domenica, aprile 18, 2010

Postpicco di Periferia


Una volta, di qui passava un brutto ruscello mentre ora c'è questa bella piazza. C'erano anche degli inutili cipressi secolari, ora fortunatamente tagliati per far posto a un comodo parcheggio.  


Qualche giorno fa, mi sono fatto una passeggiata nella piazza che sta a poche centinaia di metri da casa mia. Una piazza nuova, inaugurata in pompa magna soltanto qualche anno fa. L'effetto, oggi, è desolante: una cosa da film di post-olocausto. Desolante al punto che sono tornato a casa; ho preso la macchina fotografica e ho documentato la situazione.

Vi faccio vedere qualche foto; cominciando da questa.
 


Questo muro in parziale disfacimento sembra che sia stato fatto dagli Etruschi. Invece, è stato costruito soltanto qualche anno fa. Vi faccio vedere un dettaglio della costruzione; vedete come perde pezzi?




 Ecco un altro dettaglio:



Vedete? Sono massi non squadrati, buttati uno sull'altro alla buona; bloccati con dei sassi più piccoli incastrati a martellate - oppure con un po' di malta piazzata qua e là. Pare che l'architetto abbia voluto imitare i muri che i contadini facevano una volta che, in effetti, non erano meraviglie murarie. I contadini non potevano permettersi massi ben squadrati ma facevano di necessità virtù riparandoli in continuazione. Questo era una volta, quando i contadini esistevano ancora. Ma oggi, quanto vi aspettate che possa durare un lavoro così senza una manutenzione continua? Manutenzione che un comune in continua asfissia finanziaria difficilmente potrà permettersi. Fra una decina di anni questi muri saranno nella stessa categoria dei muri inesistenti della quale fa parte anche il muro di Berlino. Per fortuna che sono puramente decorativi e non reggono niente che possa crollare.

Anche in altri posti si nota il cedimento - sia delle mattonelle in cotto sia del cemento armato. Guardate per esempio qui: abbiamo ruggine, erba, cemento che si riduce in polvere alla fermata del treno.



Anche il lastricato della piazza sta cedendo dopo solo qualche gelata, come vediamo per esempio qui. 


La piazza ha anche dei dettagli molto gustosi (per così dire). Oltre che a improvvisarsi contadino, l'architetto a creato curiosi oggetti in pietra che vi faccio vedere qui - ce ne sono una decina almeno:


  


Che cos'è? Un dolmen paleolitico? Un piedistallo per una statua inesistente? Un sedile per mutilati ai quali è rimasta una sola natica? Eh, beh, niente di tutto questo. E' - o meglio era -  un cestino per rifiuti in pietra. Ora è un "non cestino". Vedete com'era all'inizio in una foto di qualche anno fa:


 


L'architetto aveva fatto fresare questi blocchi di pietra in modo da ricavarne all'interno un buco di dimensioni comparabili a un cestino dei rifiuti. Ma non aveva considerato che, a parte il costo, sicuramente inenarrabile, c'era un piccolo problema: una volta pieni, come svuotarli? Troppo pesanti per rigirarli e comunque erano inchiavardati per terra. Dopo un po', gli operai del comune si sono scocciati di dover svuotare a mano questi buchi pieni di rifiuti e ci hanno colato dentro un po' di cemento. Così, li hanno trasformati in "non cestini" dei rifiuti. Problema risolto: è costato solo un po' di spreco di buona pietra - risorsa notoriamente non rinnovabile. Ma sprecare le risorse non rinnovabili è cosa sulla quale, notoriamente, siamo specializzati. 

A proposito di spreco di pietra non rinnovabile, vi faccio vedere un ultima cosa di questa piazza.



Quella specie di bara che sta vicino al non-cestino dei rifiuti è - o dovrebbe essere secondo l'architetto - una panchina. La potremmo chiamare una "non-panchina" in quanto manca di cose che sembrerebbero essenziali in una panchina, tipo una spalliera. Ce ne sono una decina nella piazza, dure, fredde d'inverno e calde d'estate, costose da far paura. Sono tuttavia un'altra manifestazione della nostra tendenza a sprecare risorse non rinnovabili.
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Prima di discutere sul perché succedono cose del genere, vi faccio vedere una cosa completamente diversa che però sta nella stessa piazza. E' uno dei muri che reggono la ferrovia che passa lì accanto. E' stato costruito verso la fine dell'800 - più di cento anni fa.



Guardate la differenza fra questo muro antico e quelli moderni. Sembra di comparare una fortezza medievale a un castello di sabbia fatto da un bambino sulla spiaggia. Questo muro ha pietre perfettamente squadrate; non c'è un filo di spazio fra una pietra e l'altra. Cercateci una scheggia di pietra per terra e non ce la trovate. Durerà ancora secoli se nessuno lo va a disturbare. E anche se uno lo volesse demolire, dovrebbe fare una bella fatica.

Allora, cosa c'era di diverso cent'anni fa? Che cosa è cambiato in cent'anni, che oggi non riusciamo a fare una piazza che stia in piedi più di qualche anno? Fosse solo questione di qualche muro, se la piazza di cui vi sto parlando fosse un eccezione - beh, poco danno. Ma, ovunque vai, trovi strutture degradate che cascano a pezzi. E non è solo un problema di muratura. Me la prendevo in un post recente con il sito del GSE: è un'entità virtuale, non di pietra, ma anche quello è stato costruito male. Non sta in piedi.

E' tradizione in questi casi prendersela con il sindaco e con l'assessore ai lavori pubblici. Ma è possibile che cento anni fa i sindaci e gli assessori fossero tanto migliori di oggi? I faraoni del tempo delle piramidi potevano essere veramente tanto più bravi e intelligenti dei nostri primi ministri?

Di solito, tendo a attribuire al picco del petrolio ogni colpa di quello che succede. Mi dicono che esagero e forse hanno ragione. In questo caso, poi, mi troverei in difficoltà a dire che è per via del picco del petrolio che ci siamo dimenticati come si costruisce un muro che stia in piedi. Qui c'è qualcosa che non va a livello sistemico: qualcosa che fa si che la società non funzioni più come funzionava una volta. Non vi so dire esattamente cosa, ma la faccenda è preoccupante se si pensa che stiamo programmando di costruire centrali nucleari e ponti sospesi lunghi tre chilometri.

15 commenti:

Valdo ha detto...

La mia impressione è che sia semplicemente decadenza. E' successo con l'Impero Romano: non venivano più manutenute strade, ponti ed opere difensive. Andavano perdendosi anche le conoscenze di come si faceva... Isaac Asimov l'ha descritto benissimo quando ha scritto il ciclo della Fondazione parlando del crollo dell'Impero Galattico. Il picco del petrolio, il global warming, ecc. sono solo condizioni al contorno, non sono la causa di quello che sta succedendo.

massimo nicolazzi ha detto...

Caro Ugo,
quando andavo a scuola la professoressa di latino e greco del classico di Novara era un'icona sociale. E il preside pure. Anche se, in termini reali, non guadagnavano tanto più di quelli di adesso. Che però, se non sono precari legali, sono precari sociali.
Che dici, il picco dell'istruzione in eccezione alla regola generale può essere reversibile? E se lo è in astratto, che si fa per render vera la reversione?
Che se mi dici che non si può, so cosa fare. Tutte le volte che mi trovo davanti un ponte nuovo, vado a cercarmi il guado.

Luca Pardi ha detto...

Io credo che in lingua inglese si chiami "embedded obsolescence" che lo vogliano o meno i costruttori, gli ingegneri, gli architetti, esiste qualche neurotrasmettitore sociale che ci dice di fare cose che non possono durare, così poi si devono rottamare e rifare, con grande spreco di materiali ed energia, ma a tutto vantaggo del PIL. Non credo che sia "colpa del picco", quanto piuttosto che sia un comportamento pre-picco (easy oil)che con il picco manifesta la non sostenibilità.

Anonimo ha detto...

E' lo stesso processo che ci porta a gettare un paio di forbici invece di affilarle, ad usare costosi rasoi da barba usa e getta buoni solo per gli inceneritori, a sostituire un telefono cellulare dopo un anno di vita ecc.
Anche la piazza, proprio perché si sta disfacendo, riceverà dei contributi dalla Regione per migliorare l'arredo urbano.
Così si darà lavoro alle varie imprese del settore.
La nostra società è fondata sul rifacimento continuo altrimenti crolla. Meno male che ogni tanto erutta un vulcano e blocca i trasporti per giorni, ci ricorda quanto siamo piccoli e fragili.

el Capatàz ha detto...

La decadenza di questa societa' ipertecnologizzata, si misura anche osservando il disfacimento di un muro.
Emblema di un'Era che e' tramontata definitivamente, senza che ci si renda conto, quanto prima, in tempo, di questo COLLASSO.
Sì, penso proprio che sia Neodecadenza.

Paolo Marani ha detto...

Caro Ugo, quello che hai visto, comune in tantissime città moderne (o modernizzate) d'Italia, è perfettamente spiegabile. Prende il nome di "picco dell'artigianato".

Mi spiego, la tanto decantata civiltà iper-tecnologica, ha creato un substrate di aziende "assemblatrici", ma ha completamente trascurato quello che era il valore e "know-how" del sapere artigiano, quello che per secoli distingueva il fare una cosa male dal fare una cosa bene.

Un architetto, tipicamente non saprebbe nemmeno posizionare una lastra di pietra su una piazza... figuriamoci quando pretende di costruire dei "muri a secco", che diversamente da come dici sono solidissimi, solo che vanno costruiti BENE. Ebbene, questi tipi di costruzioni, che al tempo erano giustificate dalla carenza di materiali, stavano in piedi semplicemente perchè erano fatte AD ARTE. E' per questo che si chiamano artigiani.

Stiamo vivendo il picco dell'artigianato, la scomparsa del "saper fare", sostituita dal saper comprare parti da assemblare, che per uniformità tendono ad essere tutte desolatamente simili e inadatte allo scopo.

Servirebbe una università del saper fare, dove chi crea un muretto a secco che si sgretola dopo pochi anni venga semplicemente allontanato e portato a fare altro.

Sfido oggi a trovare un arredo urbano che sia decente, se vieni a cesena puoi riempirci di foto il salotto... portabiciclette di ferro già arrugginito, lampioni fatti in modo da consumare più materiale del necessario, inutili colonnine luminose, panchine di pietra IN SALITA (ebbene si, sembra incredibile). Mattonelle che si rompono quando passano i mezzi pubblici, marciapiedi dello stesso colore della piazza (con conseguente aumento di fratture delle caviglie per gli anziani). Vieni a Cesena, che c'è da divertirsi.

A chi dobbiamo tutto questo ? Al picco dell'artigianato, e alla moderna prgettazione al cad, che da strumento è diventato un "wizard" per fare la piazza su misura, così come si fa con un portale web. Autocomposizione di degrado urbano, è una funzionalità standard dei cad architettonici più comuni.

Marcopie ha detto...

Io mi pongo un'altra domanda: importa a qualcuno di quella piazza? Serve a qualcosa?
Negli anni il consumismo ci ha spinto ad abbandonare spazi e relazioni sociali per rinchiuderci nelle case a (non)relazionarci con giocattoli tecnologici e programmi di intrattenimento.
Non può essere semplicemente che quella piazza sia fatta male perché tanto non glie ne importa niente a nessuno? Perché sì, la piazza ci deve stare, deve essere bella, nuova e "fatta bene", ma più di tanto non glie ne frega a nessuno... chi si preoccupa davvero che sia fatta "a regola d'arte"? A chi importa?

Abbiamo vissuto un periodo di ricchezza incredibile, probabilmente un unicum nella storia dell'umanità, e questo ha fatto sì che disimparassimo le competenze fondamentali che ci avevano consentito di arrivare fin qui.
La filosofia orientale descriverebbe tutto ciò in termini di Yin e yang: ogni cosa, raggiunto il suo massimo contiene in sé il germe del suo opposto, cui dovrà far posto per il prossimo ciclo.
Attendiamoci un'epoca di ignoranza, irragionevolezza ed incompetenza diffuse a macchia d'olio, e condite da supponenza ed arroganza...

el Capatàz ha detto...

@Marantz:

Sono perfettamente d'accordo con quanto hai postato.
Manca proprio l'Arte dell'artigiano, per l'appunto.
Gravissima perdita, in ogni settore.

el Capatàz ha detto...

prova invio commento.
scuse.

Paolo Marani ha detto...

@Mammifero Bipede:
Forse l'epoca dell'ignoranza e della stupidità (the age of stupid) è proprio quella che stiamo attraversando. Speriamo sia così, perchè in questo modo se è vero il carattere ciclico degli opposti (yin e yang) c'è speranza che l'umanità diventi magari più povera, ma anche più consapevole e ricca di intelligenza e di cultura.

Stiamo barattando il saper fare con qualcosa che vorrebbe diventare il "saper pensare", speriamo bene.

Anonimo ha detto...

Io ci metterei anche l'ignoranza media dei tecnici comunali e degli amministratori pubblici.
Se un architetto mi propone un cestino di pietra senza possibilità di inserire un sacchetto, io Comune dovrei dire di no o chiedere una modifica.
Conoscendo il mondo degli stilisti di auto, questi sono un po' come gli architetti in edilizia: tirano fuori dei modelli stupendi ma spesso irrealizzabili tecnicamente.
Spetta a chi si occupa di industrializzare il prodotto guidare l'estro artistico.
Ma se nei Comuni non c'è alcuno che guida gli architetti questi sono i risultati.
Sarà perché nell'industria si bada moltissimo ai costi/ricavi ed invece nel pubblico non vi sono degli indicatori del risultato ottenuto?

Anonimo ha detto...
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Redarrow ha detto...

Non per difendere la categoria degli architetti - di cui faccio parte.. :-)) ma forse il collega riteneva che era possibile infilarci preventivamente un sacchetto nero di quelli della spazzatura, quindi faceva un pò troppo affidamento nel funzionamento della macchina organizzativa comunale... un illuso più che uno stupido, credo.

Ugo Bardi ha detto...

Caro Redarrow, mettere dei sacchetti dentro i buchi fresati non avrebbe funzionato molto bene. la mia impressione è che l'architetto avesse troppi soldi e non sapesse come spenderli. Allora si è inventato cose costose e strane; tipo i blocchi di pietra fresati per farne dei cestini che Dio sa quanto devono essere costati. Può darsi che pensasse di fare anche qualche sistema metallico rimuovibile all'interno dei buchi, ma era probabilmente anche un pessimo manager per cui ha finito i soldi e i buchi sono rimasti vuoti. Fra le altre cose gustose di questa piazza, mi risulta che l'idea di riempirli di cemento sia stata un'iniziativa degli operai del comune che l'hanno fatto senza chiedere il permesso a nessuno!

Paolo Marani ha detto...

In fondo, è quello che abbiamo sempre fatto con i rifiuti sulla nostra madre terra. Fare buchi e riempirli di roba.

Mica abbiamo mai pensato che le discariche fossero davvero bonificabili per estrarne un giorno il contenuto.
Anche con le discariche, facciamo uguale, ci mettiamo terra sopra per coprire il buco.

Non penso sia colpa di architetti strapagati o soldi in surplus.

E' che l'idea più stupida diviene naturale, se nessun altro se ne arriva con una idea migliore.