorno energetico. Al momento, vi può sembrare che la biomassa costi meno del petrolio, ma questa è un'illusione dovuta ai sussidi monetari che si danno all'agricoltura. Il costo reale della biomassa va contato in termini di energia, non di moneta. Si dice che un prodotto agricolo per un'unità di energia incorpori in media dieci unità di energia dai combustibili fossili. Non so se è un calcolo esatto, ma non può essere troppo sbagliato. Data questa situazione, è impensabile sostituire il petrolio con la biomassa, perlomeno agli stessi prezzi. Soprattutto è impensabile per farne prodotti usa-e-getta come le bottiglie di plastica. Se permettete un'altra osservazione, a mio parere usare la parola "biomassa" è un'offesa nei riguardi dell'infinita varietà di piante e animali di questo pianeta che non sono stati creati per farne bottiglie di plastica usa e getta."
Pensate che abbia detto veramente una cosa del genere? Ovviamente no. Sarebbe stato antipatico e offensivo nei riguardi di un gruppo di persone che stavano soltanto cercando di fare del loro meglio anche se, a mio parere, seguendo una strada sbagliata. Ho pensato queste cose, ma sono stato zitto. Finita la discussione, ho ringraziato e mi sono congratulato con tutti prima di andar via.
Tutto questo è avvenuto qualche mese fa. Non so se stiano ancora parlando di bioraffineria o se abbiano fatto qualcosa in proposito.
[I commentatori e i lettori che lo desiderano, possono elaborare dei post e inviarli a franco.galvagno.3@alice.it. Essi saranno presi in conto per un'eventuale pubblicazione con il nome dell'autore]
Gli scienziati e gli Industriali
di Ugo Bardi
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Gli industriali sono tre. Tutti con lo stesso stile: vestito intero, cravatta monotinta, camicia rigorosamente bianca. Il più basso ha un vestito chiaramente di sartoria e la cravatta grigia di marca. Gli altri hanno vestiti forse un po' più andanti, ma sicuramente di marca. Sono tutti e tre ben rasati, capelli corti e senza occhiali. Il capo, quello più basso, si siede per primo a un'estremità della lunga tavola della sala riunioni, gli altri due gli si siedono ai lati.
Gli scienziati si distribuiscono all'estremità opposta della lunga tavola. Hanno giacche comprate alla Coop o alla Standa, pantaloni di velluto oppure jeans. Uno ha i baffi e i capelli lunghi; porta la cravatta a farfalla e la giacca a quadrettoni. Un altro, ben rasato, porta la giacca di velluto con le toppe ai gomiti. Altri due portano la barba, uno ha una cravatta rossa. Quasi tutti hanno gli occhiali. Io non ho nemmeno la giacca, soltanto un maglione.
Iniziano a parlare gli industriali. Il capo dice che la loro ditta è un leader nelle materie plastiche, che la concorrenza è sempre più difficile, che hanno bisogno di tecnologia per andare avanti. Per questo, dice, hanno preso contatto con l'università e il CNR e sono qui oggi.
Rispondono gli scienziati. Quello con la giacca di velluto con le toppe sembra il più vivace e racconta di un suo nuovo catalizzatore utile per polimerizzare questa o quest'altra cosa. Gli fa eco il baffuto con la cravatta a farfalla raccontando di altre reazioni che lui è capace di fare. Quello con la cravatta rossa rilancia con un altro sistema per fare una molecola che serve a qualcosa di molto importante. La parola "nanotecnologia" viene usata con grande frequenza.
Gli industriali ascoltano. Via via che gli scienziati snocciolano queste meraviglie, gli industriali sembrano sempre più perplessi. Gli scienziati sembrano recepire la perplessità degli industriali; il loro entusiasmo scema gradualmente. Alla fine, quello con la giacca di velluto e le toppe non sa chiaramente più che dire. Ci prova: "Perché non producete idrogeno?" dice.
C'è un attimo di silenzio. Il capo degli industriali tira un respiro profondo e dice "E a chi lo venderemmo?"
Segue un momento glaciale in cui gli scienziati continuano a sorridere, specialmente quello coi baffi; ma è un sorriso forzato. Gli industriali parlottano fra loro per un minuto o due. Poi il capo, quello più basso, prende la parola.
"La nostra ditta," dice " è un leader mondiale nella produzione di materie plastiche. Facciamo soprattutto bottiglie di plastica, piatti, bicchieri e altro materiale a perdere. Purtroppo, come sapete, il prezzo del petrolio è aumentato enormemente negli ultimi tempi. E se dobbiamo usare petrolio per fare plastica, siamo in difficoltà. O aumentiamo i prezzi dei nostri prodotti, e così perdiamo mercato, oppure riduciamo i profitti o, addirittura, lavoriamo in perdita"
Gli scienziati annuiscono, quasi compunti.
"Quello che abbiamo pensato," continua l'industriale, "è di sostituire il petrolio con la biomassa. Vorremmo costruire una "bioraffineria" che usi biomassa per permetterci di continuare a produrre bottiglie in plastica e altri simili prodotti. Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto".
Allo snodarsi di queste frasi, il sorriso degli scienziati è ritornato reale; si è allargato e ora è a tutta faccia, addirittura più largo dei baffi di quello con la giacca a quadrettoni. "Certamente," dice quello con la giacca con le toppe, "lo possiamo fare!" Prosegue quello con la cravatta rossa: "Per trasformare la biomassa si può usare il catalizzatore nanostrutturato sull'olio di colza...." Tutti sorridono e si ricomincia la discussione, stavolta tutta centrata sulla biomassa e sulla bioraffineria - sempre con le nanotecnologie!
A questo punto, mi alzo in piedi e dico: "Signori, perdonatemi se vi interrompo, ma qui c'è un equivoco. La vostra discussione non sta considerando un punto fondamentale, e questo è il concetto di ritorno energetico. Al momento, vi può sembrare che la biomassa costi meno del petrolio, ma questa è un'illusione dovuta ai sussidi monetari che si danno all'agricoltura. Il costo reale della biomassa va contato in termini di energia, non di moneta. Si dice che un prodotto agricolo per un'unità di energia incorpori in media dieci unità di energia dai combustibili fossili. Non so se è un calcolo esatto, ma non può essere troppo sbagliato. Data questa situazione, è impensabile sostituire il petrolio con la biomassa, perlomeno agli stessi prezzi. Soprattutto è impensabile per farne prodotti usa-e-getta come le bottiglie di plastica. Se permettete un'altra osservazione, a mio parere usare la parola "biomassa" è un'offesa nei riguardi dell'infinita varietà di piante e animali di questo pianeta che non sono stati creati per farne bottiglie di plastica usa e getta."
Pensate che abbia detto veramente una cosa del genere? Ovviamente no. Sarebbe stato antipatico e offensivo nei riguardi di un gruppo di persone che stavano soltanto cercando di fare del loro meglio anche se, a mio parere, seguendo una strada sbagliata. Ho pensato queste cose, ma sono stato zitto. Finita la discussione, ho ringraziato e mi sono congratulato con tutti prima di andar via.
Tutto questo è avvenuto qualche mese fa. Non so se stiano ancora parlando di bioraffineria o se abbiano fatto qualcosa in proposito.
[I commentatori e i lettori che lo desiderano, possono elaborare dei post e inviarli a franco.galvagno.3@alice.it. Essi saranno presi in conto per un'eventuale pubblicazione con il nome dell'autore]
13 commenti:
La cosa mi spaventa molto.
1) Significa che siamo gia' a problemi seri con il petrolio a 90-100$. Quando sara' a 200 si chiude?
2) Spero che sia vero che i biocarburanti siano intrinsecamente non convenienti, o questi si buttano a pesce sulla cosa.
3) E nessuno ha avuto nulla da ridire. Ma se si arriva a proporre l'idrogeno, significa che anche i miei colleghi scienziati son messi male. Pur di "vendere" non ci si fa scrupoli di piazzare l'olio di serpente. Figurarsi a piazzare il cibo per fare bottiglie di plastica.
Antipatico e offensivo? Perché, di grazia? Mi gratto la cocuzza...
Gianni, quando questa storia è avvenuta il petrolio era a molto meno di 90-100$. L'era dell'usa e getta si chiude rapidamente, o così sembra
Perché antipatico e offensivo? Beh, avrei fatto la parte di quello che sa tutto lui e che vuole insegnare agli altri. Non mi andava. E poi, certe cose non si possono insegnare, bisogna che la gente le impari da se.
Mi sembra veramente che stimo raschiando il fondo (del barile stavolta), se è vero che questo dialogo è avvenuto quando ancora il petrolio stava molto più basso di adesso allora significa che ci sono già molti che sanno come andrà a finire, io non sono un dirigente di multinazionali; ma me lo posso immaginare. Forse la capacità di conservare la specie (la nostra) non stà nella capacità di adattamento ma nell'essere capaci di prevedere il cambiamento ai primi segnali e prepararsi; beh mi pare che non manchino. Volete che ci rovinino l'ultimo Natale di regali e abbuffate? Nooo teniamo tutto tranquillo sia mai che le gente comune capisca cosa sta succedendo.
Sarà una mia impressione ma a me sembra di avere visto che i prezzi delle automobili della fascia base, diciamo segmento utilitarie negli ultimi 5 anni circa è diminuito anche del 20% (confronto sullo stessa marca e modello), ho il sospetto che siano le grandi compagnie petrolifere a sovvenzionare i costruttori dato che il grosso del profitto deriva dai combustibili.
Se fosse vero che la disponibilità petrolifera non manca perchè il petrolio è arrivato a 100$ ?? Solo speculazione?
concordo pienamente
Quello che più mi spaventa è la mancanza di assunzione di responsabilità da parte della cosiddetta classe dirigente, non mi riferisco solo ai politici ma anche a grossi industriali, banchieri, finanzieri, economisti ecc.
Che imperterrita continua secondo un modello di sviluppo che prevede la crescita continua, e contemporaneamente denuncia l'esaurimento delle risorse e l'eccessivo peso antropico sul pianeta.
Invece di prendere atto delle difficoltà alle quali la nostra società dovrà prepararsi, escono con soluzioni vecchia maniera, nuove centrali, nuove strade, nuove costruzioni, ponti, alta velocità, tutte opere che richiedono sempre più energia e materie prime, non solo per la costruzione, ma poi per l'uso che se ne dovrà fare e per la manutenzione. Ho il tremendo sospetto che queste persone conoscano bene la situazione (più che un sospetto è una certezza visto che le informazioni come le ho raccolte io,le avranno meglio raccolte loro)ma per ragioni poco chiare evitino di prenderle in considerazione, in quanto contano il più possibile nel mantenimento dello status quo, a loro vantaggio. Mentre un'inversione di marcia aprirebbe forse nuovi scenari, quindi fin che dura.
Poi dopo di loro il diluvio.
Ma l'ottica del breve periodo è quella che impera in questi anni ricordiamolo.
Andrea De Cesco
Andrea, non dimenticare l'età media delle dirigenze. Quale credi che sia l'orizzonte di interesse temporale di un ottantenne? Non è un bel pensiero, lo so... però...
Credo che la mentalità "industriale" di fronte al problema della scarsità delle risorse sia soprattutto di questi tipi:
1. Non conoscenza del problema (nessuna idea dello scaling in gioco)
2. Percezione dell'esistenza del problema, ma rifiuto psicologico
automatico (tabù)
3. Conoscenza parziale del problema, liquidato con "eh ma non si può fare niente"
4. Conoscenza completa del problema, con la reazione di conquistare quanto più si può della torta, altrimento "altri lo farebbero"
5. Conoscenza del problema e comportamenti illuminati: pochissime realtà di nicchia. Questa specie risulta ad oggi trascurabile
Obiettivo: riusciremo mai a contribuire all'espansione di 5. , con la progressiva "demolizione" di 1-2-3-4 ?
Secondo me ci dovremmo chiedere cosa ci aspetta DOPO!
Sicuramente ci intorteranno come stanno facendo adesso; nessuno dirà mai, ragazzi tra una settimana il petrolio finisce.
Nooo lo vedremo andare a 150-200-250$ al barile, ma economia mondiale come se la caverà, paesi come l'italia che hanno il 90% del trasporto merci e privato su gomma, saranno in ginocchio, marcheranno i rifornimenti alimentari, beni di largo consumo.
Cosa succederà ?
a parte tutte le considerazioni interessanti fatte mi preme una questione, a me pare centrale.
nel post di Ugo si dice (con prudenza) 10 unità di energia fossile incorporate in una di bioomassa, idem nell'articolo di qualche settimana fa tradotto da Antonio Tozzi. Invece nel post di Marco Pagani, dedicato proprio ad analizzare il flusso di energia nell'agricoltura dei paesi ricchi, si propongono valori molto diversi. 1 a 10 per i prodotti zootecnici e 0,6 a 1 per i prodotti alimentari destinati all'uomo.
E' chiaro che il problema dell'insostenibilità della sostituzione petrolio/biomasse rimane, però il tema merita un approfondimento (magari nell'articolo che Pagani ha promesso).
Franco Noce
novamont già lo fa, con il mater-bi
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