venerdì, aprile 08, 2011

Un approccio politico alla questione nucleare

In questi giorni di apprensione per le note vicende giapponesi, la linea prevalente di opposizione all’uso dell’energia nucleare è quella di sottolinearne i rischi sanitari connessi alle emissioni radioattive conseguenti a gravi incidenti, che la breve storia dell’industria nucleare ha dimostrato più probabili di quanto si volesse far credere.

Non è che questo approccio sia sbagliato, per carità, è giusto far riflettere l’opinione pubblica sulle possibili incontrollabili conseguenze del ricorso al nucleare, soprattutto con l’approssimarsi di un momento decisionale importante come quello del referendum abrogativo che si svolgerà in Italia a Giugno. Però ritengo che bisognerebbe fare una riflessione più approfondita e più a lungo termine.

Siamo proprio certi che l’atteggiamento prevalente nell’elettorato sarà costantemente di rifiuto della tecnologia nucleare, per timore dei rischi alla salute? L’esperienza concreta ci induce a credere che non è così scontato. Prendiamo il caso della mobilità: si tratta di un’attività umana tra le più rischiose a livello sanitario. Tutti sono consapevoli degli spaventosi livelli di mortalità e morbilità connessi all’uso dell’automobile, sia a causa degli incidenti stradali che dell’inquinamento atmosferico. Eppure la gravità del rischio ha un grado elevato di accettabilità sociale, rispetto ad altre attività con impatti sanitari molto inferiori.

Evidentemente, a livello subliminale le masse consumistiche hanno interiorizzato, a torto o a ragione (secondo me a torto), la convinzione che il rischio sanitario sia ampiamente compensato da altri vantaggi e comodità. In altre parole, non è automatico che l’eventualità di un danno sanitario collegato ad un’attività umana sia un fattore escludente, ma ciò discende solo da un processo mentale di bilanciamento dei suoi costi e benefici. A livello generale, ciò corrisponde alla convinzione, più diffusa di quanto si creda nelle società occidentali, che l’inquinamento ambientale sia il prezzo da pagare al benessere e al progresso.

Quindi, nulla può escludere che, quando la disponibilità di risorse energetiche sarà sempre più scarsa e determinerà forzatamente un minore uso delle tecnologie che rendono tanto comoda la nostra vita, la maggioranza dell'opinione pubblica si orienterà favorevolmente all’uso del nucleare. E noi, “adoratori del picco” sappiamo benissimo che questo momento è molto più vicino di quanto comunemente si pensi.

Allora, un’opposizione più efficace all’energia nucleare attualmente non può che essere fondata sull’analisi dei rischi industriali del suo uso, principalmente collegati ai costi di produzione e alla disponibilità mondiale di risorse minerarie di uranio.

Ma anche l’argomento della non competitività economica della tecnologia nucleare può valere solo in una situazione di agevole disponibilità di alternative energetiche. In una situazione di scarsità, nulla potrebbe impedire per motivi strategici agli Stati nazionali di sovvenzionare l’industria nucleare per rendere più conveniente l’investimento dei privati.

Quindi, l’unico limite veramente insuperabile dell’energia nucleare, almeno nella versione tecnologica attuale, è la consistenza delle risorse di uranio e l’argomento più efficace contro i progetti di costruzione di nuove centrali è a mio parere il rischio, più volte discusso su queste pagine elettroniche, di indisponibilità del combustibile durante il loro ciclo di vita.

10 commenti:

Unknown ha detto...

Tutto condivisibile al 100%.
Aggiungerei un altro argomento efficace: tutto quello che si intende fare col nucleare si può fare (si sta - o stava - facendo) con le fonti rinnovabili. Tutto, meglio, con costi marginali decisamente inferiori e costi d'investimento paragonabili se non minori!

Paolo Marani ha detto...

Mi perdonerete il mio essere controcorrente, ma ritengo che il provocatorio paragone fra la percezione dei rischi nel confronto fra mobilità privata e fonte energetica nucleare, sia totalmente fuorviante, e se vogliamo un po cinico.

Ridotto all'osso sembra una denuncia di comportamento ipocrita da parte della massa, che sottovaluta il rischio di viaggiare in automobile, e sopravvaluta le "paure" di tecnologie che talvolta appaiono incontrollabili, come il nucleare.

In realtà, ciò che consente di modulare la percezione del rischio, non è affatto il rapporto fra utilità e pericolosità, ma il rapporto fra utilità e proprietà privata.

Mi spiego, il concetto è che sono disposto a tollerare un rischio, se ciò che genera il rischio E' DI MIO POSSESSO.

Se avessimo a disposizione una tecnologia nucleare DISTRIBUITA, miniaturizzabile al punto da fornire un piccolo reattore nucleare per ogni abitazione (e qualche azienda ci ha persino provato), allora potrebbe anche succedere, che in periodo di crisi di risorse, il proprio reattore cominci a diventare un oggetto amato, e il rischio sottostimato.

Così però non è, tanto è vero che troviamo persone imbufalite non solo verso il nucleare, ma anche verso il carbone (pulito oppure no), verso il turbogas, e financo contro le pale eoliche (accusate di affettare uccelli).

Penso quindi che il punto di vista dell'articolo sia sbagliato, la paura del nucleare è la SFIDUCIA che possa non causarci grossi danni, sfiducia che passerebbe solo se tale tecnologia fosse di proprietà privata (per chi la possiede).

E infatti il caso TEPCO insegna, cosa è la sottovalutazione dei privati verso il rischio.

Corrado ha detto...

Concordo in pieno, anche perché ho scritto circa le stesse cose qualche tempo fa:http://www.imille.org/2011/03/la-politica-della-paura-nucleare/
"Magari, quando l’ondata emotiva sarà finita e, come tutti speriamo, gli effetti del terremoto sulle centrali nucleari giapponesi si saranno rivelati minori di quel che oggi sembra, ci ritroveremo a fare i conti con un bel rimbalzo nell’opinione pubblica. La benzina a 1,6 o magari 2 euro al litro provocherà una reazione emotiva uguale e contraria. Prima, la paura delle radiazioni spinge tutti a urlare la necessità di chiudere al più presto con le centrali e con il nucelare. Poi, la paura di non poter più usare allegramente tutti i giorni al propria amata automobile, spinge tutti a ripensarci: in fondo, siamo un territorio meno sismico del Giappone, e poi le centrali nuove saranno più sicure, e poi, e poi…."

Corrado ha detto...

Concordo completamente, anche perché qualche tempo fa ho sostenuto la stessa tesi: http://www.imille.org/2011/03/la-politica-della-paura-nucleare/

Mauro ha detto...

Dal Petrolio al Nucleare
=
Dalla padella alla brace

Molti sono convinti che finito il pane mangieremo le brioches...

Paolo Marani ha detto...

Forse avevo farneticato un po e non ero riuscito a condividere bene il mio pensiero. Anche se la benzina arrivasse a 6 euro al litro, la paura del nucleare rimarrebbe esattamente tale e quale! ne sono straconvinto.

Non fosse così, non si spiegherebbe ad esempio come mai tanta gente ha una fobia così grande verso la malattia e l'igiene personale da spendere una fortuna in trattamenti inutili, quando oggi disponiamo di ambienti molto più salubri e tante più conoscenze che ci permettono di prevenire le possibili infezioni.

La paura del nucleare è *irrazionale*, pertanto sfugge al concetto di convenienza economica.

Terenzio io credo sia un ESTIMATORE del nucleare, inteso come fascinazione per gli aspetti tecnologici, anche se si rende conto, razionalmente, che non è una strada salvifica, per i motivi che ha spiegato.

La maggioranza delle persone tuttavia non la pensa così, ragiona in termini di acceso-spento, nucleare disastroso, oppure fonte di benessere infinito. Mai nessunio che sappia mettere nella giusta prospettiva i rischi che pur ci sono.

Questa incapacità, di valutarne i rischi con buon senso, lo esclude di fatto dall'utilizzo futuro.

Una centrale nucleare in realtà ce l'abbiamo già, di quinta generazione,a fusione nucleare, distribuita, con carburante infinito, che non inquina, che non emette radiazioni, che usa un innovativo sistema wireless per trasmettere energia. Si chiama sole.

E quello, mi sembra che paura non ne fa.

Paolo Marani ha detto...

@mauro: Hai detto bene, altro che nucleare, quando arriveremo agli sgoccioli dei fossili, inizieremo una lenta transizione che si chiama decrescita, altro che brioche nucleare. Quello purtroppo è un sogno, che la crisi economica (che imporrà soluzioni semplici e resilienti) ci vieterà di esplorare appieno.

fabio ha detto...

Veramante un OTTIMO articolo
p.s.
Mauro fantastico te lo copio

stefano ha detto...

@Marantz
quello che dici è condivisibile sia pur, forse, si possa dire che il quadro non è chiarissimo..
siamo in un periodo di incertezza disarmante e la gente si comporta come le 'varie' economie..
(tra l'altro sono convinto che con l'aumento della benza nasceranno sempre più esigenze di energia e il nucleare sarà rivalutato..); quello che realmente non importa alla gente è tentare di vivere meglio..cioè di cambiare stile..sapendo che cambiando il proprio stile di vita si contribuirebbe a migliorare lo status del pianeta e della gente che ci vive..
ciò che viene realmente ignorato è l'ambiente e la salute..viviamo in città con l'aria irrespirabile eppure siamo tutti convinti che non vi sia soluzione..
come il fatto di acquistare autoveicoli per andare a 10 km/h sembra ancora necessario per vivere..
p.s.: "tanta gente ha una fobia così grande verso la malattia e l'igiene personale"..sono tantissime le persone che soffrono di DOC e in continuo aumento..ci si ammala perché la vita ci porta a stress che in molti non reggono..

Terenzio Longobardi ha detto...

Solo alcune precisazioni a Marantz: la mia valutazione non è cinica ma realista. Il cinico pensa che la realtà sia immodificabile, chi invece vuole cambiare le cose deve essere realista, cioè si deve sforzare di interpretare la realtà fattuale del mondo che lo circonda.
Poi, non ho scritto di una sopravvalutazione del rischio nucleare rispetto a quello dell'automobile, ma di una valutazione dei costi benefici in entrambi i casi.
Infine,per una personale propensione al razionalismo,non subisco la fascinazione di nessuna tecnologia, quindi oltre a non condividere la scelta nucleare, non sono nemmeno un estimatore della tecnologia nucleare.