venerdì, marzo 16, 2007

Il Picco e l'Unione Sovietica

Riceviamo da Eugenio Saraceno questo interessante post di soggetto geopolitico. Per approfondire l'argomento degli effetti del picco del petrolio sull'economia sovietica, si veda per esempio un articolo di Douglas Reynolds e una presentazione di Marek Kolodzej.

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Riflessioni sulla transizione dell'economia pianificata sovietica verso l'economia di mercato, le conseguenze del picco della produzione di risorse.

Eugenio Saraceno
eugeniosaraceno@yahoo.it

Quando si discute dello stato ad oggi dell'economia russa si deve considerare che ai tempi di El'cin gli economisti della "scuola di Chicago" imposti come consulenti al governo russo come contropartita per la concessione di aiuti FMI, ne hanno attuato una scientifica distruzione mediante l'imposizione di liberalizzazioni (che altro non erano che svendite degli asset di valore ad "oligarchi" prestanome di grandi gruppi finanziari occidentali) dell'economia sovietica risultante nel default del '98.

La distruzione dell'economia è avvenuta appunto privatizzando le attività economiche una volta monopoli di stato che potevano generare dei profitti (sostanzialmente energia e materie prime) e lasciando in mano allo stato tutte le attività in perdita, che venivano ripianate grazie ai prestiti del FMI. In particolare si noti che tutti i grandi oligarchi del periodo eltsiniano erano oscuri funzionari della pubblica amministrazione che improvvisamente si ritrovano in mano fondi e fidejussioni tali da poter rilevare gigantesche imprese di stato. L'amministrazione El'cin non poteva opporsi a questi prestanome che operavano con capitali esteri ed all'estero trasferivano la gran parte dei profitti, per via del fatto che gli operatori finanziari internazionali interessati a rilevare gli asset ex sovietici erano gli stessi che influenzano il FMI nella politica di concessione dei prestiti di cui El'cin aveva assoluta necessità per far fronte alla spesa pubblica, ma probabilmente anche perchè gli esponenti politici russi erano cooptati nel sistema e beneficiavano dei reciproci favori degli oligarchi.

Meccanismi analoghi sono stati messi in atto anche in altre repubbliche, si pensi ad esempio alla carriera dell'attuale presidente Ucraino Yushenko, anche lui oscuro funzionario pubblico assurto alla direzione della Banca centrale Ucraina e la cui moglie negli anni '80 e '90 lavorò al Dipartimento di Stato e al ministero del Tesoro per i governi Reagan e Bush padre.

In parallelo servizi segreti anglo americani con l'appoggio di alcuni paesi islamici portavano avanti la strategia di dissoluzione politica della federazione russa, finanziando i guerriglieri ceceni (che in molte fasi della guerra si appoggiavano alla vicina Georgia, posta sotto la protezione Usa, penetrando poi nel territorio ceceno attraverso la gola del Pankisi) e e gli atti di terrorismo sul suolo russo. Nel '98, con i bassi prezzi del petrolio e i debiti sempre più ingenti, nell'impossibilità di risollevarsi lo stato russo va in default e da allora alcune lobby militari e burocratiche nazionaliste hanno cercato di invertire la tendenza, lentamente e con juicio. Il loro leader è Putin, che gode del sostegno del 70% dei russi.

Putin ha lavorato per riportare gli asset strategici sotto il controllo dell'autorità centrale. Sul fronte politico sono state ridotte le autonomie delle repubbliche (si pensi ad esempio che la reubblica autonoma cecena aveva un proprio esercito armato di tutto punto con parte degli arsenali ex sovietici con cui ha invaso una repubblica confinante provocando la prima guerra cecena) riducendo quindi la possibilità che utilizzassero le armi l'una contro l'altra o contro l'esercito federale, che vendessero asset strategici agli stranieri come stavano cercando di fare gli oligarchi eltsiniani ex governatori di province siberiane Abramovich (rifugiato a Londra non per caso) e Khodorkosky (finito in galera per evasione fiscale, come Al Capone) e infine che dessero appoggio ai terroristi che organizzavano attentati a Mosca o nel nord del Caucaso. Il rialzo dei prezzi petroliferi ha dato man forte a questa strategia rendendo disponibili le risorse finanziarie per supportare l'azione. Per queste ragioni sui media occidentali, controllati da quegli stessi gruppi finanziari ed industrali che sono stati danneggiati dal cambio di rotta a Mosca si dice quotidianamente male di Putin e della Russia.

Ora si vede chiaramente che, rimossi i vincoli, in breve la Russia ritornerà ai livelli di PIL che aveva negli ultimi anni di potere sovietico. Infatti il debito con FMI è stato quasi azzerato grazie ai proventi petroliferi e gli economisti di Chicago sono stati cacciati via, gli asset strategici come materie prime e industrie militari sono, in base alla nuova legge, cedibili agli stranieri non oltre il 49%, così l'economia russa cresce stabilmente intorno al 7% annuo e si avvia lentamente verso una fase di capitalismo misto statale/privato con nuovi oligarchi fedeli a Putin (la mafia Russa) ed un reddito procapite in crescita. Niente di diverso da quello che è accaduto ad esempio qui in Italia con la differenza che da noi è il governo a fare gli interessi dei capitalisti e da loro sembrano i capitalisti ad essere al servizio del governo. Per dettagli sull'andamento dell'economia russa nell'era Putin si veda http://www.ice.gov.it/estero2/russia/default.htm

Questa lunga premessa dovrebbe sfatare la leggenda diffusa nel mondo occidentale per cui la pianificazione sovietica è responsabile del crollo dell'economia, il crollo vero e proprio, del 30-40% in quasi tutte le repubbliche ex sovietiche, è avvenuto dal '91 in poi, in pieno regime economico di transizione al neoliberismo, come spiegato sopra. La cosiddetta crisi dell'economia pianificata sovietica che attanagliava il paese dagli anni di Breznev era in realtà una stagnazione: dopo la forte crescita del dopoguerra, in cui i paesi socialisti competevano con il blocco occidentale in quanto a tasso di sviluppo e crescita della produzione (nel blocco sovietico il calcolo del PIL non avveniva su base finanziaria, ma calcolando gli incrementi di produzione nei vari settori: acciaio, petrolio, cemento, agricoltura etc.) dai primi anni ottanta tutti i settori registrarono bassa crescita o stagnazione poichè il sistema era saturo. Per approfondimenti su questo argomento si veda anche http://it.wikipedia.org/wiki/Critiche_al_comunismo#Sviluppo_economico_e_sociale

In altre parole quel sistema, basato su priorità produttive imposte dall'alto, dopo aver raggiunto un livello di consumi di beni e servizi essenziali abbastanza uniforme sulla popolazione (a parte i privilegi concessi alla nomenklatura del partito) non era in grado di generare nuovi bisogni per far crescere l'economia, come generalmente avviene in un sistema capitalistico. Una spiegazione di tali difficoltà ci viene da una articolo sui giacimenti del Caspio e sul picco del petrolio sovietico del Prof. Ugo Bardi consultabile in http://www.aspoitalia.net/documenti/bardi/petroliocaspio2004/petroliocaspio2004.html#_edn2

La difficoltà dell'economia sovietica sopraggiunge in concomitanza con il picco della produzione petrolifera sovietica e i pianificatori del partito sapevano che questo era un vincolo grave se si voleva progettare l'aumento dei consumi allo scopo di far crescere l'economia. Si noti che gran parte della crescita economica occidentale è dovuta al settore dei trasporti, con la esplosione dell'auto privata (e delle infrastrutture connesse, compresa l'edilizia e lo sprawl urbano che consegue alla diffusione dall'auto privata) che si ha proprio negli anni in cui i sovietici iniziano ad esperire difficoltà; nel mondo sovietico l'auto privata è un lusso di pochi, gli altri usano i mezzi pubblici che comunque sono molto efficienti. Se avessero cercato di seguire i metodi di crescita, basati sull'auto privata ispirandosi a quanto avveniva nel blocco capitalista i sovietici avrebbero solo acuito le difficoltà energetiche e impiegato ingenti risorse per le infrastrutture necessarie.

L'economia sovietica si trovò dunque a metà del guado, i cittadini sovietici erano sempre più attratti dal modello consumista di oltrecortina, non perchè mancassero i prodotti di consumo, ma perchè il loro mercato imponeva in molti settori un prodotto standard omologato e progettato per minimizzare i costi: un solo tipo di detergente multiuso, un unico snack al cioccolato, poche concessioni alla moda nell'abbigliamento e via continuando. D'altra parte il complesso produttivo sovietico soffriva per dover destinare gran parte delle risorse al settore militare e spaziale, indispensabile per tener dietro allo sviluppo di quello NATO, senza questo sforzo, detto col senno di poi, avrebbe potuto sussistere il malaugurato scenario di un attacco atomico da parte di una NATO convinta di essere militarmente e tatticamente superiore.

Altro pesante vincolo allo sviluppo dell'economia sovietica fu la necessità di rifornire di derrate alimentari i paesi amici di Mosca nel terzo mondo, sempre nell'intento di tener testa al blocco filoamericano. Attualmente, pur non avendo introdotto significative migliorie in agricoltura la Russia e le altre Repubbliche ex sovietiche ed ex patto di Varsavia sono esportatori netti di derrate alimentari, ciò è dovuto al fatto che i paesi ex assistiti sono stati abbandonati negli anni '90 per la già precaria situazione interna. Si pensi al caso di Cuba, che in cambio di petrolio e derrate alimentari esportava nel blocco sovietico grandi quantità di zucchero di canna, nonostante la stessa unione sovietica avesse un enorme potenziale per la produzione di zucchero da barbabietola nelle regioni agricole dell'Ucraina.

Le logiche geopolitiche insostenibili e i limiti delle risorse disponibili nel blocco sovietico che determinavano l'impossibilità di perseguire la via ocidentale al consumismo, nonostante la crescente attrazione per il cittadino medio sovietico per tale tipo di sviluppo provocarono una situazione di stallo in cui l'insufficienza delle risorse venne tamponata gonfiando il debito estero per importare derate alimentari e risorse ponendo poi le basi per la dissoluzione politica dell'unione e per la successiva azione dei consulenti economici "sciacalli" inviati dal nemico occidentale sotto mentite spoglie per accelerare e rendere ineluttabile la fine del pericoloso antagonista.

Il processo di saturazione economica sovietica provocato dal picco di produzione delle risorse sarebbe interessante da approfondire perchè è l'esempio più vicino per capire come possa essere costruita una economia stazionaria nell'era moderna. In mancanza del nemico esterno che, fidando sulle proprie maggiori risorse, ha attirato il blocco sovietico in una corsa in cui era destinato ad esaurire per primo la propria capacità di aumentare la produzione, la stazionarietà sarebbe stata l'evoluzione probabile dell'economia pianificata sovietica, non sostenibile perchè comunque basata sui fossili, ma con consumi essenziali e popolazione costante o in diminuzione. Un modello di quel tipo di economia, basata però su fonti di energia rinnovabile e criteri di sostenibilità, magari con più libertà politica ed economica è senz'altro preferibile al caos, alla guerra ed alla strada di Olduvai ora che il picco delle risorse è in arrivo ed è globale.


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