E’ con la riforma di medio termine della Politica Agricola Comunitaria (PAC) che si creano i presupposti per realizzare i nuovi orientamenti in materia di Sviluppo Rurale, presenti in Agenda 2000. Tali presupposti si sostanziano in primo luogo in un aumento delle risorse disponibili attraverso il meccanismo della modulazione sui pagamenti diretti ed in secondo luogo attraverso un ripensamento complessivo delle politiche di sviluppo rurale attraverso la formazione di una nuova regolamentazione di tali politiche (Reg. CE 1698/2005), che prevede l’adozione di misure innovative a fianco di quelle preesistenti, in tutto o in parte adottate ai nuovi orientamenti che l’Unione Europea intende perseguire.
I principi cardine della nuova politica in materia di Sviluppo Rurale possono sintetizzarsi nei seguenti punti:
a) La Multifunzionalità dell’agricoltura ossia il suo ruolo polivalente al di là della semplice produzione di derrate;
b) un’impostazione plurisettoriale ed integrata delle attività produttive, nelle quali quelle agricole si colleghino alle attività industriali e soprattutto a quelle di servizio, al fine di diversificare le attività medesime, tutelare il patrimonio rurale e creare nuove fonti di reddito e occupazione;
c) la flessibilità degli aiuti allo sviluppo rurale, basata sulla sussidiarietà;
d) la trasparenza nell’elaborazione e nella gestione dei programmi, a partire da una normative semplificata e più accessibile;
La multifunzionalità dell’agricoltura rappresenta una delle chiavi strategiche di valorizzazione e sviluppo del settore. Secondo l’Unione europea, il termine multifunzionalità illustra “il nesso fondamentale tra agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, equilibrio territoriale, conservazione del paesaggio e dell’ambiente, nonché garanzia dell’approvvigionamento alimentare”. Nel recepire il concetto di agricoltura multifunzionale, la “legge di orientamento” delinea un’impresa agraria che, pur restando ancorata al settore agricolo, può realizzare attività che sconfinano nei settori industriale e/o terziario: l’impresa che gestisce un’azienda agraria multifunzionale può cessare di essere “mono-settoriale” e diventare “multi-settoriale”. In tal senso, la multifunzionalità viene vista oggi dal settore agricolo come una opportunità economica per le aziende:
Da un punto di vista normativo, la legge di orientamento e di modernizzazione del settore agricolo (L. n. 55 del 5 marzo 2001), sancisce, nel nostro paese, la nascita della multifunzionalità dell’impresa agricola. E’ un passaggio estremamente importante perché alla funzione storica dell’agricoltura che è quella di produrre beni alimentari viene riconosciuta la possibilità di svolgere altre funzioni sia in termini di diversificazione produttiva che di fornitura di servizi. Si affaccia così all’orizzonte, una nuova figura imprenditoriale non più inserito solo in un contesto economico e sociale ma anche in un contesto territoriale con compiti di presidio, tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e culturali. Molte sono le possibilità concrete che l’azienda agricola può sviluppare per integrare il suo reddito, alcune ormai consolidate come l’agriturismo, altre da sviluppare come la manutenzione del territorio, l’artigianato rurale, per arrivare sino alle nuove frontiere della multifunzionalità rappresentate dalla didattica rurale e dalla produzione di energia.
Le energie rinnovabili sono una interessante opportunità di reddito per l’azienda agricola. Infatti attraverso colture specifiche, biomasse agroforestali, residui derivanti dalle attività zootecniche, pannelli solari (fotovoltaici) ed eolici è possibile produrre energia elettrica, calore o biocombustibili. Quella che si potrebbe prefigurare è un’azienda agrienergetica, cioè produttrice di fonti energetiche da destinare sia alla sua autosufficienza energetica che da destinare al mercato.
L’articolo 2 del decreto Legge n°2/2006, convertito nella Legge n°81 dell’11 marzo 2006 (in vigore dal 12 marzo 2006) sostiene che la produzione di energia da pannelli solari fotovoltaici rientra ormai tra le attività agricole. La nuova norma integra la disposizione contenuta nel comma 423 della legge n°266/05 (Finanziaria 2006) la quale prevede che la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135 del Codice Civile e si considerano produttive di reddito agrario. Il terzo comma dell’articolo 2135 classifica le attività connesse nelle seguenti due categorie:
- manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo, del bosco o dall’allevamento;
- fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o di risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.
La collocazione della produzione di energia, sia elettrica che calorica, nella prima o nella seconda categoria, ha riflessi importantissimi. Ai sensi dell’articolo 2135 del Codice Civile, le attività connesse le quali devono avere una funzione accessoria e complementare alla attività principale, devono essere svolte dal medesimo imprenditore agricolo che svolge l’attività agricola. Lo stretto legame con i prodotti ottenuti sul fondo potrebbe consentire l’estensione delle agevolazioni fiscali in materia di imposte dirette, anche alle cooperative costituite fra produttori agricoli che provvedano a produrre energia utilizzando prevalentemente le biomasse conferite dai soci produttori agricoli (art. 10 dpr n.601/73).
Se invece la produzione di energia viene classificata nella seconda categoria di attività connesse (produzione di beni e servizi con risorse e attrezzature impiegate in agricoltura) il legame con l’azienda agricola diviene molto più labile in quanto appare sufficiente collocare l’impianto sul fondo, ciò nonostante l’attività rientrerebbe nel reddito agrario (se svolte da persone fisiche o società semplici). Ma in questo caso l’attività non risponde al dettato civilistico secondo il quale le attrezzature devono essere normalmente impiegate nella attività agricola esercitata, tenuto conto che l’impianto di produzione di energia non sarebbe giustificato per l’autoconsumo interno.
L’Agenzia delle entrate nella risposta n°9.2 della circolare n°6/E del 13 febbraio 2006, ha optato per questa seconda soluzione, escludendo nella fattispecie l’attività di valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente sul fondo (art.32, comma 2, letterac, del Tuir). Quindi l’interpretazione della Agenzia porta a classificare comunque nel reddito agrario le attività che portano alla produzione di energia elettrica o calorica. L’Agenzia delle Entrate con la risposta n°9.3 della citata circolare n°6/E ha precisato altresì che la cessione dei Energia (trattandosi di cessione di un bene) non rientra nel regime forfetario ai fini IVA (detrazione al 50%) previsto dall’articolo 34 bis del D.P.R. n° 633/72.
Quindi oltre alle colture agricole no-food, che permettono di derivare materie prime a sostituzione dei prodotti di sintesi e l’utilizzazione a tali fini dei sottoprodotti colturali e agro-industriali, la produzione di energia da fonti rinnovabili, sul fondo agricolo, può giocare un ruolo strategico di particolare rilievo nelle attuali politiche agricole.
Toufic El Asmar
Dott. Agronomo
Segretario ASPO - ITALIA
Le fonti di questo documento provengono in particolare da:
- Il Sole 24 Ore
- Rapporti INEA sulla Politica Agricola Comunitari (2004 -2005)
- Prof. Leonardo Casini – Dipartimento di Economia Agraria e Risorse Territoriali – Unifi
- Ministero Attività Agricole e Forestali
- Commissione Europea – Direzione Generale Agricoltura
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