Questo è un grafico a “torta” che ho ricavato a partire dai dati statistici disponibili sui siti del GSE e di Terna e rappresenta la ripartizione percentuale della produzione di energia elettrica italiana, suddivisa per fonte e per modalità. Per Consumo Interno Lordo, pari nel 2006 a 359,1 Twh, si intende la produzione nazionale lorda (314,1 Twh), cioè quella misurata ai morsetti dei generatori elettrici più il saldo tra importazioni ed esportazioni (45,0 Twh). Una parte della produzione nazionale lorda viene utilizzata dai macchinari ausiliari per il funzionamento degli impianti e un’altra parte viene persa nei trasformatori necessari ad elevare la tensione al valore di rete, cioè consumi e perdite, per un totale di 21,6 Twh.
Abbiamo quindi una richiesta in rete di 337,5 Twh. Considerando le perdite di distribuzione pari a 19,9 Twh (5,9%), otteniamo un valore dei consumi finali di 317,5 Twh.
Il sistema elettrico italiano è dunque dipendente prevalentemente dal gas naturale che sta sostituendo gradualmente l’olio combustibile nella produzione termoelettrica, ha una quota stabile da alcuni anni di produzione termoelettrica da carbone e un’analoga quota di importazione, proveniente prevalentemente dal surplus di produzione nucleare francese a basso costo. Da segnalare anche la buona quota di copertura da rinnovabili, per il 70% proveniente dalle storiche centrali idroelettriche che, per la saturazione del potenziale idroelettrico italiano, è però da qualche anno caratterizzata anch’essa da scarse dinamiche di crescita.
La priorità nel breve periodo (scenario 2012), in previsione dell’imminente picco della produzione mondiale di petrolio, oltre il quale inizierà un inesorabile declino della disponibilità di tale risorsa, è la riduzione drastica dell’uso del greggio. Inoltre, è necessario rispettare gli obiettivi europei di riduzione dei gas serra (6,5%) e di produzione da rinnovabili (20%).
Utilizzando il valore emissivo di 73,30 ton.CO2/TJ contenuto nella Decisione della Commissione 29/01/2004 attuativa della Direttiva 2003/87/EC per il monitoraggio dei GHG (Green House Gas) e un’efficienza media delle centrali ad olio combustibile del 38%, otteniamo un fattore di emissione pari a 0,694 Mton. CO2/Twh. Considerando che la realizzazione di nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato (con efficienza di circa il 55%) alimentate con gas naturale (fattore di emissione pari a 0,374 Mton./Twh) e la crescita della produzione da rinnovabili (fattore di emissione pari a 0 Mton./Twh), possono consentire di abbattere sensibilmente le emissioni di CO2, la strategia nel breve termine non può che essere la sostituzione della produzione da olio combustibile con un’ulteriore penetrazione di gas naturale e rinnovabili.
Utilizzando il valore emissivo di 73,30 ton.CO2/TJ contenuto nella Decisione della Commissione 29/01/2004 attuativa della Direttiva 2003/87/EC per il monitoraggio dei GHG (Green House Gas) e un’efficienza media delle centrali ad olio combustibile del 38%, otteniamo un fattore di emissione pari a 0,694 Mton. CO2/Twh. Considerando che la realizzazione di nuove centrali termoelettriche a ciclo combinato (con efficienza di circa il 55%) alimentate con gas naturale (fattore di emissione pari a 0,374 Mton./Twh) e la crescita della produzione da rinnovabili (fattore di emissione pari a 0 Mton./Twh), possono consentire di abbattere sensibilmente le emissioni di CO2, la strategia nel breve termine non può che essere la sostituzione della produzione da olio combustibile con un’ulteriore penetrazione di gas naturale e rinnovabili.
In quest’altro grafico, sintetizzo uno scenario di questo tipo che consentirebbe contemporaneamente di rispettare gli impegni di Kyoto per il settore elettrico, conseguire gli impegni europei sulle rinnovabili e abbattere drasticamente la dipendenza dal petrolio.
I sostenitori del carbone in Italia, contestano questa strategia con l’argomento dei rischi di vulnerabilità del sistema connessi a una eccessiva dipendenza dal gas naturale. Altri paesi, come la Francia, che ha una dipendenza da un’unica fonte superiore a quella dell’Italia (70% dall’energia nucleare) non sembrano preoccuparsi troppo del problema, ma è inutile nascondere che questi rischi ci sono e sono insiti nell’esigenza strutturale di importazione di fonti fossili del nostro paese, che però non verrebbe cancellata da un maggiore ricorso all’uso del carbone. Una qualsiasi interruzione delle forniture metterebbe comunque in crisi il sistema a prescindere dal minore o maggiore grado di diversificazione delle fonti. Questi rischi si possono parzialmente ridurre attraverso la differenziazione geografica degli approvvigionamenti e con la costruzione dei rigassificatori.
I sostenitori del carbone in Italia, contestano questa strategia con l’argomento dei rischi di vulnerabilità del sistema connessi a una eccessiva dipendenza dal gas naturale. Altri paesi, come la Francia, che ha una dipendenza da un’unica fonte superiore a quella dell’Italia (70% dall’energia nucleare) non sembrano preoccuparsi troppo del problema, ma è inutile nascondere che questi rischi ci sono e sono insiti nell’esigenza strutturale di importazione di fonti fossili del nostro paese, che però non verrebbe cancellata da un maggiore ricorso all’uso del carbone. Una qualsiasi interruzione delle forniture metterebbe comunque in crisi il sistema a prescindere dal minore o maggiore grado di diversificazione delle fonti. Questi rischi si possono parzialmente ridurre attraverso la differenziazione geografica degli approvvigionamenti e con la costruzione dei rigassificatori.
18 commenti:
Il 12% da rinnovalbili mi pare troppo (Quando la Danimarca esrae il 20% dall'eolico).
Di questo, quant'è l'apporto degli inceneritori?
l CEWEP fornisce una risposta al tuo questiro, riguardo a quanta energia cosiddetta rinnovabile viene fornita dagli inceneritori, in realtà pochissima, in quota non trascurabile ma quasi irrilevante ai fini di un piano energetico nazionale.
http://www.cewep.com/data/studies/art145,138.html
Appena 3 milioni di tonnellate di rifiuto trattato x anno, non so dirti a quanti Twh corrispondono, l'efficienza è sul 40%, pochissimi di questi impianti sono a CDR, il potere calorifico medio è di 2500KCal/Kg, quanto fa ? Qualcuno mi può aiutare ? Io credo sia meno dell'1%
UNa piccola correzione, ho detto che l'efficienza media è attorno al 40%, in realtà il discorso è cumulativo fra produzione di calore e produzione di elettricità. Il 10% e poco più dell'energia totale immessa da rifiuto va in elettricità, il 30% va in calore (teleriscaldamento), pertanto andrebbe conteggiata diversamente. Se qualcuno conosce qualche studio interessante a livello italiano su quanto petrolio equivalente in totale l'incenerimento permette di risparmiare per favore mi faccia sapere, io credo sia molto ma molto poco, i termovalorizzatori sono assolutamente sopravvalutati a mio parere. Pensate che 1/4 dell'elettricità che producono serve solo ad uso interno per autoalimentarsi...
Nel mio articolo non c'è scritto da nessuna parte di produrre il 12%da rinnovabili. L'attuale produzione è il 16%, quella da me prevista è il 22%. Cosa vuoi dire? L'apporto degli inceneritori , lo trovi sul sito di Terna, è di poco più di 4000 Gwh, cioè circa il 7%.
Ovviamente il 7% della produzione da rinnovabili
Costruire gli inceneritori è un ottimo investimento per chi gestisce il business.
Quando mancheranno i rifiuti (siamo oltre il picco dei rifiuti, come aveva scritto Ugo un annetto fa circa), dovremo "ingegnarci" per produrli, pur di alimentarli? Eh sì, altrimenti "i dipendenti inceneristi cosa stanno lì a fare?" :-D
Un po' come la Fiat: speriamo che continui a produrre, che venda, che l' "economia continui a girare". "Magari, facciamo anche delle leggi per favorire il ricambio delle auto" (casomai non bastasse la pubblicità).
Altrimenti, "tutti quegli operai cosa faranno"?
Allora possiamo anche dire: visto che ci sono caserme e prigioni, non sia mai che arrivi una "crisi", speriamo che ci sia sempre qualche delinquente, altrimenti i sistema come fa a tirare avanti? Anzi, incentiviamoli.
A volte mi sembra di rinc***nire...
Scusate, ho divagato un po' :-)
Marantz,
credi abbastanza bene. 4000 Gwh di energia prodotta dagli inceneritori corrisponde a poco più dell'1% del Consumo Interno Lordo italiano.
Guardate che per far funzionare un inceneritore non serve solo la spazzatura (poi di un certo tipo, circa il 12-15% con punte del 20% del totale CASALINGO) ma anche carburante per bruciarla meglio. Dunque NON è una fonte alternativa.
Ciao
Se può esservi di qualche interesse, sul mio sito blog ho postato un articolo riguardo all'efficienza energetica degli inceneritori ed ai limiti del loro utilizzo.
http://mizcesena.blogspot.com/2008/02/energia-da-incenerimento.html
Saluti,
Paolo
Interessante l'articolo sugli inceneritori. Grazie per la segnalazione!
Interessante post, complimenti. Ho una questione: come distribuiresti l'aumento del 6% delle rinnovabili tra le varie fonti? tra fotovoltaico, CSP, eolico onshore e offshore, geotermico, biomasse e idro. Teniamo presente che la quota dell'idroelettrico è in tendenziale decrescita, il che darà qualche grattacapo.
Inoltre devo confessare di non avere capito se la quota del 20% di rinnovabili prevista dall'unione europea si riferisca solo all'energia elettrica o a tutta l'energia consumata dal paese.
Non dimentichiamo una cosa fondamentale per ridurre le emissioni: la cogenerazione di elettricità e calore da riscaldamento (soprattutto al nord Italia)!!
Caro anonimo,
non ho sviluppato nel dettaglio la proposta sulle rinnovabili perchè avrebbe allungato troppo l'articolo. Comunque, dei circa 23 Twh necessari, una decina potrebbero arrivare dall'eolico (6000MW-7000MW) considerando 1600 ore equivalenti di funzionamento e quindi prevedendo anche degli impianti off-shore. Naturalmente, bisogna verificare questa ipotesi in rapporto alla stabilità della rete di trasmissione, a causa delle caratteristiche di intermittenza dell'eolico, ma ci si dovrebbe fare. Un'altra decina di Twh da impianti termoelettrici a biomasse agricole e forestali (2000MW-3000MW). Il resto da mini-idro, geotermia, fotovoltaico.
Il 20% richiesto dall'UE al 2012 è riferito al consumo interno lordo di energia elettrica. Da non confondere con il 20% di energia primaria da fonti rinnovabili che è il nuovo obiettivo per il 2020.
Grazie Terenzio per l'interessante fotografia della situazione. Per quanto riguarda la crescita della quota da rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico, resta il problema dell'integrazione in rete, in assenza di programmi seri per lo stoccaggio, come giustamente non si stancano di segnalarci Coiante e altri. Speriamo che nell'elaborazione del programma energetico di ASPO-Italia da parte di Saraceno, questo aspetto cruciale sia trattato con un certo grado di dettaglio, e vengano presentati possibili scenari di soluzione. Oppure, se non ci piacciono le soluzioni basate sullo stoccaggio centralizzato, e crediamo nelle "reti intelligenti" e "diffuse", sarebbe ora che qualcuno procedesse alla presentazione di qualche modello dettagliato di come implementare in pratica queste reti. Ci sono in giro studi mirati, dedicati al caso specifico italiano, sia per quanto riguarda lo stoccaggio, sia per quanto riguarda le reti intelligenti? Qualcuno potrebbe segnalarli qui sul blog o su Petrolio? Penso si tratti di punti importantissimi da affrontare, per poter poi cominciare ad immaginare traguardi più ambiziosi.
Sì, Fabrizio, la mia proposta tiene conto della vexata quaestio dell'intermittenza. La potenza installata al 2012 di rinnovabili intermittenti non supera il 20% della potenza installata totale, indicato da Coiante come limite superiore per non compromettere la stabilità della rete di trasmissione. Naturalmente per andare oltre il 22% di produzione da rinnovabili, bisogna fare qualcosa. Penso che aumentare la potenza attiva per reagire adeguatamente agli sbalzi di potenza sia il provvedimento più immediato da fare anche se comporta un aumento dei costi. Poi a medio termine bisogna aumentare la connessione delle reti. E promuovere i progetti innovativi come il Kitegen che superano il problema dell'intermittenza. Infine c'è la questione apparentemente risolutiva dello stoccaggio, ma come ha dimostrato anche Eugenio con le sue simulazioni è ancora problematica in termini di costi e di praticabilità operativa. Ma non c'è dubbio che si debba proseguire su questa strada. La verità sconveniente rispetto alle certezze ambientaliste del passato è che oggi non abbiamo ancora un'alternativa ai combustibili fossili.
Caro Longobardi,
non pensa che si potrebbe ottenere qualcosina di più dall'eolico soprattutto se ci si posta nell'offshore più produttivo?
Ho anche paura che i 2000-3000 MW di biomasse agricole e forestali rappresentino una soluzione inefficiente se destinati in primis alla produzione elettrica e secondariamente alla produzione di calore (come avviene per molti impianti in progetto) che dovrebbe essere il focus principale.
Infine pensa che l'attuale sistema di incentivazioni come modificato dalla recente finanziaria sia adatto a raggiungere questi obbiettivi?
Quali eventuali modifiche apporterebbe?
Caro Fabio,
rispondo sì alla prima domanda, aggiungendo che bisognerebbe paradossalmente ridurre il regime incentivante dei certificati verdi per favorire i siti più produttivi, rispondo sì senza commenti alla seconda domanda, per quanto riguarda la terza confesso di non aver ancora approfondito il nuovo sistema incentivante approvato di recente dal parlamento, anche se conoscendo i relatori si dovrebbe trattare di una cosa fatta bene.
Grazie per l'articolo.
Cataldo
[Commento con ritardo questo interessante articolo a causa della mia assenza dall'Italia nel mese di febbraio]
Tra i dati riportati in questo post c'è una cosa che mi ha colpito e che non è stata forse abbastanza sottolineata: i grandi costi energetici di un sistema di produzione centralizzato. Oltre il 10% dell'energia elettrica prodotta viene persa per i trasformatori e per la distribuzione. Una produzione più decentrata non dovrebbe quindi portare ad un risparmio in questo campo?
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