Ovvero: come ho imparato a smettere di preoccuparmi
e ad amare il catastrofismo
created by David Conti
“Il sistema autostradale nazionale, Wal Mart e Walt Disney World non potranno continuare a funzionare con nessuna combinazione di solare, eolico, idroelettrico, idrogeno, nucleare e olio di frittura usato”, poi, “I sobborghi (suburbs) sono stati il più grande spreco di risorse nella storia dell’umanità”.
Le sopracciglia si alzano, la fronte diventa corrugata ed alla fine del libro la tua percezione dell’ambientalismo e di quel bluff chiamato sviluppo sostenibile viene inesorabilmente rimpiazzata da una più profonda consapevolezza del concetto di Picco del Petrolio e di tutte le sue ramificazioni economiche e sociali. Non credo di essere il solo ad aver avuto questo effetto leggendo “Collasso”, il saggio di James Howard Kunstler, pubblicato in Italia da Nuovi Mondi Edizioni.
La sua ultima fatica letteraria, “World Made by Hand” (Mondo fatto a mano) si può considerare il primo romanzo espressione del Picco del Petrolio: non potevo perdermelo. La storia in breve: L’autore non lo specifica, ma ci troviamo intorno al 2030, nella parte settentrionale dello stato di New York in una cittadina chiamata Union Grove. Lì vive e lavora come carpentiere il protagonista, Robert Earle, ex direttore marketing di un’affermata software house. Dico ex perché in quel periodo storico gli Stati Uniti praticamente non esistono più. L’ultimo shock petrolifero, combinato con due esplosioni nucleari di matrice terrorista che hanno raso al suolo Los Angeles e Washington, insieme ad una devastante influenza hanno fatto regredire il continente americano di almeno 200 anni. I sopravvissuti vivono nei loro villaggi, principalmente di agricoltura e lavori manuali. Le notizie del mondo esterno, ovvero tutto ciò che si trova oltre la contea, sono scarse e non verificabili. L’elettricità, quella poca rimasta, va e viene, a volte assente anche per giorni interi. La giustizia è un concetto astratto mentre i pochi spostamenti avvengono a rischio e pericolo di chi li compie, a piedi, con carri trainati da cavalli o con i battelli che solcano il fiume Hudson.
La vita a Union Grove si muove intorno a quattro pilastri. La cittadina con i suoi residenti, una ex banda di motociclisti accampata fuori città specializzata nel riciclaggio e nel recupero di materiali dell’epoca petrolifera, una specie di feudo retto da un signorotto locale ed i nuovi arrivati, un gruppo di evangelici in fuga dal caos che impera negli stati del sud decisi a piantar tenda. Il ricordo della vita precedente, ripiena delle apparenti comodità moderne è un leit-motif che accomuna molti dei protagonisti, ma quello che più emerge dalla lettura, è un senso di calma risolutezza nell’affrontare le difficoltà di questa nuova vita, anche di gioia viste le frequenti feste organizzate. Tutto, a partire dai dialoghi, è più semplice e diretto, scevro di quella punta di ipocrisia che spesso risiede nel nostro gergo. Nella narrativa di Kunstler c’è poi molto spazio dedicato al cibo, dimostrando così una ricerca di quelle che potrebbero essere le abitudini alimentari di questo mondo in rovina. Niente grano, per via della ruggine, ma soprattutto mais, latticini e tanta frutta e verdura visto che ogni abitante può contare su un proprio orto.
Chiuso il libro, mi viene subito da pensare “ma non sarà che Kunstler è andato troppo pesante con il catastrofismo?”. E’ un’obiezione sensata, visto che comunque l’autore è estremamente ferrato sull’argomento. Ma qui vorrei spezzare una lancia, non tanto per il libro, che si è dimostrato una lettura molto piacevole, più che altro per il catastrofismo in se, ovvero, il fatto di poter leggere il libro ed immaginare che uno scenario così fosco potrebbe effettivamente realizzarsi. Per quanto tecnologicamente avanzata, la complessità intrinseca della nostra società è la nostra debolezza più grande. Sarà possibile gestire una transizione ordinata verso una società a bassa energia? Quale meccanismo potrebbe fallire e trascinare con sé gli altri? L’energia, la produzione di cibo, le istituzioni democratiche? Senza contare poi le variabili impazzite rappresentate dal terrorismo, le malattie ed i cambiamenti climatici. E quale potrebbe essere la reazione a queste avversità di una popolazione con una capacità di analisi anestetizzata da un bombardamento mediatico incessante? Lo spirito d’inventiva e la capacità di rispondere alle avversità della razza umana resta notevole, lo dice la storia, ma pensare di bollare aprioristicamente uno scenario “catastrofista” come impossibile è un lusso che non possiamo permetterci, soprattutto di questi tempi. Ed il libro di Kunstler è lì a ricordarcelo.
La sua ultima fatica letteraria, “World Made by Hand” (Mondo fatto a mano) si può considerare il primo romanzo espressione del Picco del Petrolio: non potevo perdermelo. La storia in breve: L’autore non lo specifica, ma ci troviamo intorno al 2030, nella parte settentrionale dello stato di New York in una cittadina chiamata Union Grove. Lì vive e lavora come carpentiere il protagonista, Robert Earle, ex direttore marketing di un’affermata software house. Dico ex perché in quel periodo storico gli Stati Uniti praticamente non esistono più. L’ultimo shock petrolifero, combinato con due esplosioni nucleari di matrice terrorista che hanno raso al suolo Los Angeles e Washington, insieme ad una devastante influenza hanno fatto regredire il continente americano di almeno 200 anni. I sopravvissuti vivono nei loro villaggi, principalmente di agricoltura e lavori manuali. Le notizie del mondo esterno, ovvero tutto ciò che si trova oltre la contea, sono scarse e non verificabili. L’elettricità, quella poca rimasta, va e viene, a volte assente anche per giorni interi. La giustizia è un concetto astratto mentre i pochi spostamenti avvengono a rischio e pericolo di chi li compie, a piedi, con carri trainati da cavalli o con i battelli che solcano il fiume Hudson.
La vita a Union Grove si muove intorno a quattro pilastri. La cittadina con i suoi residenti, una ex banda di motociclisti accampata fuori città specializzata nel riciclaggio e nel recupero di materiali dell’epoca petrolifera, una specie di feudo retto da un signorotto locale ed i nuovi arrivati, un gruppo di evangelici in fuga dal caos che impera negli stati del sud decisi a piantar tenda. Il ricordo della vita precedente, ripiena delle apparenti comodità moderne è un leit-motif che accomuna molti dei protagonisti, ma quello che più emerge dalla lettura, è un senso di calma risolutezza nell’affrontare le difficoltà di questa nuova vita, anche di gioia viste le frequenti feste organizzate. Tutto, a partire dai dialoghi, è più semplice e diretto, scevro di quella punta di ipocrisia che spesso risiede nel nostro gergo. Nella narrativa di Kunstler c’è poi molto spazio dedicato al cibo, dimostrando così una ricerca di quelle che potrebbero essere le abitudini alimentari di questo mondo in rovina. Niente grano, per via della ruggine, ma soprattutto mais, latticini e tanta frutta e verdura visto che ogni abitante può contare su un proprio orto.
Chiuso il libro, mi viene subito da pensare “ma non sarà che Kunstler è andato troppo pesante con il catastrofismo?”. E’ un’obiezione sensata, visto che comunque l’autore è estremamente ferrato sull’argomento. Ma qui vorrei spezzare una lancia, non tanto per il libro, che si è dimostrato una lettura molto piacevole, più che altro per il catastrofismo in se, ovvero, il fatto di poter leggere il libro ed immaginare che uno scenario così fosco potrebbe effettivamente realizzarsi. Per quanto tecnologicamente avanzata, la complessità intrinseca della nostra società è la nostra debolezza più grande. Sarà possibile gestire una transizione ordinata verso una società a bassa energia? Quale meccanismo potrebbe fallire e trascinare con sé gli altri? L’energia, la produzione di cibo, le istituzioni democratiche? Senza contare poi le variabili impazzite rappresentate dal terrorismo, le malattie ed i cambiamenti climatici. E quale potrebbe essere la reazione a queste avversità di una popolazione con una capacità di analisi anestetizzata da un bombardamento mediatico incessante? Lo spirito d’inventiva e la capacità di rispondere alle avversità della razza umana resta notevole, lo dice la storia, ma pensare di bollare aprioristicamente uno scenario “catastrofista” come impossibile è un lusso che non possiamo permetterci, soprattutto di questi tempi. Ed il libro di Kunstler è lì a ricordarcelo.
World Made by Hand di James Howard Kunstler.
Disponibile su Amazon, ancora in attesa di una traduzione in italiano.
www.worldmadebyhand.com
11 commenti:
si possono bollare di 'catastrofismo' i climatologi? Di certo sono i primi che vorrebbero aver torto:
(Dal "Guardian")
http://tinyurl.com/63cp63
A proposito di "bombardamento mediatico" in questi giorni ci mancavano il giocatore Beckam e gentile consorte.
Rappresentano il nulla eppure TV e giornali tutti lì che leccano l'asfalto dove camminano.
Ma perché non succede la medesima cosa con un premio Nobel che almeno ha fatto qualcosa di buono per l'umanità?
Cosa vuol dire catastrofismo? Vuol dire stare senza lo smog delle auto, degli inceneritori, delle fabbriche e relativi tumori? Vuol dire regalare ai propri figli per natale un vecchio libro invece che l'ultimo cellulare che "canta e balla"? Vuol dire stare senza TV spazzatura?
Speriamo che il futuro ci regali una vita meno comoda ma più sana.
LYNDON la Rouche economista 86 anni.
prevede una nuova epoca buia simile a quella succeduta nel 1350 in europa.la causa?
non è il petrolio.
la causa è del fallimento delle banche,e di conseguenza di tutto il sistema produttivo indebitato fino al collo.
carestie ,guerre , morte e pestilenze
si delineano sul futuro .
secondo lui ,ritorneremo alle caverne
e solo fra 3 o 4 generazioni l'uomo uscirà dalle grotte.
faccio presente che la rouche(movisol.org)è senatore democratico del parlamento usa,consigliere del nuovo governo
obama. e finora ha previsto con pieno successo tutte le crisi degli ultimi 20 anni
altri economisti paragonano l'attuale crisi,non tanto al 29 americano,ma al 1350 europeo.
alcuni dicono che la depressione degl' anni 30 è in confronto al 1350 UNA PASSEGGIATA
Basta. Era da un po' che avevo il presentimento che questo blog stesse degenerando in un'amalgama incomprensibile di opinioni da fine del mondo e declino inesorabile dell'umanità.Con questo post, e i commenti che ne seguono, ne ho avuto la definitiva conferma. Pensavo fosse un forum di persone equilibrate che, in modo ragionato e documentato, avessero voglia di discutere, appunto, di "Risorse, Economia e Ambiente". Evidentemente mi sbagliavo. Arrivederci.
E a proposito di La Rouche...quale credibilità attribuire a lui e ai suoi seguaci (sì perchè si tratta proprio di una specie di setta) che hanno la pretesa di risollevare le sorti del mondo con il "Bel Canto"?
LaRouche ha una sua visione politico/ideologica molto netta, e bolla come cavolate tutto quanto non c'entra. Bolla in questo modo anche il riscaldamento globale, e il picco del petrolio (con i prezzi di luglio dovuti ai "banchieri ebrei"). Alcune delle sue idee sono interessanti, ma quando collabora con il KKK (della serie meglio la destra che la sinistra non allineata con lui), non prende le distanze da gente tipo Carso (un nazista che sostiene che ad Auschwitz i fori erano impianti per produrre benzina sintetica, operati da prigionieri ben nutriti) o propone di mettere in isolamento i malati di AIDS o gli omosessuali in blocco, fa paura.
Non ci vuole molto a predire che il sistema economico e finanziario attuale e' insostenibile, per una valanga di motivi. E quindi ad ogni crisi dire "avevo ragione". Occorre anche un'analisi seria di cosa e' successo. Qui la trovo. Da LaRouche e simili no.
Su chi ama il "ritorno alla Natura" del post picco. Dopo il petrolio vivremo con piu' tumori (quelli del tratto digerente derivano dai "buoni cibi di una volta" conservati in nodo approssimativo, e dalle condizioni igieniche piu' scarse). Meno libri (prima del 1950 i libri erano una merce non economica, e prima del 900 erano decisamente cari). Senza TV ci sto anche ora, il cellulare e' un modello di 50 ero e 5 anni, l'auto uso il car sharing e la bici. Ma senza trattori, mangiare tutti e' dura.
Quindi certi libri servono ad avvisarci. O facciamo qualcosa per ammorbidire il "botto", o e' uno dei possibili scenari. Non il peggiore.
Devo dare in parte ragione a MicheleR. Preciso che non credo affatto che ci possa essere per questa società un ritorno alla natura o ad una miseria nera nera (a parte i film su tarzan o romanzi tipici dell'età industriale stile "i miserabili") ma un ritorno ad una vita molto più semplice per tutti si! In questo sono un inguaribile ottimista e considero un eccessivo pessimismo per questa situazioni inutile disfattistismo.
il nascondere la testa come gli struzzi,di fronte a un momento epico della storia umana ,quale è appunto questo,non vi salverà.
1 non è il petrolio la causa dell'attuale crisi
2 la causa è il denaro creato dal nulla ,da piu' di40 anni dalle banche.
3 i debiti sono 30 anni del pli mondiale
4 il denaro diventerrà carta straccia.
5 i commerci si fermeranno
6 la gente non avrà di che nutrirsi
che i buoni cibi di una volta conservati come facevano una volta possano causare tumori.
è una storia messa in giro dall'industria della surgelazione
per il popolino.
è vero il contrario.le moderne tecniche di conservazione del cibo
raggi gamma (nucleari,per le patate)
la surgelazione(distrugge tutte le vitamine e gli enzimi)
200 lavorazioni industriali subisce la farina per pane e pasta
causano malattie e tumori
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