venerdì, marzo 19, 2010

The age of clever



A furia di sentirne parlare in Aspo e dintorni non ho resistito alla tentazione di andare a vedere il film “The age of stupid”, offerto da Legambiente in un piccolo cinema della Toscana. Sono arrivato tardi e la sala era stracolma sicchè, non trovando posto a sedere, mi sono sorbito la proiezione in piedi fin quasi alla fine, quando uno spettatore visibilmente contrariato ha lasciato prematuramente la comoda poltrona, su cui mi sono immediatamente lanciato come un naufrago sulla ciambella di salvataggio. Era dai tempi di “Via col vento” che non assistevo in piedi a uno spettacolo, ma erano passati quasi quarant’anni e li sentivo tutti.
Alla fine della proiezione mi sono guardato intorno ad osservare gli spettatori. Avevano quasi tutti quell’aria di incredulo stupore che spunta immancabilmente sul volto dei miei interlocutori quando parlo loro di picco del petrolio e limiti dello sviluppo. Mi aspettavo che da un momento all’altro si alzasse il Fantozzi di turno esclamando nel delirio generale: “Per me, the age of stupid è una cagata pazzesca”, quando è cominciato il dibattito con gli esperti chiamati da Legambiente, tra cui il buon Meneguzzo di Aspoitalia. Beh, confesso che dopo un po’ sono andato via anch’io. Per carità, non per la qualità degli interventi, apprezzabili e condivisibili, semplicemente perché non sentivo bisogno di una ripassata di concetti già noti. Repetita iuvant, ma fino a un certo punto.
Così, pian pianino, mi sono incamminato verso casa, rimuginando lentamente sugli aspetti contenutistici e formali del film (scusate quest’espressione da cinefilo incallito) che più mi avevano colpito. Non so se capita anche a voi, ma quando esco dal cinema mi rimane ancora addosso per qualche minuto la sensazione strana di far parte del film, come se fossi uscito direttamente dallo schermo. Comunque, provo qui a sintetizzare il frutto delle mie elucubrazioni vaganti:
1) Il film è di buona fattura. Il ritmo è incalzante e il montaggio della storia tiene viva l’attenzione. La scelta di alternare scene reali con cartoni animati per illustrare la storia energetica dell’umanità è originale e indovinata, come pure la figura del narratore nella torre-biblioteca che compulsivamente richiama spezzoni dei filmati di quando e quanto eravamo stupidi. La fotografia è ottima.
2) La storia mostra un pianeta stravolto dalle conseguenze planetarie dei cambiamenti climatici indotte dall’uso dei combustibili fossili e, forse per questo, sottovaluta e approfondisce poco la questione cruciale del limite delle risorse. All’inizio del film la voce narrante ci annuncia che il petrolio finirà tra quarant’anni, senza spiegare che oggi la produzione ha iniziato a declinare, inducendo anche nello spettatore l’effetto di sottovalutazione del problema.
3) Il titolo del film non mi convince, io l’avrei chiamato “The age of clever”, l’era dell’intelligente, e spiego perché. L’enorme potenza distruttrice dell’ecosistema che l’umanità ha prodotto negli ultimi centocinquant’anni, è stata possibile solo grazie alle innumerevoli scoperte scientifiche e tecnologiche necessarie per sfruttare le risorse naturali disponibili sulla Terra, che non erano accessibili alle generazioni precedenti. Tali scoperte sono state partorite da poche menti con intelligenza superiore alla media e hanno consentito alla maggioranza della popolazione umana il comportamento consumistico che sta portando la specie all’autodistruzione. L’intelligenza è una delle caratteristiche della nostra specie che presenta una distribuzione statistica nella popolazione rappresentata, guarda un po’, proprio da una gaussiana. Circa il 16% della popolazione è caratterizzata da un’intelligenza superiore alla media (con un 2% di geni), un altro 16% ha un’intelligenza inferiore alla media (con un 2% di minorati mentali). Il resto è il famigerato uomo medio delle ricerche di mercato contemporanee. In genere nelle popolazioni animali avviene che meccanismi genetici (e culturali nell’uomo) emarginano i devianti dalla norma (cioè dalla media) impedendone una diffusione nella popolazione con potenziali effetti distruttivi. Nel caso dell’intelligente invece, la società umana (tranne che in qualche raro caso come l’Italia) ha trasformato questo meccanismo escludente in un meccanismo di valorizzazione che tende a premiare questa qualità intellettiva. Il motivo è comprensibile: lo sfruttamento della risorsa costituita dagli intelligenti consente di migliorare le condizioni di vita dell’intera società.
Lo so, qualcuno ora osserverà che la colpa non è degli intelligenti, ma degli stupidi che applicano male le loro intuizioni e invenzioni. Ma è un dettaglio secondario, la causa prima rimangono sempre le brillanti menti che hanno progettato il progresso umano e hanno aperto la strada ai comportamenti umani consumistici e dissipativi.

Ho aperto la porta di casa e sono andato a letto. Prima di addormentarmi ho pensato che non sarà l’intelligenza a salvare l’uomo, ma la temperanza.

1 commento:

Frank Galvagno ha detto...

A me piacerebbe un' "Age of sage" ...

I clever, ossia i "brillanti", possonno esserlo per se stessi ("furbi") oppure per gruppi allargati, e allora diventano saggi.

Per avere la saggezza "giusta" occorre anche avere strumenti conoscitivi molto evoluti. Nel XX secolo ci è stato permesso di venirne in possesso. La capacità predittiva è diventata molto affidabile (cfr. club of Rome).

Abbiamo tutto ciò che ci occorre per fare le scelte sagge. Ora, si tratta di volerle fare! :-)