martedì, maggio 15, 2007

Confessioni di un idrogenista pentito

Un bel po' di anni fa (forse troppi) mi occupavo di idrogeno Era il 1980 quando arrivai a Berkeley, in California, a fare il post-doc al Lawrence Berkeley Laboratory. Era appena passata l'ultima fase della prima grande crisi del petrolio; il massimo valore storico dei prezzi era stato nel 1979. In America, era tutto un fiorire di progetti di ricerca, di nuovi centri e istituti, tutti dedicati alle energie alternative.

A Berkeley, lavorai per più di due anni sulle pile a combustibile; la tecnologia che doveva servire a trasformare l'idrogeno in energia elettrica e che era - ed è - essenziale per il concetto di "economia basata sull'idrogeno" (Rifkin non ha inventato nulla, erano cose già ben note allora). Era un lavoro interessante, anche affascinante, ma molto difficile. Finito il mio contratto, cominciai a cercare lavoro. Ma, come mi è capitato spesso nella vita, mi trovavo in controfase con il resto del mondo. Nel 1982, i prezzi del petrolio si erano già molto abbassati. L'interesse sulle energie alternative era calato e - con la lungimiranza tipica degli esseri umani - si cominciava già a pensare di chiudere i centri di ricerca messi su negli anni '70. C'era poco spazio, di conseguenza, per un esperto in pile a combustibile. Il meglio che riuscii a trovare fu un'offerta per lavorare in un centro di ricerca nel Montana. Non mi attirava molto e alla fine decisi di tornare in Italia. Provai a continuare a lavorare sulle pile a combustibile, ma da noi non glie ne importava niente a nessuno, nemo propheta in patria sua. Così dopo qualche anno mi dedicai ad altre cose.

Mi ricordo che quando ero ancora in America ero venuto a sapere che a Vancouver, in Canada, c'era un certo Geoffrey Ballard che aveva messo su un piccolo istituto di ricerca per studiare le pile a combustibile. Pensai vagamente di mandargli un curriculum, ma poi me ne scordai. La ditta di Ballard, a quel tempo, era poco più di un garage con qualche entusiasta dentro intento a saldare fili e a far bollire strane soluzioni.

Ma Ballard era destinato a grandi cose. Più o meno al tempo in cui io me ne andavo da Berkeley, Ballard sviluppava un tipo di pila a combustibile completamente nuovo, la "PEMFC" o "PEFC" (polymer electrolyte membrane fuel cell) o semplicemente PEM, una cosa che rivoluzionò il campo. La PEM usava un polimero solido come elettrolita, cosa che la rendeva più efficiente dei vecchi tipi che, invece, usavano un elettrolita liquido. Fece un rumore incredibile; rese possibile il primo autobus a pile a combustibile (1993) e tanto per dirne una, Ballard fu nominato "Eroe del Pianeta" nel 1999 dalla rivista "Time."

Non per dire male di Ballard, che mi risulta essere una bravissima persona, ma forse chiamarlo "eroe del pianeta" è stata una cosa un po' esagerata. A parte questo, tuttavia, negli anni '90 mi è venuto diverse volte da pensare (con una certa rabbia) che se nel 1982 avessi mandato quel curriculum forse avrei potuto essere uno degli sviluppatori di quello che - all'epoca - sembrava la rivoluzione del secolo: la pila a combustibile a membrana polimerica, il congegno che avrebbe reso possibile l'economia basata sull'idrogeno. Avrei fatto anche un po' di quattrini!

Quando cominciò l' "uragano Rifkin", nel 2002, mi trovavo a essere uno dei pochi in Italia che avevano veramente esperienza pratica sui concetti tecnici dell'economia basata sull'idrogeno. Mi invitavano alle conferenze a parlarne. Per un certo periodo ne ho parlato anche bene, pur senza grande entusiasmo. Oggi, dopo averci ripensato sopra, credo che dedicare la mia vita all'idrogeno e alle pile a combustibile non sarebbe stata una grande idea. Anzi, credo che sarebbe stata pessima. Non sono il solo a pensarla così; ho conosciuto diverse persone che hanno dedicato anni di vita alle pile a combustibile e all'idrogeno ma che poi hanno abbandonato il campo, delusi. Siamo gli "idrogenisti pentiti", persone che hanno lavorato, e magari anche creduto, nella promessa dell'idrogeno ma che poi si sono resi conto che - se magari non la possiamo proprio definire una bufala - è una cosa talmente difficile e lontana nel tempo che non ha nessuna rilevanza per la soluzione dei problemi attuali.

Ci sono moltissimi problemi con il concetto di "economia basata sull'idrogeno" ma uno dei principali è la conversione dell'idrogeno in energia utile - ovvero energia elettrica. Farlo con un motore termico è possibile, ma l'efficienza è terribilmente bassa. Quindi il concetto ruota molto intorno alla possibilità di usare pile a combustibile che promettono efficienze molto maggiori. Ma le cose non sono facili.

Gia nel 1980, a Berkeley, ci rendevamo conto di qual'era il problema principale delle pile a combustibile: il catalizzatore. La reazione fra idrogeno e ossigeno, di per se, è lenta a temperature relativamente basse. La pila funziona soltanto se gli elettrodi contengono platino, sulla cui superficie la reazione avviene molto più rapidamente. Il platino è un metallo raro e costoso e i due anni e più che ho passato al Lawrence Berkeley Lab sono stati dedicati a cercare di mettere meno platino, o qualcosa al posto del platino, sugli elettrodi della pila. Non ero solo io a lavorarci, era tutto un gruppo di ricerca, uno dei molti impegnati sull'argomento. A quel tempo, non andava di moda il termine "nanotecnologia", ma eravamo perfettamente in grado di fare delle particelle nanometriche di platino. Più erano piccole le particelle, maggiore era la superficie e di conseguenza ci voleva una massa minore.

Ahimé, uno dei problemi delle nanoparticelle è che quanto più le fai piccole tanto più sono attive. Si muovono, reagiscono fra di loro a formare particelle più grandi e, alla fine, il tuo elettrodo non funziona più. Ne abbiamo provate di tutte per stabilizzarle: una delle cose su cui ho lavorato di più è stato sulle leghe di platino. Sembrava una buona idea - funzionava bene per un po' - salvo poi de-allegarsi e dover buttar via tutto. Niente da fare - platino era e platino rimaneva.

Oggi, dopo un buon quarto di secolo di lavoro di molta gente, siamo davanti allo stesso problema. Le PEM hanno ancora bisogno di platino e una PEM dell'ultima generazione richiede qualcosa come 1000 dollari al kW di solo platino; una vettura a pile a combustibile dovrebbe contenere platino per un costo superiore alla vettura stessa! Al che si aggiunge il fatto che la membrana costa un sacco di soldi, che il platino si avvelena facilmente, che gli elettrodi si rovinano per tante ragioni, e tanti altri problemi. La PEM è ancora ben lontana da essere in grado di salvare il pianeta per opera dell'eroico Geoffrey Ballard.

Ma il problema non è solo nei costi; è proprio nella quantità di platino. Non c'è abbastanza platino su questo pianeta per costruire pile PEM in numero sufficiente a rimpiazzare gli attuali veicoli su strada e a realizzare l'idea dell' "economia basata sull'idrogeno". Era una cosa che sapevamo già nel 1980 e che non è molto cambiata da allora.

Certo, ci si può lavorare sopra, ma non è facile. Quando mi metto oggi a dare un'occhiata allo stato della ricerca nelle PEM vedo con un certo stupore che ancora la gente lavora sulle stesse cose su cui lavoravamo a Berkeley negli anni '80, apparentemente con non molto maggiore successo. Uno degli ultimi "nuovi sviluppi" è stato, indovinate un po', usare leghe di platino! Proprio la cosa che facevo io. Magari queste leghe funzioneranno meglio delle nostre, magari questi qui (di Brookhaven) sono più bravi di come eravamo noi al Lawrence Berkeley Lab; chi lo sa? Ma mi sembra che stiamo girando in cerchio senza arrivare da nessuna parte. C'è chi ha detto di aver trovato buoni catalizzatori nanostrutturati non basati sul platino. Saranno abbastanza stabili sul lungo periodo? Può darsi, mi permetto però di essere un tantino scettico.

Si riuscirà mai a produrre una pila a combustibile che usa poco (o per niente) platino e che si vende a un prezzo ragionevole? Non è impossibile, ma sembra molto difficile. Sono ormai più di trent'anni che si parla di pile a combustibile "moderne" ma ancora ci sono soltanto prototipi. Se ce ne sono in vendita o sono giocattoli dimostrativi oppure sono a prezzi tali che li possono comprare solo istituti di ricerca.

Venticinque anni fa, quando lavoravo alle pile a combustibile, sapevamo che il petrolio era ancora abbondante e che la crisi era passeggera. Potevamo permetterci di pensare che avevamo tempo, che prima o poi saremmo riusciti a far funzionare le pile; che avremmo ottenuto quel "breakthrough" necessario. Non sono bastati 25 anni; adesso il picco del petrolio sta arrivando e forse è già arrivato. Quasi certamente, non abbiamo altri 25 anni per cercare il miracolo in una tecnologia che - per ora - rimane inutilizzabile in pratica. Continuiamo pure a lavorarci sopra, ma non contiamo su qualche eroe tecnologico che verrà a liberarci dal petrolio all'ultimo momento con qualche super-PEM.

La liberazione dal petrolio verrà da tecnologie più semplici e già collaudate: le buone vecchie batterie che stanno vivendo una nuova vita con l'ultima generazione di batterie al litio. In fondo, non c'è bisogno di grandi rivoluzioni tecnologiche per cambiare -più che altro bisogna volerlo veramente.







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14 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti per la sua carriera e la sua competenza.
Condivido il suo disincantato sul fenomeno idrogeno, e condivido la sua considerazione finale.

Anonimo ha detto...

Complimenti anche da parte mia per la carriera e tutto quanto.
Cosa mi può dire riguardo i problemi di trasporto dell'idrogeno? La mia docente di Chimica all'università aveva accennato a quello come problema principale per la diffusione della tecnologia.
Saluti,
Angelo

Anonimo ha detto...

Interessantissimo post.

Purtroppo l'idrogeno sta regalando speranze a non poche persone. Mi ricorda tanto il caso della chemioterapia, che è progredita di un epsilon rispetto agli anni '70.

Il problema dei "metalli preziosi fossili" qui evidenziato è trascurato nella maggior parte degli studi.

Non potremo basarci su una tecnologia che necessita di una materia prima "rara", così come non potremo affidarci a dispositivi ultra-sofisticati, che facciano ad es. uso di un tecnopolimero dalla sintesi energivora.

Se ci salveremo, lo faremo con sistemi semplici, a vita media lunga e a bassa energia di restart-up. Con una popolazione compatibile...

Ugo Bardi ha detto...

E' un piacere ricevere congratulazioni da qualcuno che si firma "disordinementale". In effetti, siamo una grande famiglia..... :-)

A proposito della domanda sul trasporto dell'idrogeno, si è uno dei grandi problemi di tutta la faccenda. Forse non il principale, io darei più grave quello dell'efficienza, ma è una questione di valutazione

Antonio Candeliere ha detto...

Interessante la tua considerazione!

Anonimo ha detto...

pensavo il problema fosse la produzioen dell'idrogeno, ovvero quale energia usare ed anche tutti i rendimenti delle varie trasformazioni. Sommali tutti i problemi dell'Idrogeno e vedi dove se la può mettere l'economia all'idrogeno Rifkin (non è per caso che per economia all'idrogeno s'intende i soldi che guadagna lui con libri convegni e supercazzole varie?)

Anonimo ha detto...

Ma questo "idrogenista pentito" chi è?

Ugo Bardi ha detto...

"Posted by Ugo Bardi" In mancanza di ulteriori precisazioni, chi posta è l'autore e se parla in prima persona si riferisce a se stesso!

Saus ha detto...

secondo me i problemi che ci sta "svelando" in qualità di persona molto ben informata dei fatti sono molto importanti ed autorevoli.


ho una domanda in merito: non pensa che tutti - i normali cittadini - dovrebbero essere per lo meno a conoscenza delle tecnologie disponibili, e quindi anche dei relativi problemi annessi, piuttosto che avere soltanto dei "riproduttori di spot" che semplificano in idrogeno=bene (rifkin in particolare) oppure idrogeno=male?

volendo approfondire, andando allo stesso tempo anche io alla esperienza diretta seppur di tutt'altro livello rispetto alla sua, vorrei raccontarle un piccolo aneddoto:
un professore universitario di Fisica durante un corso di aggiornamento per insegnanti delle scuole medie proponeva come più sostenibile l'energia prodotta da centrali nucleari piuttosto di quella ri-prodotta utilizzando il vettore idrogeno mediante le celle a combustibile sostenendo che c'era un problema di costi elevati difficilmente affrontabile e un assurdo termodinamico (trasformazioni inutili e disperdenti per ottenere/trattare energia, assumendo in vece di ognuno dei presenti il peso/risalto da dare al fatto che questa tecnologia non produce co2 e altri fumi da combustione ed è potenzialmente già oggi in grado di fornire rendimenti migliori rispetto ai combustibili fossili, dandogli un valore vicino allo zero)

aggiungo una seconda domanda:

cosa pensa degli impianti per cogenerazione con celle a carbonati fusi MCFC e con celle ad ossidi solidi SOFC?

Ugo Bardi ha detto...

Mah.... se riuscissimo ad informare correttamente i cittadini e i decisori avremmo fatto un bel passo avanti; purtroppo siamo di fronte a problemi complessi e difficili, e la gente - incluso i politici - è stata disabituata ad approfondire le cose. NEi dibattiti vince chi urla di più, cosa ci possiamo aspettare quando si parla di idrogeno?

A proposito delle centrali nucleari, la posizione del prof. di Fisica che citi è giusta, ma anche alquanto banale. E' ovvio che trasformare l'energia elettrica in idrogeno e poi di nuovo in energia elettrica è una perdita secca; sia che lo si faccia con le rinnovabili come con le centrali nucleari. Va detto, comunque, che l'idrogeno come stoccaggio di energia è nato con il nucleare; che ha problemi di stoccaggio altrettanto importanti - anche se diversi - di quelli che hanno le rinnovabili.
Per finire, le SOFC e le MCFC sono tecnologie interessanti, ma al momento sono "soluzioni senza il problema". Così come la vedo io, serve abbastanza a poco aumentare di un po' (o anche di tanto) l'efficienza della combustione dei combustibili fossili. Quello che serve e spostarsi il più rapidamente possibile verso le rinnovabili.

Anonimo ha detto...

molte grazie per la risposta.

rimango fortemente affascinato dalla tecnologia all'idrogeno in quanto "nuova" e dalle potenzialità secondo me grandissime.
concordo che il presente sia delle rinnovabili già collaudate.

saluti
matteosaus

Anonimo ha detto...

Caro Bardi,
molto affascinante la sua presentazione sulle pile a combustibile, cosa alla quale ho sempre creduto poco. Cosa pensa lei a proposito del gas di brown o Hydroxy. Ha sufficente potere termico per un motore a scoppia di vecchia concezione? io ho trovato, su internet, il modo di produrne parecchio a basso consumo 12v, adesso devo "attacarlo" ad un motore.
Su questo tipo di sperimentazione lei cosa ne pensa?
d.who@tiscali.it

Ugo Bardi ha detto...

Delle varie strambe idee sull'idrogeno, forse l'unica che si può salvare è quella di usarlo come tale in un motore termico. Possiamo utilizzare una tecnologia che conosciamo bene, che funziona, che non richiede materiali esotici. Insomma, potrebbe essere utile. Credo però che non sia una cosa che si possa fare a livello artigianale. Per avere buone efficienze, ci vogliono motori molto grossi; insomma cose che dovrebbero fare gli specialisti. O almeno così credo.

Anonimo ha detto...

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