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martedì, giugno 15, 2010

Perchè sono contrario al programma nucleare del governo italiano

Il governo italiano ha avviato le procedure per rilanciare sul territorio nazionale l’uso dell’energia nucleare, con la costruzione di alcune nuove centrali. La mia convinta contrarietà al programma è legata solo marginalmente ai timori sull’impatto ambientale e sanitario, che lascio volentieri all’irrazionalismo scientifico e alle sindromi Nimby molto diffusi nel nostro paese.
In confronto alle decine di migliaia di morti causati ad esempio ogni anno in Italia dall’inquinamento e dal traffico automobilistico, i rischi del nucleare mi sembrano francamente risibili. Eppure non mi pare che essi determinino un allarme sociale lontanamente paragonabile a quello che agita le masse quando si parla dell’energia nucleare. Ma essendo certo che, quando la disponibilità di energia comincerà a scarseggiare a causa del declino dei combustibili fossili, queste paure antinucleari svaniranno come neve al sole, penso che il modo più giusto di affrontare il problema sia quello di una rigorosa analisi della convenienza industriale dell’investimento nella tecnologia nucleare.

Da questo punto di vista, quella del governo italiano mi appare in effetti una scelta molto rischiosa sul piano industriale per tre motivi: la ridotta disponibilità del combustibile nucleare che dovrà essere usato nelle centrali previste, che potrebbe lasciarle all’asciutto durante il loro ciclo di vita, trasformandole in inutili cattedrali nel deserto, l’elevato valore del costo di produzione energetica rispetto alle fonti convenzionali che rende l’investimento poco conveniente se non con generose elargizioni pubbliche, il reale fabbisogno energetico del nostro paese dei prossimi decenni che non necessita di nuova potenza elettrica aggiuntiva.

Il limite principale è la disponibilità di uranio minerale. In questo articolo ho già affrontato più diffusamente questa problematica, che di seguito sintetizzo.

Anche prendendo a riferimento i dati sulle risorse globali di uranio certificati dal NEA (Agenzia per l’Energia Nucleare), molto discutibili per le modalità di rendicontazione e verifica piuttosto approssimative, le prospettive di durata del combustibile fissile destinato ad alimentare le centrali attualmente attive nonchè quelle di terza generazione in costruzione, appaiono molto limitate.
Come si può leggere nel grafico allegato, prodotto da EWG (Energy Watch Group), elaborato a partire proprio dai dati NEA, che prevede un “picco” della produzione seguito da un declino graduale dell’uranio, è possibile giungere alle seguenti conclusioni:

1) Attualmente, la domanda mondiale di uranio di 67.000 tonnellate all’anno, viene soddisfatta solo per 42.000 tonnellate (circa il 63%) da nuova produzione mineraria, le altre 25.000 tonnellate (circa il 37%), sono ricavate dagli stoccaggi accumulati prima del 1980 resisi disponibili in parte con il processo di disarmo nucleare. Questi stoccaggi, secondo EWG, dureranno ancora appena dieci anni. Periodo che potrà allungarsi solo di qualche anno per merito delle nuove disponibilità derivanti dallo smantellamento di ulteriori 7.500 testate nucleari previsto dal recente accordo Salt 2, firmato tra USA e Russia. Tuttavia se nel frattempo la produzione mineraria non verrà sensibilmente incrementata, ci saranno seri problemi ad alimentare per poco più di un decennio le centrali nucleari esistenti. Figurarsi quelle non ancora costruite.
2) Mettendo a confronto poi gli scenari estrattivi del NEA e quelli energetici dell’ Agenzia Energetica Internazionale, si individua un picco della produzione intorno al 2015 per le Risorse ragionevolmente accertate con costi di estrazione sotto i 40 $/kg, intorno al 2025 per quelle sotto i 130 $/kg, intorno al 2035 per l’ipotesi ultra ottimistica di Risorse ragionevolmente accertate più le Risorse stimate con basso grado di attendibilità (con costi di estrazione sotto i 130 $/kg). In questo quadro, lo scenario di espansione produttiva di energia nucleare “minimo” prospettato dall’IEA nel suo WEO 2006 interseca la curva della produzione di uranio quasi in corrispondenza del picco dell’ipotesi estrattiva più ottimistica, mai nello scenario “massimo” che corrisponde alle prospettive di crescita ipotizzate nei programmi nucleari dei vari governi.
In altre parole, lo sviluppo massimo previsto della fonte nucleare sarebbe in ogni caso incompatibile con la disponibilità di uranio, la crescita minima verrebbe irrimediabilmente bloccata in prossimità del picco della risorsa e lo stesso funzionamento dei soli impianti oggi esistenti sarebbe messo in crisi ben prima della metà del secolo.

Quindi, le ipotesi di durata centennale delle risorse minerarie uranifere prospettate da NEA e riprese in Italia da ENEA, sono da ritenersi illusorie e prive di fondamento per i seguenti motivi:

1) Il metodo di calcolo semplificato adottato per definire tale ipotesi, cioè dividendo la quantità di uranio ancora complessivamente disponibile per il consumo annuo non è assolutamente affidabile perché avulso dalla reale dinamica di esaurimento delle risorse minerarie e fossili descritta dal modello di Hubbert (picco e successivo declino), oggi considerato a livello scientifico internazionale il più accreditato a descrivere tali dinamiche.
2) Anche adoperando lo stesso metodo semplificato di NEA per calcolare la durata delle risorse minerarie, si ricavano circa 80 anni. Cioè, NEA ha approssimato di 20 anni la durata delle risorse da essa stesse definite.
3) Il calcolo di NEA ipotizza per i prossimi anni una produzione energetica da nucleare costante pari all'attuale, senza considerare quindi le ipotesi di espansione produttiva da essa auspicate.
4) Nel calcolo eseguito da NEA per determinare la durata delle risorse di uranio vengono inserite non solo quelle ragionevolmente provate, ma anche interamente quelle che essa stessa definisce scarsamente attendibili.
5) In conclusione, anche adottando il loro modello errato di esaurimento della risorsa e correggendo i banali errori precedentemente descritti, in realtà si ottiene una durata probabile delle risorse di circa 30 - 40 anni.

E’ utile infine precisare che le conclusioni relative alla durata delle risorse di uranio mondiali precedentemente sintetizzate, non verrebbero sostanzialmente modificate anche qualora si assumesse interamente la potenzialità produttiva di uranio arricchito ricavabile con la tecnologia in uso di recupero spinto di uranio fissile, estraibile tramite una difficile e costosa operazione dall’uranio “impoverito” disponibile.

Quindi, sarebbe opportuno che il governo spiegasse agli italiani quali garanzie è in grado di fornire in merito alla fornitura certa e duratura di combustibile nucleare per le centrali in programma.
Passiamo alla questione dei costi di produzione. In questo mio precedente articolo ho elencato i fattori economici e finanziari che a mio parere rendono attualmente scarsamente conveniente la tecnologia nucleare. Gli elevati costi di produzione di questa fonte energetica hanno negli ultimi decenni scoraggiato gli investimenti industriali privati, mentre le poche centrali in corso di realizzazione vedono in particolare lievitare notevolmente i costi di costruzione rispetto ai valori preventivati.
Di fatto, sul piano della convenienza economica, gli investimenti nel settore nucleare stanno oggi in piedi solo grazie a generose sovvenzioni pubbliche che inevitabilmente finirebbero per pesare su bilanci statali sempre più esangui o sulle bollette dei consumatori, generando una pesante distorsione della libera concorrenza rispetto alle altre fonti energetiche. Non a caso, l’Enel ha già ammesso la necessità di trasferire sulle bollette degli italiani una parte del rischio finanziario connesso alla costruzione delle nuove centrali.

Quindi, in un quadro europeo di contenimento della spesa pubblica, il governo italiano dovrebbe impegnarsi ufficialmente a “non mettere le mani in tasca agli italiani” per la costruzione e il funzionamento delle centrali programmate.

Infine, come dimostrato da questo studio molto conservativo di ISSI, la potenza delle centrali elettriche italiane esistenti, e di quelle in costruzione o già autorizzate in Italia, è abbondantemente in grado di soddisfare nei prossimi decenni il fabbisogno di energia elettrica italiana, considerando che è molto improbabile che si determini in prospettiva una decisa inversione di tendenza rispetto al forte calo dei consumi elettrici causato dalla crisi economica (- 6,8% nel 2009). Infatti, la minore disponibilità di petrolio che si verificherà nei prossimi anni a seguito del superamento del picco di produzione (di recente ammesso anche dal Pentagono e dall’Agenzia Energetica americana), avrà sicuramente effetti recessivi sull’economia e conseguenze depressive sui consumi energetici.

Quindi, solo un forte impulso all’uso delle fonti rinnovabili, accoppiato alla scelta strategica del metano come fonte di transizione, in un quadro di diversificazione degli approvvigionamenti, consentirà a mio parere di assicurare nel prossimo futuro risposte industrialmente praticabili al fabbisogno energetico nazionale, in uno scenario di consumi stazionari o moderatamente in crescita.
Sarebbe pertanto auspicabile che il Governo riflettesse attentamente sui limiti oggettivi di carattere industriale che ostacolano il programma di costruzione di nuove centrali nucleari nel nostro paese, destinando invece investimenti e risorse nella ricerca e diffusione delle fonti rinnovabili, le uniche in grado di garantire un approvvigionamento energetico sicuro e per tempi indefiniti.

venerdì, dicembre 12, 2008

Le "Big Three" di Detroit


Secondo Fareed Zakaria autore economista ed esperto internazionale di Finanza (molto probabilmente americano di origini egiziane), il fallimento in corso nel settore automobilistico, sta colpendo quella parte inefficiente del settore stesso. Infatti, esistono negli U.S.A. due differenti industrie automobilistiche. Soltanto una sarebbe qualificata per il piano di salvataggio dal fallimento respinto dal senato degli Stati Uniti. Ed è quella inefficiente di Detroit. stessi momenti difficili dovuti alla crisi finanziaria in atto non è andata però a pregare Washington per ricevere l’aiuto dei contribuenti.

Attualmente esistono 12 imprese internazionali dell’auto che svolgono operazioni produttive negli USA. Collettivamente danno impiego diretto a 113000 americani (mentre GM, Chrysler e Ford dette “Big Three”, occupano 239000) persone. Tuttavia queste compagnie internazionali vendono più veicoli delle “Big Three” ed i loro clienti amano i prodotti offerti. Essi hanno inoltre milioni di azionisti. Esse svolgono, negli USA, un lavoro raffinato come la ricerca, il design e il marketing. Nell’insieme incrementano i posti di lavoro e quindi costituiscono un valore aggiunto per l’economia reale americana.
Compagnie come Toyota, Honda e BMW, hanno sempre attuato un sistema imprenditoriale più efficiente delle loro consorelle americane. Le case di Detroit invece hanno seri problemi di liquidità dovuti agli alti costi di produzione (in particolare assistenza sanitaria e pensioni), inoltre mentre le imprese internazionali erano riuscite a modificare il loro sistema d’assistenza sociale evitando in questo modo la loro morte, Detroit ha sempre fatto in modo di evitare qualsiasi cambiamento anche perche in parte approfitta dell’assistenza governativa.
Non solo, Toyota, Honda, e BMW non soltanto sono più brave nel tagliare i costi, ma producono veicoli migliori. Hanno aziende più flessibili, un migliore sistema produttivo e capiscono molto bene cosa vuole il consumatore americano. Toyota e Honda sono di anni avanti alle case produttrici americane nella progettazione e lo sviluppo delle auto ibride e dato che la tendenza della domanda americana si muove verso questi veicoli, saranno premiate.
Settimane fa, Al Gore ha dichiarato "It's really tragic that General Motors, for example, allowed Toyota to get a seven-year head start on the hybrid drive train in the Prius that is now positioned to really be a dominant feature of the industry in this century."…. In poche parole GM in 7 anni si è fatta superare da Toyota grazie alla Prius che è destinata nel corso di questo secolo ad avere un futuro dominante nell’industria automobilistica.

Ora che il disastro si sta compiendo le “Big Three” sostengono e promettono di volersi ristrutturare, di volere cambiare politica per competere con i produttori stranieri …. Questo finché riceveranno il denaro necessario … ma la gente è scettica. Secondo Fareed Zakaria le promesse ed i programmi dei Consigli di amministrazione di Ford, GM and Chrysler sono soltanto delle Falsità (bogus)
Il miglior argomento per il salvataggio è che è il miglior rapporto costo-efficacia del programma di posti di lavoro che il governo può funzionare a breve termine. Il migliore argomento per il salvataggio è che “è il migliore programma di creazione di posti di lavoro a costi sostenibili, che il governo potrebbe attivare nel breve periodo.” Spendere soldi per le infrastrutture (destinate a creare nuovi posti di lavoro) richiederà mesi, forse anni. Fareed è favorevole al piano di salvataggio per il semplice fatto che salvando le tre grandi salverà migliaia di posti di lavoro in modo più rapido e più semplice. Quello che tutti sperano è che l’economia reale sia in grado di sopportare il fallimento delle case di Detroit.
Delle tre GM e Chrysler rischiano il fallimento immediato, Ford possiede ancora una certa liquidità ma fino a quando?
Secondo l’Economista Liberal Joseph Stiglitz, la bancarotta “pre-confezionata” delle maggiori industrie automobilistiche americane è in effetti, il modo per gestire Detroit. Ciò di cui l’America ha bisogno, è aiutare i produttori di auto ad avere un nuovo rilancio e permettere loro di concentrarsi sulla produzione di veicoli più efficienti piuttosto che giocolare con il loro libri contabili per rispettare i loro impegni passati. L’industria automobilistica americana non sarà chiusa ma deve essere ristrutturata. E’ ciò che afferma il Capitolo 11 del codice di Procedura Fallimentare Americano. Una variante del “Fallimento pre-confezionato” – dove tutte le condizioni sono prestabilite prima di rivolgersi alla Corte Fallimetare (Bakruptcy Court) – potrebbe permettere alle Case di Detroit di produrre veicoli migliori, efficienti ed ambientalmente più sostenibili (ecologiche)….
Sembra quindi che comunque vada le “Big Three” in qualche modo si salveranno ma a quali costi Sociali???

Riferimenti:
http://www.cnn.it/
http://www.economist.com/
http://www.rfi.fr/

Toufic

venerdì, dicembre 28, 2007

BAUguri ...



Recentemente ho avuto occasione di recuperare questo augurio di fine anno del Comitato Esecutivo di una grande azienda multinazionale, di cui non riporto il nome.


Personalmente non sono "contro" l'esistenza di grandi aziende localizzate in tutti i continenti; tuttavia, alla luce degli scenari energetici e climatici, potrebbe essere necessario rivisitare pesantemente alcuni fondamentali. Cito a titolo di esempio gli assiomi della Crescita Infinita e quello del Trasporto Facile. L'attuale apparato si basa su questi per autosostentarsi; se una Realtà più profonda dovesse dimostrarne con i fatti l'incompletezza, cosa ne sarà del Sistema?


Nel messaggio, riportato in blu più sotto, emergono alcune idee chiave:


- necessità di crescita industriale
- competitività sempre più spinta
- volatilità dei mercati finanziari
- rincari delle Materie Prime


Purtroppo non viene fornita alcuna possibile spiegazione. I dati di fatto sono questi, di qui in poi bisogna solo agire di conseguenza.


La risposta della dirigenza al problema segue in pieno la logica BAU. BAU è un acronimo inglese, sempre più celebre, che significa "Business As Usual". Me ne viene in mente un altro, sempre sull'onomatopeico, ma più all'italiana: ARF (Accaparrare Risorse Fossili).


I competitori industriali, in effetti, sono simili a cuccioli. Perseverano in quello che sanno fare meglio: divorare tutto il cibo disponibile, ognuno per sè, più in fretta che si può, per non farselo sottrarre dai propri simili. In attesa, forse, di un padroncino che dia qualche regola.




Auguriamo un felicissimo anno nuovo a voi, alle vostre famiglie e a tutti i vostri cari.

Il 2007 è stato senza dubbio un anno di crescita per ###.

Abbiamo approfittato della stabilità dei prezzi delle materie prime e della buona salute di alcuni mercati per ricominciare la nostra crescita e migliorare i nostri risultati.
###, più forte e meglio armata, affronta così questo nuovo anno. Come vediamo il 2008?Sull’economia mondiale regna una grande incertezza: crisi finanziaria, bruschi sbalzi dei tassi di cambio, aumenti del prezzo del carburante e di molti altri prodotti di base.

D’altronde è evidente che la concorrenza, che vediamo obiettivamente rinforzarsi da qualche anno, sarà più presente e più pressante nel 2008. Coscienti di questa realtà, siamo maggiormente in grado di risponderle. Poiché ### ha la capacità di affrontare e rafforzare la propria leadership. Dovete tutti esserne convinti.
Ma tutto ciò richiede a ciascuno di noi l’esigente ricerca di continui progressi: progressi nella riduzione dei costi, progressi nel miglioramento della nostra produttività per ridurre il nostro ritardo, progressi nella velocità di introduzione sul mercato e nella commercializzazione di nuovi prodotti e servizi, progressi nell’efficacia delle nostre azioni individuali o collettive. Questa esigenza di continuo progresso deve conciliarsi con il rispetto dei nostri valori fondamentali.

Continueremo, così, i nostri sforzi, in particolare negli stabilimenti, per rafforzare la sicurezza e migliorare l’ergonomia. Inoltre, ci attiveremo affinché ### offra a ciascuno di voi prospettive di sviluppo ed utilizzi al meglio il talento di ognuno. Ma, prima di tutto, il successo di ### sarà completo soltanto se condivideremo, a livello mondiale, una visione comune del contributo di ciascuno agli obiettivi del Gruppo e questo in qualunque paese si svolga la propria attività o il proprio mestiere.

Abbiamo piena fiducia in ognuno di voi per raccogliere questa sfida.

[I commentatori e i lettori che lo desiderano, possono inviare materiale che ritengono interessante per la discussione a franco.galvagno.3@alice.it. Esso potrà essere rielaborato oppure pubblicato tal quale (nel caso di post già pronti), sempre con il riferimento dell'autore/contributore]