venerdì, luglio 25, 2008

Evoluzione del Consumo Interno Lordo di energia elettrica in Italia - parte II

In un mio articolo precedente avevo fatto il raffronto tra i dati del consumo di energia elettrica in Italia nel 2006 e nel 2007 (questi ultimi, dati provvisori). Ora, a partire dai dati definitivi del 2007 pubblicati sul sito di Terna, è possibile confrontare i due grafici che rappresentano il Consumo Interno Lordo di energia elettrica in Italia negli anni 2006 e 2007. Per Consumo Interno Lordo, si intende la produzione nazionale lorda, cioè quella misurata ai morsetti dei generatori elettrici più il saldo tra importazioni ed esportazioni. I dati definitivi del 2007, messi a confronto con quelli dell’anno precedente, mostrano una dipendenza dal petrolio nella generazione termoelettrica sempre più marginale (6,3%), un ulteriore aumento del ricorso al gas naturale con una dipendenza che raggiunge quasi il 50%, un contributo stabile dei combustibili solidi (carbone) e del saldo tra import ed export (principalmente energia nucleare proveniente dalla Francia) e un calo di un punto percentuale del peso delle rinnovabili determinato dalla riduzione della produzione idroelettrica, solo parzialmente compensata da una crescita dell’eolico. Un'analisi del fenomeno del calo della produzione di energia idroelettrica è contenuta in un mio precedente articolo. Per quanto riguarda la crescita positiva della produzione eolica, c’è da rilevare che l’energia prodotta nel 2007 è stata di 4034,4 GWh con una potenza installata di 2,714 GW, mentre nel 2006 l’energia prodotta era stata di 2970,7 GWh con una potenza installata di 1,908 GW. C’è stata quindi una riduzione delle ore equivalenti da 1556 a 1486 che è un elemento negativo, perché considerando che esiste un limite superiore di potenza installabile, a causa dell’intermittenza della fonte in rapporto alla stabilità della rete di trasmissione, per ottimizzare la produzione eolica italiana sarebbe necessario massimizzare le ore equivalenti scegliendo i siti maggiormente ventosi.
Da notare che Terna conteggia impropriamente tra le rinnovabili anche la voce rifiuti, in quanto una quota della produzione di energia elettrica dai rifiuti, quella derivante dalla combustione delle plastiche, andrebbe scorporata. Il dato però, non modificherebbe sostanzialmente la ripartizione dei consumi descritta nei due grafici.
Complessivamente, il Consumo Interno Lordo italiano di energia elettrica aumenta pochissimo, da 359,1 TWh a 360,2 TWh (+ 0,30%), a dimostrazione di una sostanziale saturazione dei consumi elettrici finali (+ 0,4%), dovuta in parte alla stagnazione economica.
L’obiettivo strategico a medio termine non può che essere quello di eliminare del tutto la dipendenza dalla residua quota di petrolio, principalmente attraverso una maggiore penetrazione delle rinnovabili (principalmente eolico). A tal fine è necessario, a mio parere, rivedere il meccanismo dei certificati verdi, penalizzando le installazioni nei siti meno ventosi.

13 commenti:

Anonimo ha detto...

http://salvadanaio.economia.alice.it/racconti/petrolio_riserve_abbondano.html?pmk=hpppstr1b_2

perchè dovrebbe essere una questione politica?

Anonimo ha detto...

Caro Longobardi,
I Certificati Verdi sono dati in base alla produzione quindi il suo ragionamento non torna. Già da adesso è più conveniente mettere le pale eoliche dove c'è più vento.

Anonimo ha detto...

Buona sera, sono in compagnia della mia nuova… lampadina led a basso consumo: solo 1,7W.

Terenzio Longobardi ha detto...

Caro Arnaldo,
perchè il mio ragionamento non torna? Io propongo di togliere la proporzionalità, cioè eliminare o ridurre il valore dei certificati verdi per siti meno ventosi. Attualmente, siccome i siti migliori sono sui crinali, le opposizioni per motivi paesaggistici, costringono spesso gli investitori a realizzare gli impianti in zone meno produttive in termini di ore equivalenti.

Girolamo Dininno ha detto...

Caro Longobardi,
spiegherebbe meglio in cosa dovrebbe consistere "la riduzione del valore dei c.v. per siti meno ventosi"?
La semplice producibilità non basta come incentivo alla scelta prioritaria dei siti migliori? E soprattutto, il "disincentivo" ai siti "scarsi" nel meccanismo da lei immaginato non rappresenta, stanti le opposizioni di cui parla, un rischio di _consistente_ frenata alla crescita dell'eolico in Italia, frenata forse un po' prematura in vista del limite di penetrazione?

Terenzio Longobardi ha detto...

Caro Giro,
prendiamo a riferimento una potenza massima installabile in Italia di circa 10000 MW. Se questa potenza venisse realizzata con una media di ore equivalenti pari a 1500, si produrrebbero 15 TWh, se le ore fossero 2000, si produrrebbero 20 TWh, cioè un terzo in più. E' per questo che bisognerebbe incentivare i siti con maggiore intensità del vento come i crinali oppure gli off-shore e disincentivare gli altri.

Anonimo ha detto...

I problemi dei crinali non sono solo di tipo paesaggistico, ma anche di costi (necessità di adeguamento della viabilità, difficoltà di trasporto, ecc.) e di impatti ambientali di altro tipo (dissesto idrogeologico, zone pregiate per l'avifauna, tagli di zone boscate, ecc...). se poi realmente la differenza si traduce in soli 5 TWh, beh forse è meglio risparmiarsi i crinali e accontentarsi di 1500 ore. O no?

Terenzio Longobardi ha detto...

Beh, Arnaldo, 5 Twh corrispondono circa alla produzione di una centrale a carbone da 1000 MW. Quindi sarebbe un bel risparmio in termini di emissioni di gas serra. Considerando un fattore di emissione di 0,896 Mton./Twh, avremmo un risparmio di circa 4,5 Mton, il 5% dell'obiettivo di Kyoto per il nostro paese.

Anonimo ha detto...

Caro longobardi,
l'ENEL si propone di ricavare dalla centrale a carbone di Torrevaldaliga (2 GW) il 4% della produzione di elettricità nazionale che dovrebbe essere di circa 14 Twh, quindi una centrale a carbone da 1 GW dovrebbe produrre circa 7 Twh (funzionamento a circa 7.000 ore equivalenti).
Inoltre avrei alcune perplessità sul suo sistema di calcolo delle emissioni evitate che mi sembrano alquanto sovrastimate.
Mi risulta che la buona pratica sia utilizzare il mix del parco produttivo che darebbe un valore decisamente più basso per tale coefficiente pari a 575 g di Co2 per Kwh. Il totale risparmiato sarebbe così di meno di 3 milioni di tonnellate.

Terenzio Longobardi ha detto...

Caro Arnaldo, mi scusi se la chiamo per nome, ma non conosco il suo cognome, secondo me le 7000 ore equivalenti dichiarate dall'Enel per le nuove centrali a carbone sono ottimistiche. Attualmente il parco centrali Enel funziona a una media di 5000 ore equivalenti. Siccome la strategia Enel è quella di sostituire le centralia ad olio combustibile con quelle a carbone (erroneamente definito pulito), mi sembra corretto confrontare le emissioni specifiche di gas serra dell'eolico (praticamente nulle) con quelle del carbone, che ho ricavato dalla Decisione della
Commissione Europea 29/01/2004 attuativa della Direttiva 2003/8/EC per il monitoraggio dei GHG (Green House Gas). Comunque, anche prendendo a riferimento le sue ipotesi ottimistiche il dato non mi sembra per nulla marginale.

Girolamo Dininno ha detto...

Caro Longobardi,
grazie per la spiegazione. E' ovvio che, data una potenza massima installabile (assunta fissa), è (molto) meglio che si abbia un numero di ore equivalenti (Heq) medio più alto possibile; però i miei dubbi restano.
1. Perché non ritiene sufficiente la maggiore remuneratività dell'investimento su siti con Heq maggiori, già garantita dall'attuale schema dei C.V.?
2. Ritiene più auspicabile che vengano realizzati i 4/5 di quella "potenza installabile" con una media di 1500 Heq, oppure solo i 2/5 con 2000 Heq come sarebbe con lo schema da lei ipotizzato?

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

good start