Si moltiplicano i sintomi di un sistema economico al collasso generale.
Dopo la notizia dell'altro giorno della probabile chiusura di Alitalia, è il turno della bancarotta di Taranto. Anche qui, si da la colpa alla cattiva amministrazione, agli sprechi, agli accaparratori di turno.
Solo un caso particolare di città male amministrata? Probabilmente no, perché Taranto non è il solo comune italiano in difficoltà. Ancora, come nel caso dell'Alitalia, sono glia nelli più deboli a cedere per primi, ma è tutta la catena che è tirata oltre il limite di resistenza.
Ci sono delle ovvie differenze; Taranto non è come l'Alitalia, nel senso che il sistema economico di una città non dipende così direttamente dal prezzo del petrolio come quello di una linea aerea. Eppure, è difficile non pensare che la crisi di Taranto non sia anche quella, in qualche modo, correlata alla generale crisi della disponibilità di materie prime.
Sono questi i primi sintomi del collasso generalizzato previsto già nel 1972 dallo studio "I Limiti alla Crescita"? Per il momento non ne abbiamo una prova certa, ma non lo possiamo neanche escludere.
Da "La Repubblica" di sabato 14 Ottobre 2006
Un buco di 500 milioni: si fermeranno gli autobus e si spegneranno le luci nelle strade
Non ci sono più soldi per raccogliere l'immondizia e per seppellire i morti
Debiti, scandali e stipendi d'oro - Taranto, così "fallisce" una città
Se entro l'anno non arriveranno dal governo 60 milioni sarà la bancarotta
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI
Debiti, scandali e stipendi d'oro Taranto, così "fallisce" una città
TARANTO - I primi a fermarsi saranno i camion della spazzatura. E poi gli autobus. Tutti a piedi, per strade sporche e buie. In cassa non ci sono più nemmeno i soldi per pagare le bollette, in ogni pubblica via si spegneranno le luci. E per la festa dei morti non si seppelliranno più i morti: i servizi cimiteriali verranno ufficialmente sospesi il primo novembre. Il Comune di Taranto non ha più niente. Neanche un solo miserabile euro.
Quella che segue è la ricostruzione dei fatti che hanno sprofondato una città del Sud in un gorgo di debiti, il più grande dissesto finanziario di un ente locale dal fallimento della Napoli dei vicerè degli Anni Ottanta. Un buco di quasi 500 milioni, un sindaco rovesciato dagli scandali, stipendi d'oro che hanno arricchito un clan di burocrati, un prefetto nominato a governare quella Puglia diventata famosa per Giancarlo Cito, intruglio tra un guappo e un picchiatore nero che si era impadronito di un pezzo d'Italia.
E sono stati proprio gli eredi naturali del "feroce telepredicatore" finito in carcere per mafia a divorarsela, a mangiarsela fino all'ultima briciola. Così Taranto ha dichiarato la sua bancarotta amministrativa e la sua bancarotta politica. "La situazione di cassa è paurosa, fatti i conti ho un'autonomia per soli 10 giorni e poi non posso più garantire i servizi essenziali", annuncia Tommaso Blonda, il prefetto incaricato di salvare questa città di 200 mila abitanti che respira i fumi della più grande acciaieria d'Europa e si sta preparando alla sopravvivenza civile.
segue
/
2 commenti:
Probabilmente c'è del marcio in Danimarca, ma la descrizione di ciò che avverrà in quella sfortunata città è quello che mi aspetto di vedere dappertutto quando comincerà a scarseggiare l'olio di pietra. ...sarà solo l'inizio.....
Non ti ci arrabbiare, ziomaul. Non dicevo che la caduta di Taranto è colpa del petrolio. Dicevo che il petrolio ha messo tutto quanto sotto stress, dopodiché i punti deboli del sistema sono i primi a crollare. Mala amministrazione rende una città debole, Taranto non è la sola.
Ugo
Posta un commento