venerdì, agosto 29, 2008

Partecipare ai sistemi complessi


La Scienza del '900 ci ha regalato, tra tante altre cose, una nuova disciplina, tuttora in sviluppo: la complessità. Essa studia con modelli fisico-matematici e numerici i cosiddetti sistemi dinamici, ossia quelle porzioni di materia in cui più corpi (a loro volta più o meno articolati) interagiscono tra loro secondo meccanismi più o meno noti.

I sistemi complessi prendono letteralmente a schiaffi la fisica classica deterministica, che ci rassicura per la sua potenza previsionale e la bellezza formale. Per descriverli dobbiamo prendere in prestito le equazioni integro-differenziali post galileiane, metterle insieme e trovare la (o le) soluzioni con tecniche di approssimazione e simulazioni numeriche. Tali soluzioni non sono "garantite al limone", ma si manifesteranno ad un certo tempo con una certa probabilità.
Ma perchè dobbiamo interessarci di un qualcosa di così "difficile"? Non sarebbe più sbrigativo passare alle vie più spicce?
Il fatto è che la realtà è complessa, non tanto nel senso di "complicata", ma per il fatto che è il risultato di una quantità inimmaginabile di semplici processi tra loro interagenti.
Si crea allora una "foresta" di cause ed effetti (che tra l'altro a volte si confondono tra loro) in cui una piccola variazione delle condizioni iniziali comporta cambiamenti enormi nella risposta: è il famoso "effetto farfalla".

Mentre nella meteorologia e in molte altre scienze applicate la complessità è riconosciuta e modellizzata (come ci insegnano Luca Mercallie Luca Lombroso), in altri settori che pure straripano di complessità assistiamo a una minore consapevolezza. Si pensi a quante volte, a livello politico, si prendono decisioni-lampo atte a gestire una situazione presente, seguendo una qualche convenienza a corto raggio, senza preoccuparsi delle implicazioni e degli effetti domino più probabili.

In realtà, questo può succedere anche a una persona singola, specie quando deve decidere qualcosa in una situazione di pressing o di panico: spesso e volentieri ci si impegola in un rimedio peggiore del male.

Questo post in realtà mi è scaturito l'altra sera, quando mi sono posto il "problema del pacifista" : facendo un po' di critica (e autocritica), mi sono chiesto se un ipotetico pacifista può considerarsi slegato da ciò che alimenta la macchina della guerra. Mi è venuto in mente un mio amico, obiettore di coscienza come me, la cui azienda di cui è dipendente produce in buona parte aerei da combattimento e sistemi di puntamento. Lui, personalmente, non lo farà, tuttavia partecipa a un sistema che lo fa al 70%. Io lavoro per un'azienda che ha firmato una fornitura decennale di pneumatici all'amministrazione Bush, per sostenere la "missione" in Iraq. Personalmente mi occupo di materie prime, il nostro stabilimento produce altri pneumatici, c'entro qualcosa? C'entro, c'entro ...

Nella realtà complessa, ognuno è azionista (in grande o in infinitesima misura, come sui mercati)di tutto quello che succede, anche se apparentemente distante nel tempo e nello spazio.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Potremmo dire, semplicemente, come Aristotele, che l'uomo e' un animale sociale o, per rifarsi a Carlo Marx, che l'economia moderna produce una socializzazione della produzione, come mai accaduto nella storia dell'umanita', in modo che ogni essere umano concorre a produrre i beni che ogni giorno utilizziamo. Peccato che, per uno strano inghippo, dei prodotti del lavoro collettivo se ne approprino poi solo in pochi...

Anonimo ha detto...

Penso che proprio per "l'effetto farfalla" i nostri singoli comportamenti sono importanti.
Prima di tutto per una soddisfazione personale, poi per l'effetto che possiamo generare su chi ci conosce con i nostri comportamenti virtuosi, infine per un effetto di trascinamento verso appunto il sistema complesso.
Se bevo l'acqua del rubinetto, se uso di meno l'auto, se faccio la raccolta differenziata ecc. divento una "farfalla".
Forse è un'immagine troppo poetica ma scienza e poesia non possono convivere?

Vernetto ha detto...

beh uno può essere complice lavorando per queste ditte, ma poi coi soldi che guadagni puoi scegliere se alimentare il sistema o remarci contro... se comprare l'automobile o dare dei soldi ad Emergency o ad una associazione ecologista... insomma ci sono gradazioni diverse di complicità.

Anonimo ha detto...

In effetti l'ammissione di "colpa collettiva" fu proprio una delle scusanti invocate dal popolo tedesco dopo la tragedia dei campi di sterminio della seconda guerra mondiale. "Obbedivamo agli ordini", dissero.
Io temo che questo sistema collasserà in una catastrofe globale di cui i nostri discendenti faranno le spese, e che il "consumismo" sarà in futuro additato tra i crimini contro l'umanità, consumato da tutti contro tutti e soprattutto contro il futuro.
Il bambino (l'umanità) gioca col fuoco, e finirà col bruciare la casa.
:-(

Frank Galvagno ha detto...

Sono d'accordissimo con Vernetto che parla di "gradi" di complicità. Trattandosi oltretutto di una gradazione "continua" stabilire cosa va bene e cosa no diventa una cosa quasi indecidibile.

E' chiaro che se progetto mitragliatrici destinate al mercato etiope delle armi, ci son dentro fino al collo...
Se faccio il cuoco in una mensa di un'azienda che ha il 5% delle azioni di una multinazionale il cui 51 % del core business sono carri armati .... AAAHRGGHHH :-)

Anonimo ha detto...

A proposito della consapevolezza sulla esistenza di sistemi complessi, vi segnalo questa citazione, per quanto datata. Circa 11 anni fa per me è stato un primo "spartiacque".

Saluti
MassimoP


`` The elegant body of mathematical theory pertaining to linear problems (Fourier analysis, orthogonal functions and so on) and its successful applications to many fundamental linear problems in the physical sciences, tends to dominate even moderately advanced University courses in mathematics and theoretical physics. The mathematical intuition so developed ill equips the student to confront the bizarre behaviour exhibited by the simplest of discrete nonlinear systems...''

``Not only in research, but also in the everyday world of politics and economics, we would all be better off if more people realised that simple nonlinear systems do not necessarily possess simple dynamical properties.''


R. M. May, Simple mathematical models with very complicated dynamics, Nature, 261, 459-567 (1976)