mercoledì, aprile 07, 2010

La crisi della legna

Stefano Saviotti ci invia questo interessante documento. E' una storia di un paio di secoli fa, ma è impressionante notare come certe cose si potrebbero ripetere anche ai nostri tempi e come sarebbe difficile oggi salvare i nostri boschi da gente disperata e armata di sega a motore (UB)



LA CRISI DELLA LEGNA IN EPOCA NAPOLEONICA

di Stefano Saviotti

Cercando materiale per una ricerca storica sul territorio faentino negli ultimi secoli, mi sono imbattuto in un documento (1) che, agli occhi di un picchista, dimostra come la storia delle crisi energetiche sia soggetta a logiche ricorrenti, valide in ogni epoca.

Nel 1804, il Ministero degli Affari Interni dell’ex repubblica Cisalpina, poi divenuta Italiana, diramò alle Prefetture una circolare con cui si richiedeva ad ogni Municipalità di rispondere ad alcuni quesiti riguardanti le forniture energetiche.
Le domande erano le seguenti:

1° Se, e in quale numero, ubicazione, estensione, e qualità esistano Boschi in codesto Circondario di qualsivoglia ragione sian essi, o Nazionale, o Comunale, o privata;

2° Quale metodo possa immaginarsi il più cauto per averne cura, e conservarli;

3° Se esistono in codesto Circondario Miniere, Cave, Officine di Vetri, e di Vasi argillosi, ed in caso affermativo a quanto approssimativamente ascenda l’annuo consumo della Legna, o del Carbone pel totale di questi Stabilimenti. Potrete aggiungere qualche rilievo sulla estrazione all’estero, od introduzione, che per avventura si facesse dell’accennato genere;

4° Finalmente un prospetto dell’aumento del prezzo della Legna da fuoco, e del Carbone seguito nel periodo di 30 anni addietro fino al presente.
La Municipalità di Faenza rispose che nel suo territorio esistevano solo, confinati sui pendii delle colline della parte alta, alcuni boschi cedui a taglio quadriennale detti Siepi, con un’estensione massima di 5000 tornature (1150 ettari, 7 % del territorio comunale) e tutti di proprietà privata.

Tali boschi erano soggetti a gravi danni a causa del pascolo abusivo e dei furti di legna non solo secca, ma pure di intere piante giovani, tanto che la loro distruzione totale appariva molto probabile. Un notevole scandalo era inoltre costituito dalla pubblica vendita della legna rubata che avveniva tranquillamente in centro a Faenza, nella cosiddetta Piazzetta della Legna, senza che nessuno intervenisse.

Riguardo il terzo quesito, si rispondeva che a Faenza non esistevano miniere o cave, ma alcune industrie che consumavano parecchia legna, ossia due vetrerie, due fabbriche di maioliche e cinque di ceramiche comuni. Tali stabilimenti consumavano annualmente circa 120 carri di legna grossa e 600 di fascine. La legna proveniva tutta dai boschetti della collina, ma era insufficiente a coprire anche il fabbisogno per il riscaldamento delle case, per cui si era costretti ad importare ogni anno 20.000 libbre (7200 Kg.) di carbone dalla Toscana.

Col tempo, logicamente aumentarono i prezzi sia della legna sia del carbone. Trent’anni prima (1774), i zocchi (tranci) di legna costavano 12 paoli il carro (circa 60 Euro odierni) e le fascine 30 (150 Euro). Nel 1804 invece, i zocchi erano cresciuti sino a 18 paoli (90 Euro) e le fascine a 55 (275 Euro). Anche il carbone, sempre più richiesto per supplire alla carenza di legna, era cresciuto da 25 a 50 baiocchi ogni 100 libbre (ossia da 35 a 70 Euro al quintale). Rispondendo al Ministero, la Municipalità faentina non seppe suggerire altro rimedio che quello di istituire dei guardaboschi e reprimere severamente la vendita della legna rubata. 

Il documento sopra riassunto è ricco di spunti di analisi. Si nota innanzitutto come la presenza di una concentrazione urbana di un certo rilievo (la città di Faenza) avesse nei secoli passati portato al sovrasfruttamento ed alla distruzione progressiva delle aree boschive limitrofe, che pure fino al Medioevo erano ancora estese, sia per il consumo di legna da fuoco e da lavoro, sia per far posto alle colture alimentari.

I boschetti superstiti erano rimasti confinati nei luoghi più accidentati, che non potevano essere coltivati, ed erano sempre più lontani dal centro abitato. La distruzione dei boschi era stata favorita dal sorgere di attività artigianali energivore (vetrerie e soprattutto maioliche, per cui Faenza è famosa da sempre) che sottraevano legna al consumo domestico. Si era pertanto costretti a ricorrere al carbone d’importazione; chi non se lo poteva permettere andava invece a tagliare legna di nascosto o a rifornirsi al mercato “irregolare” che garantiva prezzi accessibili, essendo merce rubata. Ovviamente i furti depauperavano ulteriormente il patrimonio boschivo, e l’aumento delle importazioni di carbone non avrebbe potuto fermare il fenomeno, visto il suo costo troppo alto per una consistente fetta della popolazione.

Si stava così assistendo ad un inarrestabile esaurimento della fonte energetica locale e tradizionale (la legna), con un ovvio forte aumento dei prezzi (legna + 50 %, fascine + 83%). Anche il carbone, unica fonte alternativa, a causa della crescente richiesta subì un aumento del 100 %, ed oltretutto introdusse una dipendenza energetica da uno Stato estero.

Le autorità del tempo seppero pensare solo a strumenti repressivi, di fatto inefficaci o inapplicabili: istituire i guardaboschi non avrebbe di certo aumentato le superfici boschive o diminuito il fabbisogno di legna, e reprimere con la forza la vendita della legna rubata avrebbe provocato una rivolta dei poveri. Con un certo stupore, si deve quindi dedurre che persino una società tecnologicamente arretrata e semirurale come quella faentina del primo Ottocento (con soli 29.000 abitanti, in gran parte poveri e dai consumi limitatissimi) fosse insostenibile per il suo territorio.

Dopo l’annessione della Romagna al Regno sabaudo (1859), l’arrivo della ferrovia favorì l’importazione di carbone estero a prezzi più accessibili, e la crisi della legna fu superata. L’introduzione del petrolio e del metano ha infine portato allo sviluppo attuale, comune a tutto l’Occidente.

Oggi Faenza è piena d’industrie (di cui molte in crisi), di automobili, caldaie e luci, si è estesa per sette volte la sua estensione originaria ed i suoi abitanti sono saliti a 57.600. Quando petrolio e metano verranno ad essere meno disponibili non so cosa succederà, ma di certo tutte queste persone non si potranno scaldare accendendo un fuoco con la legna.



(1) Archivio di Stato Faenza, Carteggio del Comune, 1804, busta 9, titolo XIX, Prot. 359 del 6 aprile 1804)

15 commenti:

el Capatàz ha detto...

Interressantissimo post.
Complimenti davvero.

La scorsa estate, in Abruzzo, nel cuore della Marsica, dopo un violento nubifragio, paragonabile a una tromba d'aria, caddero molti alberi, tra cui molti di grosso fusto e alti diversi metri.

La gente del luogo, senza pensarci nemmeno un secondo, si armò di seghe a motore e fece scorta di legna per un inverno che, in effetti, si sarebbe rivelato abbastanza rigido e nevoso.

lo stesso giorno, a Roma, decine e decine di alberi di diverso tipo, caddero giu' dopo una tromba d'aria.

Molta gente scese in strada o nei parchi, anche sotto casa mia, con seghe a motore, accette, mannaie, e si portarono via quintali e quintali di legna per l'inverno metropolitano.

Qualcosa sta cambiando, anche nelle metropoli.
Anni fa, pochi anni fa, una scena del genere, sarebbe stata inpensabile.
Oggi, no.

Peraltro, gli alberi nei parchi, sono sotto la "giurisdizione" del servizio giardini del comune di Roma.

Parlando con una persona che si e' fatta le provviste per le sue stufe a roma e nella sua casetta appena fuori citta', mi diceva che lo stesso servizio giardini, se rimuove questi alberi nei parchi, da essi ricava legna da rivendere a esercenti senza scrupoli.

quindi, mi diceva questa persona, "...prima che lo facciano loro, lo facciamo noi".

mi preoccupa soprattutto la voracita' dell'essere umano, quando si trova con l'acqua alla gola.
che si tratti di legna, che si tratti di sterminare una colonia di lupi "rei" di importunare le galline e i cavallini del paesino XYZ.

Saluti.

Marco C ha detto...

Interessante post. Lo ricollego ad una cosa che ho sentito dire a proposito della Corsica: pare che sia ancora oggi in vigore una legge napoleonica (!) che obbliga a ripiantare ogni albero che viene tagliato. In Sardegna invece, dove secoli fa esistevano vaste foreste, è a rischio desertificazione con poche oasi verdi.

Marco C.

Paolo ha detto...

La forte riduzione demografica globale probabilmente sarà preceduta dallo stillicidio della scarsa vegetazione e della poca selvaggina esistente. Questa è la conseguenza immediata più logica quando vengono a mancare alcune risorse essenziali ad una popolazione demograficamente eccessiva come è quella umana oggi e, soprattutto, quando i governi non stanno facendo ancora nulla in direzione di una decrescita controllata. Dopo, il decremento demografico umano sarà inevitabile ed una discreta ripresa dell'ambiente possibile...

fausto ha detto...

Bell'articolo; ricorda da vicino la catastrofe di Haiti, landa desolata di oggi.

Nella Pianura Padana l'oggetto più smisurato realizzato dall'uomo è il delta del Po; la sua estensione massima, raggiunta a cavallo della seconda guerra, era il frutto dei fenomeni erosivi che avevano colpito l'Appennino (più che le Alpi). Fenomeni indotti da deforestazione e surpascolo, con apice tra metà ottocento e primi del novecento.

La ripresa odierna delle superfici boscate è venuta grazie ai fossili; vediamo poi come finirà...

raimondo ha detto...

http://www.treehugger.com/files/2010/03/biochar-breaks-through-in-haiti.php

In Haiti la deforestazione è preccupante, la popolazione è abituata a cucinare con il fuoco aperto.

Usando una tecnologia low-cost (detta luciastove) permette di utilizzare un decimo della legna per cucinare.

La raccolta della legna per gli usi domestici è affidata ai bambini dalla famiglia.
Questo 'lavoro' minorile distoglie i bambini dallo studio perciò moltissimi sono praticamente analfabeti.

La stufa non brucia la legna ma il gas di legna (ed è quest'ultimo a bruciare), non produce fumo ( il fumo delle cucine è 2a o 3a causa di morte precoce per donne e bambini in paesi di sviluppo).

La legna emettendo il gas di legna non diventa cenere ma come residuo rimane "carbonella" o anche biochar.
Il biochar può essere utilizzato come "fertilizzante" (diciamo così per brevità, meglio leggere come funziona nel seguente sito: www.ichar.org
associazione italiana biochar)

www.worlstove.com
ditta produttrice della luciastove

Frank Galvagno ha detto...

Copio e incollo un interessante post comparso sulla lista NTE, da parte di Sergio Baffoni:

"In seguito alla crescente pressione
internazionale, il governo di transizione del
Madagascar ha ripristinato il divieto di taglio
di palissandro e la sua conseguente esportazione.

Il decreto (n. 2.010-141), che vieta tutte le
esportazioni di palissandro e legnami preziosi
per un minimo di due anni, è stato annunciato dal
ministro dell'Ambiente, che ha dichiarato di aver
già predisposto un piano per sconfiggere il
commercio illegale di legname.

Con l'entrata in vigore del divieto di
esportazione, resta incerto il destino delle
10.000-15.000 tonnellate di palissandro in attesa
di esportazione . Le associazioni che si erano
battute contro a ripresa delle esportazioni di
legname illegale, hanno accolto con prudenza il
provvedimento.

"La moratoria è una vittoria enorme sul fronte
palissandro," ha dichiarato a Mongabay Derek
Schuurman, del Madagascar Conservation Journal
and TRAFFIC - La protesta globale oltre a
bloccare il commercio di palissandro, ne ha
vietato il taglio e ha costretto il governo a
prendere provvedimenti."
"C'è ancora molto da fare ... ma ci siamo
riusciti al primo passo", ha aggiunto Lucienne
Wilmé, uno scienziato francese impegnato nel
monitoraggio del commercio palissandro.

La protesta è esplosa quando la società cargo
francese Delmas ha ripreso il carico di legname
da Vohemar, un porto nel nord-est del Madagascar,
dove si trovano ancora ampie riserve di
palissandro. Ecological Internet, un gruppo di
cyberattivismo, ha ampliato una campagna email
che ha inviato migliaia di messaggi di protesta,
mentre i gruppi Global Witness e Investigation
Agency (EIA) hanno lanciato un appello pubblico
ai governi di Francia e Madagascar. La campagna
ambientalista ha raggiunto la stampa nazionale e
internazionale, convincendo il governo di
transizione del Madagascar a sancire la moratoria
sull'esportazione di legname.

Ma restano dubbi sulla reale intenzione
dell'attuale governo - che ha preso il potere nel
corso di un colpo di stato militare di un anno fa
- di far rispettare efficacemente la moratoria:
alcuni consiglieri di primo piano
dell'amministrazione sono state collegate al
commercio del legname.

Nel caos seguito al colpo di stato militare nel
marzo scorso, le foreste pluviali del Madagascar
sono state saccheggiate dei legni duri pregiati,
tra cui palissandro ed ebano. Decine di migliaia
di ettari sono stati danneggiati, anche nei
parchi nazionali di Marojejy, Masoala, e Makira.
Il disboscamento illegale alimentato anche lo
sviluppo del commercio di selvaggina, di cui
hanno fatto le spese migliaia di lemuri, finiti
nei ristoranti. Il traffico di legname ha
coinvolto bande armate che si sono impossessate
di fette di territorio, soprattutto nei parchi
nazionali, ai danni del turismo, una fonte
fondamentale di reddito diretto e indiretto per
molti malgasci."

Frank Galvagno ha detto...

Interessanti le considerazioni di Raimondo.

In effetti, la combustione della legna per scopi culinari potrebbe essere sostituita in percentuale molto elevata (per lo meno, nei paesi dove il sole picchia duro) dalla cottura con cucina parabolica. Io ce l'ho e ne sono fiero :-) ... quando c'è il sole non tocco nè GPL nè legna ...

el Capatàz ha detto...

@Frank...

INTERESSANTISSIMO QUANTO LACERANTE POST...

proprio questo pomeriggio, andando fuori Roma, ho potuto assistere impotente al taglio di almeno 200 pini, ultrasecolari.

stanno ampliando la via tiburtina, il tratto tra la fermata della metropolitana "Re Bibbia" e Sette Camini.

per poter raddoppiare questa strada consolare, gia' grande, ma non abbastanza per far defluire il traffico caotico della sterminata provincia romana, hanno pensato bene di tagliare pini ultrasecolari.

io penso che siamo completamente folli.
non riesco a trovare altre parole.
per ora non ne riescoa trovare.

anche la persona che mi accompagnava , nota non a,mbientalista, mi ha descritto con voce rotta quello che vedeva.
uno scempio allucinante.

Le istituzioni deputate al controllo, partiti verdi e ambientalisti bvari, dove sono?
come dove siamo noi come "societa' civile"?

ci siamo fermati e abbiamo osservato due tronchi appena tagliati.

mentre il traffico, incurante, continuava a scorrere.

un vero ECOCIDIO.

GAIA vivrà.

gli esseri umani, non ne sarei cosi' convinto.

abbiamo un potensìziale distruttivo interiore che mi spaventa sempre più.

saluti.

se c'e' qualcuno nella zona di roma che puo intervenire, con interpellanze al sindaco di roma, al consiglio comunale, a chi cavolo ne so!!!! lo faccia per favore!!!

possono essere salvati ancora decine di pini ultrasecolari.

saluti ancora.

raimondo ha detto...

@ Frank
La vedo dura cucinare la cena della sera con uno specchio solare.
A parte gli scherzi la vera malattia del genere umano non è la povertà ma l'ignoranza.
La povertà è il sintomo ma la causa è l'ignoranza.
La risorsa biomassa si può e si deve impiegare però bisogna conoscerla.
E' rinnovabile sono se non si sfrutta al di sopra del fattore di ricrescita.
Se si taglia bisogna ripiantare e POI ASPETTARE che ricresca.
Svezia docet ...
Ad esempio il taglio della foresta indonesiana per piantare SOLO palma da olio è sbagliato.
Se però si mantenessero o si ri-piantassero le altre specie arboree autoctone intervallandole con la palma (almeno il 10%) potrei essere favorevole a queste coltivazioni.

Anonimo ha detto...

I moderni termocamini e le stufe ad alto rendimento hanno un rendimento intorno all'80%, che paragonato al 10 % di un normale camino aperto rappresenta un aumento di efficienza di 8 volte a parità di combustibile. Unitamente a un'ottima coibentazione degli edifici - vero obbiettivo mai sufficientemente reclamizzato - si potrebbe ipotizzare di riscaldare gli ambienti tramite legna con una popolazione maggiore di quella del 19° secolo.

raimondo ha detto...

Il rendimento della luciastove è del 93%.

Se scrivete alla worldstove vi possono mandare copia delle prove di laboratorio che hanno fatto fare a terzi.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Frank Galvagno ha detto...

Grazie Stefano, è un perfetto esempio di paradosso di Jevons all'opera

fausto ha detto...

Ripensavo ai numeri: 7200 kg di carbone e qualche centinaio di carri di legna....

Ci vengon fuori all'incirca (a star davvero larghi) 3.500.000.000 kcal, o meglio 4.132.000 kWh. La radiazione annua che incide su una superficie di circa 2800 mq.

Mi deprimo.

mauriziodaniello ha detto...

Dobbiamo anche ricordare che le guerre sono responsabili.

Esempi eclatanti: Il famoso cedro del Libano è diminuito considerevolmente per via delle continue guerre! Intere zone d'ulivo sono stati distrutti in Grecia nella seconda guerra mondiale. Ecc.

In più l'inquinamento (esempio le piogge acide) esistente rallenta la formazione di nuovi alberi.

La cementificazione poi elimina territorio boschivo ogni anno!

Dunque adesso siamo in una situazione ben peggiore di quello presentato nell'articolo.

Ciao