Il blog di ASPO-Italia, sezione italiana dell'associazione internazionale per lo studio del picco del petrolio e del gas (ASPO)
giovedì, marzo 12, 2009
Case passive e comportamenti attivi
venerdì, gennaio 02, 2009
L'efficienza è un mezzo, non uno scopo

Tempo fa, mi è capitato di dibattere con un collega a uno dei soliti congressi sull'energia. Il collega in questione aveva presentato un suo progetto che mirava ad aumentare l'efficienza della combustione del carbone nelle centrali elettriche. Come succede spesso in questi congressi, non c'è mai tempo per un vero dibattito, per cui il nostro scambio è stato piuttosto indiretto. Tuttavia, chi ci ha ascoltato quel giorno, avrà probabilmente inferito dal tono di voce gelido e dalle nostre espressioni che io consideravo il collega un nemico dell'uomo intento a perfezionare un'arma di distruzione di massa e che lui mi considerava un ecoterrorista pericoloso, di quelli verdi fuori e rossi dentro.
Premetto, che conosco il collega come persona competente nel suo campo e non ho dubbi che il suo progetto potrebbe effettivamente portare a un miglioramento nell'efficienza di combustione del carbone. Ma rimane la mia perplessità sulla validità di impegnare cotanta competenza in quel particolare scopo.
Ma perplesso perchè, esattamente? Se fossimo arrivati a un vero dibattito, mi sarei trovato di fronte alla domanda: "ma perché ti opponi a migliorare l'efficienza delle centrali a carbone? Si emettono meno CO2 e meno inquinanti, si importa meno carbone dall'estero, si riduce il deficit commerciale del paese, si migliora la competitività del "sistema Italia." Insomma, Ugo, non sarai mica davvero malato di ideologia?"
Su questa faccenda dell'efficienza, il caso della centrale a carbone non è il solo dove ho dei forti dubbi. Tempo fa, a una mostra sull'energia rinnovabile a Roma campeggiavano due SUV - regolare motore diesel - nel bel mezzo del capannone pieno di pannelli fotovoltaici e impianti eolici. Ho chiesto all'espositore cosa ci stavano a fare li' e lui mi ha detto "sono piu' efficienti dei SUV normali". Un collega che era con me mi ha gentilmente tirato via per un braccio prima che esplodessi in escandescenze.
Insomma, se in nome dell'efficienza possiamo continuare a bruciare carbone o andare in giro con le SUV, allora c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella faccenda. In effetti, mettere delle SUV che vanno con un motore diesel alla mostra delle energie rinnovabili oppure parlare di "carbone pulito" sono cose che non possono essere definite che forme di "greenwashing," ovvero sciacquare nella vernice verde cose che verdi non sono.
Ma perché, esattamente? In primo luogo, dovremmo cercare di definire che cosa intendiamo per "efficienza" (o "ecoefficienza"). Già qui ci accorgiamo che c'è un problema perché esistono varie definizioni:
1. Efficienza intesa rendimento nel trasformare i combustibili fossili in energia elettrica o meccanica. Questo è il caso della centrale a carbone di cui parlavo prima, ma anche quello dei SUV alla mostra sull'energia.
2. Efficienza intesa come rendimento negli usi finali dell'energia elettrica o del riscaldamento di edifici. Elettrodomestici di classe A, lampadine ad alta efficienza, doppi vetri, isolamento e simili.
3. Efficienza intesa come resa energetica di ciclo di vita (EROI o EROEI). Ovvero il rapporto fra l'energia investita e l'energia ottenuta durante tutto il tempo di vita da un certo impianto.
4. Efficienza intesa come resa di conversione della luce solare da parte dei pannelli fotovoltaici o a concentrazione.
5. Efficienza intesa come resa definita come il rapporto fra il PIL prodotto e l'energia consumata nell'economia in generale. Spesso semplicemente definita dagli economisti come "efficienza".
Allora, cosa si intende esattamente quando si parla di "migliorare l'efficienza"? Una in particolare o tutte queste cose? E quando miglioriamo l'efficienza, siamo sicuri di stare migliorando qualcosa che vale la pena di migliorare? Più in generale, dov'è che vale veramente la pena di spendere soldi e risorse? Che cos'è che è vero miglioramento e che cosa invece solo "greenwashing" ("dipingere di verde")?
Ci ho pensato sopra e sono arrivato a una conclusione, ovvero che dovremmo stare attenti a come usiamo i termini "efficienza" e "ecoefficienza." Dovremmo chiarire il punto fondamentale che è:
Questo concetto lo possiamo applicare a tutte le definizioni che abbiamo elencato più sopra. Vale la pena di migliorare l'efficienza se lo scopo è buono. E questo non è sempre il caso. Per esempio: demolite una fabbrica, licenziate gli operai, costruite al suo posto una banca o un centro commerciale e noterete che questo fa aumentare l'efficienza così come definita al punto 5 dell'elenco dagli economisti. Questa è una buona cosa? Forse certi economisti direbbero di si, ma credo che pochi sarebbero daccordo. Non è decisamente il caso di distruggere le fabbriche in nome di questo tipo di "efficienza".
Altro esempio: ci sono celle fotovoltaiche "ad alta efficienza" che hanno rese di conversione vicino al 40%. Efficientissime, ma costano talmente care che non servono a nulla nella pratica. In questo caso, è la resa di EROEI che conta. Non che non si debba lavorare su celle che hanno più alte resa di conversione, ma perlomeno rendiamoci conto di qual'è la priorità: ci servono celle con alto EROEI, non necessariamente con alta resa di conversione.
In termini più generali, possiamo dire che esiste uno scopo che dobbiamo sempre preoccuparci perseguire. Lo scopo è quella cosa che si chiama sostenibilità. Anche qui, bisogna evitare il greenwashing e le fesserie che si dicono in giro. C'è una sola possibile definizione di sostenibilità che è:
Ovvero, una condizione in cui si usa energia solare come fonte primaria e si riciclano tutte le materie prime. Questa è la condizione di base del concetto del "C2C" ("cradle to cradle", ovvero dalla culla alla culla) di cui accenno nella nota in fondo. Armati di questa definizione, come pure quella che ci dice che l'efficienza e un mezzo e non uno scopo, possiamo esaminare la logica del punto dal quale siamo partiti. Vale la pena spendere soldi e risorse per costruire SUV o centrali a carbone più efficienti?
La risposta è "no". Costruire SUV o centrali a carbone più efficienti non ci avvicina alla sostenibilità, anzi ce ne allontana per delle ottime ragioni. Se si fa una SUV che consuma un po' meno per chilometro percorso, la cosa più probabile è che il proprietario si potrà permettere di fare più chilometri e quindi consumerà la stessa quantità di gasolio di prima. Questo è si chiama il "paradosso di Jevons", ma non è affatto un paradosso: è una cosa ovvia e che succede sempre. Fateci un po' caso e troverete esempi dappertutto.
Potrebbe anche essere che il proprietario decida di non aumentare il chilometraggio percorso e che la SUV consumi effettivamente una quantità minore di gasolio. Di conseguenza, si ridurrà un po' la domanda di combustibili fossili; questo ne farà abbassare leggermente i prezzi e causerà un aumento dei consumi in altri settori. Questa è un'altra forma del paradosso di Jevons, detto anche "effetto rebound" o "postulato di Khazzoom-Brookes (non ne ho colpa io: qui tali si chiamano così).
C'è una sola eccezione a questo ragionamento. Potrebbe essere utile aumentare l'efficienza di processi non rinnovabili se la riduzione di prezzi generata fosse assorbita interamente in tasse più alte in forma di "carbon tax". In questo caso non si verifica il paradosso di Jevons a livello dell'utente finale. Ma il governo cosa ne fa del ricavato delle tasse extra? Potrebbe utilizzarlo per fare cose utili, tipo incentivare le energie rinnovabili, ma i governi non sono particolarmente noti per spendere bene i soldi delle tasse che incassano ed è probabile che anche qui si verifichi qualche forma di paradosso di Jevons, stavolta a livello di spese dello stato.
In sostanza, migliorare l'efficienza dei SUV, delle centrali a carbone, degli inceneritori o cose del genere ci allontana dalla sostenibilità perchè, normalmente, per migliorare cose che non vale la pena di migliorare si sprecano risorse che potrebbero essere meglio usate. Questa conclusione si applica anche a processi "a valle". Se l'energia elettrica viene dal carbone, usare lampadine ad alta efficienza ha lo stesso problema: è come aumentare la resa della centrale stessa. Quindi è soggetto al paradosso di Jevons e al postulato di quegli altri due tali dal nome strano.
Ovviamente, la cosa è diversa se l'energia elettrica viene dall'energia rinnovabile: in questo caso è perfettamente sensato - anzi obbligatorio - mettere lampadine ad alta efficienza, usare lavatrici di classe A, eccetera. L'energia risparmiata, in questo caso, può venire effettivamente utilizzata per cose utili. La mia energia elettrica viene in gran parte dal mio impianto fotovoltaico, per questo le mie lampadine sono tutte ad alta efficienza.
Nella realtà pratica, in Italia l'energia elettrica viene principalmente dai fossili, per cui la mia conclusione è che le lampadine "ecoefficienti" sono meno prioritarie di altre cose. Ovvero, se uno le vuole mettere per risparmiare (e in effetti risparmia) fa bene se quello che risparmia lo mette da parte per cose utili; magari per contribuire al costo di un impianto fotovoltaico. Ma se lo usa per contribuire al costo di una SUV, allora è inutile.
Insomma c'è un problema di priorità. Le risorse sono limitate; le possibilità di migliorare questa o quella cosa sono tantissime: da dove dovremmo cominciare? Io credo che dobbiamo cominciare subito usando quello che ci resta (ormai non tantissimo) per lo scopo che mi sembra fondamentale:
ovvero energia rinnovabile e riciclo delle materie prime. Io credo che questa sia una priorità fondamentale e prima cominciamo meglio e, altrimenti rotoleremo lungo la china discendente del picco di Hubbert senza possibilità di salvezza.
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Qui mi sono limitato ad accennare alcuni elementi di una questione molto complessa e che ha a che fare con il principio "C2C" (cradle to cradle, dalla culla alla culla). Questo principio è la base per la costruzione di una società durevole e vivibile. Ma ci vuole un pò di tempo per spiegare questo concetto, quindi per ora mi limito a rimandarvi al sito di Ignasi Cubina (in Spagnolo, Catalano e Inglese) che mi ha iniziato al concetto di C2C.
venerdì, ottobre 31, 2008
ENEL, ENI, Scaroni, Conti e il sequestro dell’anidride carbonica: un bidone annunciato.
[Dipartimento di Fisica, Università di Trento]
Io non sono molto intelligente, ma quando mi trattano da super-idiota mi irrito.
Contromisure è un termine che in italiano si traduce "nascondere l' immondizia sotto il tappeto". Si tratta cioè di trovare un modo per continuare a bruciare i fossili come scemi scaldando di meno il pianeta, è sottinteso: così accontentiamo sia quelli preoccupati per i danni del clima che quelli che vendono combustibili fossili. In verità ai primi si darebbe solo un contentino miserevole e lo dimostreremo più avanti. La CCS è una contromisura.
Occhio!! le contromisure non contentano neanche un poco i "picchisti"; anzi, chi parla di contromisure se ne frega allegramente se tuo nipote non avrà di che scaldarsi. Il picco non esiste per Scaroni e co. E' bene dare una idea sulle contromisure citandone un' altra a caso (non la più fantasiosa!).
E' stato proposto di coprire un decimo delle superfici oceaniche con lastre di polistirolo che, essendo bianche, rifletterebbero i raggi del sole. Se vi state chiedendo che cosa succederebbe a onde, correnti marine, supercorrente oceanica, siete dei retrogradi che non vedono il luminoso sole della crescita economica infinita. Se vi domandate cosa succederebbe dopo dieci anni quando il polistirolo si sbriciola, siete retrogradi. Se poi vi domandate quali pesci mangeremmo........
1° non è possibile sequestrare la CO2 emessa dalle auto
2° non è possibile sequestrare la CO2 dalla piccola -media industria
3° non è possibile sequestrare CO2 dagli impianti di riscaldamento
RIMANE la CO2 emessa dai grandi impianti tipo centrali elettriche (diciamo meno del 15% del totale)
4° è stato proposto di immagazzinare la CO2 sequestrata
4a) nei fondali oceanici: se andate sotto i 3000 metri la pressione è così alta e la temperatura così bassa da trattenere la CO2 come liquido sul fondo. Non si conosce a sufficienza la termodinamica del processo, per cui non si sa dire se a tempi lunghissimi (vogliamo immagazzinare per almeno 2000 anni, altrimenti sarebbe un regalo mortale per i posteri) la CO2 non ritornerebbe lentamente in atmosfera.
4b) non ci sono fondali così profondi nel Mediterraneo, salvo tre (relativamente piccole) zone nel Tirreno, tra Sicilia e Grecia e sotto Creta.
4c) oppure in pozzi di petrolio/gas ormai svuotati. Anche qui bisognerebbe essere sicuri che poi la CO2 rimane imprigionata per almeno 2000 anni e questo non è garantito da nessuno.
5° si può immagazzinare solo se avete a portata di mano pozzi esauriti o oceani.
6° quindi la CCS è adatta solo in poche regioni del mondo a meno di prevedere lunghi trasporti dal sito di produzione a quello di immagazzinamento.
7° conclusione quantitativa: se mettiamo in conto perdite termodinamiche e altre forse si potrebbe sequestrare il 2 o 3 % della CO2 emessa. Se si tiene conto dell’ aumento delle emissioni necessario per le operazioni di cattura, trasporto e immagazzinamento, si scende a 1 o 2%. onfronto: in Italia un serio programma di efficienza energetica ci porterebbe entro pochi anni a ridurre le emissioni di un 20%; ridurre le importazioni di petrolio del 20%; ridurre la nostra dipendenza dall' estero di quasi il 20%.
8° Il trasporto si può fare con gasdotti ad alta pressione; ma esiste anche la soluzione demenziale: liquefare la CO2, caricarla su autobotti e poi comprimerla nel pozzo. ENI e ENEL hanno scelto la soluzione demenziale.
9° è demenziale perchè il trasporto con gasdotti è costoso e aumenta il prezzo del kWh, ma quello con autobotti è costosissimo. Le autobotti dovrebbero essere ad alto isolamento termico come quelle utilizzate per l'azoto liquido - non è la stessa cosa che trasportare vino. Una stima conservativa dice che il costo (non so il prezzo all'utente) del kWh prodotto a Brindisi e immagazzinato a Cortemaggiore-Piacenza sarebbe tra due e quattro volte maggiore del costo attuale .
10° se state pensando all' inquinamento prodotto dai camion siete degli sporchi ambientalisti.
11° anche con la soluzione del gasdotto bisogna calcolare il costo della cattura di CO2, della compressione, del trasporto (cresce con la distanza) della ulteriore compressione per iniettare nel pozzo di deposito. Facile arrivare a un costo doppio di quello attuale. In qualsiasi futuro la CCS è una tecnica che aumenta i costi e aumenta i consumi di fossili e riduce solo in maniera marginale le emissioni. Le incognite sul comportamento della CO2 immagazzinata per 2000 anni sono enormi.
Conclusione: non si capisce perchè vogliono rifilare quest' altra bidonata agli Italiani.
Commento: ritengo che i tecnici ENI + ENEL sappiano fare questi conti e che li abbiano fatti.
Allora esistono due sole spiegazioni: La prima é che Scaroni e Conti vogliano rifilare il bidone all'Europa, cuccare un consistente finanziamento per fare sperimentazione pur avendo la consapevolezza che il risultato sarà negativo al 90%. La seconda è che l'annuncio dell'operazione CCS sia stato principalmente funzionale al tentativo irresponsabile e trogloditico di boicottaggio del piano Europeo 20/20/20 di riduzione delle emissioni fatto dal sig. Berlusconi.
lunedì, agosto 04, 2008
Ferro o gomma: questo è il problema

Tutti i paesi europei evoluti hanno compreso che il modo più efficace per ottenere questi risultati è quello di potenziare o riconvertire al ferro la rete di trasporto collettivo, in particolare con la realizzazione di moderne linee tranviarie urbane ed extraurbane. I motivi di questa scelta sono sintetizzati in un mio articolo di qualche anno fa.
In questa sede, intendo mettere brevemente a confronto le prestazioni generali di un mezzo di trasporto pubblico su gomma (autobus) con quelle di un moderno veicolo tranviario.
Innanzitutto, in termini qualitativi, un autobus offre condizioni di viaggio decisamente scadenti, a causa delle vibrazioni e dei sobbalzi provocati dalle caratteristiche meccaniche del mezzo, mentre il tram moderno a pianale ribassato fornisce prestazioni nettamente migliori in termini di comodità e confort, che uniti alla facile accessibilità rendono questo mezzo particolarmente appetibile verso i potenziali utenti. Poi l'autobus, viaggiando nella stessa sede del traffico privato, è vittima anch'esso della congestione che ne riduce fortemente i tempi commerciali di spostamento. Il tram ha una sede propria e ciò garantisce velocità e affidabilità di frequenza che, unite alle caratteristiche precedenti, rendono questo mezzo competitivo anche con il trasporto privato. Le corsie preferenziali utilizzate in qualche caso dagli autobus per ovviare a questo inconveniente, non solo occupano più spazio della sede tranviaria, ma si possono rimuovere in qualsiasi momento, basta una protesta dei commercianti o degli automobilisti. Inoltre il tram è estremamente

La questione dei costi. E' vero che il costo di investimento per una rete su gomma è inferiore, ma se si analizza il problema con più attenzione si scopre che nel complesso anche dal punto di vista economico il tram è vincente. In primis, se si considera che, mediamente, tre-quattro autobus trasportano lo stesso numero di passeggeri di un tram e che il ricambio dei mezzi su gomma è molto più frequente di quello su ferro, diciamo tenendoci bassi di circa tre ordini di grandezza, nell'intero arco di vita il costo del mezzo tranviario risulta inferiore. Rimane lo svantaggio per il tram della costruzione del materiale rotabile stradale e della rete di alimentazione. Però si tratta di un investimento con tempi di ammortamento enormemente superiori e i costi di manutenzione sono più bassi di quelli dei sistemi su gomma. Per lo stesso motivo della superiore capienza, e della maggiore efficienza del sistema di trazione elettrico, i con


Tutte le aziende sarebbero destinate alla chiusura senza generose compensazioni pubbliche (in totale circa 3 miliardi di euro all'anno). Inoltre, come si evince da questa tabella, la voce principale di costo è quella per il personale. Questo fattore strutturale, associato alle caratteristiche negative del mezzo su gomma citate in precedenza e ai sempre più stringenti vincoli della spesa pubblica, rendono impraticabile l’espansione del servizio richiesta dall’aumento della domanda. Nel caso dei tram, grazie alla maggiore capacità di trasporto unita alla crescita esponenziale dei passeggeri dovuta alle condizioni favorevoli di viaggio, alla puntualità e frequenza delle corse, il rapporto tra costo del personale e passeggeri trasportati raggiunge valori ottimali, e il rapporto tra ricavi dai titoli di via

Infine, anche per quanto riguarda i costi energetici, la situazione si sta facendo sempre più critica per le aziende di trasporto su gomma, nei cui bilanci questa voce incide per circa il 10%. Ma, come si può vedere da quest’ultimo grafico, anche questi costi sono destinati a pesare sempre più in seguito alla crescita esponenziale dei prezzi petroliferi. I mezzi elettrici invece, oltre ad avere consumi specifici più bassi, sono avvantaggiati da costi energetici meno legati alle dinamiche dei prezzi del petrolio.
venerdì, giugno 20, 2008
Toscana ecoefficiente: premiata la casa di Archimede e il cinquino elettrico

Fra le tante cose che mi sono capitate ultimamente, mi è arrivato anche di essere fra i premiati dell'iniziativa "Toscana ecoefficiente" di quest'anno per le soluzioni energetiche di casa mia, ormai detta comunemente "la casa di Archimede Pitagorico".
Ovviamente, la cosa mi fa molto piacere e ringrazio la regione Toscana per il premio. Gli organizzatori hanno evidentemente apprezzato il concetto di fondo che sta dietro quello che ho fatto; ovvero enfatizzare l'uso degli spazi domestici per produrre qualcosa, piuttosto che, come si è fatto spesso fino ad oggi, concentrarsi soltanto sul risparmio. Così, casa mia produce energia elettrica, acqua dall'umidità atmosferica, compost dai rifiuti domestici e, persino, pipistrelli da usarsi contro le zanzare.
Il concetto di soluzioni attive ai problemi, la regione Toscana lo ha anche premiato con il cinquino elettrico di Pietro Cambi. Anche quella è un'idea che, piuttosto che costringerci a delle rinunce, utilizza metodi innovativi per mantenere un certo livello di mobilità riducendo i costi e azzerando l'inquinamento.
Altre eccellenti iniziative sono state premiate; per esempio la vendita del latte direttamente dal prudottore ai cittadini realizzata dal comune di Capannori. Altre, le si possono considerare lodevoli anche se forse un po' debolucce, come quella del premio dato a un campeggio che invita gli ospiti a differenziare i rifiuti e fornisce un "ecogame" ai bambini.
Nel lodare questa iniziativa, non posso fare però a meno anche di fare qualche critica, per la quale spero che gli organizzatori non me ne vorranno. La critica va alla cerimonia della premiazione di sabato 24 Maggio 2008 dove Mario Tozzi che presentava faceva un po' la parte del mago Zurlì in uno zecchino d'oro dei buoni sentimenti. Fra le altre cose, premiando qualcuno che aveva installato dei pannelli fotovoltaici, Tozzi ha fatto un discorso che riassumo come, "Beh, tutti sappiamo che l'energia fotovoltaica non può fare più di tanto; per esempio come farebbe la Fiat a produrre automobili con l'energia fotovoltaica? E' impossibile, ovviamente. Però per le necessità domestiche, allora si, l'energia fotovoltaica può dare un certo contributo."
Bene, con tanta fiducia nell'energia fotovoltaica da parte di quelli che ne dovrebbero essere i fautori, non c'è da stupirsi se tutti vogliono le centrali nucleari.
Comunque, non voglio fare la parte di quello che non è mai contento. Ripeto che, a parte qualche caduta di tono alla cerimonia della premiazione, Toscana Ecoefficiente è un'ottima iniziativa che premia e da visibilità alle buone idee. Quest'anno, ASPO-Italia ha dominato con due soci premiati, io e Pietro Cambi. Se avete qualche buona idea, cominciate a prepararvi per l'anno prossimo!
martedì, aprile 22, 2008
Mezzo centesimo al chilometro

Da quando mi sono comprato un misuratore di chilowattora, sto facendo una serie di scoperte interessantissime. Una è che ho potuto misurare con esattezza quanto consuma il mio motorino elettrico. Vedete la misura nella foto più sopra, con la scatolina dell'apparecchietto misuratore fra la presa di rete e la spina di carica.
Bene, i risultati sono andati al di là delle mie previsioni: per ricaricare il motorino dopo aver percorso i 14 km che ci sono dall'ufficio a casa mi ci sono voluti esattamente 0,46 kWh.
Al prezzo attuale del chilowattora in ora di punta (12 c), questo vuol dire che il viaggio lavoro-casa mi costa meno di 6 centesimi. Me ne costerebbe solo 4 se carico alla tariffa notturna e, ovviamente, a me non costa niente perché ho l'impianto fotovoltaico sul tetto. Fate un po' di conti per un motorino "normale" e vedrete che costa circa 10 volte tanto ai prezzi attuali della benzina (e vista la situazione, costerà sempre di più). Fa impressione il fatto di poter viaggiare con il motorino elettrico con mezzo centesimo al chilometro o anche meno, fra l'altro inquinando zero!
Va bene, lo so che devo conteggiare anche il fatto che le batterie ogni tanto vanno cambiate. Fatti un po' di conti viene fuori che al momento attuale il costo delle batterie di un motorino aggiunge circa 2 centesimi al km. Però tenete anche conto che ci sono nuove batterie che fanno molto meglio di così e, comunque, non esiste nessun mezzo di trasporto a motore a un prezzo così basso come un mezzo elettrico.
lunedì, marzo 24, 2008
Cucina fotovoltaica in casa
C'è un concetto che è ben assodato nell'armamentario delle idee ambientaliste: quello che usare l'energia elettrica per il riscaldamento è - come dicono gli americani - un "no-no"; uno spreco che dovrebbe essere evitato a tutti i costi. Questa idea deriva da un ragionamento corretto nel contesto di una certa ipotesi. Ovvero, se dobbiamo usare il gas per generare energia elettrica, poi questa energia la dobbiamo trasportare a lunga distanza, e poi ritrasformare in energia elettrica per scaldare la resistenza di una stufetta, beh, ovviamente questo non ha senso. E' questa catena di inefficienze che ha generato il termine molto efficace di "strage termodinamica" per chi usa stufe elettriche per il riscaldamento. Molto meglio, in questo contesto, usare direttamente il gas per il riscaldamento, soprattutto se in caldaie efficienti o, meglio ancora, in cogenerazione.
Anch'io ero convinto di questa idea, tanto è vero che quando abbiamo cambiato la cucina in casa, qualche anno fa, mi ero sbattezzato per trovare un forno a gas che non si esisteva in vendita quasi da nessuna parte. Una volta trovato e montato, mi sono sentito molto "ecologico" ma, ripensandoci oggi, dopo che ho montato un impianto fotovoltaico a casa mia, sono proprio sicuro di aver fatto la cosa giusta? Non è invece che un forno elettrico alimentato da energia solare fotovoltaica sarebbe stato meno inquinante e meno costoso?
Il concetto del riscaldamento elettrico fotovoltaico mi ha incuriosito. Da quando ho l'impianto FV sono diventato molto cosciente dell'energia che consumo nelle varie attività di casa e mi sento molto stimolato a essere efficiente al massimo. Perciò, mi sono messo a fare qualche esperimento per vedere quali sono i metodi migliori per scaldare le cose in cucina.
Ovviamente, le antidiluviane piastre riscaldanti a resistenza non sono una buona idea. Tuttavia, l'ultimo sviluppo tecnologico in cucina è la piastra riscaldante a induzione; molto più efficiente. La piastra funziona secondo il principio, appunto, dell'induzione, ovvero scaldando oggetti metallici per mezzo del campo elettromagnetico generato da un solenoide. Ha il vantaggio che scalda unicamente il metallo. Se non c'è la pentola da scaldare, non funziona; ergo: nessuno spreco di energia. Se le comprate da incasso, le piastre a induzione sono molto care, ma quella che vedete in figura costa poco più di 50 Euro comprata su ebay.it. Messa alla prova, sembra funzionare una meraviglia, ma non basta la prima impressione, bisogna quantificare.
La piastra non permette una misura dell'energia utilizzata e per questo scopo mi sono procurato un misuratore di energia per elettrodomestici comprato su D-mail a una trentina di euro (vedete anche quello nella figura, in basso a destra). Non è che l'oggetto mi entusiasmi molto, il minimo che può misurare sono 10 Wh, che è un po' poco come sensibilità. Mi sto attrezzando per fare misure migliori, ma per queste misure in cucina dovrebbe andar bene anche questo.
Attrezzato con questi aggeggi, ho fatto un po' di misure comparative anche con i fornelli a gas e con il forno a microonde, scegliendo 500 cc di acqua come sostanza da riscaldare. Ho usato un pentolino d'acciaio da circa 600 cc, oppure una pentola più grande, oppure, per i test nel microonde, la stessa quantità di acqua l'ho messa in un'insalatiera di vetro. Per quanto riguarda i fornelli a gas, ovviamente l'energimetro di D-Mail mi serviva a poco, ma ho trovato su internet una taratura dei fornelli in kW dall'AEG . Non so se sono esattamente uguali ai miei fornelli, ma credo che siano misure standard per tutte le cucine.
Ecco i risultati. Non sono misure super-sofisticate, ma servono per dare un'idea.

Adesso vi dico che cosa deduco da questa prima serie di misure.
1. La piastra a induzione è, effettivamente, molto efficiente. Molto di più del gas, ed è anche più rapida. Possiamo fare un piccolo calcolo di efficienza ragionando che la capacità termica dell'acqua è di 4.2J/k/g, per scaldare 500 cc ci vogliono 168 kJ, ovvero 46e-3 kWh. Notate che la lettura di "50 Wh" sullo strumento che ho usato va letta come "55+/-5" per cui se ne conclude che riscaldare a induzione ha un'efficienza dell'ordine dell'80%. Niente male!
2. Notate che c'è una differenza nei risultati a seconda della forma e dimensioni della pentola. Sia l'induzione sia il gas fanno più fatica a scaldare una pentola più grande. Questo è abbastanza ovvio, dato che entrambi devono scaldare una massa di metallo maggiore.
3. C'è una notevole perdita di efficienza a scaldare una pentola piccola su un fornello a gas troppo grande. Molto del calore si disperde nell'aria.
4. Il forno a microonde è la cosa meno efficiente e più lenta di tutte per portare l'acqua all'ebollizione. In realtà, ho il dubbio che questo sia dovuto in parte al fatto che ho usato un recipiente non specifico per le microonde. Può darsi che molta energia sia finita per scaldare il recipiente. Ma è una questione accademica, dato che nessuno usa il forno a microonde per fare la pastasciutta.
5. In termini di costi (senza fotovoltaico), non c'è molta differenza fra gas e induzione. Prendiamo la tariffa attuale per l'energia elettrica di .12 euro per kW. Scaldare 500 cc con l'induzione, richiede .05 kWh, ovvero 0.006 euro (0.6 centesimi) in condizioni favorevoli. Con il gas piccolo, secondo i dati AEG, abbiamo una portata di 0.095 m3/h. Per 9 minuti, fanno 0.014 m3. Al prezzo attuale di 0.320 euro/m3 fanno 0.0045 euro (0.45 centesimi), leggermente meno dell'induzione. Ma se si scalda con la tariffa notturna (0.08 Eur/kWh) allora vince l'induzione. Se poi c'è il FV, ovviamente, non c'è confronto, l'induzione stravince.
6. In termini di emissione di gas serra, se c'è il FV, ovviamente, l'induzione stravince sul gas. In assenza di FV o usando la piastra di sera, è difficile dire. La piastra è molto più efficiente localmente (circa un fattore 3) del gas, ma bisogna considerare tutta la catena di produzione dell'energia elettrica. Quanti gas serra si emettono dipende dalla fonte primaria. Se è idroelettrica, per esempio, le emissioni sono zero. Se è a carbone, al contrario, le emissioni sono alte. Normalmente, l'energia elettrica che utilizziamo arriva da un mix del quale non possiamo conoscere la composizione. Bisogna un po' vedere dove e quando, ma la piastra a induzione potrebbe essere spesso migliore del gas anche per quanto riguarda l'emissione dei gas serra.
Ripeto che questi dati sono ancora provvisori e che mi sto attrezzando per fare delle misure più precise. Inoltre, i dati per il gas sono soltanto stimati e non misurati. Comunque, questa serie di dati, credo, è già sufficiente per rivoltare il concetto che vuole che il metano sia sempre più "ecologico" dell'energia elettrica per applicazioni termiche (non sempre il metano ti da una mano). Se usata con la tecnologia giusta, e soprattutto se generata dal sole, l'energia elettrica in cucina sembrerebbe spesso meno costosa, più rapida e più sicura del gas.
Ora, si tratta di vedere quanto queste considerazioni possono essere estese oltre la cucina dove, tutto sommato, di energia se ne usa abbastanza poca. Possiamo dire che se uno ha il fotovoltaico gli conviene tornare allo scaldabagno elettrico o, addirittura, alle stufette elettriche? Beh, qui non è detto. Un problema è che gli impianti elettrici delle case attuali non sarebbero in grado di reggere il carico di una casa "tutta elettrica". Allo stesso modo, un impianto fotovoltaico che sta su un tetto non sarebbe probabilmente in grado di reggere il consumo di una casa che usasse solo stufe elettriche a resistenza per il riscaldamento. D'altra parte, è anche vero che esistono dei sistemi di riscaldamento casalingo molto più efficienti delle resistenze elettriche. Mi sembra probabile che un sistema di riscaldamento basato su fotovoltaico e pompe di calore possa essere meno inquinante e meno costoso di un sistema tradizionale a caldaia e, forse, anche di un sistema a cogenerazione. Quest'ultimo, per quanto efficiente possa essere, dipende pur sempre dai combustibili fossili.
Tutte queste cose vanno studiate e quantificate, cosa che mi riprometto di fare quando possibile. Nel frattempo, teniamo conto che la faccenda "mai usare l'elettricità per il riscaldamento" si potrebbe rivelare una leggenda in molti casi.
(ringrazio Emilio Martines per i suoi suggerimenti a proposito della piastra a induzione e Corrado Petri per i suoi commenti a proposito di questa nota)
(nota scritta a posteriori: ho calibrato l'energimetro di D-mail con un'apparecchiatura più sofisticata disponibile all'università. I risultati sono buoni. L'apparecchietto a basso costo non ha una grande sensitività, ma le misure sono accurate. Posso quindi confermare i dati riportati in questo articolo.)