In un romanzo che ho letto molti anni fa, c'è una scena in cui un soldato soccorre un compagno ferito. Gli fascia il braccio con molta attenzione e si compiace del risultato. Non si accorge, però, che il suo compagno è stato ferito anche all'addome, e gli muore dissanguato fra le braccia.
Meno drammaticamente, possiamo chiamare "sindrome del tappabuchismo" il fatto di perdere tempo ed energie su dettagli marginali di qualcosa che sta andando alla malora per altre ragioni. E' abbastanza comune leggere sul web e sui giornali il concetto che è importante "tappare i buchi del secchio". Ma se il secchio è ormai quasi vuoto e non c'è modo di riempirlo di nuovo, perdere tempo a tappare i buchi è una fesseria.
Questa sindrome del tappabuchismo la vediamo con chiarezza lampante in un articolo sulle linee aeree di Bennett Daviss che è stato pubblicato prima sul "New Scientist" e che ora è apparso in traduzione italiana nel numero di Maggio di "Modus Vivendi". (non mi risulta che sia disponibile sul web)
Bennett Daviss è un giornalista competente che, in questo articolo, ha fatto molto bene il suo lavoro. Qui si preoccupa dell'inquinamento causato dagli aerei e ne discute con abbondanza di dati e di riferimenti. Il problema è che l'approccio è completamente sbagliato. Daviss sta cercando di trovare modi per tappare i buchi di un secchio che ormai si sta svuotando. In questo caso, il secchio era stato pieno di kerosene fino ad oggi, ma per quanto tempo ancora?
Daviss non sembra rendersi conto che esiste un problema di esaurimento dei combustibili fossili. Per lui, è ragionevole pensare che il numero dei voli radoppierà da qui al 2050, con un ritmo di crescita ininterrotto che potrà andare dal 3% al 4%. L'unico problema che vede è quello dell'aumento di emissioni di gas-serra. Di conseguenza, discute una serie di soluzioni equivalenti a tappare dei "microbuchi" di questo povero secchio. Migliorare il flusso laminare lungo le ali e la fusoliera, ottimizzare le rotte, rinforzare i supporti delle ali, migliorare i motori.
Daviss prende in considerazione anche soluzioni più strutturali, ovvero usare carburanti non di origine fossile. Correttamente, però, si rende conto che non sono possibili. Se si usasse idrogeno, dovrebbe stare in serbatoi criogenici. Ma, serbatoi del genere non potrebbero stare nelle ali, dove sta oggi il kerosene. Dovrebbero stare dentro la fusoliera, ma allora i passeggeri dove stanno? Bisognerebbe creare una nuova generazione di aerei; cosa un po' difficile, dato che il ciclo di vita di un areo è molto lungo (il primo 747, "jumbo" è del 1969). Lo stesso vale per i biocarburanti, soluzione impensabile per tanti motivi: per la bassa densità energetica, per l'inquinamento prodotto e - anche se questo Daviss non lo dice - perché non sarebbe neanche lontanamente possibile ottenere biocarburanti in quantità sufficiente da sostituire i combustibili fossili.
Alla fine di tutti questi ragionamenti, la conclusione dell'articolo sembra essere in linea con quella di un rapporto del 2002 della Royal Commission on Environmental Pollution, citata nel testo, ovvero che "a causa di questi problemi gli aerei continueranno a dipendere dal kerosene per almeno quarant'anni"
Ahimé, se c'è mai stato un esempio della perniciosa tendenza alla conoscenza a "compartimenti stagni" questo lo è. Ultimamente, neanche i più folli ottimisti sulle disponibilità petrolifere danno tempi superiori ai 20-30 anni prima del picco. Kerosene fra 40 anni? Forse ce ne sarà ancora un po', ma non pensate neanche lontanamente di poterlo usare per andare in vacanza alle Maldive.
In un certo senso, il picco del petrolio si prenderà cura ben presto del problema dell'inquinamento causato da quelli che vanno in aereo alle Maldive (e in tutti gli altri posti dove si va in aereo). In questo senso, il picco potrebbe non essere una cosa cattiva.
Inutile, dunque, tappare i buchi di un secchio che sarà vuoto fra breve. Cosa potremo fare di tutti gli aerei senza carburante abbandonati negli aeroporti? Non so, magari dei ristoranti come si fa a volte con i vecchi vagoni ferroviari, anche se a ricordarsi delle schifezze che ti davano da mangiare in volo non avrebbero molto successo. Oppure potremmo riempire d'aqua la fusoliera e metterci dentro dei pesci, ne verrebbe fuori un bell'acquario. Tagliando via le ali, e mettendo la fusioliera verticale, forse ne verrebbe fuori un silo per il grano.
Qualche altra idea? (sondaggio per i creativi!!)
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10 commenti:
Ho invece la vaga impressone che il Bio-Kerosene avrà un senso proprio laddove non v'e' alternativa, ovvero nei trasporti aerei.
Teniamo conto che ora si arriva a portare LE MOZZARELLE in aereo.
Direi che di fluffa da tagliare ce ne e'.
Uno scenario con solo il 50% di densità di traffico rispetto a quello attuale dovrebbe essere sostenibile almeno per qualche decennio, ovviamente a costi doppi rispetto ad ora ( prezzi carburante quadrupli)e sufficiente al semplice trasporto delle persone per destinazioni/necessità non triviali
Insomma: Anche per turismo ma NON per fare il bagnetto sotto la palmetta ma, magari, per andare a vedere il Cerro Torre.
Chissa'.
Gli aerei possono essere interamente smontati e riciclati.
In effetti è quel che si fa, pezzo per pezzo con le flotte degli aerei militari.
Risulta piu' conveniente costruirne subito un certo numero e a poco a poco mettere a terra quelli meno efficienti ed utilizzarli come magazizno ricambi piuttosto che farsi costruire il particolare pezzo che va sostituito ad Hoc.
Questo no solo per i vecchi B 53 ma anche per i " nuovi" b1 e B2 stealth, tanto per fare un esempio
Pietro
In un futuro mondo ideale anche a me piacerebbe che tra le poche attività carbon-intensive da salvare ci fossero i viaggi aerei. Pensare di non poter ritornare mai più per tutta la mia vita a San Francisco mi riempie di tristezza.
Detto questo mi aspetterei che il problema dei voli aerei venga risolto dal Pentagono: mi sembra impossibile che rinunci a tutti i vantaggi che offre la mobilità aerea. Come dislocare velocemente in tutto il mondo truppe e mezzi? Temo che l'alternativa sia il potenziamento della flotta nucleare.
Insomma, come avevo già postato precedentemente, tendo a vedere un futuro molto fosco, e questo, pur se realistico, non aiuto a cambiare le cose. Urge, secondo me, un lavoro di fino e sistematico su scenari futuri, simulando l'impatto simultaneo del picco sui diversi settori a seconda delle scelte fatte (tengo la benzina per i carburanti piuttosto che per l'agricoltura, ecc.).
C'è qualcuno che è interessato, o che ci sta già lavorando?
Interessante la proposta dei vecchi aerei in ristoranti, uffici, verande ecc.
Bisogna dire, però, che saranno allora "nuovi" aerei perchè, tanto l'Airbus che la Boeing, hanno in ordine centinaia di nuovi velivoli con le fabbriche impegnate per almeno 5 anni da oggi nella costruzione.
Ci sono delle variabili alla sostenibilità del picco, secondo me. Una, che già s'inizia a odorare in giro, è un epocale crack della Cina, con conseguenze imprevedibili sull'economie di tutto il globo. In effetti se nella repubblica popolare, dilaniata da ogni sorta di aggressione, truffa, occultamento, manipolazione ecc. si scoperchiasse la coltre di fumo nero (è il caso di dire) che contribuisce alla grande illusione...bhè, forse, di colpo, i consumi di petrolio diminuirebbero nettamente.
Chissà che non abbiano in serbo questa, come certezza da utilizzare al momento opportuno.
Eh, si, San Francisco, per l'appunto. Ci sono stato tante volte, Davanti a San Francisco, in uno dei paesi sulla baia è nato mio figlio. Ho proprio il dubbio che non ci tornerò mai più; ma chissà, non è poi detto.
Andare in USA in questi anni ha un altro ENORME vantaggio epocale: un $ svalutato del 65% (dico sessantacinque) dalla nascita dell'euro! Pertanto, l'illusione finanziaria contribuisce a non far percepire le fondamenta reali delle cose. La virtualizzazione del denaro, già virtuale di suo.
Vi chiedo: il picco si sta delineando come una realtà imminente. I voli aerei dovrebber oessere quelli più penalizzati, per l'alto consumo di kerosene.
Negli ultimi anni però, con la comparsa dei low cost, volare è meno caro del treno! Rispetto a 25 anni fa il solito volo costa 3 volte meno. Milano-New York degli anni 1983-1986 costava andata-ritorno 900-1200.000 £ . Adesso Pisa-New-York andata e ritorno con Delta costa poco più di 400 €. Alla faccia dell'inflazione e del petrolio.
Forse, quindi, c'erano talmente tanti margini nascosti e tanta produttività sprecata da sopportare prezzi di 200 al barile
Come dice il prof. Bardi, Daviss ci elargisce un'argomentazione troppo monotematica (solo proiezioni economiche, con qualche cenno di inquinamento) e assume implicitamente un Oil imperituro.
Sono d'accordo con Pietro Cambi, molto probabilmente prezzi e flussi varieranno in modo inverso, in modo da mantenere pressochè costante il prodotto consumo*costo_unitario...
Quanto all'utilizzo dei velivoli in disuso... sono una riserva di metalli niente male ... ammesso che saremo capaci di fondere acciai e leghe per produrne altri, di altra forma ...
A proposito dei bassi prezzi attuali dei biglietti arei, ricordiamoci che siamo al picco, o comunque molto vicini al picco. Ovvero, non c'è mai stato nella storia tanto petrolio disponibile come in questi anni e, probabilmente, non ci sarà mai un periodo come questo di nuovo nel futuro. Oltre a questo, hanno ottimizzato anche le scarpe delle hostess e - soprattutto - l'occupazione degli aerei. Mi ricordo che molti anni fa ti capitava di volare in aerei vuoti o quasi. Ora, non mi è più successo da anni. In effetti, probabilmente le linee aree anno ancora la capacità - in principio - di assorbire ulteriori aumenti dei prezzi del petrolio, anche aumenti consistenti. Questo, però, soltanto se riescono a volare sempre con gli aerei pieni. Se l'economia comincia a rallentare, scende il numero di passeggeri, ed è l'inizio della spirale discendente.
Quanti problemi inutili ... Basta un elastico gigante !
:-D
NDR: Scherzo !
Gli aerei sono preziosi perchè, tolte le ali e i motori, sono navette già fatte per dirigibili, con già tutta l'avionica e l'accoglienza passeggeri fatta e finita
Il dirigibile sarà lo strumento principe dell'aereonautica civile a idrogeno post-picco
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