lunedì, settembre 08, 2008

Il grande souk del petrolio


Il vostro corrispondente dal Marocco, in una foto scattata un paio di anni fa nel souk di Fez insieme a un collega (quello col cappello) docente dell'università locale.


I mercati sono cosa antica come l'umanità. Sicuramente i nostri antenati Cro-Magnon si incontravano da qualche parte ogni tanto per contrattare e scambiarsi selce, pellicce e donne. Era un modo molto più sicuro e più pratico dell'altro modo classico di ottenere selce, pellicce e donne, ovvero la guerra.

Oggi, trovate i mercatini nella loro forma più tradizionale nei paesi cosiddetti del "terzo mondo" dove sembra che la gente abbia ancora tempo e voglia di divertirsi a contrattare e chiaccherare per ore al mercato. Girellare per un mercato nei paesi arabi, il classico "souk", è ancora un'esperienza interessantissima. Ma i mercatini locali si trovano un po' dappertutto. Mi ricordo del mercato delle pulci di Marsiglia, dove andavo quasi tutte le domeniche quando abitavo laggiù. Ultimamente sono stato al mercato di Mosca che si chiama "Vernissage" che ha molte delle caratteristiche del souk arabo.

In questi mercati, la contrattazione è un arte raffinata. Venditore e compratore eseguono una danza verbale intorno all'oggetto contrattato. Entrambi si scambiano informazioni - quel tanto che basta per cercare di far scoprire l'altro e non far scoprire se stessi. La domanda alla quale il venditore deve trovare una risposta è "quanto è disposto a pagare questo cliente?" La domanda alla quale il cliente deve trovare una risposta è "quanto è disposto ad accettare questo venditore?" Se si trova una risposta comune, allora l'oggetto si vende con reciproca soddisfazione.

Il souk è una rappresentazione approssimata ma reale di quell'entità astratta che gli economisti chiamano "il mercato". In quanto tale, ci potete vedere tutti gli elementi di cui leggete sui libri di economia: la domanda e l'offerta, la fluttuazione dei prezzi, la libera concorrenza, e tanti altri. Venditore e compratore nel souk approssimano quella condizione di "operatore perfetto" che serve per i teoremi della scienza economica.

E' curioso, però, che da noi il termine "souk" è diventato quasi dispregiativo. Il fatto di contrattare una merce è considerato una cosa un po' primitiva, da gente, appunto, del terzo mondo. Fa particolarmente orrore il fatto che il venditore nel souk spesso tende a cambiare il prezzo a seconda di come percepisce il cliente; ovvero il turista occidentale si trova a pagare di più del cliente locale. Ci sembra un terribile imbroglio che i prezzi di un bene siano differenti a seconda di chi compra. I prezzi fissi che troviamo ai supermercati e ai centri commerciali ci sembrano cosa molto più moderna e razionale. in un certo senso "democratica".

Può anche darsi ma, nella pratica, come si dice qui da noi in Toscana "quello che non vuoi, ti nasce nell'orto". I prezzi differenziati a seconda del cliente, cacciati dalla porta, rientrano di prepotenza dalla finestra. Non ci credete? Vi faccio un esempio.

Andate in pizzeria e guardate il listino prezzi. Noterete che, per esempio, la pizza al prosciutto costa, tipicamente, un paio di euro in più della margherita. Ora, ragioniamoci sopra un attimo. Il prosciutto comprato al supermercato costa sui 20 euro al chilo. Immagino che la pizzeria lo compri a meno di così, anche perché il prosciutto che deve passare nel forno della pizza non deve certamente essere quello della migliore qualità. Ma, ammettiamo che costi 20 euro al chilo. A un conto approssimato, sulla vostra pizza non ci sono più di 10-20 grammi di prosciutto. Questo vuol dire che, al meglio, in pizzeria lo pagate 100 euro al chilo, ovvero almeno 5 volte di più del suo prezzo di mercato.

Se ci pensate un attimo, in effetti, tutta la faccenda della "lista dei prezzi" ai ristoranti non ha molto senso, a meno che non ordiniate qualcosa di veramente molto particolare e costoso, tipo caviale del Caspio o Champagne d'annata. Per tutte le altre cose che normalmente si mangiano ai ristoranti, la differenza di costo per il ristorante è molto piccola rispetto alla differenza di prezzo che il cliente paga. Tanto varrebbe risparmiarsi la fatica di stampare una lista.

E non solo loro questione dei ristoranti: fate caso alla lista prezzo dei fast food, dei bar, e di tantissime altre cose, incluso le automobili. Il prezzo delle cose più costose sulla lista spesso è enormemente gonfiato rispetto al valore intrinseco della cosa. Una macchina di lusso può costare dieci o venti volte di più di un'utilitaria, ma il costo di produrla non è in proporzione al prezzo di vendita. E' noto, infatti, che i profitti dell'industria automobilistica vengono principalmente dalle vendite nei segmenti più "alti".

Perché ristoranti, bar, e concessionari fanno queste cose? Beh, ritornate un attimo al discorso del souk che facevamo prima: il compito del venditore nella contrattazione è capire quanto il cliente è disposto a pagare. Con una lista differenziata, la vostra pizzeria sta cercando di trovare una risposta alla stessa domanda: quanto siete disposti a pagare per una pizza? Per questo, nel menu ci saranno spesso anche opzioni stravaganti e relativamente costose, tipo la pizza atomica. Servono per verificare se siete disposti a pagare il loro prezzo - anche se alla pizzeria non costano che marginalmente di più della normale pizza margherita. In questo modo, la pizzeria fa esattamente quello che fa il venditore del souk. Adatta i prezzi a seconda della volontà di spendere del cliente.

In un mercato "perfetto," tipo quello di cui si legge nei libri di economia, compratore e venditore si accordano sempre sul prezzo ideale del bene. In questo tipo di mercato, direste al cameriere della pizzeria "non ci penso nemmeno a pagare il prosciutto 100 euro al chilo". Il cameriere contratterebbe e poi vi mettereste daccordo sul valore dei 10 grammi di prosciutto che ci sono sulla pizza e arrivereste al prezzo giusto, diciamo, di 30 centesimi più della margherita. Ma mettersi a contrattare il prezzo della pizza al ristorante non è cosa che si fa di solito. In pratica, se non volete pagare il prosciutto una cifra esosa, non vi resta che ordinare una margherita.

Portata all'estremo, l'idea che tutto debba essere etichettato con un prezzo fisso conduce ad aberrazioni che fanno anche dei grossi danni. Un esempio particolarmente disastroso è stato quello dell'Unione Sovietica, dove tutti i prezzi erano determinati dal governo centrale, dal "gosplan", il comitato statale per la pianificazione. Non c'era modo di contrattare niente; nè da parte del venditore nè da parte del compratore. Il risultato era che non c'era interesse a fare dei buoni prodotti da parte dei produttori e per i consumatori non c'era possibilità di scelta. La sola possibilità era quella di fare la coda per accaparrarsi qualsiasi cosa ci fosse di disponibile nei negozi. Il gosplan andava a decidere anche i menu dei ristoranti russi. Ma nei ristoranti non c'era mai quasi niente di quello che c'era scritto nel menu. Meno male che c'era il mercato nero dove si trovava qualsiasi cosa e dove l'arte della contrattazione era coltivata. Ancora oggi, i Russi sono dei grandi contrattatori e i loro mercatini rivaleggiano i souk arabi.

La tendenza a regolare il mercato continua da noi anche parecchi anni dopo il crollo dell'Unione Sovietica e si è incarnata, per esempio, in un recente provvedimento della regione Emilia Romagna che impone ai mercatini dell'usato, oltre ad altre assurde vessazioni e balzelli, di mettere etichette e prezzi fissi sugli oggetti in vendita. Attegiamento ben degno del vecchio gosplan dei tempi dei piani quinquennali. Come è successo allora, il provvedimento avrà il solo effetto di soffocare e far sparire il mercato legale, generando un fiorente mercato nero.

Sembra che da noi, in effetti, molta gente abbia perso il gusto della contrattazione e si sia addirittura dimenticato che cosa sia. Questo non si vede dal fatto che la gente non contratta il prezzo della pizza in pizzeria, ma - fra tante cose - anche da come viene considerato il mercato del petrolio.

Negli ultimi tempi, con i rapidi aumenti di prezzi, è venuto di moda accusare gli "speculatori" di varie e gravi nefandezze. Le fesserie che sono state dette sono molte e sarebbero anche divertenti se non fossero tragiche (per una discussione sull'argomento vedi, per esempio, questo post di Carlo Stagnaro). Ma, in realtà, il mercato del petrolio è proprio quello che il nome dice: un grande mercato, pochissimo regolato, che funziona veramente in modo abbastanza simile al mercato ideale dei testi di economia. In altre, parole, è il grande souk del petrolio.

In questo grande souk planetario, ci sono veramente gli speculatori di mestiere, in inglese i "traders", che fanno il loro mestiere esattamente come i venditori del mercato di Fez, in Marocco. Ovvero cercano di capire quanto i venditori sono disposti ad accettare e quanto i compratori sono disposti a pagare. C'è un passo in più: quelli che operano nel mercato dei "futures" cercano di capire le stesse cose, ovvero il prezzo del petrolio, a un certo momento nel futuro. Se prevedono bene, guadagnano, altrimenti ci rimettono. Questo è, più o meno, quello che fa un venditore del souk quando compra qualcosa che poi progetta di rivendere dopo un certo tempo.

Ma il mercato dei futures è solo un aspetto del grande mercato del petrolio. I futures possono dare l'impressione che il prezzo del barile sia fisso ed etichettato da quelle curiose entità che sono le borse dei futures che - tuttavia - non sono per niente simili al gosplan sovietico di una volta. Le petroliere non attraccano davanti alle borse dei futures. Il mercato dei barili veri è un altra cosa.

Chi vende petrolio sono le compagnie petrolifere, chi lo compra sono le raffinerie. Le due cose possono essere in mano alla stessa società: molte grandi compagnie petrolifere hanno anche raffinerie. In questo caso, il prezzo del barile conta poco, conta quello dei prodotti raffinati, dalla benzina al bitume per le strade. Anche questo, comunque è un libero mercato.

Ci sono poi raffinerie indipendenti i cui proprietari (o i loro negoziatori) vanno in giro a comprare petrolio dove lo trovano. Anche qui, i prezzi sono il risultato di una contrattazione che, immagino, non è molto diversa da quella del souk; ovvero compratore e venditore si guardano in faccia, chiaccherano, ragionano, fanno offerte e contro-offerte e, alla fine, trovano un accordo.

Tutto questo assicura che in un libero mercato il prezzo del petrolio sia quello "giusto"? Beh, no, questo sarebbe idealizzare troppo la perfezione del libero mercato, che non è mai del tutto libero e non è certamente perfetto. Viene in mente, però, quello che diceva Churchill a proposito della democrazia, "il peggior sistema di governo, a parte tutti gli altri che sono stati provati". Probabilmente, qualcosa del genere vale anche per il libero mercato.

Nel caso del petrolio, il libero mercato ha il problema che l'informazione disponibile è limitata sia per i compratori come per i venditori. Entrambi vedono bene cosa esce dalla pompa, ma non altrettanto bene cosa c'è in fondo al pozzo. Sulle reali disponibilità delle riserve, chi commercia petrolio deve normalmente fidarsi delle stime - notoriamente gonfiate - dei produttori. Così, finisce che il libero mercato reagisce agli stimoli a breve termine e gli operatori non agiscono sulla base del concetto che il petrolio deve finire, prima o poi. Il libero mercato non vede neanche i "costi esterni" dovuti agli effetti dell'inquinamento e dell'effetto serra. Non li vede, ma qualcuno li deve pagare e il conto del riscaldamento globale, potrebbe essere molto salato.

Ma qui entriamo in un altro discorso, molto più complesso. Quello che volevo dire che in un libero mercato, i prezzi sono una reale indicazione della scarsità di un bene rispetto alla domanda, perlomeno a breve termine. Ovvero, gli alti prezzi che abbiamo visto ultimamente sono un'indicazione di una reale difficoltà dell'offerta a tener dietro alla domanda. Quindi, non diamo tutte le colpe agli speculatori e sarebbe sbagliatissimo intervenire con provvedimenti statali per creare il prezzo che a noi potrebbe sembrare "giusto". Per certe cose, lasciamo che il libero mercato faccia il suo mestiere.

Nota: questo post è stato ispirato dall'interessante libro di Tim Harford "The Undercover Economist", Abacus, 2007

21 commenti:

Weissbach ha detto...

Bardi, eri "undercover" ma ti ho scoperto!
Mentre leggevo pensavo alla storia del caffè equo e solidale letta sul libro di Harford... anche quello è stato un libro comprato in aeroporto, stile "manager in un minuto".
Mi mancheranno, gli aeroporti ;-)

Anonimo ha detto...

Ah dunque i nostri antenati erano maschi! E le donne erano merce. Ma che cavole dice!

Anonimo ha detto...

da qualche parte nel mondo le Donne sono ancora merce, ma non è colpa di Bardi.
Mimmo.

Anonimo ha detto...

OT: complimenti per l'articolo su TOD però non tutti devono fare solo pochi chilometri per andare al lavoro, ma per il resto delle persone non ci sono scuse, perchè non usano l'ettrico?? ti rispondo partendo da una mia esperienza personale, manca la cultura dell'elettrco, addirittura io pensavo che non fosse conveniente rispetto ai fossili, bisognerebbe un po' informare e propagandare.

Anonimo ha detto...

Egr. prof. Bardi
il "Sole 24 ore" di ieri pag. 15: "Il mondo si scopre poco raffinato". Riassumo brevemente quanto esposto. Innanzi tutto quanto riportato dal ministro per il petrolio degli Emirati Arabi: "Oggi il mercato non ha bisogno di una maggiore offerta di greggio, ma di una maggiore capacità di raffinazione". Di seguito poi una "spiegazione" del perchè:
1. escalation dei costi di costruzione delle raffinerie (+50% negli ultimi tre anni; una media raffineria può costare da 5 a 10 miliardi di dollari);
2. incertezze a costruire raffinerie dovute a incertezza della domanda (almeno in nord America ed Europa): si attende un rallentamento o una diminuzione della domanda a fronte della recessione economica e alla crescita dei biocarburanti (attesi al 7% della produzione totale nel 2010);
3. Esiste una sempre maggiore sfasamento tra raffinerie per petroli leggeri e la produzione attuale e futura fatta di petroli pesanti.

Leggendo tutta la stampa (comprese le indiscrezioni sul vertice OPEC dove emergono posizioni come quella dell'IRAN volta a tagliare la produzione per "sostenere i prezzi") emerge sempre come sia difficle capire qual è la verità: colpa delle speculazioni, della capacità di raffinazione o dell'offerta? Personalmente trovo preoccupante come la gestione di questa risorsa "vitale" sia demandata al mercato selvaggio (souk)il quale gestisce il nostro presente e futuro (vedia anche esempi Fannie e Freddie). E onestamente trovo difficile infine capire come un bene possa passare da 150 a 100 dollari al barile in pochi mesi motivandolo solo con un problema di domanda: non mi risulta che questa sia crollata (o solo diminuita).

Alla fine se arriveremo ad una qualche crisi ci arriveremo per calo dell'offerta/sulla domanda, mancata capacità di raffinazione, o per un mix di molti fattori?
Io propendo per questa ultima ipotesi e sono certo che qualcuno in tutto questo trarrà dei buoni guadagni come è accaduto in questi mesi. Lei che ne pensa?

Valdo

Anonimo ha detto...

@ Palomont
secondo me non è solo mancanza di cultura verso l'elettrico (o le rinnovabili in genere). Secondo me, produrre un veicolo elettrico per coprire brevi tragitti cittadini, costerebbe molto meno di uno tradizionale, invece, quei pochi immessi sul mercato costano di gran lunga di più, diventando degli status-symbol accessibili a pochi. Lo stesso vale per i pannelli solari termici che hanno costi esorbitanti al pubblico e bassissima tecnologia.
Mimmo.

Anonimo ha detto...

Ma se tutti (molti) cominciano a mangiare solo pizze margherita dopo un po' il prezzo di quelle al prosciutto è destinato a calare.
Il mercato funziona anche cosi'; non serve sempre contrattare al momento sul prosciutto.

Anonimo ha detto...

Sempre che le pizzerie non si mettano d'accordo ed alzino tutti il prezzo della margherita a livello del prezzo di quella col prosciutto.
A quel punto puoi soltanto non mangiare la pizza e mangiare un'altra cosa se è costosa della pizza.
Ma il problema sta proprio nell'alternativa cioè se esiste una valida alternativa alla pizza a prezzi convenienti...

Anonimo ha detto...

10 cents please.

Ugo Bardi ha detto...

Weissbach, vedi un po' che libri strani si trovano agli aeroporti. Alcuni mi mancheranno. Non Gatwick, dove ho comprato il libro di Harford. Quello non mi mancherà per niente. L'architetto doveva essere lo stesso che ha costruito la prigione di Guantanamo

Ugo Bardi ha detto...

Caro Valdo, hai fatto una serie di commenti che vanno al punto fondamentale della questione e che non ho discusso nel post per non farlo troppo complicato. Il fatto è che fino ad oggi, i meccanismi "classici" del libero mercato hanno dominato la situazione, stabilito i prezzi, eccetera. Ora, stanno nascendo nuovi meccanismi che stanno modificando profondamente sia il comportamento dei produttori come dei consumatori. Mentre prima la percezione generale era che il petrolio fosse infinito, adesso non lo è più e i produttori sono tentati di tenere il petrolio nei pozzi per non finirlo troppo presto. Questo spiega le varie manovre dei paesi produttori che, dove possono, sono chiaramente intenzionati a centellinare quello che gli rimane. Sono questi meccanismi, a mio parere, che creano le forti oscillazioni dei prezzi. E' speculazione, certo, ma anche questo è libero mercato, è una decisione legittima di chi possiede qualcosa che ha valore e che non è rimpiazzabile. Immaginiamoci uno che ha un quadro di Picasso; una volta che l'ha venduto non ce l'ha più e non può chiedere a Picasso di dipingerne un altro. Non lo puoi forzare a venderlo in nome del libero mercato.

A mio parere, questi nuovi meccanismi sono una cosa buona in quanto forzeranno i consumatori a consumare di meno e spostarsi prima possibile verso nuove forme di energia. Se i produttori continuassero a pompare al massimo possibile, il petrolio lo finiremmo prima e questo sarebbe male

Ugo Bardi ha detto...

Caro Anonimo, 1) metà dei nostri antenati erano maschi e 2) il valore economico delle donne nelle società del passato è cosa ben nota in antropologia. A parte questo, cavolo, era una battuta!!!

Carlo Stagnaro ha detto...

Caro Ugo, grazie della citazione. Però su un passaggio mi pecchi di marxismo :-) ossia quando parli del valore intrinseco dei beni. Il punto è che il mercato - a prescindere dal modo in cui si sostanzia: se attraverso una contrattazione continua o una standardizzazione dei costi - ruota attorno al rapporto tra domanda e offerta, e alla capacità/necessità di ciascuna di creare e trainare l'altra. Il petrolio, fino a pochi decenni fa, era un liquido scuro che inquinava le falde. Oggi il petrolio è il petrolio e noi perdiamo intere giornate a discutere su quale sarà il suo prezzo, se si esaurirà oppure no, come e quando, eccetera. Perché? Semplicemente perché, grazie all'ingegno di imprenditori creativi e matti fortunati, abbiamo scoperto come cavare, da quella sostanza oleosa e puzzolente, l'energia che alimenta la nostra società industriale e tutti i benefici che essa ci concede, tra cui frequentare l'uno il blog dell'altro. E' vero, dunque, che il mercato petrolifero ha la caratteristica di una scarsità di informazione - che non è solo asimmetria, è proprio scarsità. Ma proprio per questo tutti traiamo vantaggio dall'esistenza di un mercato vero, e tutto sommato non troppo lontano dalla definizione scolastica di mercato "perfetto" (un mercato, cioè, in cui tutti sono price-taker: se conoscete un price-maker, sul mercato petrolifero, ditemene il nome perché io non lo so), popolato da raffinerie, petrolieri, traders, sant'uomini e pezzi di merda, e tutto quello che ci sta in mezzo e che descrive piuttosto accuratamente gran parte del genere umano. Per questo, alla fine, mi trovo d'accordo con te - saremo in disaccordo su altri due aspetti: la capacità del mercato di riflettere ANCHE la scarsità di lungo termine (non scarsità assoluta, ma rapporto tra demand e supply); e la capacità del mercato di internalizzare i costi ambientali, o comunque di farlo in modo meno imperfetto di quanto farebbero le politiche (tasse o regolazioni, c'è poca differenza). Ma su questo, rimandiamo a vedrò 2009 :-)

Anonimo ha detto...

Quando si chiede una pizza al prosciutto si chiede di più che una pizza e del prosciutto, è per questo che il prezzo dell'aggiunta è diverso da quello del solo prosciutto.

Le case automobilistiche che hanno a listino veicoli medi e di lusso guadagnano molto di più dai primi che non dai secondi. Questi ultimi altro che non sono che spot viaggianti a vantaggio dei primi.

Non è affatto vero che noi occidentali non trattiamo sul prezzo; semplicemente lo facciamo in modo differente, ovvero cambiando venditore. Questo perché i costi di transazione sono diversi per noi (abbiamo a disposizione molti fornitori, e possiamo spostarci anche di molto ed a costi contenuti; almeno finché dura).

"i prezzi sono una reale indicazione della scarsità di un bene rispetto alla domanda, perlomeno a breve termine". La scarsità è solo uno degli elementi che influenza il prezzo; anche in un mercato concorrenziale.

Anonimo ha detto...

Dunque signor Bardi (badi che per altre cose sono d'accordo con lei, tant'è che leggo questo blog), facciamo chiarezza:

1) E' vero che metà dei miei antenati erano maschi, appunto metà, ma lei dice " i nostri antenati" tout court. Ora qualunque libro su razzismo/machismo le spegherà che il razzismo/machismo utilizza da sempre l'universalizzazione del parziale dominante come strumento culturale oppressivo.

Il maschio è il tutto, la femmina e solo parte. Giuseppe e Maria sono andatI, l'uomo inventò la ruota... ecc. : il maschile assimila il femminile nel parlato così come la assimila nel reale.

2) E' noto a quale antrolopogia? Quella dei Flingston!In realtà è il solito giochino di universalizzare il presente dell'uomo maschio, bianco e occidentale come "stato di natura", quello della chiesa che rende "naturale" la famiglia monogamica patriarcale che è in realtà formazione assai recente nata per garantire il possesso dei figli e della proprietà al maschio (ricorda Hengels o anche l'Orestea?).
La prostituzione è il mestiere più antico?

Esistono altre antropologie (ad esempio quelle femministe) e in realtà niente è "ben noto". Le tesi di oggi sul passato non sono forse condizionate più dalla cultura di oggi che da prove certe? In realtà sembrebbe che le comunità antiche fossero matrilenari e che semmai erano i maschi a cambiare clan, ad essere scambiati. Il nostro mondo è nato da uno stupro? Le scimmie non vengono vendute, non si prostistuiscono, non vengono stuprate, garantiscono la specie accoppiandosi con il maschio dominante ma non disdegnano tradirlo a piacere. Non troverebbe più rassicurante la mia idea?

3) Non mi faccia il Berlusconi e non si rifugi sulla "battuta". Omosessuali, ebrei, negri, zingari e donne le diranno come le battute siano peggio dei discorsi seri per propagare una cultura razzista e machista.

4) Oggi la cultura machista torna prepotentemente a fare il comodo suo. Il femminicidio è il male di questi anni (6.000.000, un olocausto, ogni quattro anni di donne uccise perchè donne nel mondo) , non solo la fine del petrolio. E avallare la cultura che vede la donna naturalmente, antropologicamente proprietà del maschio non aiuta. Anche con leggerezza di una battuta stupida. Perchè una buona volta non ci pensate un pò su.

maura (non anonimo)

Ugo Bardi ha detto...

Caro Carlo, lo sai che noi picchisti siamo marxisti in segreto! I classici cocomeri, verdi fuori e rossi dentro :-)

Un giorno, ne parleremo con calma.

Ugo

Ugo Bardi ha detto...

Caro Anonimo,

vedo che hai letto il mio post con attenzione, dato che fai delle critiche molto puntuali. Permettimi di controbattere.

1. La pizza al prosciutto non è "piu' di una pizza con sopra del prosciutto" E' proprio la stessa pizza che si chiama margherita, ma con buttate sopra tre fette di prosciutto. Non richiede nessun lavoro in più, fatica, studi, o ricerca e sviluppo da parte del pizzaiolo. Poi possiamo dire che la pizza al prosciutto ha un "plusvalore" secondo Marx; ma direi che entriamo in cose troppo difficili; la classe operaia mangia le pizze al prosciutto?

2. A proposito delle automobili, stai dicendo esattamente quello che dicevo io: le macchine di alta e media gamma sono quelle che fanno i profitti dell'industria automobilistica. Poi, ci sono le macchine di lusso, dove i profitti sono limitati semplicemente perché se ne producono molto poche e certe volte sono intese come "advertising" per i modelli più andanti.

3. Certo che possiamo trattare sul prezzo cambiando venditore. Il mio punto era che la contrattazione diretta è più efficiente.

4. Si, certo, nel mondo reale la scarsità non è il solo elemento che determina il prezzo di mercato di un bene. Il mio punto era che il mercato del petrolio approssima un mercato "ideale" dove effettivamente l'elemento determinante è la scarsità.

Anonimo ha detto...

Per Maura:

"Giuseppe e Maria sono andati" è LINGUA ITALIANA, non maschilismo o machismo.
Suonerebbe perlomeno strano dire "Giuseppe e Maria sono andati/e".

"L'uomo inventò la ruota" è sempre lingua italiana, dove "uomo" sta per "umanità" o "essere umano".

Potremmo dire "la donna inventò la ruota", ma cambierebbe un pochino il senso.

Che poi fare battute sia Berlusconiano/a... è perlomeno curioso/a.

Discorsi simili non si sentivano nemmeno nel 1972!

Senza offesa, naturalmente.
saluti/e

Andrea

Ugo Bardi ha detto...

Cara Maura,

vedo che ti sei offesa. Scusa, non intendevo offendere nessuno - certamente non le donne.

Nel dire che i "nostri antenati" intesi come maschi e femmine si scambiavano pietre, pelliccie e donne ai mercati, mi riferivo alla osservazione molto generale in antropologia che le donne avevano un certo valore economico nelle società del passato. Ovvero, un uomo doveva compensare in qualche modo la famiglia della donna che voleva sposare. Questa non è antropologia dei Flintstones, è un fatto storico ben noto. Comunque, in questi scambi le donne avevano certamente un ruolo attivo - avevano potere decisionale ed erano coinvolte nelle scelte. E' anche ben noto che le guerre nelle società antiche servivano anche a procurarsi donne, ma in questo caso le donne non avevano gran potere decisionale. Le guerre, in effetti, sono il fattore principale che schiaccia le donne in un ruolo subordinato all'uomo.

Il punto che volevo fare con la mia battuta era che i mercati sono cose molto migliori della guerra; anche e soprattutto per le donne.

Non volevo offendere nessuno e se l'ho fatto senza accorgermene me ne scuso ancora.

Anonimo ha detto...

Non so, a me questa storia del "ti studio e vedo come posso fregarti" sa tanto della vecchia legge della giungla. Un suo corollario è "se sei fesso è giusto che ti freghi", dal che deriva il più radicale "se son più grosso è giusto che te le suoni" -- che, tra le altre cose, comprende anche l'ammissibilità di rapine, stupri e così via. Se vogliamo definirci "civili", tutto ciò non mi convince.

Anonimo ha detto...

Caro Professore,

1a) una pizza al prosciutto richiede l'acquisto del prosciutto (e quindi l'immobilizzazione di capitale nello stock di prosciutto), l'utilizzo di una affettatrice altrimenti non necessaria, ed una preparazione leggermente più complicata e lunga.

1b) Spesso si tende a confondere il Marx economista con quello politico.

3) Provi ad immaginare una coda al supermercato, con la gente che arriva con i carrelli pieni (finché dura, almeno), e che per ogni prodotto si mette a contrattare il prezzo con il cassiere (che tra l'altro non è certo autorizzato a prendere queste tipo di decisioni). Immagino si tratterebbe di un delirio.

4) Aggiungerei l'elasticità della domanda e la capacità di spesa dei compratori.