giovedì, agosto 28, 2008

Il petrolio è uno di noi


Il modesto sottoscritto, Ugo Bardi ( a destra), discute animatamente con Roger Bentley, segretario di ASPO internazionale, in Irlanda nel 2007.

Il testo che segue è un esperimento letterario: una conferenza testuale detta davanti a un'udienza virtuale. L'idea nasce dai dibattiti in cui sono impegnato negli ultimi temi. Mi sono accorto che il dibattito parlato è sempre molto più ricco e più sofisticato del dibattito scritto sui vari blog e mailing list su internet. Questi ultimi, tendono rapidamente a scendere a insulti, battibecchi, infinite serie di botta e risposta che non sono utili a nessuno. Non che non possa capitare di insultarsi e prendersi a male parole in un dibattito faccia a faccia, ma è molto più difficile quando entrano in gioco tutti fattori di comunicazione non verbale: sguardo, atteggiamento, tono di voce. Entrano allora in azione i nostri "neuroni specchio" che portano la discussione su un miglior livello di comunicazione. Insomma, esiste un "arte della retorica" (retorica intesa in senso positivo, come la si intendeva nel passato) nel dibattito parlato che, putroppo, tende a sparire nel dibattito scritto.

Allora, ho pensato qui di fare una prova: scrivere un testo come se fosse un esposizione parlata. Mi sono ricordato di una conferenza che ho fatto qualche tempo fa, e mi sono ri-immedesimato in me stesso mentre parlavo. Così, ho scritto il testo di getto, come se parlassi all'udienza di quella volta. Non è esattamente lo stesso discorso che ho fatto quella volta, anzi, include cose nuove che per il momento non ho ancora detto in pubblico o scritto da nessuna parte.

Il risultato lo vedete qui di seguito. Non l'ho modificato o limato che in misura minima rispetto alla versione buttata giù di getto. Lo stile è molto diverso da quello che viene quando uno scrive pensandoci sopra. Ci sono ripetizioni, frasi spezzate, il filo del discorso non è perfetto. Però, mi è parso interessante provare e il testo che è venuto fuori ha una sua vitalità e un suo interesse. O, almeno, così mi sembra. Ditemi voi cosa ne pensate. U.B.



Buongiorno a tutti. Per prima cosa, vi ringrazio di essere qui oggi. Mi capita di parlare a vari tipi di udienze: scienziati, geologi, gente comune. Cerco di adattare il messaggio a seconda di chi ho davanti ma, di solito, però, posso parlare meglio se ho davanti delle persone che lavorano nelle aziende, persone che fanno cose pratiche.

Vedete, mi capita ogni tanto di essere intervistato in televisione. La domanda che mi fanno sempre è "professore, ma quanto petrolio c'è?" Non che la domanda non vada bene: è una domanda legittima. Merita una risposta e io credo di poterla dare; perlomeno approssimata. Il problema è che la faccenda non sta tutta in quanto petrolio c'è. E' uno dei parametri, certo, importante quanto si vuole, ma non il solo. Allora, in televisione hai 30 secondi e poco più. Se mi metto a spiegare le cose come stanno, non riesco a far passare il messaggio. Se dico semplicemente quanto petrolio c'è, non serve; non è quello il messaggio giusto. Di petrolio ce n'è ancora; è ovvio. Ma non è quello il problema. Il problema è la velocità alla quale lo consumiamo.

Sembra strano; sembrerebbe un messaggio semplice; eppure non si riesce a farlo passare: la cosa importante è quanto velocemente consumiamo il petrolio che rimane. Però, appena tiro fuori una cifra, tipo 1000 miliardi di barili, che è un valore approssimativamente giusto per le riserve rimanenti, allora tutti concludono che non c'è nessun problema, grazie professore, e ora intervistiamo il sig. Pasquale Capralunga, barista di Caltanissetta che ci spiega la sua ricetta del cappuccino al prezzemolo.

Ora, invece, oggi abbiamo più tempo. Allora, vi posso spiegare le cose un po' più in dettaglio e farvi notare certe cose che, sicuramente, sapete già, ma che forse non avete focalizzato bene.

Il petrolio è quello che chiamiamo una risorsa. Le risorse sono di tanti tipi; biologiche, minerali, finanziare, e anche umane, perché no. Il petrolio è una risorsa importante, certamente. Forse la più importante di tutti - certamente non potremmo vivere come viviamo oggi senza petrolio. Ma è una risorsa come le altre; ovvero si pone il problema di come gestire le risorse. Questa è una domanda che ci possiamo fare in termini molto generali: come ci gestiamo una risorsa qualsiasi?

Ora, tipicamente, quando ci facciamo questa domanda ci viene in mente di aprire un testo di economia per trovare la risposta. Penso che molti di voi abbiano studiato economia all'università. Io no, io ho studiato chimica, ma già da qualche anno mi sono messo a studiare l'economia. E' una cosa molto interessante. Mi sono preso in mano i libri di testo di scienze economiche per il primo e il secondo anno di università. Li ho trovati assai noiosi, ma questo credo che sia inevitabile. Non so perché ma i libri di testo sono sempre noiosi. Anche i testi di chimica sono noiosi. Anzi, molto peggio. Poi, la chimica è una cosa interessantissima quando la si mette in pratica, come lo è anche l'economia quando la si mette in pratica, ma non è questo il punto.

Allora, se cercate su un libro di testo di economia come ci dovremmo gestire una risorsa, che so, una miniera di rame o un pozzo di petrolio, non ci trovate scritto niente. Ci sono tanti ragionamenti su come le ditte e gli individui ottimizzano i loro ricavi in un libero mercato. C'è tantissimo sul meccanismo dei prezzi che, infatti, è quello che permette di ottimizzare tante cose, la produzione, eccetera. Ma come gestirsi un pozzo di petrolio, ovvero a che velocità estrarlo, cioè se estrarlo in fretta oppure un po' per volta. Beh, su quello non c'è scritto quasi niente.

E invece il problema c'è e andrebbe considerato. Per esempio, sapete che i pozzi di petrolio del Mare del Nord sono entrati in produzione nei primi anni '80. Quelli che li gestivano hanno fatto una cosa molto semplice: produrre finché ce n'è, alla massima velocità possibile, e non importa i prezzi di mercato. Questa è stata una cosa piuttosto stupida, perché hanno estratto e venduto il petrolio durante tutto il periodo in cui costava poco, circa dal 1985 al 2000. Cioè, non hanno pensato di aspettare un po'. Oggi il petrolio costa tanto, ma i pozzi del Mare del Nord sono in declino. Hanno fatto una bella scemenza. Gli inglesi se ne sono accorti. Lo ha detto anche il primo ministro Gordon Brown; certo, se avessimo aspettato un po' a estrarre, ha detto, oggi potevamo fare un bel po' di soldi; ma non potevamo prevedere che i prezzi sarebbero andati come sono andati. Che genio. Verrebbe voglia di dirgli, ma togliti quella bistecca di maiale che hai sugli occhi! Quello che sta succedendo oggi era previsto già dal 1998; vi posso dare il riferimento bibliografico dell'articolo su "Science" che lo diceva. Magari ci potevi non credere, magari dicevi che altra gente ti aveva detto altre cose. Ma proprio dire che non si poteva prevedere, mamma mia; è darsi di imbecille da solo. Magari si diverte così, magari è uno di quei masochisti che gli piacciono le cose che gli fanno schifo. Ma lasciamo perdere.

Allora, sui libri di testo di economia si parla molto di ottimizzare la produzione, e ci sono dei modelli matematici anche molto raffinati per questo. Ma quando si va a vedere cosa succede nello sfruttamento delle risorse, che non è la stessa cosa di condurre un'industria, molto spesso quello che succede è molto semplice: produrre sempre al massimo possibile, qualunque cosa succeda. Non è semplice: è rozzo, è una cosa brutale e stupida. Vi faccio un esempio. Sapete tutti delle difficoltà che hanno i pescatori negli ultimi anni. Le rese di pesca diminuiscono, questo è perché si è pescato tanto e ci sono meno pesci. Allora, cosa fa la commissione europea? Finanzia i pescatori perché si comprino delle barche più grosse, armate di radar e altre attrezzature sofisticate. Così possono pescare di più anche con meno pesci in mare. Si, ma così finisce che fanno uno sterminio di pesci anche peggiore. Poi tornano dalla Commissione Europea a lamentarsi. E ora? Cosa fanno quelli della commissione europea? Gli danno una portaerei nucleare? Così sono sicuri che tutti i pesci che potevano pescare li pescano buttando in mare una bomba atomica. Si faceva nel dopoguerra di pescare nel fiume buttandoci dentro una vecchia bomba a mano. Dopo, però, di pesci non ne trovavi più per un pezzo. Per fortuna, ora questi si contenteranno di sussidi, ma ormai il danno è fatto.

Questo fatto delle pescherie, traduzione del termine inglese "fisheries", in realtà è cosa ben nota. Già l'aveva capito un economista che si chiamava Gordon nel 1953. Aveva pubblicato degli articoli dove spiegava come si sarebbe duvuto gestire una pescheria per non fare quel tipo di disastri che sono stati fatti negli ultimi tempi. Ma nessuno gli ha dato molta retta, perlomeno in pratica. Non so, voi che avete studiato economia, avete sentito nominare Gordon, inteso come economista - non Flash Gordon, quello dei fumetti? No, infatti, lo conoscono in pochi. Nei libri di testo dell'università non compare. O perlomeno io non ce lo ho trovato.

Eppure, Gordon aveva detto delle cose semplicissime. Addirittura banali. Credo che sia stato il primo a parlare del concetto di "maximum sustainable yeld", ovvero "massima resa sostenibile". Gordon si era accorto che i pescatori non hanno veramente controllo di quanto pescano. Quando gli capita un pesce, diciamo, una balena, devono pescarla. Se non la pesca chi l'ha vista per prima, la pescherà un altro. Non la può tenere da parte; non la può conservare. Deve venderla al prezzo che il mercato da; qualunque sia. Questa è la ragione, dice Gordon, per la quale i pescatori sono di solito poveri. Non so se avesse letto "I Malavoglia" di Verga, non credo, ma il concetto è quello.

Allora, quello che succede quando tutti pescano tutto quello che possono è che alla fine non ci sono più pesci. I pesci si esauriscono, proprio come il petrolio e le curve per la caccia alla balena dell'800 sono come quelle della produzione del petrolio. Ci sono tante somiglianze; incluso il fatto che quando si comincia a essere in difficoltà con la produzione si cerca di rimediare con grandi investimenti e grandi tecnologie per produrre di più. Ma nessuno si accorge che più produci, prima esaurisci quello che stai producendo. Questa cosa la chiamiamo "sovrasfruttamento", che è un termine che usano gli ambientalisti, ma in realtà viene dall'analisi economica che avevano fatto Gordon e altri molto tempo fa. Probabilmente vi viene in mente a questo punto la storia di Garrett Hardin; la sua "tragedia dei commons". E' la stessa cosa, ma Hardin non era un economista. Era un biologo e non sapeva che Gordon era venuto prima di lui. Per la maggioranza degli economisti di oggi, o comunque per i politici che di solito danno retta agli economisti, comunque, nè Gordon nè Hardin hanno molta importanza. Altrimenti non si pagherebbero i pescatori per comprare navi più grosse e più belle e così esaurire più in fretta i pesci.

Allora, vedete che l'economia intesa come quella che si legge nei libri di testo non ci aiuta molto a capire come si deve gestire una risorsa, ovvero a sfruttarla nel modo migliore possibile e evitare di ritrovarsi dei pescatori senza più pesci da pescare. Certo, quando si parla di sfruttamento delle risorse, tutti pensano che sia un problema economico e, in effetti, lo è. Ma, nella pratica, gli economisti non ci hanno messo sopra molta attenzione e del resto neanche i politici e neanche i pescatori. Eppure sono i primi a rimetterci. Ma, si sa, la gente preferisce il guadagno immediato al guadagno futuro. Peschiamo oggi finché ci sono pesci, estraiamo oggi il petrolio finché ce n'è. Il governo inglese degli anni '80 e '90 ha fatto la stessa fesseria con il petrolio che hanno fatto i cacciatori di balene dell'800.

Questa cosa della preferenza per il guadagno immediato non è che non esista in economia. Esiste, e ci hanno ragionato sopra i grandi economisti dell'800 e poi un signore che si chiama Hotelling, che probabilmente avete sentito nominare, ci ha fatto un modello, anzi una regola, che prende il suo nome: la regola di Hotelling. Ci dice che, in teoria, uno che ha un pozzo di petrolio dovrebbe centellinare l'estrazione in modo da lasciarsi sempre qualcosa per il futuro. Questo è determinato da quello che si chiama la "funzione di discount", ovvero dal fatto che la gente preferisce il godimento immediato di un bene rispetto a un godimento futuro. Questo è ovvio, ma la funzione di discount lo quantifica. Secondo Hotelling, uno dovrebbe estrarre petrolio piano piano in modo da tenere costante la resa economica mediata dalla funzione di discount. Anche su questo, ci sarebbero tantissime cose da dire, soprattutto nel fatto che la funzione di discount che si usa in economia ha probabilmente poco a che vedere con quella "vera" che sta nella testa della gente.

Nella pratica, la gente non ha centellinato per niente i beni esauribili. La funzione di discount che hanno in testa, forse, è molto più ripida di quanto gli economisti non dicano. Ovvero, la gente preferisce molto di più una soddisfazione immediata. Appunto, il governo inglese ha ragionato per i pozzi del mare del Nord come ragionano i bambini davanti a una torta: me la mangio tutta subito, poi si vedrà se mi viene il mal di pancia.

Allora, dato che l'economia non ci aiuta molto; vorrei invitarvi a considerare il problema da un altro punto di vista. A volte, cambiando punti di vista, certe volte i problemi che sembrano impossibili diventano semplici. Se non abbiamo una buona teoria economica per la gestione delle risorse, beh, in fondo è comunque una questione di gestione. Gestione è quello che chiamiamo anche "management" ed è un settore scientifico che ha le sue università, le sue riviste, la sua teoria, eccetera. Il management è una cosa molto più pratica e diretta della scienza dell'economia, che spesso si perde in strane teorie che magari alla fine non servono a nulla. La teoria del management si pone esattamente il problema che ci poniamo ora: come gestire al meglio le risorse, che qui si intendono principalmente come risorse umane.

E' proprio questo il punto. Se cominciate a pensare in termini di risorse umane, vedete che ci sono dei metodi di gestione che sono sostenibili - come diremmo per delle risorse economiche. I vostri collaboratori, li volete gestire in modo che diano il meglio, ma non li volete far lavorare 16 ore al giorno e poi, quando cascano morti, li sostituite. Non li volete gestire come si gestiscono oggi i pozzi di petrolio. O magari anche le pescherie oceaniche.

Una volta che cominciate a ragionare in questo senso, vedete i punti di contatto fra la gestione delle risorse economiche e quella delle risorse umane. C'è gente che gestisce i propri collaboratori come se fossero risorse economiche. Li sfrutta e poi li butta via. Hitler faceva così con i soldati tedeschi. A Stalingrado, ha detto, resistete fino all'ultimo uomo! Appunto, li ha gestiti come se fossero pozzi di petrolio. E quelli, poveracci, non avevano altra scelta. Ma, visto come è andata a finire, la strategia di Hitler non è molto efficace, su questo credo che siate daccordo. Poi i Giapponesi hanno inventato i Kamikaze, che non sono stati molto più efficaci; e nemmeno i kamikaze di oggi.

Ora, io credo che il fatto che le risorse umane vanno gestite in un certo modo sia chiaro a tutti, a parte Hitler, i Giapponesi e certi Mollah. Vale a dire che i vostri collaboratori non vanno sovrasfruttati. Non vanno gestiti come kamikaze. Vanno gestiti in modo tale che siano contenti di fare quello che fanno. Credo che fosse chiaro anche in epoche storiche. Per esempio, certe volte nei film si vedono gli egiziani che costruivano le piramidi - si vedono i soldati del faraone che frustano gli operai che portano i pietroni in cima. Questa è proprio una scemenza. Non so quanto sia difficile costruire una piramide, ma non credo proprio che sia una cosa facile. Se quelli devono stare tutto il giorno a portare pietroni sotto il sole, se anche li prendi a frustate, non è che li portano meglio. Anzi. Gli archeologi hanno scoperto dei dati che dicono che i costruttori di piramidi erano persone libere e orgogliose del loro lavoro. E' lo stesso per quelli che remavano nelle galee. Nei film, li prendono a frustate per farli remare. Ma se quello deve remare, se lo prendi a frustate non rema meglio. Anzi, rema molto peggio. Da quello che si sa, gli antichi galeotti erano ben nutriti e ben trattati. Erano atleti come quelli che oggi fanno le olimpiadi e nessuno oggi si sognerebbe di frustare i centometristi per farli correre più forte. Non funziona così.

Ora, se passate da un aeroporto ci troverete quasi sempre uno scaffale nella libreria dove ci sono i libri che vi insegnano a essere un buon manager. Non ci troverete mai un libro che vi insegna come gestire le risorse economiche, non so, una miniera o un pozzo di petrolio. A parte questo, questi libri mi sembrano un po' tutti uguali. Non che siano fatti male - anzi, ci mettono molto impegno a spiegarti come diventare un manager in un minuto. Questo del manager in un minuto c'è in tutti gli aeroporti da anni, tanto che, un pezzo per volta, me lo sono letto tutto senza comprarlo. Ho risparmiato qualcosa. Tempo fa, me ne sono comprato uno che si intitolava "Le tecniche di management di Attila l'Unno" o qualcosa del genere. Beh, era divertente e, alla fine dei conti, diceva le stesse cose di quello del manager in un minuto. Mi sembra che dicano più o meno tutti le stese cose.

Tutto quello che dicono questi libri, bene o male, è "non sovrasfruttate le vostre risorse" ovvero i vostri collaboratori. Con questa regola, magari ci potrei scrivere un libro "il manager da tre secondi" e magari la trovate negli aeroporti. Chissà. Ma, scherzi a parte, credo che qui stia la chiave di volta di tutta la faccenda della gestione delle risorse naturali: "non sovrasfruttatele" .

Questo era quello che vi stavo dicendo fin dall'inizio. In fondo, è una cosa semplicissima, ma ce ne rendiamo conto se ci liberiamo di una certa sovrastruttura che ci arriva dalle scienze economiche. Vi ricordate il postulato di fondo: quello della massimizzazione della funzione utilità. Ovvero si suppone che gli operatori cerchino il loro massimo beneficio immediato. Ovvero, detto meglio, il massimo beneficio mediato dalla funzione di discount. Proprio quello è il nocciolo della scienza economica e proprio quello è la cosa che ci fa sfruttare male le risorse. E' un principio che non dobbiamo applicare, sottolineo proprio questo; non lo dobbiamo applicare. Altrimenti finisce che cerchiamo sempre questo massimo beneficio immediato e sovrasfruttiamo le risorse. Allora succedono i disastri che sappiamo e quelli che verranno. Dobbiamo pensare a sfruttare la risorsa a lungo termine. A sfruttarla al suo livello di maximum sustainable yield. Al diavolo la funzione discount. Proprio come sfrutteremmo un collaboratore prezioso; uno che è motivato e dedicato, uno che ci aiuta nel nostro lavoro, uno che non dobbiamo controllare tutte le mattine se ha timbrato il cartellino.

Ovviamente, per certe risorse, il maximum sustainable yield è zero. Questo è il caso del petrolio che ci metterà milioni di anni per riformarsi dopo che lo abbiamo bruciato. Lo sovrasfruttiamo a qualunque ritmo di estrazione. Ma, anche qui, c'è sovrasfruttamento e sovrasfruttamento. Di petrolio, come dico sempre in tv, ce n'è tanto. Se lo usassimo con parsimonia, durerebbe ancora molto, molto a lungo. E' una questione di parsimonia. Ma se questo si può dire per le risorse umane, non si può dire per le risorse naturali. Peggio che l'eresia al tempo dell'inquisizione. Colin Campbell, il fondatore di ASPO, ha provato a dirlo per il petrolio proponendo una cosa che ha chiamato "protocollo del petrolio". L'idea era di sfruttarlo con parsimonia per farlo durare di più. Per carità! Gli hanno dato di folle criminale. Il petrolio va sfruttato fino all'ultima goccia e alla massima velocità possibile. Poi, quando sarà finito, qualche santo sarà. Poi, appunto, viene fuori Gordon Brown e dice "Toh... il petrolio sta finendo. Non lo potevamo prevedere...."

Allora, ci possiamo domandare: come mai questo fatto che non dobbiamo sovrasfruttare i nostri collaboratori è ovvio, e ci sono libri interi negli scaffali degli aeroporti a raccontarcelo, mentre che non dobbiamo sovrasfruttare le risorse non è affatto ovvio. Non solo non ci sono libri negli aeroporti a spiegarlo, ma tutti dicono esattamente il contrario - ovvero "estraiamo sempre più petrolio" o "peschiamo sempre più in fondo e di più"?

Beh, questo me l'ha spiegato mia figlia che studia neurologia. Mi ha raccontato di una cosa che si chiama "neuroni a specchio". Non so se avete mai sentito nominare i neuroni a specchio che sono una struttura che sta nel nostro cervello. L'ha scoperta principalmente un signore dell'università di Parma che si chiama Rizzolatti. Ha fatto una grande scoperta. E' una cosa interessantissima, tanto e vero che sono stato anche a Parma a trovarlo, Rizzolatti. Veramente un lavoro bello, di quelli che cambiano il mondo; meglio detto che cambiano il modo in cui vediamo il mondo.

Allora, tutti noi abbiamo una parte specifica del cervello che serve solo a "specchiare" le azioni degli esseri umani che ci circondano. Ovvero, se io muovo la mano, così come la sto muovendo ora; mi gratto la testa, per esempio. Nel vostro cervello, i neuroni specchio si stanno attivando esattamente come se anche voi vi grattaste la testa. Questo si chiama specchiare in neurologia. Per uno come me che si diverte a fare modelli matematici, si chiama modellizzare. Quando fai un modello, il computer specchia la realtà in un programma che sta nel suo processore; il vostro cervello specchia i vostri vicini in una struttura neuronica apposita.

L'esistenza dei neuroni a specchio probabilmente è il risultato di milioni di anni di evoluzione. Ce li hanno anche le scimmie e, se ho capito bene, anche i cani e gli uccelli. Ma gli esseri umani ce li hanno di più e migliori. Se non avete i neuroni a specchio, siete degli autistici. Non capite le intenzioni di chi vi sta intorno, vi muovete come il classico toro nel negozio di bicchieri di cristallo. Ma la vita dell'autistico è molto difficile. Gli altri esseri umani sono le vostre migliori risorse e anche i vostri peggiori nemici. Dovete capirli, modellizzarli, altrimenti non avete scampo. Se siete un manager e i vostri neuroni a specchio non funzionano, siete un pessimo manager. Avete bisogno di capire, di modellizzare chi vi sta intorno. Altrimenti, tenderete soltanto a sfruttarli, a farli lavorare finché non cascano morti. Li tratterete come Hitler ha trattato i suoi soldati a Stalingrado e vedete come gli è andata a finire. Li tratterete come se fossero dei giacimenti di petrolio e, infatti, i neuroni a specchio non funzionano per il petrolio.

Questo è forse il nocciolo del problema che abbiamo. Non abbiamo strutture neuroniche che ci permettano di specchiare, ovvero modellizzare le risorse inanimate che ci circondano. Per questa ragione, non riusciamo a gestirle decentemente. Non solo non le gestiamo bene, le distruggiamo una dietro l'altra, proprio come il toro che attraversa a tutta corsa il negozio di bicchieri. Il toro forse ha dei neuroni a specchio, ma se ce li ha funzionano per le mucche e altri tori, non per i bicchieri di cristallo.

Ci vorrebbero dei neuroni a specchio per gli alberi, i prati, le balene e anche per i pozzi di petrolio. Non so se ce li abbiamo, i dati di Rizzolatti non sembrano dirci che ci sono. Ma c'è chi ha chiamato i neuroni specchio in "neuroni Dalai Lama", ovvero i neuroni che ci danno empatia verso quello che ci circonda. Parlando del Dalai Lama, ci viene in mente che nel buddismo si rispettano anche le creature non umane e anche le creature inanimate. Forse, i neuroni specchio per tutto il pianeta ce li abbiamo tutti. Forse sono solo un po' atrofizzati da troppi libri di teoria economica. Con un po' di esercizio, chissà che non li si possano rimettere in forma e utilizzare.

Allora, arrivati alla fine di questo discorso, credo di avervi presentato il problema da un lato che forse non avevate considerato. Gestire le risorse naturali come se fossero risorse umane. A me sembra una buona idea, e ve la sottopongo. Certo, bisogna metterla in pratica. Può darsi che valga la pena di considerare il petrolio come se fosse uno di noi. Chi lo sa, forse così le cose funzionerebbero meglio.

19 commenti:

Anonimo ha detto...

Il contenuto è interessante e condivisibile, la forma non altrettanto. Temo che parlare ad un uditorio e scrivere un articolo richiedano necessariamente stili differenti...

Anonimo ha detto...

Concondo con il sig. Paolo.

Alla fine prof. Bardi quello che credo interessi alla gente (che in qualche modo è sensibilizzata al problema, la maggioranza credo sia presa da altre cose) penso sia capire più chiaramente possibile

1-. al ritmo attuale di sviluppo quanto petrolio resta e a quali costi;
2-. praticamente questo cosa comporta e cosa succederà nei prossimi 10-20 anni con ragionevole certezza;
3-. cosa può sostituire il petrolio (se può)e come o con che conseguenze e quando;
4-. scenari come quello descritto dal film "the oil crash" (ad es. il totale della popolazione che la terra è in grado di sostenere senza petrolio)è solo terrorismo o c'è un fondo di verità e se si quale?
5-. cosa può fare il singolo?

Domande fondamentali che necessitano risposte chiare e coincise per quanto possibile.

Valdo

dandaworld ha detto...

Quando ho letto il titolo di questo post mi sono chiesta che senso avesse. Invece sono riuscita a leggere fino in fondo l'articolo e per me è stato efficacissimo e in alcuni tratti anche divertente! Non me ne voglia se le confesso che a volte leggo solo pochi paragrafi iniziali dei lungi articoli di Aspo Italia.
Purtroppo per me a volte questi sono troppo tecnici e un po' mi perdo... ma posso ammettere che seguo il blog costantemente. Oltre a notizie tecniche lo apprezzo anche molto per gli insegnamenti di vita. In fondo non solo il petrolio è uno di noi ma noi siamo, come lui, parte della natura e dobbiamo comportarci (purtroppo forse iniziamo solo adesso) come facenti parte di un sistema da sé equilibrato.

Anonimo ha detto...

Il discorso è molto interessante e poche volte ho sentito riflessioni su questo tema. Secondo me il problema è che la gente non sa nemmeno cosa sia il picco del petrolio e un discorso così non lo convincerebbero per niente, bisognerebbe partire dalle basi....

Però se il suo intento era di spiegare la gestione delle risorse è un buon testo.

Anonimo ha detto...

"5-. cosa può fare il singolo?"
Me lo son chiesto spesso anche io. Differenzio minuziosamente la spazzatura, preferisco mangiare vegeriano, riduco l'uso dell'auto al minimo indispensabile preferendo la bici, non spreco acqua, luce e gas, riscaldo l'acqua sanitaria col sole...e altre cose. Ma so che è poco. Non ho la possibilità tecnica di installare pannelli fotovoltaici e non ho la possibilità economica di andarmene a vivere in una casa in campagna. Non sono in grado di sensibilizzare il condominio...
Mimmo.

Anonimo ha detto...

PROFESSORE, come la mettiamo con le teorie economiche che ci dicono che se ognuno pensa a se stesso automaticamente contribuisce alla crescita di tutti? dobbiamo invece dire e fare.. meno, consumare meno, mangiare meno e tante altre cose ...meno

Anonimo ha detto...

Riflessione interessante, ma che non concordo del tutto.
io ci andrei piano a dire che bisogna gestire le risorse naturali come quelle umane. Non mi sembra che di questi tempi siano gestite gran chè bene, lo sfruttamento imperversa, sono forse gestite bene le risorse dei call center? e i raccoglitori di banane? e i lavoratori del tessile nei paesi in via di sviluppo 8e non solo)?
tanto più che personalmente ho sempre mal sopportato la dizione "risorse umane", all'ufficio risorse umane preferivo il vechcio "ufficio personale".
Siamo persone e non risorse, quello che sta avvenendo nel mondo del lavoro è, dopo forse in parte un certo strapotere della "massa", quello di essere considerati solo una risorsa e forse per questo sempre più sovrasfruttata.

non è certo il mio caso personale, ma se ci pensiamo bene è così.
quando la "risorsa lavoro" scarseggia, la risorsa umana è più facilmente ricattabile e anche sfruttabile.

Capita addirittura di sentire dire che in fondo i bimbi lavoratori di certi paesi siano un male minore perchè così almeno "portano ricchezza alle famiglie".

Anonimo ha detto...

Credo che abbia ragione Beppe Grillo quando dice che le persone, almeno in Italia, vengono sfruttare lavorativamente perchè non c'è in realtà lavoro qualificato. Sulle risorse naturali direi che invece vengono sfruttate malamente perchè c'è la perversione dei consumi, dobbiamo circondarci di oggetti sempre nuovi e sempre più velocemente, ai ritmi imposti dalla pubblicità. Come dice Odifreddi, aboliamo la pubblicità, poi diminuiranno anche i consumi di risorse.
Prima di "frequentare" il blog e il sito di Aspoitalia non mi ponevo il problema della sostenibilità della crescita, ora non riesco a vedere come ne possiamo uscire senza le ossa rotte. Quando ne parlo, la domanda che mi sento porre più spesso è: ma succederà quando ci sarò ancora? In definitiva c'è una visione abbastanza egoistica, forse una paura di soffrire. In una società forzata dai tempi è importante dare delle date. Poi chi vuole intendere intende...
Inoltre qual è il sistema economico, sociale, governativo migliore che può fronteggiare la crisi? Considerando che l'Europa è sovrappopolata che facciamo?
Ho letto il post precedente sui due scenari, ma quello ottimistico mi sembra statisticamente irrealizzabile: è più facile piombare nel caos che nell'ordine di una società energeticamente indipendente dai fossili. E' vero che abbiamo una tecnologia più avanzata di qualche millenio fa ma la struttura cerebrale è la stessa, quindi tornare a scannarci non è un'ipotesi così remota.
A proposito, la frequenza degli ultimi incidenti aerei è da imputare indirettamente ai tagli operati dalle compagnie aeree a causa del caro-carburante?

stefano ha detto...

credo Prof. che ne usciremo solo quando ci accorgeremo che non si può fare altrimenti..
nella storia dell'umanità i cambiamenti non avvengono per spinte ambientaliste o società filantropiche ma solo di fronte al baratro..
sono fuori tema ma volevo segnalare che probabilmente domani l'artico toccherà il minimo di estensione dei ghiacci registrato l'anno scorso..e il record (negativo e dalle caratteristiche singolari) verrà probabilmente battuto più volte in settembre.
ciao,
stefano

Vernetto ha detto...

penso che Ugo si riferisse a "I segreti della leadership di Attila l'Unno" (Leadership Secrets of Attila the Hun: A Metaphoric Primer) di Roberts Wess. Un titolo accattivante.

Unknown ha detto...

Ho studiato economia per gli anni dell'università. Ero bravino, mi piaceva, ed avevo pensato di rimanere in università. Un professore mi ha molto gentilmente fatto notare che bisognava essere "raccomandati".
Dico questo per introdurre un'altro concetto: IL MODELLO ECONOMICO DETERMINA LE SCELTE POLITICHE. E' evidente che la stessa università tende a disincentivare chi è critico nei confronti del modello economico neoclassico, del "laissez faire"... della mano invisibile. Provo a spiegarmi meglio: perché non esiste una teoria economica sulla distribuzione della ricchezza? Perché il problema della proprietà delle risorse naturali (e del loro sfruttamento efficiente) non è messo in discussione? Il VALORE della risorsa petrolio quant'è? Sappiamo che il prezzo si forma sul punto di equiilibrio tra domanda e offerta... fin'ora c'era più offerta che domanda... quindi detratti i costi di estrazione tutto quello che avanzava era "plusvalore" o extraprofitti... perché il valore intrinseco di una materia è zero (se non c'è domanda).... assurdo? .... Professor Bardi, mi piacciono molto questi ultimi post sull'economia, sui beni comuni e sul valore delle risorse...
Arrivo ai due punti. Il primo: dietro un modello economico ci sono molti interessi economici. Il secondo: le scelte politiche sottostanti possono avvantaggiare alcuni piuttosto che altri.

A questo punto però temo che il passo successivo sia complicato...
confido lei sappia mantenere un punto di equilibrio per non scivolare nelle ideologie che hanno caratterizzato il '900.

Ho provato a fare un esperimento di un diverso approcio all'economia nel post: http://marcoedaria.blogspot.com
/2007/12/per-una-nuova-teoria-economica.html

penso che sia in linea con quello che sta cercando... e che non sta trovando sui libri di testo.

M.

Ugo Bardi ha detto...

Grazie per tutti questi commenti. Evidentemente stiamo toccando argomenti di grande interesse e molto fondamentali nel nostro rapporto con le risorse e come sfruttarli. Effettivamente, a volte gli esseri umani sono sfruttati ancora peggio del petrolio; nonostante tutto quello che si legga sui libri di management degli aeroporti. Eh, beh.... ho il dubbio che non sia il modo più efficiente di gestire la gente, ma c'è chi lo fa. Ha a che fare con il gigantismo di certe strutture. Con tutta la buona volontà, non abbiamo trovato ancora un buon modo per gestire un gruppo di più qualche decina di persone. E più sono, più è difficile. Per esempio, gestire una superpotenza è impossibile; vedi le fesserie che entrambe hanno fatto e stanno facendo.

Ugo Bardi ha detto...

Anche molto interessante il commento di Danda. Forse mi sono gasato un po' troppo a cercare di fare il letterato, ovvero a cercare nuove forme stilistiche. Non so, tipo Gertrude Stein (una rosa è una rosa è una rosa). Ma mi sto sempre più rendendo conto della superiorità della lingua parlata rispetto alla parola scritta. Dice Danda che spesso non legge fino in fondo i post; in effetti non so quanti li leggano veramente. Però so che se quel discorso che ho scritto lo avessi fatto veramente davanti a un udienza appena appena ricettiva; non si sarebbero persi una parola. E' possibile gestire un testo in modo che approssimi un discorso parlato? Difficile a dirsi; questa era una prova. Vedo che non è piaciuto a tutti, per cui capisco che non è facile. Ma la vita è tutta un tentativo.

Ugo Bardi ha detto...

A proposito di esperimenti letterari, ricevo da Quesalid un documento che contiene questo paragrafo di Samuel Beckett che mi sembra pertinente a commento del mio tentativo.

“ e in verità sta diventando per me sempre più difficile, addirittura insensato, continuare a scrivere
nell’inglese ufficiale. e sempre più questo mio stesso linguaggio m’appare come un velo che deve essere squarciato per arrivare alle cose (o al niente) che c’è dietro. Grammatica e Stile. Mi sembra che siano diventati altrettanto irrilevanti dei completi da bagno vittoriani o della imperturbabilità di un perfetto gentiluomo. una maschera. speriamo che arrivi il momento…nel quale il linguaggio sia usato nel modo più efficiente quando sarà più efficientemente non utilizzato. ma siccome non possiamo eliminare il linguaggio in una sola volta, non dovremmo lasciare niente di intentato che possa contribuire a screditarlo. scavare in esso un buco dopo l’altro, finchè ciò che si nasconde dietro – sia esso qualcosa oppure niente – cominci a
trasparire. io non riesco ad immaginare una meta più alta per uno scrittore d’oggi”

Anonimo ha detto...

Mi complimento con il Prof. Bardi per questa esposizione. Ciò che non deve mancare, come questo scritto testimonia, è la chiarezza dei concetti e il raggiungimento dell'obiettivo: che l'ascoltatore comprenda.

Io personalmente ho compreso, e condivido anche.

Purtroppo però, devo riscontrare come il bellissimo "modello di Bardi" si discosti drammaticamente dal modello attualmente in uso. Oggigiorno si tende a sfruttare le risorse umane nel modo peggiore (e, ahinoi, soprattutto quando il lavoratore è qualificato, peggio ancora se laureato... per non dire ingegnere!). Non si prende esempio da pratiche virtuose di gestione, da trasferire eventualmente alle risorse naturali. Casomai il contrario: la nostra classe dirigente vede che la massimizzazione del profitto funziona. Si succhia a breve termine tutto ciò che si può, poi si passa alla prossima risorsa. Lasciando il nulla dietro di sé, dal punto di vista umano e ambientale.

Io sto cercando di capire se posso fare qualcosa per interrompere, nel mio piccolo, questo circolo vizioso. Non tollero lo smodato arricchimento di pochi a danno di quasi tutti, né il sovrasfruttamento, che ormai pare essere il solo modello attuato, salvo rare eccezioni.

Ma che si può fare???

Anonimo ha detto...

Giacomo Rizzolatti ha svolto un'altra interessante ricerca. A parte l’uomo, solo pochissimi animali hanno le caratteristiche fisiche e le capacità mentali per utilizzare uno strumento. Tra questi, le scimmie. Ma come fanno i primati ad apprendere l’uso di uno strumento?

I suoi studi ci dicono che il cervello usa il trucco di considerare lo strumento come fosse parte del proprio corpo. Alcune ricerche precedenti avevano mostrato che le azioni della mano vengono controllare da un’area del cervello chiamata F5.
Egli ha registrato l’attività cerebrale di due macachi dopo che avevano appreso ad afferrare il cibo con delle pinze. Ha documentato l’attività nell’area F5 e in un’area chiamata F1 che a sua volta è implicata nella manipolazione di oggetti.

Ha scoperto che vi era la stessa attività cerebrale sia quando le scimmie afferravano il cibo con l’ausilio delle sole mani che quando usavano le pinze: l’attività neuronale viene trasferita dalle mani allo strumento, come se lo strumento fosse la mano e la sua estremità fossero le dita. Inoltre Rizzolatti mette in evidenza il fatto che l’area F5 è ricca di neuroni specchio, da lui scoperti in precedenza, che si eccitano sia quando si svolge un’azione sia quando si osserva un altro individuo che attua la stessa cosa.

Le scoperte, secondo Dietrich Stout, un archeologo specializzato nell’uso di strumenti ci dicono che “chiaramente, l’uso degli strumenti da parte delle scimmie implica l’incorporazione degli strumenti nello schema corporeo, letteralmente una estensione del corpo”.

La scimmia quindi non sa distinguere tra le proprie mani e lo strumento che utilizza, considerando quest’ultimo come una vera e propria estensione del corpo. Questo mi ricorda ciò che disse Marshall McLuhan a riguardo dei media e degli strumenti come estensioni di noi stessi. Ma il fatto che un oggetto esterno venga considerato come nostro è a mio parere sintomo dell'incorporazione nell'ego del mondo esterno, cioé il fenomeno per cui ci prendiamo la libertà di divorare le risorse del pianeta ai nostri fini. Nel momento in cui ci osserviamo in profondità possiamo capire che non ci serve altro e che, come Buddha e innumerevoli altri saggi ci hanno suggerito, noi siamo già il Tutto.

L'estenderse se stessi verso gli oggetti esterni forse è solo un pallido riflesso sul piano dell'ego della Grande estensione.

Anonimo ha detto...

Temo che nelle facolta' di economia sia un po' difficile studiare un certo libro che aiuterebbe molto a capire il funzionamento della nostra economia....Karl non e' particolarmente simpatico a chi detiene le redini del mondo: ma ricordiamo sempre che egli è stato il fondatore del socialismo scientifico e per chi ha una cultura scientifica, non dovrebbe essere difficile afferrare i concetti che sono alla base del suo lavoro.

Anonimo ha detto...

p.s. Tra i concetti piu' interessanti di Karl Marx, vi e' quello di cervello sociale. Singolarmente non possiamo pretendere di conoscere le soluzioni ottimali per risolvere problemi complicati (e complessi). Ma mettendo assieme le migliori intelligenze che perseguono il bene comune, tale fine puo' essere raggiunto. Questo era in fondo il partito, di cui Marx parlava ed in un certo senso, anche i commentatori di questo blog ne fanno parte.
Non possiamo pretendere che a risolvere la crisi sia chi e' stato scelto in base ad una crocetta apposta su un foglietto qualche anno fa, magari convinto da una pubblicita' come quella del Dash. La democrazia è un'altra cosa: è il governo di tutti a vantaggio di tutti. Quella di oggi e' piu' che altro una plutocrazia, la forma deteriore di governo secondo i saggi fratelli dell'antica Grecia.

Anonimo ha detto...

Per Ivo Quartioli:
prova a leggere questo articolo.

http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/19/genesi_uomo_industria.htm